Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

lunedì 27 dicembre 2010

La strategia del buco

Che banalità, lamentarsi ancora delle buche nelle strade di Como! Vero è che aumentano ogni giorno per numero ed estensione, ma è un discorso trito, già sentito: meglio lasciar perdere e farci l'abitudine. Cosa importa qualche piccolo disagio, a fronte dei grandi vantaggi che derivano dal lasciar andare le cose alle malora? Oltre a differenziare simpaticamente il territorio cittadino dalla vicina Svizzera, già ora, senza bisogno di impiantare dissuasori, si ottiene gratuitamente la limitazione della velocità in tutta l'area urbana. Se i dissesti aumenteranno, la gente rinuncerà a scendere in convalle per timore di sfasciare l'auto: ecco un forte incentivo all'uso dei mezzi pubblici. Inoltre si libereranno i parcheggi attualmente insufficienti e non ci sarà bisogno di costruire nuovi autosili ad ogni angolo di strada. Non si spendono soldi, non si aumentano le tasse: cosa si vuole di più? Non deprechiamo, perciò, il ritardo negli interventi o la scarsa qualità degli asfalti impiegati. Comprendiamo piuttosto che è in atto una saggia strategia amministrativa ed apprezziamola, anche se ci distrugge le sospensioni.

lunedì 20 dicembre 2010

CoCoCo8 - IV Commissione: la grande fuga

Oggi, alle ore 15, era stata convocata la IV Commissione consiliare per l'elezione del suo Presidente. Credo sia noto alla maggioranza dei Consiglieri presenti, come lo sarà alla cittadinanza domani, se la stampa vorrà darne notizia, l'esito sconcertante di tale convocazione: mentre i quattro consiglieri dell'opposizione si sono regolarmente presentati, gli altri non hanno ritenuto di mostrare il loro volto, tranne il consigliere Serrentino, che d'altronde aveva indetto la riunione in qualità di Commissario anziano. In tal modo l'incontro è stato vanificato, evidenziando, una volta di più, che l'interesse pubblico sembra non essere il pensiero dominante degli amministratori di Como.
La ragione che ci è stata fornita è il mancato accordo della maggioranza sul nome del Presidente da eleggere. Nella certezza di rappresentare in questo momento non solo il mio disappunto personale, ma anche quello di tutti i cittadini comaschi che non sono clientes dell'attuale sistema di governo che paralizza la città, voglio ricordare a tutti gli assenti che una simile motivazione è semplicemente ignobile, dal momento che:
1. era stata stabilita una data certa entro la quale poter trovare un accordo, se necessario;
2. la trasparenza del dibattito democratico rende la commissione il solo luogo deputato a formulare e discutere proposte in merito all'ordine del giorno della stessa; se poi volete trovarvi nelle segrete stanze, abbiate la decenza di farlo entro i tempi stabiliti;
3. un comportamento onesto imporrebbe di presentarsi ad ogni occasione di confronto forti delle proprie idee e valutazioni, escludendo la possibilità di nascondersi dietro rinvii alle calende greche, in questo caso subordinando l'ordinato funzionamento della commissione (già vacante da quasi due mesi) all'attribuzione di una poltroncina tutto sommato secondaria.
Trovo semplicemente indecoroso quanto è avvenuto. Qualcuno penserà che in questo modo evidenzio soltanto il mio analfabetismo politico, in quanto queste prassi, ed altre ancor più disdicevoli, sono comunemente accettate nel grande mercato in cui si è trasformata la politica italiana. Bene, rispondo che per una volta sono orgoglioso di questa mia ignoranza. Voglio ricordare ai signori consiglieri che essa è determinata dalla presenza di un fattore che nessuno di noi è autorizzato a trascurare: il dovere di rispettare gli impegni presi. Mancare ad una convocazione nei termini che ho illustrato è, né più né meno, mancare ad un proprio dovere. Pertanto chiedo formalmente al Presidente di questo Consiglio che in tutte le future occasioni ricordi ai convocati di ogni sorta di seduta che, nel momento in cui hanno accettato la designazione al ruolo pubblico che ricoprono, si sono assunti anche tutti gli impegni corrispondenti, e che la loro dignità consiste nel tenere fede a questi impegni.

giovedì 2 dicembre 2010

CoCoCo7 - Situazione degrado delle scuole in città

Alla luce di numerose segnalazioni, alcune delle quali hanno raggiunto le pagine degli organi di stampa e sono state anche oggetto di un'allarmata denuncia da parte della segreteria provinciale della Cgil Scuola questa settimana, intendo porre all'attenzione del Consiglio Comunale e degli Assessorati competenti la situazione in cui versano le scuole comasche, in particolare quelle materne ed elementari.
Se i tagli dei docenti e del personale ausiliario stanno incidendo per parte loro sulla qualità del servizio offerto, ma è il Governo, non il Comune ad avere in proposito responsabilità dirette, non altrettanto può dirsi per la decadenza delle strutture e l’inadeguatezza degli edifici.
Ci viene riferito che in varie palestre non si può giocare con la palla perché gli impianti non garantiscono sicurezza, che non di rado i bambini sono costretti a mangiare in due turni perché i locali per la mensa sono troppo piccoli per ospitare tutti, che gli infissi non solo sono vecchi, ma in molti casi anche pericolanti, che i muri attendono almeno una mano di vernice da anni, che i giardini e i cortili non ricevono la necessaria manutenzione, che i bagni sono ridotti in condizioni pietose e a volte inservibili. Non sarà certo la fotografia esatta di ogni singolo istituto, o almeno lo spero, ma le lamentele che provengono – soprattutto dalle famiglie comprensibilmente preoccupate – sono ormai troppo numerose per ritenere che si tratti di casi isolati.
Voglio sperare che tutti ci rendiamo conto di quanto la funzionalità e il decoro dell’ambiente rappresentino elementi fondamentali per l’apprendimento dei nostri figli. Una parte rilevante dell'educazione alla convivenza civile, al rispetto delle strutture, anche alla percezione del bello, la scuola li trasmette attraverso l'aspetto delle proprie aule, dei corridoi, dei servizi. Queste cose ovviamente hanno un costo: ma non è un costo accessorio, una vanità, un amore del superfluo. Queste, semmai, sono le caratteristiche precipue dei fuochi d'artificio nell'inaugurazione di un cantiere o di una mostra in cui un qualche politico vuole fare la ruota.
Vogliamo invece badare al sodo? Allora non possiamo permettere che la scuola statale comasca cada nel baratro dell’indifferenza e del degrado. Mantenere le cose come stanno è un doppio misfatto: tanto per i pericoli che si possono determinare, quanto perché, continuando così, si crea per i nostri istituti un eccellente biglietto da visita per indurre l'utenza a rivolgersi altrove, ovverosia alle strutture non statali che giustamente curano la propria immagine esteriore allo scopo di impressionare favorevolmente i potenziali clienti. Ma a noi è dato di amministrare la “cosa pubblica” in modo che possa rappresentare l'eccellenza del servizio, non il ripiego per chi non ha mezzi. Altrimenti è meglio che andiamo a casa.
Da ultimo, la settimana scorsa si è resa evidente la problematicità della struttura di Via Sinigaglia, ove i rappresentanti dei genitori sono arrivati al punto di minacciare di rivolgersi alla Procura della Repubblica per le numerose infiltrazioni d'acqua che determinano il distacco di parti anche rilevanti della controsoffittatura. Prendo atto che l'Assessore Scopelliti ha annunciato un'immediata ispezione, che ritengo abbia già avuto luogo, e chiedo di conoscerne gli esiti. Ma soprattutto chiedo che venga definita e poi realizzata una serie di impegni precisi, un quadro degli interventi che, da qui al termine del presente mandato amministrativo, si intendono realizzare nei diversi edifici scolastici permettendo alle scuole cittadine di funzionare in sicurezza e serenità. Ricordo che questa non è una concessione che il Comune può dare, quando valuta che le sue casse siano abbastanza piene (e ora, evidentemente, per un complesso di scelte errate, non lo sono): ma è un preciso diritto di studenti, genitori, e di quanti operano nella scuola, cui corrisponde un obbligo vincolante da parte dell'Amministrazione.

mercoledì 1 dicembre 2010

TeleLetizia

Il recente completamento del passaggio al digitale terrestre ci ha messo a disposizione una quantità di nuovi canali. Aumenterà anche la qualità dell'offerta? Qualche dubbio può sorgere assistendo alle trasmissioni di una rete che porta il nome di Milano 2015, con chiaro riferimento al prossimo Expo. Speriamo che non sia anche finanziata coi soldi di Expo, ossia con i nostri, perché i programmi cui ho assistito sono stupefacenti, a tratti esilaranti, ma alla fine lasciano addosso una certa tristezza. Quasi tutto ruota attorno alla figura del sindaco Moratti, comprensibilmente protesa a ravvivare un'immagine appannata con una strategia comunicativa di vecchio stampo. La si vede girare di qua e di là, stringendo mani e dicendo le consuete banalità dei politici quando recitano la parte di quelli che stanno vicino alla gente. Ho così potuto assistere all'incontro con i nonni della cascina San Paolo, ove la Moratti balla con loro e con grande spontaneità non si trattiene davanti al calciobalilla, segnando addirittura un goal. Davvero emozionante, almeno quanto il tenore dei dialoghi: buongiorno, buongiorno (ripetuto per lunghi minuti, in fondo è un reality), quale onore, come ti chiami, che bella sciura... un vero spasso! E i famosi “tempi televisivi” di cui tanto si parla?
Gli spettatori milanesi, che hanno potuto bearsi di questo spettacolo sin da luglio, riferiscono di aver assistito ad interviste “scomode” di giornalisti agguerriti: “ci dica, cosa lascerà a Milano dopo il suo mandato?” E poi: il sindaco sui mezzi pubblici, il sindaco nei cantieri di Paolo Sarpi, il sindaco che parla con una negoziante cinese, il sindaco in giro per la notte bianca dello shopping, il sindaco che aiuta un extracomunitario telefonando col suo cellulare ad un assessore e passandoglielo (!), il sindaco che parla di sicurezza, il sindaco che fa una gita in barca, che ride, che si indigna, che stringe le mani.
Come potrebbe una simile emittente restare sul mercato e raccogliere pubblicità? E infatti non le serve: la proprietà sarebbe di una onlus vicina al sindaco, presieduta da Franco Camera, da sempre uomo di fiducia della famiglia Moratti, che ha acquistato per un anno la possibilità di trasmettere su un canale di Telenova. Un anno. Giusto la durata della prossima campagna elettorale, anche se il neodirettore Roberto Poletti si meraviglia: “Molti giornalisti chiamano Milano 2015 “TeleLetizia” non so perché, dal momento che è una televisione che non è di proprietà del sindaco ma di un’associazione formata da imprenditori milanesi, alcuni dei quali vicini al sindaco”.
Una grande conquista della libertà di espressione, dunque: chissà che non suggerisca un nuovo stile comunicativo anche al sindaco di Como. Dopo la rinuncia agli incontri del martedì con la stampa, potrebbe magari inaugurare con un reality personale una nuova “operazione simpatia”.

giovedì 25 novembre 2010

CoCoCo6 - Situazione acque di Via Bixio

Intendo segnalare la situazione di Via Bixio, ma il discorso può estendersi alla gran parte dei rilievi che circondano la convalle, ove si evidenzia un sistema di deflusso delle acque piovane decisamente inadeguato e che è causa di dissesti numerosi e sempre più preoccupanti.
In via Bixio appare evidente che un sistema di griglie è posto soltanto negli ultimi 300 metri a valle, mentre praticamente per tutto il restante corso della strada le acque sul piano stradale non sembrano essere raccolte né convogliate. Fa eccezione un'unica griglia posta in corrispondenza di una doppia curva, che tuttavia è perennemente intasata.
Non sono un esperto della materia, ma posso constatare gli effetti più evidenti: in presenza di un flusso costante di acque, che non si esaurisce con le piogge, ma scende dal pendio ancora a distanza di giorni, ad esempio, la via rimane irrigata in certi tratti anche col tempo sereno. Poco male, in sé. Peccato che durante le precipitazioni le acque acquistino più impeto e volume, determinando una maggiore pressione e continue infiltrazioni nelle vie circonvicine. Si è concluso stamattina, ad esempio, il ripristino di un tratto sprofondato per l'erosione sotterranea della via Leonardo da Vinci, a cura e spese dei residenti, naturalmente, dato che la strada è vicinale e ad uso pubblico ma formalmente “privata”. Tra l'altro a distanza di pochi mesi da un intervento assolutamente analogo. È ovvio che i residenti si stiano chiedendo se l'incuria generalizzata e il mancato drenaggio sulla via Bixio non abbiano nulla a che fare con questi ed altri piccoli disastri, che si accompagnano a invasione di scantinati e smottamenti di lieve entità (per ora...).
Oltre a sollecitare all'Assessorato competente un sopralluogo urgente atto a determinare gli interventi necessari in via Bixio, mi permetto anche una sommaria riflessione su quanto la città si trova a subire da non pochi anni, non certo solo in questa zona. Il proliferare di costruzioni, le spianate di cemento piccole e grandi, uniti all'insufficienza delle infrastrutture, impediscono alle rogge e alle acque piovane di convergere a valle secondo un tradizionale assetto naturale. Insomma, il classico dissesto idrogeologico provocato dall'insipienza umana, come ci insegnavano alle elementari. Ma si parlava delle pendici appenniniche, di grandi fiumi, di alluvioni di proporzioni tremende. Ora, pian piano, il degrado ci raggiunge per effetto della convergenza tra l'abbandono di una saggia manutenzione ed una dissennata avidità cementificatrice.
Perciò chiedo a tutti di riflettere se non sia necessaria un'immediata inversione di tendenza. Anche perché i tagli e i risparmi di oggi hanno senso solo se non determinano spese ancor più insostenibili domani: altrimenti vanno a sommarsi ad una serie di errori già troppo lunga per essere tollerata.

martedì 16 novembre 2010

Sconforto per una città umiliata

All'indomani della votazione sulla mozione di sfiducia in consiglio comunale, sono alquanto rattristato dallo spettacolo che è stato offerto, peraltro ad un prezzo non molto economico, e penso che dovremmo chiedere scusa alla città che, una volta di più, si è vista presa in giro e umiliata dalle troppe manovre messe in campo. D'accordo che una seduta di autoanalisi ogni tanto può rivelarsi liberatoria e persino utile, ma se il buongiorno si vede dal mattino... E qui il mattino è passato da un pezzo: indipendentemente dall'esito, come non essere delusi avendo assistito da un lato allo spreco di tempo provocato in primis dalle tattiche dilatorie interne alla maggioranza (le ripetute critiche erano più che fondate, ma proprio non potevano mettersi d'accordo in tempi brevi?), dall'altro al disperato tentativo del sindaco di appellarsi a destra e a manca per occultare tutte le promesse non mantenute, che poi si è semplicemente limitato a rinnovare?
Mi si dirà che questa è la politica, con le sue regole. Temo piuttosto che questa sia la politica come noi l'abbiamo ridotta, e come il paese si è ormai da tempo abituato a viverla. Se non altro, il Consiglio comunale ha offerto una rappresentazione compiuta e veritiera di come i problemi vengano affrontati da questa amministrazione, che di certo (restando immutata la classe politica) ha ribadito di non volere o non saper cambiare abitudini. Si permane lontani da ogni chiarezza e trasparenza di motivazioni, senza badare allo spreco di tempo e di risorse pubbliche, una volta assicurandosi il tempo necessario per le estenuanti trattative, con l'unica preoccupazione di difendere equilibri di potere, che a ben guardare non hanno molto a che fare con il rilancio della città.
Nulla di sorprendente: in tutte le epoche di crisi, quando una civiltà o un impero si esauriscono, cominciano a logorarsi in faide intestine e in discussioni interminabili, che non risolvono nulla né tanto meno progettano il futuro oltre l'indomani, in quella perversione della politica eretta a stile di governo che è il tirare a campare, il posizionarsi giorno per giorno alla ricerca di un consenso tanto più effimero, quanto più si fonda sugli scambi e sui favori, non sulla crescita del paese, sulla lungimiranza, sulla valorizzazione del merito.
Lo sconforto è profondo: così come gli avvenimenti nazionali ci stanno rendendo in modo eloquente la reale misura dell'incapacità della classe dirigente di questo paese, la vicenda delle nostre inutili serate mette in evidenza per la città l’inefficienza eretta a sistema. Inutile dire che questo non lascia ben sperare per il futuro dei nostri figli. Soprattutto se i padri hanno insegnato loro a non cercare raccomandazioni.

lunedì 15 novembre 2010

CoCoCo5 - Mozione di sfiducia al Sindaco - Intervento (2)

Di fronte al fatto che sinora, nel dibattito di questa sera, gli esponenti della maggioranza che hanno in precedenza espresso le loro forti critiche al sindaco non hanno ancora manifestato le loro recenti convinzioni, alla luce dei colloqui e delle trattative intercorse in questi ultimi giorni, desidero chiedere loro di esplicitare la posizione a cui sono giunti. Ci si dia conto di queste trattative, non solo per soddisfare la mia modesta curiosità, ma anche quella degli “amici” giornalisti presenti, e soprattutto quella più che legittima dei cittadini che dite di rappresentare, e che hanno tutto il diritto a un poco di trasparenza.

sabato 13 novembre 2010

Disastri annunciati

La preservazione del patrimonio culturale, la cura dell'ambiente, la messa in sicurezza delle aree a rischio geologico, sono esigenze superflue di pochi “fissati”? Non opportunità da cogliere e rilanciare, ma solo lussi che il Paese in crisi non può più permettersi? A leggere l'annuncio degli stanziamenti governativi per queste voci c'è da rabbrividire, come nel caso dei bilanci del dicastero dell'Ambiente: dai 1.649 milioni del 2008 si è scesi per l'anno in corso a 738 (meno della metà), prevedendo di giungere a poco più di 500 per gli anni a venire. E, confessiamolo, non abbiamo mai avuto la sensazione che in precedenza si scialasse.
Cosa questo significhi in termini concreti, lo annuncia da tempo il ministro Prestigiacomo: almeno la metà dei parchi naturali verranno chiusi, mancando anche i soldi per saldare le bollette. L'Istituto superiore per la ricerca ambientale (Ispra) non ha più i fondi necessari a pagare interamente gli stipendi, né tantomeno le convenzioni esterne. Perciò, niente più monitoraggio del territorio, o quasi. Niente più soldi a bilancio per alcuna bonifica (meno 3 miliardi), e per una serie di altri progetti; restano circa 900 milioni per il disastro idrogeologico, comunque il 20% in meno.
Questa è una logica da efficienti amministratori, desiderosi di razionalizzare la spesa pubblica, o è un procedere da massacratori scriteriati, capaci di “tagli orizzontali” ma non di interventi mirati? È davvero sensato dissipare la risorsa preziosa e ineguagliabile delle bellezze del territorio e del patrimonio artistico, anziché rilanciare l'economia turistica con un adeguato piano di investimenti (fatto non solo di marketing, slogan, loghi e simboli), valorizzando tali risorse, creando posti di lavoro e, possibilmente, prevenendo disastri che, quando si verificano, provocano lutti e aggravi di spesa ben maggiori dei risparmi fasulli? Ma si è scoperto che a tranquillizzarci, in caso di calamità, bastano meri annunci di stanziamenti, qualche comparizione mediatica e appelli alla generosità privata. Quanto al rilancio dell'economia nel medio e lungo termine, questa politica lo ignora del tutto, dato che i posti da preservare veramente sembrano solo quelli del sottobosco partitico, che pensare al futuro oltre le prossime elezioni non porta voti di clienti interessati, e che la gente la persuadi raccontandogli ancora la favola un po' logora che non gli metti le mani in tasca. Ammesso e non concesso che le tasche restino intatte, l'inarrestabile disfacimento di tutto il resto davvero non si paga, e salato?
Qualcuno ha detto di recente che questo, più che l'esecutivo del “fare”, è il governo del “fare finta”. Come dargli torto?

lunedì 8 novembre 2010

CoCoCo4 - Mozione di sfiducia al Sindaco - Intervento

1. So che può sembrare ingeneroso, in un momento difficile, che l'opposizione punti alla caduta del governo locale. Qualcuno, addirittura, nel dibattito di questi giorni, cerca di contrabbandare la presa d'atto del triste epilogo di una maggioranza che la nostra mozione costringe a considerare, come se fosse un atto di disaffezione alla città. Non è così, ovviamente, anche se di certo lo considero un passo grave. Per indole mi sentirei tendenzialmente portato a lavorare per costruire, per realizzare intese, anziché per abbattere, cercando “di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione” (Rm 14, 19); e tuttavia non posso non chiedermi spassionatamente se il bene comune sia ancora perseguibile in queste condizioni, oppure se l'interesse della città non richieda a me e a tutti i presenti una scelta differente e coraggiosa.

Ci sono momenti in cui anche l'atteggiamento più conciliante e costruttivo deve arrendersi di fronte all'evidenza. L'evidenza che pone davanti ai miei occhi, in rapida successione, il “muro” a lago. La Ticosa. Il degrado urbano. La progressiva e costante riduzione dei servizi resi ai cittadini. Il continuo esplodere di dissidi interni alla maggioranza, forse legati a faide intestine, ma certamente dipendenti anche da uno stile di governo che non ha saputo sviluppare sinergie, ed ha al contrario indebolito la necessaria coesione fino a farla svanire.
Insomma, tappa dopo tappa, questa amministrazione potrebbe ripetere (e alla fine porre come proprio epitaffio) la più celebre frase dell'ex primo ministro russo Cernomyrdin, recentemente scomparso, che commentava una sua fallita riforma monetaria: "Avremmo voluto il meglio, è andata come al solito".

Di fronte a tale sfacelo non mi è sembrato casuale neppure il ricorso di alcuni degli interessati, in questi giorni, a controversi commenti a sostegno delle battute aberranti del presidente del consiglio: qualunque cosa è utile a creare occasioni diversive, a distogliere l'attenzione dai fallimenti, a far parlare d'altro, insomma. In sé, peraltro, le squallide vicende di questi mesi non meriterebbero particolari commenti, salvo, forse, richiamare l'epitome profetica di Giorgio Gaber che, già nel 1972, illustrava l'affermarsi di un soggetto in grado di far uso della propria libertà solo nella maniera più grossolana e misera ["sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,/ incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà"]. Ma di questo, appunto, non mette neppure conto parlare oltre.

2. Una grande varietà di dichiarazioni ha comunque caratterizzato questi giorni - il consueto “polverone” politico che, come gli oroscopi o il gossip, tutti deprecano ma in tanti praticano, anche perché i giornali devono pur essere riempiti - producendo con non pochi enunciati e commenti un senso generale di evasività, di scarsa chiarezza. Proprio per questo non dobbiamo perdere di vista i tanti elementi reali di questa crisi, ed in particolare il suo fattore scatenante, che è d'altronde l'ultimo di una lunga serie. Così, di fronte alla rinuncia unilaterale e pretestuosa di Multi alla ricostruzione dell'area “Ticosa”,

I. Voglio esprimere il mio disappunto e la mia solidarietà alla nostra città umiliata, ferita per l'ennesima volta dalla combinazione tra decisioni improvvide e calcoli speculativi. Non certo perché attività ed edificazioni debbano essere condotte con spirito disinteressato dagli operatori che cercano legittimi margini di profitto, ma perché una sana amministrazione ha il dovere di predisporre le condizioni per cui le attività economiche vadano anche a beneficio di tutta la comunità.
Vorrei esporre questa partecipazione, ma purtroppo non posso farlo per tramite vostro.
Come infatti esprimere solidarietà a chi in questo momento ha la rappresentanza istituzionale della città, se è un'amministrazione che palesemente ha trascurato questo impegno?

II. Voglio domandare un chiaro impegno e una immediata soluzione a questo ennesimo pasticcio, che non è proprio un fulmine a ciel sereno. Da quando esplose la vicenda dell'amianto si è capito che il clamore dei festeggiamenti e dei fuochi d'artificio copriva in realtà l'improvvisazione e l'approssimazione, proprio dal punto di vista delle competenze tecniche e della capacità di previsione. I pretesti invocati da Multi si fondano esattamente sul protrarsi e l'acuirsi dell'indecisione politica di una maggioranza che ha tutti i numeri per governare, che li ha ottenuti millantando una superiore efficienza - di cui peraltro nessuno ha visto le prove in questi anni - ma che non ha saputo minimamente gestirli nella prospettiva dell'interesse comune.
Per questo avrei voluto chiedervi una soluzione e una prospettiva, ma come posso ragionevolmente farlo? Come aspettarsi soluzioni credibili e convincenti dopo tutte le ripetute prove di incapacità progettuale e le risposte dilatorie di fronte ai guasti provocati, come anche nel caso del “muro a lago” e dei “concorsi di idee”?

III. Avrei voluto, lo ripeto, portare una parola di incoraggiamento e di esortazione a riprendere il lavoro di fronte alla difficoltà, sforzandosi di far fronte comune, nell'interesse di Como, per superare questo momento critico. Credetemi, non gioisco affatto dei danni che si stanno determinando, destinati ad influire immancabilmente su una città in chiaro declino, bloccandone le prospettive di rilancio. Tutti gli impegni vanno rivolti a sanare queste contraddizioni apertesi negli ultimi anni, con priorità assoluta.
Ma, in coscienza, non posso neppure formulare questo appello. Non ora. Non in queste condizioni.
Chi infatti assumerebbe la guida di questo sforzo comune? Gli stessi che hanno prodotto il disastro sotto i nostri occhi? Rifiutandosi per giunta di riconoscere le loro responsabilità spinti dai calcoli elettorali, e anzi pretendendo, come hanno sempre fatto, di aver avuto ragione in ogni circostanza?

3. Purtroppo l'amore della verità in questo momento ci impone di denunciare pubblicamente che, se si è giunti a questa situazione, le responsabilità di questa amministrazione sono pesantissime. Le ragioni che causano un male difficilmente possono essere utilizzate come rimedio, sia pure in casi disperati. Sarebbe drammatico ostinarsi in un atteggiamento mutuato dall'epoca Thatcher, quel “fattore TINA” – there is no alternative – che dietro un apparente decisionismo aggiunge solo problemi a problemi. Per chi non fonda le proprie speranze su un vantaggio personale, le alternative si trovano: sarebbe bene per questa città uscire dall'inerzia e imparare a sperimentarle.

Non arrivo al punto di dire che le colpe stiano tutte da una parte. Non sarebbe opportuno, almeno nel caso di una vicenda complessa come quella Multi, e posso persino provare una certa comprensione umana (chiaramente non politica) nei confronti di un Sindaco che si è visto preannunciare, e poi crollare addosso, una decisione gravissima per il nostro futuro di cittadini. Ma proprio la ripetizione di questo copione - nelle scelte cui si è dato corso, perché bisognerebbe fare un bilancio inclusivo anche di quelle che sono rimaste sulla carta, come la metrotramvia - mi spinge a rintenere ormai giunto il tempo di terminare un'esperienza amministrativa fallimentare, il cui protrarsi farà più male alla città di quanto non ne farebbe il riportare la parola alle urne.

Nella vita delle persone, arrivano momenti in cui è opportuno, se non necessario, tracciare un bilancio delle proprie azioni, e soprattutto delle conseguenze che queste hanno determinato. Valutare con occhi limpidi se la rotta che si è tracciata conduce in una direzione costruttiva o se, viceversa, destina noi e coloro che da noi dipendono al naufragio. Signor Sindaco, questo è uno di quei momenti. Se ha veramente a cuore le sorti della città, rimetta il suo mandato. Dia a Como la possibilità di ripartire in un'altra direzione, con nuove forze, con nuovi mezzi. Sia Lei ad evitare a questo dibattito di concludersi con la conferma di una fiducia posticcia, che connoterebbe di ulteriore ipocrisia il periodo terminale, improduttivo e paralizzante della sua esperienza amministrativa. In questo senso il suo non sarebbe un gesto di rinuncia, di abbandono, né tantomeno di viltà. La situazione è bloccata; Lei ha la possibilità di fare uscire la città da questo stallo. Lo faccia, in nome del bene comune. Glielo chiede, serenamente, uno che è pronto, per queste stesse ragioni, a vedere concluso il proprio mandato di consigliere iniziato solo un mese fa.

giovedì 21 ottobre 2010

CoCoCo3 - Stumenti per le imprese: intervento sulla delibera di indirizzo

1. Devo dire anzitutto che fa piacere leggere nelle premesse di questa delibera il riconoscimento inequivoco che il Paese si trova in una condizione di crisi profonda, mai verificatasi in precedenza. Si tratta infatti di una sensazione che mi sembrava di provare guardando ai dati di fatto, pur sentendomi sempre in errore, dato che il governo nella sua infinita saggezza l'aveva pervicacemente negata per mesi.
2. Non mi è stato viceversa possibile notare il dichiarato “deciso intervento dell'autorità governativa” che avrebbe “di fatto scongiurato situazioni pesantissime”. Personalmente, oltre al ripetuto tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto e alle continue dichiarazioni rassicuranti sul fatto di “non essere come la Grecia” (ma non l'avevo mai pensato), ho sperimentato solo una politica di tagli pesanti, orientati tra l'altro a lesinare risorse sul futuro del paese e delle giovani generazioni, come stiamo vedendo drammaticamente negli ambiti della scuola e della ricerca.
3. A parte le premesse più o meno efficaci, tuttavia, lo spirito della delibera appare pienamente condivisibile. In questa fase economica è senz'altro prioritario che le imprese possano ricevere pagamenti puntuali e facciano a loro volta fronte ai loro impegni, generando così una circolazione virtuosa di risorse sul territorio. Perciò appare opportuna ogni iniziativa in loro favore, che sottoscriviamo pienamente. Vi è semmai da meravigliarsi che questo documento di indirizzo, protocollato il 9 febbraio, sia stato posto in discussione solamente oggi, visto il suo evidente carattere di urgenza. Auspichiamo che questo non sia il segnale che tutto si risolverà in mere attestazioni verbali, senza ricadute pratiche per l'effettivo sostegno delle imprese.
4. Mi sia consentito di aggiungere che, dal punto di vista della correttezza che dovrebbe sempre caratterizzare l'operato della pubblica amministrazione, risulta del tutto inaccettabile che gli impegni di spesa assunti nei confronti dei fornitori vengano disattesi o dilazionati in tempi eccessivamente lunghi. Si genera così un danno diretto all'economia del paese, che è insieme una vergogna e uno scandalo, che scredita le isitituzioni e non può venire giustificato da alcun “patto di stabilità”, imposto da un governo oltretutto inadempiente nei suoi doveri di trasferimento agli enti locali. Comodo, scaricare sui Comuni il peso delle proprie proprie strategie demagogiche, per presentarsi sorridenti agli elettori a dichiarare di non aver messo le mani nelle loro tasche!
5. Ogni misura che attenui questo peso gravante sulle attività produttive è comunque opportuna. Per questo, sia pure nella sua parzialità, la presente delibera è un segnale che va accolto e e sostenuto, una volta chiarite alcune espressioni dubbie e rimosse le premesse inadeguate, con il nostro voto favorevole.

martedì 19 ottobre 2010

CoCoCo2 - Interpellanza sulla comunicazione istituzionale del Comune attraverso il portale

[sintesi] Sottolineo l'importanza della rassegna stampa messa a disposizione sul portale del Comune di Como, che contribuisce alla trasparenza nei confronti dei cittadini.
In certa misura è un “biglietto da visita” che – a prescindere dalla qualità effettiva e dall’accuratezza dei contenuti ­– consente di mantenersi informati e di interpretare la realtà politica cittadina.
Per questo appare importante che questa comunicazione non sia viziata da difetti tecnici, soprattutto facilmente risolvibili.
Mi riferisco alla qualità dei files PDF messi a disposizione della cittadinanza, non tanto per la nitidezza grafica, che può risultare poco importante ed è comunque paragonabile a quella di una normale fotocopia, quanto per le imperfezioni a volte notevoli che il software OCR manifesta.
In particolare, in molti documenti:
- si rilevano svariati caratteri più o meno deformati o di altezze diseguali, con spessore e corpo differente
- talora le discrepanze con l'originale comportano alterazione delle parole e (raramente) del significato di alcune frasi
Un solo esempio: “Corno” per Como.
Tale situazione appare poco giustificabile, specie in relazione al fatto che la rassegna stampa cartacea consegnata ai consiglieri non presenta gli stessi difetti.
2) Inoltre va dato atto all'Amministrazione che le date di convocazione del Consiglio Comunale sono pubblicate in un'apposita sezione del sito. Tuttavia queste non risultano aggiornate con puntualità, a volte non lo sono del tutto. I cittadini possono avere utili indicazioni per presenziare ai nostri lavori, esercitando una facoltà che loro pienamente compete, ed è quindi necessario che gli aggiornamenti siano puntuali.
Chiedo dunque alla Presidenza di attivarsi per porre rimedio alla situazione che ho descritto.

lunedì 4 ottobre 2010

CoCoCo1 - Saluto al Consiglio Comunale di Como

Saluto anzitutto i presenti e ringrazio per il cordiale benvenuto che mi è stato rivolto dal Presidente a nome dell'assemblea.
Arrivo in questo consiglio ormai al di là della metà del mandato elettivo, cosciente dei miei limiti personali ma in condizione di assumere responsabilmente l'impegno conferitomi dagli elettori che mi hanno indicato con le loro preferenze. Soprattutto assicuro il mio impegno per contribuire a far sì che i lavori di questo consiglio possano sempre meglio corrispondere agli interessi dei nostri concittadini e al bene comune, guardando non solo ai problemi immediati, che hanno di certo piena rilevanza, ma anche alla prospettiva futura che in quest'aula si concorre a determinare: o almeno, così dovrebbe essere. Sono infatti consapevole, come voi certamente lo siete, che la Como di domani dipende in misura rilevante dalle decisioni odierne, e che tali decisioni non debbono essere prese a cuor leggero, tantomeno obbedendo a mere valutazioni di convenienza elettorale.
Perciò a mia volta auguro a noi tutti che i nostri lavori non perdano mai di vista questo obiettivo superiore agli interessi di parte e ancor più ai calcoli individualistici, delle convenienze politiche minute. Mi impegnerò in prima persona per circoscrivere gli interventi ai temi effettivi di volta in volta proposti, convinto che le troppe parole, specie se ad esse non seguono poi decisioni concrete e attuate, non fanno che rafforzare nella cittadinanza l'impressione dell'inconcludenza degli organi rappresentativi.
Questo è un pericolo che va scongiurato ad ogni costo, nell'interesse della democrazia prima ancora che del buon funzionamento delle istituzioni; ed è per questo che mi permetto di far presente a tutti i consiglieri, con lo sguardo partecipe ma anche distanziato prospetticamente di uno che sinora i lavori li ha seguiti dall'esterno, che non poche volte le sedute hanno dato l’impressione di protrarsi senza partorire decisioni utili, oppure hanno fornito risposte ambigue o poco concludenti, addirittura con decisioni disattese nei fatti (come il contributo per i libri di testo degli studenti comaschi di scuola media, o ancor peggio, di quello previsto in favore delle vittime del terremoto abruzzese: tutte cose rimaste sulla carta). Tempi lunghi e sedute fiume per decisioni in sé ben poco complesse, come quelle riguardanti le “grandi mostre”, hanno diffuso fra i cittadini il sospetto che le beghe di partito contino qui molto di più dello sviluppo della città. Vi scongiuro, se così è stato, cambiamo registro, e diamo ai comaschi segni tangibili che un’amministrazione è al lavoro non tanto nelle “segrete stanze” del potere, ma anche e soprattutto nella volontà di discutere riportando in quest'aula le indicazioni dei cittadini e di offrire soluzioni concrete ai problemi della gente.
Mi perdonerete se ho voluto portarvi questo sguardo da “esterno”, così come chiedo la vostra comprensione se metterò qualche tempo ad impadronirmi delle procedure in quella che per me è un'esperienza nuova.
Nel concludere questo breve intervento, voglio rivolgere a Luca Gaffuri il riconoscimento che a mio giudizio egli davvero merita, non solo per l'azione svolta con efficacia alla guida dell'opposizione in questi tre anni di consiglio, ma anche per la scelta stessa di rivolgere la sua concentrazione esclusiva ad uno solo dei mandati elettivi che gli sono stati attribuiti dal voto popolare.
Devo sottolinearlo come un fattore di grande importanza, perché è ai miei occhi uno dei rarissimi segnali di una politica che cerca di rinnovarsi, e che nel PD ha trovato un'esplicita enunciazione ed una timida attuazione, comunque a differenza del resto delle forze politiche. Il limite di un solo mandato elettivo non esercitabile in contemporanea ad altri è un segnale forte, il quale vuole opporsi a quei cumuli di cariche che non sono forse il “male assoluto”, ma restano uno degli indicatori più preoccupanti della cattiva politica. Che sia motivato dall'ambizione personale o da interessi di corrente, l'accaparramento delle poltrone è indice di una concezione proprietaria della politica, di una presunzione di onnipotenza nello svolgere innumerevoli incarichi di interesse pubblico, forse anche di un’incapacità di ammettere i propri limiti umani, che nei fatti finisce per rappresentare un raggiro della sovranità popolare e del semplice buon senso.
Ecco perché voglio rendere onore alla scelta controcorrente che il PD propone e che Gaffuri ha fatto propria, in quanto offre qualche motivo di fiducia per il futuro della politica e per la chiarezza delle motivazioni di chi dedica qualche anno della sua vita al bene pubblico. Anche per la mia speranza in questa prospettiva di rinnovamento, per tanti aspetti travagliato e forse non immediato, ma che comunque mi sembra di poter intravvedere, annuncio la mia intenzione di aderire, in questa sede istituzionale, al gruppo consiliare del PD, partito nel quale sono giunto a riconoscere un'opportunità di impegno attivo per costruire quella che Lazzati definiva la “città dell'uomo”.

mercoledì 8 settembre 2010

Basta sprechi, basta scuola (pubblica...)!

Nessuno stupore, per chi vive nella scuola, deriva purtroppo dalla lettura dell'ultimo rapporto OCSE sull'educazione, nel quale l'Italia figura agli ultimi posti della classifica della percentuale di PIL destinata all'istruzione: il 4,5%, contro una media dei paesi OCSE del 5,7 e punte di eccellenza come l'Islanda, che guida la graduatoria con il 7,8. Peggio ancora, siamo ultimi in classifica per la percentuale di spesa pubblica destinata alla scuola, il 9% (media del 13,3). È scontata la segnalazione che gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati e che i nostri alunni passano troppo tempo sui banchi senza trarre grande vantaggio competitivo.
Certo, come commenta la Commissione Europea, per il futuro è necessario non solo investire, ma investire bene. È quanto pretende di aver fatto il ministro Gelmini, definendo “epocale” la sua riforma e garantendo che si punta sulla qualità, diminuendo la quantità (di ore di insegnamento e di occupati). Peccato che i fatti parlino chiaro, rivelando la propaganda di un governo che si arrampica sugli specchi: non cerca di spendere meglio i pochi soldi disponibili, dato che li ha invece tagliati drasticamente di anno in anno, come ben sperimentano le famiglie invitate a dotare gli alunni di carta igienica. Il ministro finge di scandalizzarsi che il 97% del bilancio serva a pagare gli stipendi, pur tanto inferiori alla media europea. Questo dato fantasioso sarebbe contestabile, ma un minimo di logica non vorrebbe che, anche senza aumentare tali costi, nuove risorse aggiuntive venissero destinate a innovazione, merito e qualità? Invece se ne è fatto un mero pretesto per i tagli orizzontali di Tremonti, che colpiscono senza guardare a casi di eccellenza oppure ad emergenze sociali, impoverendo tutte le scuole in maniera indiscriminata, dopo che già lo stato si è mostrato inadempiente. Bisogna ricordare che, solo in provincia di Como, numerosi istituti attendono centinaia di migliaia di euro relativi ai bilanci degli scorsi anni, garantiti da Roma e mai erogati?
Se la spesa per la scuola è un costo e non un investimento, i burocrati della casta fanno benissimo a lesinare le risorse per il futuro dei nostri giovani, a ignorare le inevitabili ricadute sulla qualità dell'insegnamento e sulla possibilità di essere competitivi in un mercato globalizzato. Con il loro esempio, tanti politici ci hanno ripetutamente lanciato il messaggio che, per fare carriera, si deve ricorrere ad altri mezzi che non la competenza e il merito. Ma fino a quando un paese che non investe nella formazione potrà ancora reggere?

mercoledì 1 settembre 2010

A lezione da Gheddafi

Grazie alla cortese disponibilità del governo italiano, in questi giorni Roma si trasforma in un circo, con tanto di tendoni, cavalli e gente in costume, per accogliere qualcosa di più di una semplice visita da parte di Gheddafi: infatti la sua è una vera e propria lezione di metodo, non puro folklore.
Il dittatore libico, pudicamente definito leader dai mezzi di informazione, è riuscito infatti nel capolavoro politico di farsi accettare dai governi europei, costretti a riceverlo per ragioni economiche (petrolio e commesse varie) e perché, bontà sua, ha da qualche anno abbandonato il terrorismo. Ogni suo viaggio, peraltro, è una catastrofe diplomatica per l'Europa, soprattutto perché l'accondiscendenza alle sue stravaganze rivela tutta la sorridente debolezza della controparte.
Certo, c'è modo e modo: e in questo l'Italia ha rivelato purtroppo un servilismo degno di miglior causa, in ragione della statura politica dei nostri governanti, che si trovano evidentemente in sintonia naturale con la pacchianeria esibizionistica del capo libico, tanto quanto sono pronti, in altre occasioni, ad accogliere le lezioni di democrazia dell'“amico Putin”. Che venga di qui l'insofferenza più volte dichiarata nei confronti della nostra Costituzione?
D'altra parte la Libia si è assunta l'incarico di frenare l'esodo di profughi verso il nostro territorio: poco importa se si tratta in gran parte di persone che avrebbero diritto all'asilo, e ancor meno importa che siano di fatto torturate nel deserto. Sono fatti lontani, che non ci riguardano...
In cambio del lavoro sporco, allora, e alla faccia delle “radici cristiane dell'Europa” ipocritamente invocate in tanti altri contesti, ben vengano le lezioni di religione islamica (in una versione personale e teologicamente infondata) propalate ad estatiche hostess prezzolate. Apprendiamo che con settanta euro a testa è possibile riempire le sale: chissà che questo sistema non si estenda in futuro ad altre assemblee religiose e di partito, vista la crescente disaffezione in atto, contribuendo in tal modo a contrastare la disoccupazione giovanile nel nostro paese.

sabato 14 agosto 2010

Cani da guardia

Come non gioire? Anche i quotidiani che conducono un'azione di attacco frontale alle imprese immobiliari del presidente della Camera, rivendicano un ruolo istituzionale di “cane da guardia” per la stampa, oltretutto sottolineando nella loro azione di non voler “mollare la presa”.
Fanno benissimo, se riportano elementi veri. C'è un solo neo: un cane da guardia onesto, a difesa di una proprietà onesta, latra e difende contro ogni minaccia, vera o presunta, per tutelare la dimora. Non è selettivo, non agisce “a orologeria”, preso com'è nell'adempimento della missione.
La casa da difendere, nella metafora di origine anglosassone, è evidentemente il diritto del pubblico di conoscere sempre i fatti, massime per quanto riguarda i politici che ne richiedono la fiducia, spesso presentandosi diversi da quello che sono veramente. Idealmente, un'informazione onesta non serve gli interessi di parte, non deve soggiacere a un padrone o un padrino, massime se si tratta di un politico rivale dai trascorsi ancor meno specchiati. Attaccherebbe, sui temi scottanti, anche altre mariolerie: che so, quelle di un pluriprosciolto per decorrenza dei termini, di un mandante di corruttori con sentenze passate in giudicato, di un procacciatore di ville e tenute pagate una frazione del loro valore reale...
Certo, nulla impedisce a questo padrone di circondarsi di pitbull addestrati a sbranare gli avversari, attaccando a comando. Sempre di cani si tratta. Ma non ci si venga a dire che questi rientrano nella nobile categoria dei “cani da guardia”.

giovedì 12 agosto 2010

Como: tornare al voto per le poltrone?

Sono mere chiacchiere ferragostane quelle che rimbalzano sui giornali in questi giorni? Si prevede infatti che le elezioni anticipate dovute alle rissosità nazionali avranno contraccolpi a catena nel comasco, con la fine anticipata della giunta provinciale, e oltre. Carioni si accomoderebbe nel futuro parlamento, determinando il rimescolamento degli equilibri e delle cariche anche in comune di Como, dove la giunta Bruni traballa un giorno sì e l'altro pure per lotte di potere tribali, che il sindaco medesimo qualifica “di incredibile bassezza”. Gli unici problemi sul tavolo sono poltrone e nomine, le dispute riguardano le percentuali di spartizione della torta, dimostrando quale sia il fondamento dell'impegno politico per questi signori: promuovere se stessi e i propri sodali, mentre la città affonda nei problemi irrisolti, tra i miasmi dell'impianto di depurazione e l'assenza colpevole del piano di regolamentazione degli spazi commerciali, che doveva essere per legge definito... solo sette anni fa! E questa non è solo incuria, ma un tangibile ed ingiustificabile ostacolo alla libertà d'impresa, alla faccia del liberalismo ostentato a parole, ma avversato nei fatti. La concorrenza reale va evitata a tutti i costi, quando si è dedicato l'impegno di decenni a radicare un sistema di clientele che in certi settori consente di operare, di fatto, solo agli affiliati.
Di fronte a questa situazione, se i cittadini non prendono una buona volta il coraggio a due mani e non cambiano le loro radicate abitudini di voto, che sembrano aver premiato soprattutto incapaci e/o carrieristi, la prudenza non basterà. Si butteranno al vento i denari necessari a nuove elezioni, solo per consentire qualche promozione di apparato, per liberare qualche spazio di protagonismo agli ambiziosi che tengono più all'immagine che alla sostanza di un serio lavoro per la città.
Ci vogliamo liberare dai paraocchi ideologici o dagli improbabili referendum sul carisma dei capi, e valutare soltanto la qualità dell'amministrazione fin qui ricevuta, con il necessario rigore? Oppure vogliamo che tutto resti in sostanza immutato, cambiando solo le maschere di qualche personaggio? A leggere qualche organo d'informazione si direbbe che qualcuno lo auspichi e lavori in tal senso, screditando le potenziali alternative. Succede ad esempio che il segretario PD dichiari che, in questa situazione, nuove elezioni locali sarebbero ulteriore tempo perso per la città, che occorre trovare la forza di affrontare subito i problemi più gravi e puntare a qualche forma di condivisione degli sforzi, anche al di là degli schieramenti: semplice buonsenso. E cosa fa, una volta di più, l'ineffabile titolista di un giornale? Riassume testualmente che a Como “Il PD non si muove. Come se la cosa non lo riguardasse”. I padrini politici saranno certo contenti per la rappresentazione ad usum delphini, l'intelligenza dei lettori (e forse anche l'articolista) un po' meno...

mercoledì 28 luglio 2010

Onore al merito, come sempre

Quanto è impegnativo amministrare un piccolo comune? Sicuramente molto, se il neosindaco donna di Bregnano, giovane leghista eletta in coalizione con il Pdl, si è appena aumentata legalmente lo stipendio da 927 a 2788 euro lordi, invocando a scusa il fatto che ha deciso di fare l’amministratrice a tempo pieno e ha lasciato il suo lavoro. Una scelta personale e rispettabile, quest'ultima, ma non obbligata. E se tutti i sindaci dei paesi della nostra provincia si triplicassero lo stipendio, cosa ne sarebbe delle già provate casse pubbliche? Chi certifica che il sindaco precedente lavorasse per un terzo dell'attuale, o che il suo operato valesse un terzo? La scelta dei tempi, poi, è surreale: proprio quando il momento impone ovunque sacrifici meglio ripartiti, rendendo evidente che anche i voraci appetiti della casta politica andrebbero rigorosamente contenuti, qui si inverte clamorosamente la rotta, sfiorando lo sberleffo. A meno che l'interessata non avesse pubblicamente annunciato tale proposito prima di essere eletta, di fronte ai suoi concittadini e sottoponendosi al loro giudizio, del che è lecito dubitare.

L'episodio è comunque molto istruttivo, perché conferma in modo chiarissimo tanti altri fatti che, a meno di essere completamente sprovveduti o accecati da paraocchi ideologici, ci rivelano la verità sul senso di dedizione pubblica di chi ci governa. Anzitutto sfata il mito della “diversità” leghista, che da molti anni si è accomodata agli usi di “Roma ladrona” e si è dedicata al rastrellamento di posti e di prebende al pari degli alleati, senza neppure disdegnare la tutela dei disonesti (vedi quote latte), avendo capito che per raccogliere voti bastano e avanzano gli slogan e non servono comportamenti coerenti. Inoltre fa capire bene come tanti amministratori intendano il mandato ricevuto: “carta bianca” per cinque anni, con la pretesa di render conto, se mai, solo al termine del mandato, confidando evidentemente nella memoria debole dei più. Le vicende del capoluogo comasco sono esemplari in tal senso.

Infine, fa riflettere sull'atteggiamento dei giovani che entrano in politica, certo non tutti, e non solo da ora: valutare il servizio alla propria comunità come un lavoro da retribuire con gli standard del mercato, un'occasione per la carriera personale, non è deprimente? Purtroppo, gli adulti hanno dato ripetutamente il pessimo esempio, e ora è tardi per recriminare: altro che servizio disinteressato, i modelli vincenti sono altri, primi su tutti i figli d'arte Renzo “Trota” Bossi e Geronimo La Russa, promossi su tutti i fronti (anche quello stipendiale) e sistemati grazie al merito, nient'altro che al merito...

venerdì 16 luglio 2010

Mano libera, man bassa

Inquietante, ma a dire il vero non imprevisto: il quadro che si delinea in questi giorni grazie all'azione degli inquirenti provoca un vivo senso di apprensione per il destino del nostro paese. Non è confinato solo a regioni disastrate, storicamente flagellate dalla delinquenza organizzata, ma si estende pure al Nord, alla prospera Lombardia. Che si tratti di smaltimento di rifiuti pericolosi, di installazioni energetiche, di appalti pubblici, di speculazioni edilizie, sempre più si evidenzia da un lato la portata delle infiltrazioni criminali nel nostro tessuto sociale, dall'altro un livello di corruzione politica che riporta alla mente gli scandali degli anni Novanta.
Stupisce, a ben vedere, che l'opinione pubblica non sembri troppo indignata davanti ai casi ripetuti che le si presentano, forse perché in parte ha interiorizzato il disonesto messaggio che la giustizia perseguiterebbe gli innocenti, ovviamente quando si tratti di politici e di loro portaborse. O forse perché si contenta dei proclami rassicuranti su “più sicurezza e meno tasse” e lascia in cambio mano libera sulla gestione della cosa pubblica: quanto libera, lo stiamo vedendo tutti. Quasi fosse una delega in bianco che, come emerge da tempo, rischia di essere pagata dal paese con lo spadroneggiare di congreghe affaristiche, di privatizzatori senza riguardi per l'interesse comune, di consorterie che premiano sistematicamente l'appartenenza anziché il merito, con funzionari politici e burocrati che si arrotondano lo stipendio, o finanziano campagne elettorali a spese dello Stato. Inoltre essere “figli di”, nel nostro paese, conta sempre di più e non, come vorrebbe la Costituzione, sempre di meno. Largo ai giovani, perché no? Purché siano spinti da parenti illustri, essi possono sedersi nell'assemblea regionale o in remunerativi consigli d'amministrazione e trovarsi così sistemati per la vita, alla faccia di “Roma ladrona”. L'arte di arrangiarsi pare eretta a regola delle varie cricche, nei termini in cui la descrive Giorgio Bocca: “non solo sopravvivere alle iniquità morali del censo e della nascita, ma trarne vantaggio, far pagare agli altri i nostri debiti, le nostre spese, migliorare il nostro posto nella graduatoria sociale”.
Anno dopo anno, così, l'Italia scende più in basso nelle classifiche della corruzione, di modo che gli investimenti stranieri si tengono ben alla larga dal nostro paese, che i giovani intellettualmente migliori sono costretti all'emigrazione, che la carriera politica di molti, al di là delle parole, è concepita ormai come mero strumento per la promozione individuale. Sulla qualità di simili governanti, saremmo periodicamente chiamati a pronunciarci con il voto. Ma rinunciare alle lusinghe, alle illusioni, alle promesse rassicuranti pur sapendo che non saranno mantenute (si prenda come ultimo esempio l'ondata imminente di tasse locali per compensare gli sfacciati tagli statali) è un compito troppo difficile? Forse sì, se si continuano a premiare l'arroganza e la faccia tosta mediatica, magari sperando nella benevolenza che i potenti esercitano grazie alle raccomandazioni e alle briciole della sottomissione clientelare.
Si colmerà un giorno la misura? E troveranno i cittadini la forza morale per liberarsi dai faccendieri e dai fanfaroni? Oppure si sentono degnamente rappresentati, e non avvertono il bisogno di cambiare?

domenica 27 giugno 2010

Non lavorare? Stanca (e molto)

Dopo tante polemiche, l'amministratore delegato di Expo 2015, Lucio Stanca, lascia la poltrona che per oltre un anno ha difeso con le unghie e con i denti. Ultimamente si è visto rimproverare anche dal presidente Diana Bracco, che ne ha duramente criticato la gestione per le spese eccessive e per i gravi ritardi nell'organizzazione del progetto. Di fatto Stanca sembra essere stato "sfiduciato". Egli però ha motivato il suo addio non con le contestazioni, ma con la nuova fase del progetto Expo, che è passata "dalla fase di programmazione alla fase di realizzazione", "rendendo superata la figura dell’amministratore delegato, perché gli toglie poteri girandoli alla collegialità dei soci".
Si tratta di una spiegazione logica o piuttosto di un banalissimo giro di parole? Forse che, quando si passa dal dire al fare, è automatico che il carrozzone cambi fisionomia? Funzionano davvero così tutti i consigli di amministrazione normali?
Qualcuno, come il leghista Carioni, ritiene che Stanca avrebbe maturato la decisione soprattutto per l'introduzione, nella manovra finanziaria, del divieto al cumulo di incarichi e di stipendi, essendo costui un parlamentare che non ha mai ritenuto decoroso limitare il proprio appetito accumulatore. Anzi, a qualcuno sembrò che il suo unico impegno, nei primi mesi di gestione, fosse solo quello di difendere (con il compatto blocco del PdL dalla sua parte) la discutibile legittimità di svolgere contemporaneamente svariati alti incarichi, che ai comuni mortali sembrerebbero da soli superare ogni idea di "tempo pieno".
Peraltro, uomini generosissimi come Formigoni dichiarano che quello di Stanca ora "è un gesto di grande dignità". Chi di noi ne dubita? Magari, per convincercene appieno, non vorrebbe cotanto galantuomo avvertire la necessità morale di restituire i quattrini percepiti nei 14 mesi del suo deludente incarico plurimo, come gli ha chiesto Penati? È tuttavia probabile che Stanca non voglia porre simili domande alla sua coscienza, dato che anche in Parlamento egli non risulta essere stato assiduo, presenziando a stento alla metà complessiva delle sedute e addirittura, di recente, non facendosi più vedere. A marzo è mancato ben il 98,15% delle volte, a maggio non si è neppure mostrato, forse perché stava uscendo in libreria un'opera che gli auguriamo possa renderlo immortale: un libro di ricette di cucina.
Chiedere ai suoi capi e ai dirigenti di partito di prendere un'altra strada sarebbe comunque impresa vana. Ci ricordiamo o no che questi politici hanno inventato nel 2001 persino un "ministero per l'attuazione del programma", cosa che in un paese normale sarebbe controllata dal capo del governo o, al più, da un qualche suo funzionario già stipendiato? Ma così non si sarebbero potuti dare gratifiche e poltrone ai vari ex che entravano in scuderia, come l'ex DC Pisanu, seguito dall'ex PSI Caldoro, ed ora dall'ex popolare Rotondi. Per non lasciarlo solo, a quest’ultimo è stata recentemente affiancata come sottosegretario nientemeno che la signora dei salotti milanesi, Daniela Santanché. Come dire, avanti con la produttività!
Ministro Brunetta, si svegli! Lei, che a parole è tanto avverso agli sprechi, si è accorto finalmente dove stanno i veri fannulloni nella cosa pubblica? Ministro Calderoli, forse che gli enti inutili le sfuggono, quando sono di proporzioni gigantesche?

giovedì 17 giugno 2010

Sindaci in guerra

È guerra tra i sindaci di Como e di San Fermo sul canone di 650mila euro annui che l'azienda ospedaliera verserà a quest’ultimo quale contropartita degli oneri che verosimilmente graveranno sul comune ospitante il nosocomio. A parte i toni accesi ed eccessivi, su due cose riferite dai giornali il sindaco Bruni ha perfettamente ragione: in questa vicenda «il senso di responsabilità pubblica è totalmente assente» e «se l'ospedale non aprisse, sarebbe una sciagura e un errore gravissimo», che farebbe ridere tutta Italia. Ma è credibile che tutte le colpe debbano ricadere sul comune limitrofo al capoluogo? Si tratta davvero, come Bruni sostiene con le sue bordate, di «tangenti pubbliche», del «pizzo che va pagato al Comune di San Fermo per poter aver fatto l'ospedale»?
Chissà se il sindaco comasco rinfocola la polemica perché ha a cuore le sorti dei futuri bilanci ospedalieri, o se piuttosto cerca di distogliere l’attenzione dal come e dal perché si è giunti a tale stato di cose. Citiamo ancora: «probabilmente nell'accordo di programma andava puntualizzato meglio, ma allora l'emergenza era non perdere i finanziamenti e comunque non si sapeva dove esattamente sarebbe stato costruito l'ospedale». Impressionanti le analogie con il copione delle paratie (e, speriamo di no, con la Ticosa): bisognava fare in fretta, così non siamo stati molto attenti…
Ma quale professionalità offrono gli uffici tecnici dei nostri enti pubblici, se non riescono a mettere in evidenza fatti tanto banali come una linea di confine tra due comuni? Quale capacità di programmazione possiedono i nostri politici, se non prevedono per tempo le complicazioni più banali che seguono dalle loro avventate delibere? Cosa impediva di trovare un diverso accordo prima di posare la prima pietra, con il consueto codazzo di autorità festanti e la grancassa degli annunci? Mascetti ha buon gioco nel replicare che, in sostanza, Bruni ha firmato un accordo di programma senza capire fino in fondo ciò che comportava: sarà un tantino spregiudicato, ma non fa che portare acqua al suo mulino. Vale la pena di ricordare, per un attimo, come questi politici si sono presentati nelle campagne elettorali: dichiarandosi competenti, capaci, efficienti, operosi, il meglio sulla piazza. Non si dicono forse abituati – a differenza di certi poveri idealisti – a muoversi da professionisti nel complesso mondo degli affari? A trattare con autorità ed organismi di ogni livello con una pretesa perizia? A fare regolarmente a meno di un confronto con la cittadinanza, paghi del mandato elettorale che consente loro di calare dall’alto decisioni di enorme peso, com’è stata appunto la localizzazione del nuovo Sant’Anna?
Un lungo catalogo di mezzi insuccessi sembra smentire questa propaganda: se anche le opere alla fine si realizzeranno, vi sarà una quantità di costi aggiuntivi oppure di ritardi che fa pensare a tutto, fuori che a particolari capacità di curare il pubblico interesse. Anziché contro il proprio collega confinante, allora, sarebbe più produttivo che il sindaco di Como rivolgesse la sua vis polemica contro le storture dell’ultima manovra finanziaria governativa, che affama i comuni scaricando la gran parte dei sacrifici nel taglio dei servizi ai cittadini (benché mi renda conto che questo comporterebbe maggiori rischi per la sua carriera politica), o si dedicasse magari ad un sano ripensamento autocritico.

giovedì 3 giugno 2010

Condonare sempre, condonare tutto

Mai più condoni, spergiurano sempre i nostri governanti. Infatti, puntualmente, vediamo giungere il terzo condono edilizio dell'era berlusconiana, camuffato con il nome suggestivo di “emersione delle case fantasma”. Qualcuno si fregherà le mani, qualcun altro penserà che per fare cassa anche mezzi così immorali siano tollerabili. Il problema non è però la regolarizzazione di qualche vecchio casolare ignoto al catasto, quanto la sanatoria di fatto di centinaia di migliaia di abusi edilizi di ogni dimensione.
Chi sono i fessi in questa vicenda? Manco a dirlo, siamo noi: tutti quei cittadini onesti che hanno costruito nel rispetto delle regole e che pagano puntualmente i tributi. Ma anche l'intero popolo italiano, se si considera che l'abusivismo edilizio fa crescere a dismisura l'insicurezza abitativa del Paese: oggi abbiamo di fatto milioni di persone che vivono in zone a rischio sismico, vulcanico, idrogeologico o in costruzioni dalla sicurezza statica inadeguata.
Chi sono i furbi gratificati per l'ennesima volta dal governo? Evasori piccoli e grandi, va da sé: sono quei vigliacchi che preferiscono far pagare solo agli altri il costo della convivenza civile. Ma è pure la grande criminalità: la vera protagonista delle colate di cemento illegale è soprattutto l'ecomafia, il cui potere viene così rafforzato in tutto il Paese. Si calcola che nell'ultimo trentennio almeno un quinto di tutte le nuove costruzioni italiane sia stata fatta in barba alle norme, una percentuale che si raddoppia nelle regioni meridionali. Fa tristemente riflettere il dato che in Campania ben due terzi dei comuni sciolti dal 1991 a oggi per infiltrazioni criminali siano stati indagati per vicende di abusivismo edilizio.
A fronte di qualche ipotetico centinaio di milioni di euro per il fisco, tutta la nazione subisce perdite economiche e civili incommensurabilmente maggiori. Merito di queste classi dirigenti (e solo un cieco non noterebbe il particolare impegno della destra nel condonare tutto il possibile) impegnate a favorire la devastazione del paesaggio e dell'ambiente in cui viviamo, contro il bene comune e contro le future generazioni, demolendo insieme l'identità nazionale ed il maggiore vantaggio economico che l'Italia ancora possiede, ossia la bellezza del territorio. È una cecità che pagheremo pesantemente, noi e ancor più i nostri figli.

venerdì 7 maggio 2010

Andare a fondo, con il fondo

La crisi greca sta mostrando in maniera agghiacciante tutta la sua gravità. Non meno inquietante, perciò, risulta la notizia che la Regione Lombardia ha sottoscritto dal 2002 un particolare strumento finanziario gestito da UBS, un fondo di ammortamento (tecnicamente sinking fund) con ben 115 milioni di euro impegnati in titoli ellenici e quasi altrettanti in titoli del Lazio e della Sicilia, regioni non precisamente da portare a modello di stabilità contabile.
A riferirlo non è una maligna propaganda delle opposizioni, bensì l’analisi autorevole quanto impietosa del Sole 24 Ore, al quale peraltro la Regione si è rifiutata di indicare con precisione la tipologia dei titoli coinvolti ed i codici identificativi. Alla faccia della trasparenza, dato che si gioca con i soldi dei cittadini! Ancora peggiore, in modo quasi incredibile, è il meccanismo dell’operazione, congegnato in modo tale che, se si generano profitti, questi vengono direttamente incamerati dalle banche, mentre le eventuali perdite graveranno interamente sulle casse della sola Regione Lombardia.
Quale privato cittadino sano di mente, viene da chiedersi, accetterebbe di sottoscrivere un simile contratto? Com’è possibile che l’infallibile governatore lombardo, assieme a quello stuolo di politici che a chiacchiere fa del senso pratico, della concretezza, del mettere le mani in pasta il proprio credo, si sia fatto infinocchiare così? Si tratterà solo di incompetenza, di trascuratezza o di qualcosa d’altro?
Di governare, questi politici-feudatari sono senz’altro capaci, come si vede anche a Como, dove le prove di genialità si susseguono incessantemente. Governare bene, però, sembra essere qualcosa di molto diverso. Evidentemente non importa a chi per la quarta volta ha rieletto lo stesso personaggio, o forse si tratta di un elettorato che preferisce non porsi questioni troppo difficili e conferma la fiducia a scatola chiusa. Bravi, per non farsi venire il mal di testa è meglio vivere di illusioni e seguire un capace imbonitore, proprio come sembrano aver fatto i nostri vicini greci.
Resta sempre aperto l’interrogativo se quando andiamo alle urne noi, cui alla fine tocca pagare il conto di questa come di altre castronerie, ci poniamo davvero il problema delle effettive capacità degli eletti di operare per il bene comune, se siamo capaci di tracciare un bilancio realistico delle politiche degli anni trascorsi – che non è cosa semplice – oppure preferiamo scegliere il contaballe più simpatico, il più “ganassa”, il più “baüscia”?

sabato 24 aprile 2010

Como ricompensata: nei secoli fedele

Ancora una volta possiamo valutare oggettivamente il peso effettivo della classe politica che governa Como, stavolta nei più ampio contesto della Regione, ed altresì quanto valgano le promesse degli alti papaveri per il nostro territorio. Primo fra tutti il Cavaliere, che aveva garantito telefonicamente a Giorgio Pozzi un posto da assessore nella giunta regionale lombarda. Nulla da ridire sul commento di quest’ultimo, che va interamente sottoscritto: si tratta di “una mancanza di rispetto nei confronti di un territorio che ha sempre dato a questo partito e al governatore Formigoni risultati eccellenti”.
Purtroppo le “mancanze di rispetto”, le disattenzioni, i finanziamenti miseri se paragonati a quelli ricevuti da province vicine, la cronica carenza di infrastrutture, sembrano essere una costante, e non un fatto occasionale, da parte di chi continua a fare il “pieno” elettorale da queste parti.
Ma perché stupirsene? Mettiamoci per un attimo nei panni di questi vertici. Se i voti continuano ad arrivare nonostante i maltrattamenti, se i comaschi continuano a confermare amministrazioni la cui capacità operativa è ormai ridicolmente inadeguata, se bevono tutte le panzane degli alleati “di lotta e di governo”, perché mai impegnarsi per dare altre risorse a questo territorio? Non è più conveniente cercare di creare o rafforzare consensi e clientele altrove, dove la situazione è meno favorevole?
Ai comaschi questa situazione, evidentemente, piace lo stesso. Pensano di guadagnarci? Può darsi: non lasciare mai la via vecchia per la nuova dev’essere per loro un sufficiente motivo di soddisfazione, anche se la via vecchia è letteralmente costellata di buche. Qualcuno penserebbe che, oltre che sonnacchiosi, siano un po’ masochisti, ma è un mero giudizio soggettivo di disfattisti che non hanno colto tutt’attorno a loro la brillante realizzazione del “nuovo miracolo italiano”. Certo che sentire l’ex assessore Caradonna denunciare come semplice illusione e propaganda tutta la vicenda del muro, con la sicumera di chi spera di trovare qualcuno che gli creda, rivela poi per intero a quali esiti conduce questo atteggiamento di acquiescenza: oltre al danno, le beffe…

giovedì 8 aprile 2010

Dì che ti mando io...

E così i sindaci lombardi dei comuni "virtuosi" sono scesi in piazza, in una manifestazione tutt'altro che sguaiata, ma dal chiaro piglio istituzionale e senza divisioni partitiche, per far intendere in qualche modo a un governo duro d’orecchi che così non va. Basta con le restrizioni (molte delle quali francamente irrazionali) imposte dal "patto di stabilità", nella speranza di dare ossigeno ai bilanci, di continuare a garantire servizi essenziali, di contribuire alla lotta alla crisi economica. Loro, almeno, non hanno creato voragini nei conti pubblici, facendoli pagare all'intera collettività, come varie grandi città del Sud ricompensate dai vertici del centrodestra nazionale con elargizioni cieche e sconsiderate, anziché con la bancarotta e la cacciata con ignominia dei cattivi amministratori.
In molti hanno ritenuto paradossale e deludente l’atteggiamento del sindaco di Milano, che si è dichiarata d’accordo nel merito ma non nel metodo. E infatti nella sua posizione c’è del metodo: ha dapprima aderito, poi si è tirata indietro dichiarando di stare “lavorando su altri tavoli”, infine se ne esce addirittura con la conquista di “un incontro con Tremonti”. Davvero un risultato straordinario, ci voleva una diplomatica di rango per ottenerlo. Ma muoversi insieme agli altri sindaci non le garantiva sufficiente visibilità? Temeva forse di inimicarsi qualche ministro? Che dignità rivela il vantare un rapporto privilegiato con le alte sfere, quando l’intero mondo degli amministratori locali già si è mosso mettendo alle strette il governo, e il cercare di attribuirsi il merito di una capace azione personale, con un occhio alle prossime elezioni comunali?
C’è del metodo: peccato che assomigli fin troppo al noto connubio italico di servilismo e raccomandazione (ci penso io, non disturbate il manovratore, metterà tutto a posto un giorno il fantomatico federalismo fiscale), anziché al dignitoso e fermo attegiamento, privo di condizionamenti ideologici, di coloro che denunciano l’assurdità di un vincolo che rende impossibile, pur avendo i soldi, fare investimenti e addirittura pagare alle imprese i lavori già eseguiti! Ma non eravamo governati da chi ha in odio i “lacci e lacciuoli”? E perché non si vede da subito altrettanta austerità nella limitazione delle poltrone e sottopoltrone di governo e nel numero dei parlamentari?

giovedì 25 marzo 2010

Le scuole (non) si arrangino

Confesso che sono rimasto allibito leggendo le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Gelmini contro la prassi delle scuole di chiedere un contributo volontario alle famiglie per riuscire a coprire una parte delle spese correnti più urgenti. Con una certa durezza, ella asserisce sugli organi di stampa che “va evitata questa prassi un po’ lamentosa e in pochi casi giustificata”, la colpa della quale sarebbe dei dirigenti che non sanno stare nei budget.
In quanto genitore, ma anche contribuente, sono il primo a dolermi del fatto che mi sia richiesto un apporto ulteriore per garantire l’educazione dei miei figli, e comprendo benissimo che anche poche decine di euro rischiano di gravare in maniera pesante su molti bilanci familiari. E tuttavia, non sono queste dichiarazioni ministeriali uno scaricabarile, pietoso sì, ma da primato mondiale?
Chi, anno dopo anno, ha letteralmente prosciugato le risorse da destinare all’istruzione nel nostro Paese? Chi ha lasciato al suo predecessore Fioroni l’onere di ripianare le bollette della raccolta dei rifiuti, che da anni le scuole non erano più in grado di pagare? Ignora forse, il ministro, di essere attualmente in debito con esse per quasi un miliardo e mezzo di euro, soldi che dovevano già da tempo essere nelle casse degli istituti? Come deve suonare ai cittadini l’assicurazione che per il 2010-2011 verranno erogati ad hoc ben… 10 milioni, pari a circa 80 euro al mese per istituto?
Non è poi particolarmente odioso questo tentativo di mettere famiglie e scuole le une contro le altre, con un populismo tanto più ripugnante, quanto più proviene da chi ha le massime responsabilità gestionali? Capisco che le priorità di questo governo siano state ben altre: risanare le voragini provocate da amministratori “amici” del Meridione (Catania e Palermo), accollare a tutti noi cittadini i debiti di Alitalia per regalarla di fatto ad imprenditori che realizzeranno i loro congrui profitti non appena saranno liberi di venderla ad Air France; poi ci sono da pagare gli stipendi e le prebende della Casta, gli affitti esorbitanti delle due Camere saliti in questi giorni agli onori della cronaca, le maxi pensioni degli ex parlamentari, e via discorrendo. Per tacere delle decine di opere inutili che hanno disperso miliardi, a onor del vero non solo da oggi.
Insomma, famiglie, studenti e presidi tacciano e subiscano: conti alla mano, nei bilanci predisposti da Tremonti nell’ultimo decennio, la scuola pubblica è stata solo e soltanto una voce sulla quale operare tagli pesanti, annunciando magari “rivoluzioni” didattiche che ne lasciano immutata la struttura farraginosa e burocratica e non ne promuovono la riqualificazione (che, se seria, costa).
Tanto, si sa che ci sono sempre altre soluzioni per chi può permettersele. E noialtri, invece? Dovremmo sempre lasciar fare, per non essere “lamentosi”?

venerdì 19 marzo 2010

Paperone e i Bassotti

Siamo in campagna elettorale, d'accordo: ma perché questa politica deve sempre più spesso offendere l'intelligenza dei cittadini? Non sembra essere tanto questione di idee e programmi diversi, di ricette concrete per l'amministrazione che vadano confrontate: no, sentiamo invece parlare di chiudere programmi televisivi o di inchieste giudiziarie “a orologeria”, oppure di politici professionisti ma pasticcioni, che non sanno neppure come si presenta una lista, e il tutto sarebbe colpa della Banda Bassotti che dà addosso a Paperone? Dei paladini dell'Odio che si coalizzano per sconfiggere quelli dell'Amore? Magari per accogliere poi la provvida consolazione di chi ostenta un sorriso suadente: l'Amore vince sempre...
Viene da chiedersi se questa sia ancora politica, oppure avanspettacolo dei più scadenti. Non so davvero quanto possa essere valida la filosofia di certi capipopolo, basata sulla constatazione che il livello intellettivo medio della popolazione italiana non supera la seconda media, ma è davvero necessario svilire il dibattito fino a questo punto? Chi, dei lettori di questa pagina, prenderebbe per buone semplificazioni tanto grossolane, specie se provenienti da un simile pulpito? Chi si arrischierebbe mai ad elargire il suo voto sulla base di simili considerazioni, inadatte persino a motivare il tifo per una squadra di calcio, figuriamoci per un partito o per un leader?
Ma siamo in Italia, dirà qualcuno. Qui certe sceneggiate sono normali, la faziosità detta legge, noi elettori veniamo trattati come cretini da blandire o da spaventare con le invasioni straniere, il ritorno del comunismo, il vampirismo del fisco. E intanto, si perde il tempo necessario a creare le condizioni per dare qualche spiraglio di speranza alle giovani generazioni. Riuscire a creare uguali punti di partenza, abolire i privilegi, premiare il merito, favorire il rispetto della legalità dovrebbero essere i cardini dell'azione politica a beneficio del Paese in questi anni di crisi strutturale: ma sono obiettivi presi in seria considerazione da chi si agita tanto sotto elezioni, o l'unica preoccupazione è quella di occupare sempre più posti e posticini di potere?

domenica 14 marzo 2010

Il lupo che fa la morale agli agnelli...


Con colpevole ritardo prendo atto della pubblicazione del libro più comico degli ultimi secoli, che fin dal titolo mi mette di buonumore. Evidentemente sputare insulti a raffica contro chi non la pensa come te e ha la pretesa (assurda, nel nostro paese) di veder rispettate le regole della democrazia e del diritto è un puro atto di amore. Come mostrano anche i giornalisti-pitbull al costante servizio del padrone, pronti a sbranare a volte anche oltre le sue aspettative...
Non resta che suggerire, come fonti interpretative più adeguate alla bisogna, le Favole di Fedro e il volumetto filosofico (assai serio, peraltro) di Harry G. Frankfurt, On Bullshit.

giovedì 4 marzo 2010

Liste, pasticci e arroganza

Dopo che per più volte, nelle precedenti elezioni, le regole di presentazione delle liste non sembravano aver creato problemi, una certa politica scopre improvvisamente che queste sono ingombranti “orpelli” e che uccidono la democrazia, determinando l'esclusione di coloro che non sono stati capaci di consegnare gli elenchi nei tempi e modi previsti dalla legge. Da notare, per inciso, che tali leggi sono state volute non da altri che dalla politica stessa, e che non sembra segno di particolare intelligenza rivolgere l'accusa di complottare a chi, semplicemente, ha il compito – anzi, l'obbligo - di farle rispettare.
Assistiamo addirittura al paradosso di chi contesta la competenza di una commissione, e nel contempo le intima con accenti non proprio cortesi di procedere ad una nuova verifica delle firme delle altre liste. Compaiono infine anche altri personaggi che, con grande senso della misura e del ruolo istituzionale ricoperto, si dicono “pronti a tutto” (ci è consentito di provare qualche brivido?).
Certo, si ha il diritto di convocare le piazze, non si capisce se per manifestare più il proprio sconforto o il proprio dissenso, ma è con simili azioni che si trasforma il torto in ragione?
È sensato auspicare che si trovi una soluzione politica condivisa a un tale pasticcio, ma non si può fare a meno di notare che i toni usati dagli esponenti del ceto politico coinvolti sono improntati non all'autocritica, quanto all'arroganza e allo scaricabarile. Il fine non è forse quello di celare, ancorché goffamente, un'evidente incompetenza, tanto più grave se manifestata da professionisti della politica? Non si cerca poi con ogni mezzo di non pagare le serie conseguenze del proprio errore, diversamente da quanto capita ai comuni cittadini?
Non sono, insomma, le forme di un copione ben noto (anche troppo!) a noi comaschi, come ha dimostrato tra l'altro la recente gestione del “muro della vergogna” lungo il nostro lago?

mercoledì 10 febbraio 2010

Tagliatori di... nastri

Come non essere d'accordo con la recente presa di posizione di Confartigianato a Varese, che in occasione dell'inaugurazione dei lavori della Pedemontana, ha chiesto maggiore sobrietà e risparmio del denaro pubblico, specie in tempi di crisi economica? Naturalmente l'appello è rimasto del tutto inascoltato: lo show di Cassano Magnago è costato 300 mila euro, anche se solo in parte usciti dalle tasche dei contribuenti. C'è sempre qualcuno che invoca ragioni di immagine, di marketing, di opportunità: ma è arduo credere che la vera ragione non sia la campagna elettorale alle porte.

Si è già scatenata, infatti, la consueta frenesia per il taglio di nastri che, a ben vedere, è il più chiaro indice della serietà di chi ci governa. Si inaugura il possibile e l’impossibile: poco importa se l’opera è incompleta o se ha già subito una, o più, inaugurazioni precedenti. Ad esempio, si è appena inaugurato il tunnel ferroviario di Castellanza, dove la stazione non è ancora stata costruita, oltre al nuovo palazzo della Regione e all'ospedale di Legnano (il sesto nastro “sanitario” tagliato in meno di un mese), anch'essi tuttavia non ancora operativi. Parossistica poi, per il governatore uscente, la giornata del 7 febbraio, con cinque interventi sotto i riflettori dei media in sole otto ore, incluso il trasporto a braccia, tanto commovente quanto superfluo, di una sventurata bambina di Haiti giù dall'aereo che la portava in Italia per cure.

E un simile superman ha ancora la straordinaria modestia di definirsi “uno di noi” sui manifesti giganti che già tappezzano le città? Ma chi di noi ha, come lui, il dono della quasi ubiquità? Chi di noi dispone di svariate centinaia di migliaia, anzi milioni di euro pubblici all'anno per il proprio, personale ufficio stampa? Chi pubblicizza il proprio sito elettorale “radioformigoni” su carta intestata e con affrancatura della Regione? Chi perciò oserebbe competere con questo iperpresenzialista, che oltretutto, bontà sua, non ha ancora formalmente inaugurato la campagna elettorale? La vera domanda da porsi, naturalmente, dovrebbe essere un'altra: chi di noi è sicuro che festeggiamenti, rinfreschi, gadget, spettacolini e pergamene celebrative non costino nulla ai contribuenti lombardi? E questo stile, non è forse un preludio a futuri sprechi di risorse volti a rafforzare il proprio potere, una volta ritornati in sella?

Poveri artigiani varesini, con la loro inascoltata proposta di una moratoria che imponga uno "stop" a qualsiasi inaugurazione o evento tre mesi prima di ogni elezione. Con grande buon senso, chiedono alla politica un minimo di serietà e la correttezza di non presentare infrastrutture ordinarie come se fossero un miracolo. Ma c'è da dubitare seriamente che i professionisti delle apparenze e degli annunci vogliano raccogliere l'appello. E gli elettori? Continueranno a privilegiare imbonitori e illusionisti o sapranno finalmente valutare tanta disinvoltura come merita?

mercoledì 27 gennaio 2010

Politici stizzosi (la colpa, si sa, è dell'opposizione...)

A Como può capitare, guardando alcune trasmissioni televisive locali, di vedere non pochi esponenti locali della maggioranza al governo posti in serio imbarazzo dall'evidenza dei fatti (palesi difficoltà nell'amministrare correttamente la città, contrasti interni per ragioni a volte neppure confessabili, figuracce per le cento promesse elettorali non mantenute, e via discorrendo), che reagiscono stizzosamente, ribaltando sulle opposizioni accuse di divisione, di non avere idee né proposte, di non formulare progetti condivisibili.
Magari sarà così. Tuttavia a un attento osservatore dei consigli comunali degli ultimi mesi sembrerebbe piuttosto che dai banchi delle opposizioni si sia giocato un ruolo assai più attivo nel dibattito che non da quelli della maggioranza, a prescindere naturalmente dalla valutazione degli esiti più o meno efficaci di queste sedute. Come giudicare, ad esempio, il fatto che le mozioni approvate dal consiglio rimangano a tutti gli effetti lettera morta, come nel caso del sostegno agli studenti comaschi delle scuole medie per l’acquisto dei libri di testo? E cosa pensare di un sindaco che, nell’ultima votazione sul famigerato muro a lago, dichiara che non darà corso a quanto approvato perché a suo dire è contra legem? Forse che è destinato a passare alla storia, oltre che dell’ingegneria, anche della giurisprudenza…
A parte il merito delle proposte, tuttavia, sconcerta il metodo del ribaltamento dei ruoli, oltretutto fastidiosamente vittimistico e non di rado maldestramente eseguito. Grande merito, quello di dire a chi non governa che deve tacere perché non sarebbe comunque capace di governare… senza l’onere della controprova! Chi ha vinto le elezioni dovrebbe invece ricordare che ha voluto la bicicletta, l’ha ottenuta, e adesso il suo compito è quello di pedalare, non tanto di additare ai comaschi la presunta inefficacia dell’opposizione: la quale avrà le sue colpe, e sarà ad ogni modo schiacciata dalla legge dei numeri in consiglio, ma non risulta in alcun trattato di politica che abbia il compito di togliere le castagne dal fuoco alla maggioranza, né di fare solo proposte che risultino ad essa gradite.
Piuttosto, essa deve saper vigilare a difesa degli interessi della cittadinanza tutta (e davvero non la soccorrono gli scarsi poteri d’intervento del consiglio nei confronti di una giunta sostanzialmente sorda a ogni proposta di correzione). Come un bravo “cane da guardia” - gli anglosassoni usano l’espressione watchdog, anche se con primario riferimento agli organi d’informazione - quando fa il suo dovere, sarà così sopportabile anche qualche latrato di troppo. Mentre chi governa dovrebbe pensare a tirare la slitta nella direzione che ha pubblicamente dichiarato agli elettori, anziché grattarsi di continuo le pulci, azzannarsi con gli altri componenti della muta, prendere vistose sbandate, e dichiarare stonate le voci – pardòn, gli ululati – fuori dal coro. In ogni caso, dovrebbe smetterla di chiamare a pietoso paravento del proprio operato il fatto che i colleghi del posto di guardia non tirino la slitta in vece sua.