Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

martedì 31 dicembre 2013

Capire il mondo per essere liberi dai ciarlatani e dalle paure

Leggo i risultati dell’analisi condotta dall’Ocse sulle competenze alfabetiche, matematiche ed informatiche dei cittadini adulti di 24 paesi, compresi nella fascia d’età tra i 16 e i 65 anni, da cui il nostro paese esce con un quadro sconfortante, venendo collocata all’ultimo posto in assoluto per competenze di lettura, al penultimo per la capacità di far di conto e di utilizzare in modo efficace le tecnologie informatiche. Si veda anche il post http://larcipelago.wordpress.com/2013/10/11/gli-italiani-e-labc-della-democrazia/.
Poi, se qualcuno riflette sulla drammatica verità di questo dato di fatto, lo accusano di parlare di "differenza antropologica" e di darsi arie di superiorità. Cosa che non è vera, ma viene usata come facile arma dagli imbecilli senza argomentazioni. Quante volte lo rilevo anche personalmente nei dibattiti politici, ahimè.
L'ignoranza e la carenza di discernimento però non sono mali (solo) individuali, ma sociali. Il punto di rilevanza collettiva è che:
1) sulla base di queste profonde carenze si costruiscono durature operazioni politiche, la cui impronta demagogica (e truffaldina) è perciò invisibile ai diretti destinatari ("seguitemi e vi farò ricchi", "la colpa è degli stranieri, dell'Europa, del complotto plutocratico" ecc.).
2) Qualunque panzana, bufala, accusa volgare senza prove, dietrologia d'accatto, pseudocura miracolosa trova comunque un fervido gruppo di sostenitori e diffusori che non ascoltano altre “ragioni” che le loro. Scienza e opinione urlata sono sullo stesso piano, perchè non si possiedono gli strumenti critici minimi utili a distinguere. Vale forse la pena di ricordare che etimologicamente "critica" indica appunto questa capacità di analisi e valutazione oggettiva dei fatti e dei contesti, non quella di sputare sentenze "in opposizione" e per partito preso. Le nostre bacheche Facebook ne sono la manifestazione lampante, così come quei siti di "informazione" palesemente grottesca e satirica (?), le cui castronerie vengono regolarmente prese sul serio e rilanciate, purché si possa dare addosso a qualcuno. Mala tempora currunt... e forse sarebbe il caso di investire massicciamente nell'istruzione (per davvero, non a parole), prima di venire travolti dal declino, anche economico, che la diffusione della stupidità porta inevitabilmente con sé.

giovedì 12 dicembre 2013

CoCoCo 2013-15: Mobilità sostenibile e soluzioni a Como

A volte viene da pensare che uno dei difetti maggiori della politica nel nostro paese sia la cronica incapacità di progettare il futuro, guardando invece alle sole contingenze immediate e non preoccupandosi delle conseguenze a lungo termine delle decisioni (o più spesso delle non-decisioni, dell'assenza di riforme che pure sono urgenti). Questo mi sembra particolarmente vero nella progettazione degli interventi sul traffico, concepiti nel tempo più come palliativi che come azioni strutturali, risolvendosi ad intervenire quando i problemi si sono aggravati forse in modo irrimediabile, anziché cercare di prevenirli.
È perciò emblematico che la lotta all’inquinamento sia ben lungi dall’essere vinta. L’aumento vertiginoso degli sforamenti dei limiti di legge delle polveri sottili (PM10) ne è la conferma più classica e pericolosa: basta un inverno più secco del solito per mostrare la sostanziale inefficacia delle misure antismog predisposte da Regioni e Comuni. E tutti sappiamo che il PM10 provoca infiammazione delle vie aeree e che i pm 2,5 e 1, ossia le polveri ancora più sottili, passano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei vari organi causando reazioni infiammatorie più importanti. Il risultato è un aumento di asma, allergie, aritmie cardiache, infarti, trombosi.
L’organizzazione attuale dei trasporti, caratterizzata dall'assoluta predominanza del traffico su strada, con l’uso principalmente di automezzi privati, ha forti conseguenze negative generali, sul piano economico, sociale ed ambientale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni, rischi di incidenti, a cui sono connessi costi economici e sociali, insieme all'elevato inquinamento acustico ed atmosferico, al consumo di fonti energetiche non rinnovabili, alla sottrazione di suolo. Di fronte a queste evidenze, misuriamo però ogni giorno quanto siano efficaci gli inviti ai cittadini a lasciare l’auto a casa ed utilizzare i servizi pubblici. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che aspiriamo da un lato a una migliore qualità della vita, ma evitiamo dall'altro di assumere in modo serio i necessari impegni individuali e collettivi. Per quanto potremo continuare ad ignorare che la nostra mobilità è un sistema estremamente complesso, che influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti ed ha una forte incidenza sulla qualità ambientale? Cosa fare concretamente, nel congestionato ambito urbano comasco?
Un'amministrazione cittadina non può risolvere magicamente questi problemi, ma è tenuta ad introdurre modelli di mobilità sostenibile, ispirati al principio dell’uso efficiente del territorio e delle risorse naturali e finalizzati a garantire il rispetto e l’integrità dell’ambiente. A Como, che è realtà particolarmente difficile anche per le particolarità topografiche e per una storica inerzia, questo deve comportare trasformazioni incisive, magari in forme graduali e soggette a revisione. Per essere realisti: i cambiamenti possono persino apparire lacunosi e parziali, perché soggetti a gravi vincoli di bilancio che non consentono grandi investimenti. Ma non possiamo sempre stare a guardare. Una politica che puntasse a perpetuare la situazione esistente sarebbe scellerata, ed è appunto ciò che la giunta mi sembra aver voluto scongiurare con le proposte sin qui avanzate.
Le ricette sono note: i sistemi più innovativi di mobilità contemplano il potenziamento del trasporto pubblico di merci e persone, utilizzando i sistemi meno inquinanti (es. trasporto su rotaia, autoveicoli a metano), sistemi di mobilità intermodale, aumentando la disponibilità di parcheggi-scambio nei quali è possibile lasciare la macchina per proseguire il tragitto mediante mezzi pubblici; servizi di car sharing (uso collettivo di un parco di autoveicoli, noleggiati a tempo); car pooling o uso collettivo dei mezzi privati, da parte di soggetti che devono compiere lo stesso tragitto; interventi di riqualificazione urbana; limitazione dei movimenti e della velocità dei veicoli; promozione della mobilità alternativa (ciclabile e pedonale) e di iniziative di educazione stradale e sensibilizzazione per indirizzare i cittadini ad un uso sempre più limitato del mezzo privato.
La mobilità sostenibile rappresenta un fattore di qualificazione sociale anche perché induce l’instaurarsi di processi virtuosi che portano alla riduzione del traffico e all’aumento della sicurezza stradale. Mobilità pedonale e mobilità ciclabile non sono per nulla disprezzabili, anche se presentano difficoltà. Non dovremmo perciò pensare a una valorizzazione del loro notevole potenziale per il miglioramento del sistema complessivo del traffico viaggiatori? Non è razionale il contributo a preservare l’ambiente e a promuovere un modello di vita più sano? Inoltre una mobilità “dolce” sostiene il turismo e contribuisce al risparmio nell’ambito della spesa, sia pubblica che privata, per i trasporti.
Davvero, mentre attendiamo innervositi in un incolonnamento, quando girovaghiamo a lungo per trovare un parcheggio (per nulla dire dei costi), non ci appare evidente il vantaggio comparativo di una camminata sulle distanze brevi? Non riusciamo a valutare, sia pure a grandi linee, l'elevato grado di efficacia economica dell'utilizzo del trasporto pubblico? Abbiamo proprio bisogno delle pubblicazioni mediche per comprendere i benefici che avrebbe un aumento percentuale della popolazione che svolge attività fisica nella vita quotidiana e nel tempo libero, con una diminuzione dei costi per le amministrazioni nel settore sanitario? Occorrono studi specialistici (che pure esistono) per dimostrare gli incentivi economici che una mobilità è in grado di fornire nel settore del tempo libero e del turismo? Penso a esempio ai concreti vantaggi in termini di immagine e di promozione che ha avuto Torino, legati al risalto che ha avuto sulla stampa nazionale per essere risultata la città più "eco-mobile".
Il lungo periodo ha dimostrato che, dove si libera la città dal traffico motorizzato privato si valorizzano gli spazi vitali cittadini. Spostarsi liberamente a piedi ed in bicicletta diventa possibile e piacevole. La prova è l'attuale centro storico di Como, pedonalizzato tra mille polemiche decenni or sono e dove ora, esattamente come in tutti gli altri analoghi casi in Europa, a nessuno verrebbe in mente di reintrodurre le automobili. I vantaggi sono infatti percepiti da tutti: strade e piazze possono essere recuperate ed adibite a zone di svago e di riposo, ma anche di attività commerciale.
È poi un caso che tutte le grandi città europee, e moltissimi centri di dimensioni paragonabili alle nostre, abbiano varato da ormai molti anni una politica della sosta e dei parcheggi, tutti a pagamento e con un tempo massimo di permanenza? L'esigenza di rendere più vivibili i centri urbani passa anche attraverso la leva del contingentamento dei parcheggi. Abbiamo cominciato a chiederci se destinare tutto questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Non basta infatti rendere più fluido il traffico sistemando ogni macchina nella sua casella: la rivoluzione delle principali città europee prevede anche una riduzione progressiva del numero assoluto dei parcheggi in città.
Alcune amministrazioni hanno scelto di abolire il tasso minimo di parcheggio per unità immobiliare sostituendolo con uno massimo, che a Zurigo e Stoccolma non supera 1 posto auto per appartamento. Parigi, che nei decenni passati aveva abbondato in garage, ora fa marcia indietro e vieta la realizzazione di nuovi parcheggi se le nuove edificazioni si trovano a meno di 500 metri da una fermata di mezzo pubblico. Con questa politica, negli ultimi dieci anni lungo le strade sono stati tolti 15.000 posti auto a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni. Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13% dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi. Ancora più incisiva Monaco, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. Inevitabilmente l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.
Anche i parcheggi sotterranei, considerati fino agli anni settanta la soluzione della congestione urbana, sono ormai considerati problematici, poiché aumentano il traffico fungendo da nuovi attrattori. E in effetti sono sempre più rare le città che costruiscono autorimesse sotterranee in centro. A Breda, addirittura, hanno smantellato un parcheggio sotterraneo ricavato in un canale per rimettere l'acqua e restituirlo a barche e pescatori. Nella già citata Zurigo, per ogni posto creato sottoterra se ne toglie almeno uno in superficie.
Tornando a Como, infine, si dirà giustamente che una parte del traffico è ineliminabile, soprattutto per ragioni di lavoro dei pendolari che si recano in città: ma cosa deve fare un'amministrazione che segua con coerenza questi princìpi ispiratori, più che mettere a disposizione tariffe dedicate estremamente convenienti come quelle recentemente varate per l'interscambio? 300€ annui per parcheggio +Bus è un importo eccezionalmente conveniente (e diventano 150 per gli iscritti all'ente bilaterale del commercio e del turismo: potenzialmente migliaia di lavoratori in città), oltre alle convenzioni specifiche per dipendenti delle forze dell'ordine, che hanno esenzione per mezzi pubblici.
Non è ora di cambiare decisamente mentalità, pensando alla salute e alla qualità della vita nostra, e ancor più dei nostri figli? O siamo disposti a sacrificarle in nome di una dubbia comodità, quella che alla fine ci costringe a perpetui incolonnamenti?

lunedì 2 dicembre 2013

CoCoCo 2013-14: Slot machines e distanze di legge a Como

Ho rilevato che da qualche giorno, in Via Bellinzona, è sorto un nuovo locale “slot” dedito al gioco d'azzardo tramite le macchinette che sono già state oggetto di una mozione da me presentata il 15 ottobre del 2012, e approvata dal Consiglio, e più recentemente del provvedimento che esattamente un anno più tardi, poco più di un mese or sono, è stato varato dal Consiglio Regionale della Lombardia.
Tra le altre cose, la nuova legge considera la possibilità di concedere agevolazioni fiscali ai fini Irap, con una riduzione dello 0,92% a chi rimuove le macchinette, vieta la pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico, e soprattutto regolamenta gli accessi agli spazi destinati alle slot, stabilendo il divieto di installazione a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali di ambito socio-sanitario, centri giovanili e oratori.
Il provvedimento mi sembra valido nell'impianto, considerando che anch'io, nella redazione originaria della nostra mozione, ritenevo necessario un limite minimo di distanza dai luoghi ad alta frequentazione giovanile, anche se ho poi dovuto eliminarlo per le perplessità giuridiche sollevate da qualche collega. Ora la Regione fa finalmente chiarezza in proposito, e non posso che esserne felice.
La ragione del mio intervento sta comunque nel fatto che l'esercizio di cui parlavo prima si trova sicuramente a meno di 500 metri dalla scuola media “Ugo Foscolo”. Ho misurato all'incirca 100 metri di differenza rispetto ai limiti regionali lungo l'asse via Bellinzona – via Borgovico, e la distanza si ridurrebbe ulteriormente se considerata in linea d'aria. Per nulla dire della prossimità della chiesa di S. Salvatore, che sorge a poco più di 200 metri.
Chiedo dunque all'assessorato competente di procedere cortesemente a una verifica relativa alle autorizzazioni concesse in questo caso specifico, se siano cioè compatibili con la nuova legge in termini di date e di permessi, pur ammettendo la possibilità che qui la Regione sia arrivata tardi.
Voglio ricordare i calcoli presentati di recente dal presidente del Codacons, Marco Donzelli, secondo il quale i costi sociali e sanitari legati al gioco d’azzardo e alle dipendenze da gioco sfiorano in Italia quota 7 miliardi di euro, ben superiori agli incassi dello Stato. Secondo l'associazione di consumatori, almeno per i luoghi sensibili come le scuole, la distanza è poi troppo bassa e andrebbe portata come minimo ad 1 chilometro. Il buonsenso inoltre vorrebbe che le regole, a cominciare da quella della distanza minima, debbano valere anche per le sale esistenti, stabilendo un indennizzo per il proprietario della sala gioco costretto a chiudere. Altrimenti, vista l'esplosione delle sale da gioco già avvenuta, ciò significherebbe limitarsi a fotografare una situazione di fatto, che è inaccettabile ed intollerabile.
In secondo luogo, ricordo che la Regione ha previsto, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, che la giunta lombarda predisponga un apposito marchio “No slot”, che sia rilasciato poi dai Comuni. Mancano pochi giorni a tale termine, per cui mi auguro che a Milano abbiano già adempiuto a questo atto, che credo abbia frenato l'analogo iter previsto dalla nostra mozione a Como, e in caso contrario invito l'Assessore ad adoperarsi con forza per sollecitarne l'attuazione.