Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
Visualizzazione post con etichetta ambiente. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ambiente. Mostra tutti i post

lunedì 12 ottobre 2015

CoCoCo 2015-7: Una mozione dal territorio per non vanificare la Tangenziale di Como

L'argomento che affrontiamo stasera è – o dovrebbe essere – uno di quelli che raccolgono un consenso politico pressoché unanime. Prova ne è che proprio in quest'aula, con deliberazione n. 6 del 27.1.2014 venne approvata una mozione che impegnava il Sindaco “ad adoperarsi presso il Ministero delle Infrastrutture, anche attraverso i Parlamentari comaschi, affinché non venga previsto alcun pedaggio per l’attraversamento del primo lotto della tangenziale di Como, almeno fino al completamento dell’intera opera”.
La mozione di oggi, dunque, non può che incontrare il sostegno di tutti coloro che hanno realmente a cuore l'interesse del territorio, ed è ancora più significativa per noi in quest'aula, che ci preoccupiamo delle sorti del suo capoluogo. Infatti, non si tratta di agire spinti da un basso tornaconto, perché a nessuno piace pagare un pedaggio, e quindi, con italica furbizia, si cerchi di scansare un onere che invece andrebbe correttamente corrisposto. No, qui stiamo parlando di mostrare una capacità autenticamente politica di gestire le grandi questioni strategiche, senza nascondere la testa sotto la sabbia delle convenzioni poco ponderate definite in passato, del conformarsi ad accordi sostanzialmente illogici. Una politica, cioè:
- che sappia orientare correttamente i flussi di traffico e favorire la scorrevolezza dei transiti;
- che liberi per quanto possibile il capoluogo da un sovraccarico di passaggi inutili e dannosi, alleggerendo così anche le altre direttrici;
- che promuova, o almeno non ostacoli, la ripresa economica del territorio;
- e ciò che è forse più importante, che influisca almeno un poco sull'impatto ambientale dei veicoli in transito consentendo di evitare rallentamenti e congestioni, e riducendo in parte le emissioni inquinanti.
Stiamo parlando di un'opera che è già stata realizzata, e perciò di una situazione di fatto che la politica deve dimostrare di saper gestire al meglio; quello che altri interessi rappresentano, in particolare la comprensibile esigenza di trarre la remunerazione dagli investimenti effettuati, non può essere giudicato prevalente rispetto alla valutazione corale che l'intera comunità locale esprime, da un comune all'altro. E per giunta questa è un'opera ampiamente incompleta rispetto ai progetti e alle promesse, che deve dunque essere valutata per quello che essa è effettivamente ad oggi, non per l'ipotetico prolungamento che non sappiamo se vedrà mai la luce.
Con questa mozione, del resto, non si chiede neppure di venir meno alla sostanza degli accordi economici previsti, ma – in modo semplice, realistico e tutt'altro che cervellotico – di rimodulare il processo di riscossione sulle tratte autostradali che si raccordano alla tangenziale per assorbire in esse l'ammortamento e la conduzione di una arteria che a conti fatti è poco più di un raccordo. Utile, necessario anzi, ma proprio nella funzione di alleggerimento dei volumi di traffico prima descritta, con la finalità primaria di migliorare la qualità della vita degli abitanti dei nostri territori. Ma non è certo un'arteria faraonica che possa presentarsi allo stato come una “grande opera” che risolve da sola i problemi della circolazione lombarda. Sacrifici di territorio attraversato e di capitali pubblici abbondantemente messi a disposizione si giustificano solo in un'ottica di utilità pubblica, e quindi di servizio al territorio stesso, a disposizione della maggior parte dei cittadini.
Viceversa, sono numerose, se non unanimi, le valutazioni che indicano come, con i livelli di pedaggio annunciati, l'unico effetto che si potrà raggiungere sarà la disincentivazione dell'utenza. Non so se sia realistica la previsione di un meno 90% che ho visto pubblicata su alcuni organi di stampa, ma è certo che l'esito non si discosterà significativamente da quello che tutti temiamo. In luogo di una finta “grande opera”, ci ritroveremmo con una autentica “cattedrale nel deserto” secondo la peggiore tradizione che la prima repubblica ha illustrato in tanti decenni passati, facendo pagare a noi cittadini gli oneri di una cattiva programmazione e di una pessima gestione, per non dire di peggio.
Il tema è di una semplicità evidente: la priorità riguarda il come possiamo indurre i veicoli ad utilizzare l'opera il più possibile? In seconda battuta, altresì, come remunerare l'investimento del capitale privato? La mozione che stiamo discutendo ha il merito di tracciare una soluzione anch'essa semplice e lineare, una volta che le parti in causa non si sottraggano alle loro responsabilità e sappiano dialogare per trovare un punto di equilibrio equo e condiviso. Una soluzione che, oltretutto, risolve alla radice le enormi complicazioni che sono poste dalla gestione della riscossione del pedaggio nella tratta interessata, ove sono assenti i caselli e che si affida interamente al progresso tecnologico. Nessun dubbio che il procedimento free flow rappresenti un'interessante innovazione ecc. Inoltre, sulla carta, tutto funziona sempre bene, in genere. Ma è pur vero che le criticità legate ai costi e alla difficoltà, se non all'impossibilità, di ottenere il pagamento da coloro che hanno una concreta possibilità di evaderlo, visti anche gli importi di entità risibile rispetto all'onere dei procedimenti, sembrano profilare seri problemi anche in ordine alla redditività.
Sembra dunque sensato ed estremamente razionale chiedere una revisione complessiva dei processi sin qui previsti, ricordando ancora che la nostra priorità deve essere quella di invogliare i veicoli a precorrere la tangenziale in luogo dei percorsi alternativi più o meno urbanizzati. Lo chiediamo anche in nome dell'ingente quota di capitale pubblico che ha reso possibile la realizzazione dell'opera. Ad avere voce in capitolo non possono essere i finanziatori dei due terzi, deve contare solamente l'interesse del privato che ha contribuito per la parte rimanente? Senza presentare uno studio credibile sui flussi e sul rapporto tra costi (del pedaggio a questi livelli assurdi), effetti indotti e benefici (per la circolazione), e senza essere disposti a ridefinire radicalmente la tariffazione in caso di una prevedibile drastica diminuzione degli ingressi, chi prendesse decisioni sciagurate come queste mostrerebbe solo quanto gliene importi realmente del territorio, dell'ambiente e dei cittadini. Tutto ciò non sembra molto giusto; e in ogni caso, ciò ripropone con forza il ruolo e la capacità dell'iniziativa politica, al di là delle appartenenze di partito.
Noi, insieme agli altri consigli comunali, stiamo facendo, per quanto ci compete, la nostra parte. Ma è chiaro che la palla passa ora al ministero, come interlocutore di Autostrade, e soprattutto a Regione Lombardia, che si rapporta con Pedemontana, e non può far finta di niente. Comprendiamo che senta il peso della decisione che rivede un accordo già stabilito (accordo, peraltro, che al territorio non è mai stato illustrato con la necessaria chiarezza su questo punto). La esortiamo però a intervenire tempestivamente, seguendo le indicazioni offerte dalla presente mozione, comprendendo anzitutto
- che non si tratta di una regalìa populistica, ma di una dimostrazione di ascolto e di sinergia col territorio;
- che in un momento come l'attuale, la sua funzione le impone di tentare ogni via per favorire il rilancio dell'economia locale, e non di ostacolarla o soffocarla con un altro balzello;
- che miglioramento della qualità della vita e contrasto del degrado ambientale non sono obiettivi impossibili, ma si possono perseguire con una ragionevole politica di incentivazione, non con ristrette logiche da gabellieri.
Insomma, perdere questa occasione chiave per svolgere un ruolo di regia sarebbe imperdonabile. Noi stasera diamo alla Regione e agli altri soggetti coinvolti l'impulso ad agire con buon senso e in vista di un obiettivo che è facile condividere, e che non sembra divisivo delle differenti sensibilità politiche. Basta ora trovare la volontà di sedersi ad un tavolo e far valere la propria credibilità istituzionale, dimostrando di possederla, non di esserne drammaticamente carenti.

giovedì 12 dicembre 2013

CoCoCo 2013-15: Mobilità sostenibile e soluzioni a Como

A volte viene da pensare che uno dei difetti maggiori della politica nel nostro paese sia la cronica incapacità di progettare il futuro, guardando invece alle sole contingenze immediate e non preoccupandosi delle conseguenze a lungo termine delle decisioni (o più spesso delle non-decisioni, dell'assenza di riforme che pure sono urgenti). Questo mi sembra particolarmente vero nella progettazione degli interventi sul traffico, concepiti nel tempo più come palliativi che come azioni strutturali, risolvendosi ad intervenire quando i problemi si sono aggravati forse in modo irrimediabile, anziché cercare di prevenirli.
È perciò emblematico che la lotta all’inquinamento sia ben lungi dall’essere vinta. L’aumento vertiginoso degli sforamenti dei limiti di legge delle polveri sottili (PM10) ne è la conferma più classica e pericolosa: basta un inverno più secco del solito per mostrare la sostanziale inefficacia delle misure antismog predisposte da Regioni e Comuni. E tutti sappiamo che il PM10 provoca infiammazione delle vie aeree e che i pm 2,5 e 1, ossia le polveri ancora più sottili, passano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei vari organi causando reazioni infiammatorie più importanti. Il risultato è un aumento di asma, allergie, aritmie cardiache, infarti, trombosi.
L’organizzazione attuale dei trasporti, caratterizzata dall'assoluta predominanza del traffico su strada, con l’uso principalmente di automezzi privati, ha forti conseguenze negative generali, sul piano economico, sociale ed ambientale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni, rischi di incidenti, a cui sono connessi costi economici e sociali, insieme all'elevato inquinamento acustico ed atmosferico, al consumo di fonti energetiche non rinnovabili, alla sottrazione di suolo. Di fronte a queste evidenze, misuriamo però ogni giorno quanto siano efficaci gli inviti ai cittadini a lasciare l’auto a casa ed utilizzare i servizi pubblici. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che aspiriamo da un lato a una migliore qualità della vita, ma evitiamo dall'altro di assumere in modo serio i necessari impegni individuali e collettivi. Per quanto potremo continuare ad ignorare che la nostra mobilità è un sistema estremamente complesso, che influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti ed ha una forte incidenza sulla qualità ambientale? Cosa fare concretamente, nel congestionato ambito urbano comasco?
Un'amministrazione cittadina non può risolvere magicamente questi problemi, ma è tenuta ad introdurre modelli di mobilità sostenibile, ispirati al principio dell’uso efficiente del territorio e delle risorse naturali e finalizzati a garantire il rispetto e l’integrità dell’ambiente. A Como, che è realtà particolarmente difficile anche per le particolarità topografiche e per una storica inerzia, questo deve comportare trasformazioni incisive, magari in forme graduali e soggette a revisione. Per essere realisti: i cambiamenti possono persino apparire lacunosi e parziali, perché soggetti a gravi vincoli di bilancio che non consentono grandi investimenti. Ma non possiamo sempre stare a guardare. Una politica che puntasse a perpetuare la situazione esistente sarebbe scellerata, ed è appunto ciò che la giunta mi sembra aver voluto scongiurare con le proposte sin qui avanzate.
Le ricette sono note: i sistemi più innovativi di mobilità contemplano il potenziamento del trasporto pubblico di merci e persone, utilizzando i sistemi meno inquinanti (es. trasporto su rotaia, autoveicoli a metano), sistemi di mobilità intermodale, aumentando la disponibilità di parcheggi-scambio nei quali è possibile lasciare la macchina per proseguire il tragitto mediante mezzi pubblici; servizi di car sharing (uso collettivo di un parco di autoveicoli, noleggiati a tempo); car pooling o uso collettivo dei mezzi privati, da parte di soggetti che devono compiere lo stesso tragitto; interventi di riqualificazione urbana; limitazione dei movimenti e della velocità dei veicoli; promozione della mobilità alternativa (ciclabile e pedonale) e di iniziative di educazione stradale e sensibilizzazione per indirizzare i cittadini ad un uso sempre più limitato del mezzo privato.
La mobilità sostenibile rappresenta un fattore di qualificazione sociale anche perché induce l’instaurarsi di processi virtuosi che portano alla riduzione del traffico e all’aumento della sicurezza stradale. Mobilità pedonale e mobilità ciclabile non sono per nulla disprezzabili, anche se presentano difficoltà. Non dovremmo perciò pensare a una valorizzazione del loro notevole potenziale per il miglioramento del sistema complessivo del traffico viaggiatori? Non è razionale il contributo a preservare l’ambiente e a promuovere un modello di vita più sano? Inoltre una mobilità “dolce” sostiene il turismo e contribuisce al risparmio nell’ambito della spesa, sia pubblica che privata, per i trasporti.
Davvero, mentre attendiamo innervositi in un incolonnamento, quando girovaghiamo a lungo per trovare un parcheggio (per nulla dire dei costi), non ci appare evidente il vantaggio comparativo di una camminata sulle distanze brevi? Non riusciamo a valutare, sia pure a grandi linee, l'elevato grado di efficacia economica dell'utilizzo del trasporto pubblico? Abbiamo proprio bisogno delle pubblicazioni mediche per comprendere i benefici che avrebbe un aumento percentuale della popolazione che svolge attività fisica nella vita quotidiana e nel tempo libero, con una diminuzione dei costi per le amministrazioni nel settore sanitario? Occorrono studi specialistici (che pure esistono) per dimostrare gli incentivi economici che una mobilità è in grado di fornire nel settore del tempo libero e del turismo? Penso a esempio ai concreti vantaggi in termini di immagine e di promozione che ha avuto Torino, legati al risalto che ha avuto sulla stampa nazionale per essere risultata la città più "eco-mobile".
Il lungo periodo ha dimostrato che, dove si libera la città dal traffico motorizzato privato si valorizzano gli spazi vitali cittadini. Spostarsi liberamente a piedi ed in bicicletta diventa possibile e piacevole. La prova è l'attuale centro storico di Como, pedonalizzato tra mille polemiche decenni or sono e dove ora, esattamente come in tutti gli altri analoghi casi in Europa, a nessuno verrebbe in mente di reintrodurre le automobili. I vantaggi sono infatti percepiti da tutti: strade e piazze possono essere recuperate ed adibite a zone di svago e di riposo, ma anche di attività commerciale.
È poi un caso che tutte le grandi città europee, e moltissimi centri di dimensioni paragonabili alle nostre, abbiano varato da ormai molti anni una politica della sosta e dei parcheggi, tutti a pagamento e con un tempo massimo di permanenza? L'esigenza di rendere più vivibili i centri urbani passa anche attraverso la leva del contingentamento dei parcheggi. Abbiamo cominciato a chiederci se destinare tutto questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Non basta infatti rendere più fluido il traffico sistemando ogni macchina nella sua casella: la rivoluzione delle principali città europee prevede anche una riduzione progressiva del numero assoluto dei parcheggi in città.
Alcune amministrazioni hanno scelto di abolire il tasso minimo di parcheggio per unità immobiliare sostituendolo con uno massimo, che a Zurigo e Stoccolma non supera 1 posto auto per appartamento. Parigi, che nei decenni passati aveva abbondato in garage, ora fa marcia indietro e vieta la realizzazione di nuovi parcheggi se le nuove edificazioni si trovano a meno di 500 metri da una fermata di mezzo pubblico. Con questa politica, negli ultimi dieci anni lungo le strade sono stati tolti 15.000 posti auto a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni. Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13% dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi. Ancora più incisiva Monaco, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. Inevitabilmente l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.
Anche i parcheggi sotterranei, considerati fino agli anni settanta la soluzione della congestione urbana, sono ormai considerati problematici, poiché aumentano il traffico fungendo da nuovi attrattori. E in effetti sono sempre più rare le città che costruiscono autorimesse sotterranee in centro. A Breda, addirittura, hanno smantellato un parcheggio sotterraneo ricavato in un canale per rimettere l'acqua e restituirlo a barche e pescatori. Nella già citata Zurigo, per ogni posto creato sottoterra se ne toglie almeno uno in superficie.
Tornando a Como, infine, si dirà giustamente che una parte del traffico è ineliminabile, soprattutto per ragioni di lavoro dei pendolari che si recano in città: ma cosa deve fare un'amministrazione che segua con coerenza questi princìpi ispiratori, più che mettere a disposizione tariffe dedicate estremamente convenienti come quelle recentemente varate per l'interscambio? 300€ annui per parcheggio +Bus è un importo eccezionalmente conveniente (e diventano 150 per gli iscritti all'ente bilaterale del commercio e del turismo: potenzialmente migliaia di lavoratori in città), oltre alle convenzioni specifiche per dipendenti delle forze dell'ordine, che hanno esenzione per mezzi pubblici.
Non è ora di cambiare decisamente mentalità, pensando alla salute e alla qualità della vita nostra, e ancor più dei nostri figli? O siamo disposti a sacrificarle in nome di una dubbia comodità, quella che alla fine ci costringe a perpetui incolonnamenti?

mercoledì 13 febbraio 2013

Miseria della (giornalistica) bistecca

Riporto in calce un odierno articolo che è semplicemente da guinness della disinformazione: "I ricercatori [...] naturalmente confermano che frutta e verdura non producono più gas a effetto serra rispetto all'allevamento degli animali", ma ci farebbero riflettere che un vegetariano dovrebbe mangiare "maggiori quantità" per compensare un presunto minore apporto nutritivo.
Lo sapevamo già, grazie. Peccato che le quantità di cui si parla siano... umane e non pantagrueliche, che i carnivori non pranzino di solito con porzioni dimezzate, e che gli animali da allevamento... mangino pure loro, ecc. ecc.
La voglia di fare titoli ad effetto conduce, come troppo spesso avviene, a isolare e deformare pochi dati per trarre tesi generali insulse o infondate. E il messaggio che passa, com'è ovvio, è alla fine quello del titolo. Cioè una stronzata (nel senso tecnico illustrato dal saggio di Harry G. Frankfurt, On Bullshit).
Essendo vegetariano per scelta etica, non mi importa granché. Ma il livello della comunicazione scientifica nel nostro paese è sempre più miserevole.
L'ignoranza e l'assenza di logica impazzano, pur di dire qualcosa "di nuovo" ad ogni costo. È chiedere troppo che di temi scientifici si occupino solo persone competenti?
***************************
La bistecca fa bene all'ambiente, mangiare vegetariano meno
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Mangiare vegetariano non farebbe bene all'ambiente: è questa la tesi controcorrente, destinata a far discutere, espressa in uno studio condotto da ricercatori francesi e pubblicato sul Journal of Clinical Nutrition. I ricercatori hanno analizzato le abitudini alimentari di 2000 adulti connanzionali e calcolato le emissioni di gas serra generate dalla coltivazione delle piante, dall'allevamento dei pesci e degli animali da carne e del pollame.
I ricercatori dell'Istituto Nazionale delle Ricerche Agricole di Marsiglia naturalmente confermano che frutta e verdura non producono più gas a effetto serra rispetto all'allevamento degli animali, ma hanno tuttavia scoperto, proprio dall'analisi dei comportamenti del campione le cui abitudini alimentari sono state seguite durante una 'settimana tipo', che chi si alimenta esclusivamente vegetariano ha bisogno di mangiare di più di quanto non sia necessario ad un soggetto che invece adotti una alimentazione mista.
Da qui il calcolo delle emissioni che ha compreso tutto il ciclo di vita di 400 alimenti più comunemente consumati con la relativa la quantità di Co2 prodotta da ciascuno di essi per 100 grammi di cibo prodotto. I ricercatori hanno così scoperto che le diete migliori rispetto alla salute dell'essere umano, quelle cioè ad alto contenuto di frutta, verdura e pesce non si discostavano di molto, relativamente alle emissioni di Co2 prodotte, rispetto alle diete di più basso livello qualitativo, ricche di sali e zuccheri.
Ma se è vero che per produrre 100 grammi di carne si emettono 1600 grammi di Co2, 25 volte di più di quanto non se ne emetta per produrre una quantità equivalente di frutta e verdura, i ricercatori hanno anche appurato che per ottenere dal consumo di cibo 100 chilocalorie occorre mangiare molta più verdura, frutta e pesce che non carne uova e pollame. Da qui la conclusione che quello che si riteneva fosse uno stile vita più sano e più in sintonia con l'ambiente deve essere rivisto, magari bilanciando i consumi e concedendosi ogni tanto una bistecca. (http://www.adnkronos.com/IGN/Sostenibilita/World_in_Progress/?id=3.1.4178002735)

lunedì 5 dicembre 2011

CoCoCo45 - Progetto di pedonalizzazione dei Portici Plinio

Sono lieto della presenza in aula dell'Assessore Molinari, cui mi rivolgo a proposito del progetto di pedonalizzazione dei Portici Plinio. Visto che la giunta avrebbe dovuto occuparsene proprio in queste ultime ore, sono curioso di sapere, al di là dei resoconti giornalistici di questi giorni, che hanno descritto lo scontro in atto nei termini di un accanimento degno di miglior causa, se alla fine questa iniziativa potrà vedere una, magari parziale, attuazione.
Sarebbe un peccato che raccolte di firme e controfirme che vedono coinvolti assessori e coordinatori provinciali non bastino ad avviare un percorso virtuoso, utile a riqualificare un'area di grande pregio storico.
Tra i tanti, sono qui anche a riportare il parere favorevole del gruppo dei Giovani Democratici di Como, che giudicano favorevolmente ogni intervento diretto alla pedonalizzazione di aree del centro città, rendendole così più vivibili da parte della popolazione e più attraenti per i flussi turistici. Va ricordato come analoghi interventi, in passato, pur avendo fatto discutere, siano stati poi riconosciuti in modo pressoché unanime come una valorizzazione significativa del tessuto urbano.
È un'idea da non deporre. Se presenta parziali inconvenienti, si lavori per risolvere i problemi. Non si dia l'impressione del solito conflitto per ragioni di posizionamento elettorale, che andrebbe a scapito per l'ennesima volta, dell'interesse pubblico.

lunedì 20 giugno 2011

CoCoCo32 - Interpellanza sul trasferimento del laboratorio chimico dell’ARPA

I sottoscritti consiglieri
- premesso che
1. il laboratorio chimico dell’ARPA - Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Lombardia, sito in via Cadorna 8, svolge da decenni controlli e analisi su acque potabili, scarichi, acque di fiume e di lago, terreni contaminati, tracce di stupefacenti, qualità dell'aria, offrendo agli enti pubblici un servizio efficiente e tecnicamente qualificato nonostante una parziale carenza di mezzi;
2. la direzione dell’Arpa ha manifestato l'intenzione di concentrare tutta l’attività laboratoristica in due sole sedi, una nel milanese e una a Brescia, prevedendo di dismettere i laboratori attuali e trasferire il personale nell'arco di trenta mesi;
3. un simile provvedimento rischia di avere conseguenze negative sul territorio comasco: infatti il personale del laboratorio di Como, dotato di esperienza pluridecennale, è prevalentemente femminile e non più giovane per il sistematico blocco del turnover, e pertanto incontrerebbe gravi difficoltà a trasferirsi in una diversa sede a 40 chilometri di distanza; si rischia pertanto di disperdere professionalità specialistiche già acquisite, di dover assumere altro personale per le nuove sedi, e soprattutto di interrompere i legami e gli scambi di utili informazioni tra operatori di laboratorio e addetti alle attività di controllo, nonché di spendere ingenti risorse per il trasporto refrigerato su strada di tutti i campioni dall’intero territorio provinciale alla nuova sede,
- ritenuto che la sede del laboratorio Arpa di Como non debba essere soppressa ma adeguata ed eventualmente potenziata, anche come riferimento sovra-provinciale,
- chiedono di conoscere quali misure intenda adottare l'Amministrazione Comunale al fine di scongiurare il predetto allontanamento e tutelare i livelli di servizio fino ad oggi garantiti alla collettività.

lunedì 7 febbraio 2011

CoCoCo 12 - Adesione al patto dei sindaci europei per l’energia

Dal momento che posso rinviare all'intervento circostanziato della consigliera Magni, esprimo qui conclusivamente una sintesi della discussione interna al nostro gruppo consiliare, anche per offrire alla città un primo segnale di una disponibilità fattiva alla riduzione dei tempi dei lavori consiliari, che valga in piccola parte a compensare altri momenti dispersivi del passato.
Nel merito della delibera, rilevo anzitutto che l'atto che siamo chiamati ad approvare è in sé pienamente condivisibile, esprimendo in modo non equivoco la prospettiva ambientalista (nella versione propositiva, “del fare”) che caratterizza i valori statutari del Partito Democratico, nonché la corrispondenza a precisi impegni internazionali; del resto, chi potrebbe ragionevolmente opporsi all'applicazione degli accordi di Kyoto, considerando la degradata situazione attuale, di cui l'inquinamento dell'aria nella pianura padana è la più attuale manifestazione? Concordo con il consigliere Ajani sulle difficoltà e sui ritardi evidenziati, il che è tuttavia un incentivo a impegnarsi con più convinzione e coerenza per recuperare il tempo perduto.
Tale atto prevede inoltre un impegno preciso per i Sindaci ad operare attivamente e a relazionare su quanto si è compiuto, riducendo così il rischio che tutto si risolva in pure chiacchiere, o almeno costringendo gli eventuale inadempienti a pagare un prezzo politico in caso di negligenza. Esprimendo una valutazione favorevole, propongo che si pervenga rapidamente all'approvazione dell'atto senza eccessivi prolungamenti del dibattito, fatta salva la valutazione dell'emendamento che presentiamo (Magni).

sabato 13 novembre 2010

Disastri annunciati

La preservazione del patrimonio culturale, la cura dell'ambiente, la messa in sicurezza delle aree a rischio geologico, sono esigenze superflue di pochi “fissati”? Non opportunità da cogliere e rilanciare, ma solo lussi che il Paese in crisi non può più permettersi? A leggere l'annuncio degli stanziamenti governativi per queste voci c'è da rabbrividire, come nel caso dei bilanci del dicastero dell'Ambiente: dai 1.649 milioni del 2008 si è scesi per l'anno in corso a 738 (meno della metà), prevedendo di giungere a poco più di 500 per gli anni a venire. E, confessiamolo, non abbiamo mai avuto la sensazione che in precedenza si scialasse.
Cosa questo significhi in termini concreti, lo annuncia da tempo il ministro Prestigiacomo: almeno la metà dei parchi naturali verranno chiusi, mancando anche i soldi per saldare le bollette. L'Istituto superiore per la ricerca ambientale (Ispra) non ha più i fondi necessari a pagare interamente gli stipendi, né tantomeno le convenzioni esterne. Perciò, niente più monitoraggio del territorio, o quasi. Niente più soldi a bilancio per alcuna bonifica (meno 3 miliardi), e per una serie di altri progetti; restano circa 900 milioni per il disastro idrogeologico, comunque il 20% in meno.
Questa è una logica da efficienti amministratori, desiderosi di razionalizzare la spesa pubblica, o è un procedere da massacratori scriteriati, capaci di “tagli orizzontali” ma non di interventi mirati? È davvero sensato dissipare la risorsa preziosa e ineguagliabile delle bellezze del territorio e del patrimonio artistico, anziché rilanciare l'economia turistica con un adeguato piano di investimenti (fatto non solo di marketing, slogan, loghi e simboli), valorizzando tali risorse, creando posti di lavoro e, possibilmente, prevenendo disastri che, quando si verificano, provocano lutti e aggravi di spesa ben maggiori dei risparmi fasulli? Ma si è scoperto che a tranquillizzarci, in caso di calamità, bastano meri annunci di stanziamenti, qualche comparizione mediatica e appelli alla generosità privata. Quanto al rilancio dell'economia nel medio e lungo termine, questa politica lo ignora del tutto, dato che i posti da preservare veramente sembrano solo quelli del sottobosco partitico, che pensare al futuro oltre le prossime elezioni non porta voti di clienti interessati, e che la gente la persuadi raccontandogli ancora la favola un po' logora che non gli metti le mani in tasca. Ammesso e non concesso che le tasche restino intatte, l'inarrestabile disfacimento di tutto il resto davvero non si paga, e salato?
Qualcuno ha detto di recente che questo, più che l'esecutivo del “fare”, è il governo del “fare finta”. Come dargli torto?

giovedì 23 aprile 2009

Il risparmio energetico è per gli altri. Noi siamo più furbi

Poteva il nostro sensibilissimo governo di centrodestra restare inerte dinanzi alla "giornata della terra"? Certo che no! Infatti nella Commissione Industria del Senato è appena stato approvato un emendamento della maggioranza che toglie il divieto di commercializzare dal 2010 elettrodomestici di classe energetica inferiore alla classe A e dal 2011 di lampadine ad incandescenza: quello varato dal precedente governo Prodi. Di energia in Italia ce n'è da sprecare, evidentemente, e poi tra breve (giorni o al massimo settimane) produrremo energia nucleare pulitissima, economicissima, sicurissima...
Il provvedimento anti-ecologico viene preso proprio mentre è in corso il vertice del G8 Ambiente di Siracusa. Mentre in Europa, e con Obama anche in Usa, si è finalmente capito che le tecnologie verdi e l'efficienza energetica sono il più opportuno strumento anticrisi, per rilanciare le nostre economie, il centrodestra italiano (che già si è messo in evidenza agli occhi del mondo approvando in Senato un'assurda mozione negazionista sui cambiamenti climatici in cui si affermava tra l'altro che il riscaldamento globale non esiste), prosegue con la sua passione per le misure di retroguardia, mentre su di un altro fronte cerca a più riprese di consentire una caccia sempre meno controllata, anche a vantaggio delle lobby produttrici di armi.
Sono operanti forti interessi economici degli "amici", certamente, ma anche un vecchio riflesso condizionato a pensare con fastidio a tutte le preoccupazioni ambientali, derubricate evidentemente nella categoria "lacci e lacciuoli".
Oltre ad infischiarsene bellamente del pianeta che lasceremo ai nostri figli, questi ultimi geniali provvedimenti penalizzano proprio l'industria italiana, che in particolare nel settore degli elettrodomestici è all'avanguardia nei modelli ad alta efficienza: il divieto a vendere lavatrici, lavastoviglie e frigoriferi di vecchia generazione rappresenterebbe infatti per le nostre imprese un oggettivo vantaggio competitivo.