Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

mercoledì 8 settembre 2010

Basta sprechi, basta scuola (pubblica...)!

Nessuno stupore, per chi vive nella scuola, deriva purtroppo dalla lettura dell'ultimo rapporto OCSE sull'educazione, nel quale l'Italia figura agli ultimi posti della classifica della percentuale di PIL destinata all'istruzione: il 4,5%, contro una media dei paesi OCSE del 5,7 e punte di eccellenza come l'Islanda, che guida la graduatoria con il 7,8. Peggio ancora, siamo ultimi in classifica per la percentuale di spesa pubblica destinata alla scuola, il 9% (media del 13,3). È scontata la segnalazione che gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati e che i nostri alunni passano troppo tempo sui banchi senza trarre grande vantaggio competitivo.
Certo, come commenta la Commissione Europea, per il futuro è necessario non solo investire, ma investire bene. È quanto pretende di aver fatto il ministro Gelmini, definendo “epocale” la sua riforma e garantendo che si punta sulla qualità, diminuendo la quantità (di ore di insegnamento e di occupati). Peccato che i fatti parlino chiaro, rivelando la propaganda di un governo che si arrampica sugli specchi: non cerca di spendere meglio i pochi soldi disponibili, dato che li ha invece tagliati drasticamente di anno in anno, come ben sperimentano le famiglie invitate a dotare gli alunni di carta igienica. Il ministro finge di scandalizzarsi che il 97% del bilancio serva a pagare gli stipendi, pur tanto inferiori alla media europea. Questo dato fantasioso sarebbe contestabile, ma un minimo di logica non vorrebbe che, anche senza aumentare tali costi, nuove risorse aggiuntive venissero destinate a innovazione, merito e qualità? Invece se ne è fatto un mero pretesto per i tagli orizzontali di Tremonti, che colpiscono senza guardare a casi di eccellenza oppure ad emergenze sociali, impoverendo tutte le scuole in maniera indiscriminata, dopo che già lo stato si è mostrato inadempiente. Bisogna ricordare che, solo in provincia di Como, numerosi istituti attendono centinaia di migliaia di euro relativi ai bilanci degli scorsi anni, garantiti da Roma e mai erogati?
Se la spesa per la scuola è un costo e non un investimento, i burocrati della casta fanno benissimo a lesinare le risorse per il futuro dei nostri giovani, a ignorare le inevitabili ricadute sulla qualità dell'insegnamento e sulla possibilità di essere competitivi in un mercato globalizzato. Con il loro esempio, tanti politici ci hanno ripetutamente lanciato il messaggio che, per fare carriera, si deve ricorrere ad altri mezzi che non la competenza e il merito. Ma fino a quando un paese che non investe nella formazione potrà ancora reggere?

mercoledì 1 settembre 2010

A lezione da Gheddafi

Grazie alla cortese disponibilità del governo italiano, in questi giorni Roma si trasforma in un circo, con tanto di tendoni, cavalli e gente in costume, per accogliere qualcosa di più di una semplice visita da parte di Gheddafi: infatti la sua è una vera e propria lezione di metodo, non puro folklore.
Il dittatore libico, pudicamente definito leader dai mezzi di informazione, è riuscito infatti nel capolavoro politico di farsi accettare dai governi europei, costretti a riceverlo per ragioni economiche (petrolio e commesse varie) e perché, bontà sua, ha da qualche anno abbandonato il terrorismo. Ogni suo viaggio, peraltro, è una catastrofe diplomatica per l'Europa, soprattutto perché l'accondiscendenza alle sue stravaganze rivela tutta la sorridente debolezza della controparte.
Certo, c'è modo e modo: e in questo l'Italia ha rivelato purtroppo un servilismo degno di miglior causa, in ragione della statura politica dei nostri governanti, che si trovano evidentemente in sintonia naturale con la pacchianeria esibizionistica del capo libico, tanto quanto sono pronti, in altre occasioni, ad accogliere le lezioni di democrazia dell'“amico Putin”. Che venga di qui l'insofferenza più volte dichiarata nei confronti della nostra Costituzione?
D'altra parte la Libia si è assunta l'incarico di frenare l'esodo di profughi verso il nostro territorio: poco importa se si tratta in gran parte di persone che avrebbero diritto all'asilo, e ancor meno importa che siano di fatto torturate nel deserto. Sono fatti lontani, che non ci riguardano...
In cambio del lavoro sporco, allora, e alla faccia delle “radici cristiane dell'Europa” ipocritamente invocate in tanti altri contesti, ben vengano le lezioni di religione islamica (in una versione personale e teologicamente infondata) propalate ad estatiche hostess prezzolate. Apprendiamo che con settanta euro a testa è possibile riempire le sale: chissà che questo sistema non si estenda in futuro ad altre assemblee religiose e di partito, vista la crescente disaffezione in atto, contribuendo in tal modo a contrastare la disoccupazione giovanile nel nostro paese.