
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
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mercoledì 14 marzo 2018
Como: quale dialogo con chi non vuol sentire?
Ormai sono
innumerevoli i casi nei quali, rispetto all'amministrazione precedente,
si percepisce la profonda differenza di atteggiamento da parte di coloro
che si sono collocati con supponenza alla guida della città e che
respingono sistematicamente il dialogo. La consigliera Patrizia Lissi
ha appena subito un volgare attacco personale senza fondamento,
evidente dimostrazione del fastidio che provoca volendo approfondire le
ragioni delle manovre decise nel Palazzo senza confronto con i cittadini.
A parte la questione delle mense, con discutibile soluzione calata dall'alto, è di questi giorni la sconcertante decisione di respingere l'O.d.G. del cons. Gabriele Guarisco (PD), per risolvere il problema dei cittadini che vivono nella zona di Baraggia e che rimangono senza autobus. La maggioranza RESPINGE e poi, per bocca dell'ass. alla Mobilità e Trasporti Vincenzo Bella, dichiara: “La bocciatura dell’ordine del giorno non costituisce di certo un rigetto della proposta che è stata presentata", ecc. (???). Un'altra occasione di confronto costruttivo che viene perduta per arroganza. Ma approvare qualcosa proposto dall'opposizone, evidentemente, è peccato mortale per chi ha già la verità in tasca.
A parte la questione delle mense, con discutibile soluzione calata dall'alto, è di questi giorni la sconcertante decisione di respingere l'O.d.G. del cons. Gabriele Guarisco (PD), per risolvere il problema dei cittadini che vivono nella zona di Baraggia e che rimangono senza autobus. La maggioranza RESPINGE e poi, per bocca dell'ass. alla Mobilità e Trasporti Vincenzo Bella, dichiara: “La bocciatura dell’ordine del giorno non costituisce di certo un rigetto della proposta che è stata presentata", ecc. (???). Un'altra occasione di confronto costruttivo che viene perduta per arroganza. Ma approvare qualcosa proposto dall'opposizone, evidentemente, è peccato mortale per chi ha già la verità in tasca.
martedì 16 gennaio 2018
Una pagina nera nella storia del Consiglio comunale di Como
Ieri sera, a Como,
è stata respinta da tutti i consiglieri comunali di maggioranza (con la
sola astensione del sindaco) la mozione che esprimeva, a nome della
cittadinanza, riprovazione e condanna per l’incursione skinhead del
novembre scorso che ha portato la città all'attenzione nazionale.
Un voto semplicemente inqualificabile, ma non senza motivazioni.
La logica è semplice, e va molto al di là del rifiuto del dialogo con le opposizioni, alle quali si sarebbero potuti tranquillamente proporre emendamenti per modificare la forma di qualche frase.
Votando NO a scatola chiusa invece si esprime la NON riprovazione a chi contraddice "i principi di solidarietà, non violenza, antirazzismo e antifascismo" richiamati nella mozione.
Diciamo che chi - in politica, nelle istituzioni, non al bar - manda segnali di questo tipo non è un ingenuo, ma vuole esprimere "messaggi" precisi a destinatari precisi. E non certo nel senso della garanzia della libertà di espressione. Se invece crede sia possibile lavarsene le mani nella maniera espressa dal voto di ieri, è anche inadeguato a una funzione di rappresentanza pubblica. Questa posizione, peggio che ambigua, è una vergogna ulteriore per la città, che già ha subito e subisce intimidazioni e aggressioni di stampo fascista.
La prossima volta che qualcuno di quei votanti volesse qualificarsi come liberale, spero compaia il fantasma di Totò a commentare con una sonora pernacchia.
Un voto semplicemente inqualificabile, ma non senza motivazioni.
La logica è semplice, e va molto al di là del rifiuto del dialogo con le opposizioni, alle quali si sarebbero potuti tranquillamente proporre emendamenti per modificare la forma di qualche frase.
Votando NO a scatola chiusa invece si esprime la NON riprovazione a chi contraddice "i principi di solidarietà, non violenza, antirazzismo e antifascismo" richiamati nella mozione.
Diciamo che chi - in politica, nelle istituzioni, non al bar - manda segnali di questo tipo non è un ingenuo, ma vuole esprimere "messaggi" precisi a destinatari precisi. E non certo nel senso della garanzia della libertà di espressione. Se invece crede sia possibile lavarsene le mani nella maniera espressa dal voto di ieri, è anche inadeguato a una funzione di rappresentanza pubblica. Questa posizione, peggio che ambigua, è una vergogna ulteriore per la città, che già ha subito e subisce intimidazioni e aggressioni di stampo fascista.
La prossima volta che qualcuno di quei votanti volesse qualificarsi come liberale, spero compaia il fantasma di Totò a commentare con una sonora pernacchia.
giovedì 21 luglio 2016
CoCoCo 2016-2: Azioni di contrasto al gioco d'azzardo patologico
Il
Comune di Como ha realizzato nel corso dell'ultimo anno una
importante serie di iniziative per prevenire e contrastare le forme
di dipendenza dal gioco d’azzardo, con una campagna che ha preso il
via a settembre 2015, e ha visto un significativo esito ieri, con un
seminario conclusivo sulla tematica.
“Quando il gioco si fa duro”, questo il titolo del progetto, ha ottenuto un finanziamento dalla Regione di 50mila euro (quando non si occupa di smembrare il lago...) e ha visto appunto il Comune di Como quale capofila di svariati partner istituzionali, a cominciare dalla Asl e diversi altri comuni. L'azione è stata coordinata dall'Assessore Magni e dal dottor Patrignani, dirigente del settore Servizi Scolastici, Politiche Giovanili e Partecipazione, e si è attuata tramite il coinvolgimento di una rete molto ampia e qualificata di soggetti pubblici e privati che hanno messo a disposizione tempo e competenze.
“Quando il gioco si fa duro”, questo il titolo del progetto, ha ottenuto un finanziamento dalla Regione di 50mila euro (quando non si occupa di smembrare il lago...) e ha visto appunto il Comune di Como quale capofila di svariati partner istituzionali, a cominciare dalla Asl e diversi altri comuni. L'azione è stata coordinata dall'Assessore Magni e dal dottor Patrignani, dirigente del settore Servizi Scolastici, Politiche Giovanili e Partecipazione, e si è attuata tramite il coinvolgimento di una rete molto ampia e qualificata di soggetti pubblici e privati che hanno messo a disposizione tempo e competenze.
Molti
gli interventi di formazione per docenti, studenti ed operatori di
Polizia Locale e Polizia Stradale, di informazione/comunicazione per
tutta la popolazione e per target specifici (con
conferenze-spettacolo), di ascolto e orientamento, di stimolo nei
confronti degli esercenti a non installare o dismettere le
apparecchiature per il gioco d’azzardo. Cito solo alcune tappe. Si
è partiti il 26 ottobre con la conferenza-spettacolo “Fate il
nostro gioco”, intervento formativo dedicato alle scuole
secondarie; a maggio 2016 l’Università
Popolare di Como ha ospitato un incontro rivolto alla popolazione,
nel quadro delle iniziative
dedicate alla promozione sociale e nell’ambito del progetto; il
convegno “Il gioco d’azzardo patologico in Provincia di Como”,
svoltosi il 10 giugno scorso ha riunito i 5 progetti attivi sul
territorio provinciale, Si è anche prodotto un opuscolo che contiene
alcuni dati, spunti di riflessione e soprattutto riferimenti
operativi utili a fornire un primo aiuto a chi rimanesse vittima
della dipendenza da gioco d'azzardo.
Do
brevemente conto di quanto si è presentato nell'interessante
incontro di ieri, che ha spaziato dal quadro di riferimento storico e
giuridico a livello nazionale, alla presentazione della mappatura
realizzata sul territorio comasco la quale, unitamente alla
geolocalizzazione che si è completata, potrà consentire una più
efficace azione di controllo della regolarità di quanto avviene.
Non
mi diffondo sui dati dell'ambito provinciale, ma limitandoci alla
città di Como, sono stati rilevati in città 128 esercizi, di cui 17
dedicati alle macchine da gioco, 74 bar, 2 tabaccherie, 28
bar-tabaccherie, 6 centri scommesse. Censite 557 slot machines e 103
videolotterie. In pratica, una macchina ogni 590 abitanti in città
(cifra molto più alta nel complesso del territorio in ragione della
minore densità abitativa: una ogni 124 abitanti!). Segnalo anche il
fatto che circa la metà degli esercizi sono situati in prossimità
di quelli che sono classificati come luoghi sensibili (le normative
di contenimento regionali pare possano diventare operative solo dal
2022, al termine delle attuali concessioni, ma già c'è chi briga
per ottenere una sospensiva), e anche il fatto che sono stati
rilevati anche alcuni profili di illegalità, con la presenza di più
di tre slot nella sala principale.
Molto
lavoro rimane da fare su tanti diversi livelli, ma va dato atto che
si è partiti in modo serio e determinato, con l'apporto di tante
valide professionalità. Il mio personale auspicio è che si
rafforzino le competenze di controllo e di filtro ad opera dei
comuni, il che richiederebbe un cambiamento legislativo tanto
coraggioso, quanto pienamente consapevole delle ricadute drammatiche
che il fenomeno assume sia sul piano sociale e delle relazioni, sia
su quello economico e legale.
Comunque,
durante il convegno del mese scorso è stato realizzato un workshop
tematico dedicato al “ruolo dei Comuni: quadro normativo,
esperienze di rete e buone prassi”, nel quale l’esperto Avv.
Mambrini ha presentato una bozza di ordinanza - tipo per la
limitazione degli orari di esercizio dell'attività di sala gioco e
degli orari di utilizzo degli apparecchi di intrattenimento e svago
con vincite in denaro, collocati in altre tipologie di esercizi.
Il
documento progettuale prevedeva di elaborare “con
modalità partecipative, che coinvolgeranno gli esercenti, le loro
rappresentanze e gli amministratori locali, [….] un’ordinanza –
tipo per la regolamentazione dell’orario di esercizio delle sale
giochi, compiendo un bilanciamento tra esigenze di liberalizzazione,
di tutela della salute, della quiete e del decoro dei luoghi”
Le
buone prassi già adottate, e gli studi condotti anche in riferimento
alla giurisprudenza che si è andata via via consolidando in materia,
portano a ritenere ormai confermate le linee guida di un a simile
ordinanza, che interpreti in modo adeguato il combinato disposto di
norme nazionali e regionali.
Auspico
quindi che, con il pieno coinvolgimento di tutte le parti
interessate, a cominciare dalle associazioni di categoria e dagli
operatori sociali, la bozza alla quale gli uffici stanno con alacrità
lavorando possa compiere i necessari passaggi e vedere l'approvazione
in tempi brevi. Per tutto l'impegno profuso va anche il
ringraziamento personale del sottoscritto e credo anche dell'intero
consiglio, che nell'ottobre 2012 diede mandato alla giunta di
lavorare in tale direzione con l'approvazione della mozione da me
allora sottoposta all'aula.
lunedì 22 febbraio 2016
CoCoCo 2016-1: Sul Documento unico di programmazione del Comune di Como
Il documento oggetto
della nostra votazione è organico e ben redatto, com'è stato
ammesso nel corso di qualche intervento. È di per sé una smentita a
quanti dall'opposizione lamentano una
mancanza di visione.
Non manca la visione, forse è assente la “visionarietà”, la
volontà di stupire con effetti straordinari, che del resto le
condizioni concrete del nostro bilancio non consentirebbero; dunque
non è un libro dei sogni, ma la traduzione di una progettualità
seria e concreta.
Inoltre, ha dato modo
di ascoltare il consiglio e le proposte di integrazione, accolte in
buon numero; e anche così si smentisce quella comoda e pigra litania
della mancanza di ascolto e di confronto, che non vuol dire
accettazione passiva delle proposte, ma neppure rifiuto
pregiudiziale. In particolare, va dato atto che in molti casi i
pareri della giunta non si sono limitati ad una secca indicazione di
congruenza o meno con l'impianto generale del documento, ma hanno
confermato un atteggiamento di attenzione sia nel recepire proposte,
sia nel fornire ulteriori indicazioni che rendessero più
comprensibili i vari passaggi.
Il documento illustra
prospettive che possono essere criticate, ma che di certo sussistono
(non sono assenti) e sono in piena continuità con l'operato recente;
in effetti molte sono le realizzazioni in corso, e il documento è
anche l'attestazione del cammino fatto sin qui e della direzione che
si intraprende nell'immediato futuro. Tante, anche troppe in questo
dibattito sono state le critiche ingenerose, mosse da svegli e anche
da addormentati, ma la sostanza non cambia, poiché da anni sono a
senso unico: nulla va bene, nulla funziona, siete incapaci, andate a
casa… È una sistematica enfatizzazione delle difficoltà che si
incontrano, ma è comprensibile, nell'ottica dell'opposizione,
presentare gli eventuali intoppi dell'attività amministrativa come
degli insuccessi definitivi. Ma non è così, o comunque è un po'
presto per concluderlo. In una fase di passaggio vi sono infatti
traguardi divenuti più vicini, e altri purtroppo che si
allontanano. Il vostro giudizio non può essere considerato come
l'ultima parola, e non si è certo presentato come la sentenza di un
arbitro imparziale: si è infatti andati dal rilievo critico, che può
anche fungere da stimolo per migliorare l'azione di governo della
città, alla faziosità spinta e inconcludente, alla quale siamo del
resto abituati, e per la quale non può che esservi una sola
risposta: quella che, per un giudizio davvero equanime, la parola
passerà alla fine agli elettori.
Saranno loro a decidere
della competenza della giunta e a valutare quanto sarà stato fatto e
quanto rimarrà da fare. Gli stessi elettori potranno decidere come
giudicare la costante attenzione per le voci della spesa sociale,
l'impegno per la riqualificazione di aree cittadine, la ztl con le
sue ricadute sulla vivibilità degli spazi urbani, l'efficacia della
raccolta differenziata dei rifiuti, e tanti altri aspetti, tante cose
fatte e ancora da fare. Va tenuto in considerazione che molte delle
cose che in quest'aula vengono dipinte come fallimenti, non risultano
essere tali agli occhi di molti altri comaschi; e che alcune
dichiarazioni sulla totale incapacità di questa giunta sono
semplicemente fuori dal mondo: bike sharing, Villa Olmo, Trevitex,
PGT, ZTL, raccolta differenziata sono alcuni dei risultati
significativi che potranno non piacere a qualcuno, ma sono
altrettanti passi avanti per la città; per non dire dell'impresa di
tenere in piedi un bilancio nonostante i tagli enormi ai
trasferimenti che abbiamo dovuto subire, mantenendo una spesa sociale
di livello non inferiore e qualificata, in un momento di particolare
difficoltà per molti cittadini.
Perciò saranno i
cittadini e decideranno se concedere fiducia a chi non si è tirato
indietro di fronte a sfide terribilmente impegnative, o se preferire
chi mostra maggiore talento nelle chiacchiere vuote e ripetute,
nell'opposizione a prescindere, nell'invocare cavilli o magari nel
mimetizzarsi, per chi avesse condiviso la responsabilità del
dissesto che ci è stato lasciato in eredità.
Per il tempo che resta
alla conclusione del mandato, il presente documento vale perciò come
segno di un impegno che non è mai venuto meno e di una direzione che
ci sentiamo di sottoscrivere convintamente. Il voto è perciò
favorevole.
lunedì 12 ottobre 2015
CoCoCo 2015-7: Una mozione dal territorio per non vanificare la Tangenziale di Como
L'argomento
che affrontiamo stasera è – o dovrebbe essere – uno di quelli
che raccolgono un consenso politico pressoché unanime. Prova ne è
che proprio in quest'aula, con deliberazione n. 6 del 27.1.2014 venne
approvata una mozione che impegnava il Sindaco “ad
adoperarsi presso il Ministero delle Infrastrutture, anche attraverso
i Parlamentari comaschi, affinché
non venga previsto alcun pedaggio per l’attraversamento del primo
lotto della tangenziale di Como, almeno fino al completamento
dell’intera opera”.
La
mozione di oggi, dunque, non può che incontrare il sostegno di tutti
coloro che hanno realmente a cuore l'interesse del territorio, ed
è ancora più significativa per noi in quest'aula, che ci
preoccupiamo delle sorti del suo capoluogo. Infatti, non si tratta di
agire spinti da un basso tornaconto, perché a nessuno piace pagare
un pedaggio, e quindi, con italica furbizia, si cerchi di scansare un
onere che invece andrebbe correttamente corrisposto. No, qui stiamo
parlando di mostrare una capacità autenticamente politica di gestire
le grandi questioni strategiche, senza nascondere la testa sotto la
sabbia delle convenzioni poco ponderate definite in passato, del
conformarsi ad accordi sostanzialmente illogici. Una politica, cioè:
- che
sappia orientare correttamente i flussi di traffico e favorire la
scorrevolezza dei transiti;
- che
liberi per quanto possibile il capoluogo da un sovraccarico di
passaggi inutili e dannosi, alleggerendo così anche le altre
direttrici;
- che
promuova, o almeno non ostacoli, la ripresa economica del territorio;
- e ciò
che è forse più importante, che influisca almeno un poco
sull'impatto ambientale dei veicoli in transito consentendo di
evitare rallentamenti e congestioni, e riducendo in parte le
emissioni inquinanti.
Stiamo
parlando di un'opera che è già stata realizzata, e perciò
di una situazione di fatto che la politica deve dimostrare di saper
gestire al meglio; quello che altri interessi rappresentano, in
particolare la comprensibile esigenza di trarre la remunerazione
dagli investimenti effettuati, non può essere giudicato prevalente
rispetto alla valutazione corale che l'intera comunità locale
esprime, da un comune all'altro. E per giunta questa è un'opera
ampiamente incompleta rispetto ai progetti e alle promesse, che deve
dunque essere valutata per quello che essa è effettivamente ad oggi,
non per l'ipotetico prolungamento che non sappiamo se vedrà mai la
luce.
Con
questa mozione, del resto, non si chiede neppure di venir meno alla
sostanza degli accordi economici previsti, ma – in modo semplice,
realistico e tutt'altro che cervellotico – di rimodulare il
processo di riscossione sulle tratte autostradali che si raccordano
alla tangenziale per assorbire in esse l'ammortamento e la conduzione
di una arteria che a conti fatti è poco più di un raccordo. Utile,
necessario anzi, ma proprio nella funzione di alleggerimento dei
volumi di traffico prima descritta, con la finalità primaria di
migliorare la qualità della vita degli abitanti dei nostri
territori. Ma non è certo un'arteria faraonica che possa presentarsi
allo stato come una “grande opera” che risolve da sola i problemi
della circolazione lombarda. Sacrifici di territorio attraversato e
di capitali pubblici abbondantemente messi a disposizione si
giustificano solo in un'ottica di utilità pubblica, e quindi di
servizio al territorio stesso, a disposizione della maggior parte dei
cittadini.
Viceversa,
sono numerose, se non unanimi, le valutazioni che indicano come, con
i livelli di pedaggio annunciati, l'unico effetto che si potrà
raggiungere sarà la disincentivazione dell'utenza. Non so se sia
realistica la previsione di un meno 90% che ho visto pubblicata su
alcuni organi di stampa, ma è certo che l'esito non si discosterà
significativamente da quello che tutti temiamo. In luogo di una finta
“grande opera”, ci ritroveremmo con una autentica “cattedrale
nel deserto” secondo la peggiore tradizione che la prima repubblica
ha illustrato in tanti decenni passati, facendo pagare a noi
cittadini gli oneri di una cattiva programmazione e di una pessima
gestione, per non dire di peggio.
Il tema è
di una semplicità evidente: la priorità riguarda il come
possiamo indurre i veicoli ad utilizzare l'opera il più possibile?
In seconda battuta, altresì, come remunerare l'investimento del
capitale privato? La mozione che stiamo discutendo ha il merito
di tracciare una soluzione anch'essa semplice e lineare, una volta
che le parti in causa non si sottraggano alle loro responsabilità e
sappiano dialogare per trovare un punto di equilibrio equo e
condiviso. Una soluzione che, oltretutto, risolve alla radice le
enormi complicazioni che sono poste dalla gestione della riscossione
del pedaggio nella tratta interessata, ove sono assenti i caselli e
che si affida interamente al progresso tecnologico. Nessun dubbio che
il procedimento free flow rappresenti un'interessante innovazione
ecc. Inoltre, sulla carta, tutto funziona sempre bene, in genere. Ma
è pur vero che le criticità legate ai costi e alla difficoltà, se
non all'impossibilità, di ottenere il pagamento da coloro che hanno
una concreta possibilità di evaderlo, visti anche gli importi di
entità risibile rispetto all'onere dei procedimenti, sembrano
profilare seri problemi anche in ordine alla redditività.
Sembra
dunque sensato ed estremamente razionale chiedere una revisione
complessiva dei processi sin qui previsti, ricordando ancora che la
nostra priorità deve essere quella di invogliare i veicoli a
precorrere la tangenziale in luogo dei percorsi alternativi più o
meno urbanizzati. Lo chiediamo anche in nome dell'ingente quota di
capitale pubblico che ha reso possibile la realizzazione dell'opera.
Ad avere voce in capitolo non
possono essere i finanziatori dei due terzi, deve contare solamente
l'interesse del privato che ha contribuito per la parte rimanente?
Senza presentare uno studio credibile sui flussi e sul rapporto tra
costi (del pedaggio a questi livelli assurdi), effetti indotti e
benefici (per la circolazione), e
senza essere disposti a ridefinire radicalmente la tariffazione in
caso di una prevedibile drastica diminuzione degli ingressi, chi
prendesse
decisioni sciagurate come queste mostrerebbe
solo quanto gliene importi realmente del territorio, dell'ambiente e
dei cittadini. Tutto ciò non
sembra molto giusto; e in ogni caso, ciò ripropone con forza il
ruolo e la capacità dell'iniziativa politica, al di là delle
appartenenze di partito.
Noi,
insieme agli altri consigli comunali, stiamo facendo, per quanto ci
compete, la nostra parte. Ma è chiaro che la palla passa ora al
ministero, come interlocutore di Autostrade, e soprattutto a Regione
Lombardia, che si rapporta con Pedemontana, e non può far finta di
niente. Comprendiamo che senta il peso della decisione che rivede
un accordo già stabilito (accordo, peraltro, che al territorio non è
mai stato illustrato con la necessaria chiarezza su questo punto). La
esortiamo però a intervenire tempestivamente, seguendo le
indicazioni offerte dalla presente mozione, comprendendo anzitutto
- che non
si tratta di una regalìa populistica, ma di una dimostrazione di
ascolto e di sinergia col territorio;
- che in
un momento come l'attuale, la sua funzione le impone di tentare ogni
via per favorire il rilancio dell'economia locale, e non di
ostacolarla o soffocarla con un altro balzello;
- che
miglioramento della qualità della vita e contrasto del degrado
ambientale non sono obiettivi impossibili, ma si possono perseguire
con una ragionevole politica di incentivazione, non con ristrette
logiche da gabellieri.
Insomma,
perdere questa occasione chiave per svolgere un ruolo di regia
sarebbe imperdonabile. Noi stasera diamo alla Regione e agli altri
soggetti coinvolti l'impulso ad agire con buon senso e in vista di un
obiettivo che è facile condividere, e che non sembra divisivo
delle differenti sensibilità politiche. Basta ora trovare la volontà
di sedersi ad un tavolo e far valere la propria credibilità
istituzionale, dimostrando di possederla, non di esserne
drammaticamente carenti.
venerdì 24 luglio 2015
CoCoCo 2015-6 - Non è un bilancio di fine mandato: dichiarazione sul bilancio 2015
Anche il
bilancio di quest'anno, per il quale preannuncio la nostra
approvazione in sede di voto, risulta pesantemente condizionato dalle
ristrettezze congiunturali, con vari milioni in meno a disposizione
rispetto al documento del 2014. Il paziente lavoro della giunta,
sostenuto dall'azione degli uffici, ha permesso di ottimizzare il
rapporto tra le entrate e le uscite, nelle quali – ed è un punto
importante, spesso dimenticato nel dibattito – sono comunque
presenti investimenti in opere per circa 12 milioni (in reti, strade,
edilizia pubblica e verde). Il tema, dunque, è anche e soprattutto
quello di recuperare le risorse necessarie a far quadrare i conti.
Che si vada nella direzione giusta, è testimoniato dal fatto che una
quota significativa di queste deriva dalla riduzione delle spese per
il personale, in calo di quasi un milione (da 27milioni e mezzo si
scende a 26 milioni e 600mila euro).
Segno
della cura, dell'attenzione e dell'impegno con cui la Giunta e gli
uffici hanno lavorato è che si è intervenuti su tutti i settori
con tagli, certo, magari piccoli, ma mirati, assolutamente non con la
brutalità semplicistica dei tagli lineari, fino a comprendere anche
le manutenzioni e l'acquisto di beni di consumo (100mila euro in
meno). Inoltre va considerata con favore l'azione graduale di
estinzione dei debiti comunali: in questa linea, da tempo, non è
stato fatto nessun nuovo mutuo e si va riducendo il peso degli
interessi.
Segno
di un ragionamento ponderato – sofferto ma assolutamente
necessario, in questi tempi difficili per molti cittadini – è
stata l'assenza di riduzione della spese sociale (anzi) e quindi
dell'erogazione dei servizi. Come ha dichiarato il Sindaco Lucini, si
è lavorato puntigliosamente sui numeri e sui margini di sicurezza di
un bilancio forzatamente problematico. «Significa
che, se dovessero esserci emergenze o imprevisti nei prossimi mesi
dell'anno, saranno guai. Dobbiamo accontentarci di un livello
decente, con più fondi potremmo fare molto di più in termini di
manutenzioni e non solo. Per esempio, nel momento in cui si deve
stilare un nuovo bando non si inseriscono novità migliorative ma si
mantiene l'esistente. I servizi comunque sono salvi, abbiamo fatto in
modo di tenerli tutti. Nessun taglio sui rifiuti o sui trasporti, per
i servizi sociali c'è un milione e mezzo in più rispetto alla cifra
impegnata l'anno scorso».
Questo
fatto, almeno, è stato riconosciuto da più parti, e basterebbe a
replicare alle accuse di incapacità gestionale che con una certa
faciloneria sono state mosse dai vari critici che contiamo in
consiglio. Ribadiamolo: l'unico settore che in questo bilancio si
sottrae alle forbici e vede crescere in misura significativa le
risorse a disposizione rispetto al 2014 è quello sociale (da
22,2 milioni a 23,5).
Non
basta, certo, a stare tranquilli: siamo al limite estremo della
sostenibilità, giunti al quale, se dovessero rendersi necessari
ulteriori tagli, il Comune non potrà che diminuire i servizi per i
cittadini. Questo spiega l'opportunità dell'intervento del Sindaco
nei confronti del Governo: è paradossale che lo Stato ci dia mandato
di assicurare una pluralità di servizi indispensabili, e poi ci
sottragga, attraverso il perverso meccanismo del "fondo di
solidarietà" ben 11,3 milioni, addirittura 4 in più rispetto
al 2014.
Questo
non è un bilancio di fine mandato, espressione ad effetto che è
stata usata in alcuni casi dall'opposizione, ma è del tutto fuori
contesto, e non significa un bel niente.
Questo è
– invece – il bilancio di chi si è lanciato con coraggio in
mezzo alla corrente, e sta vivendo in prima persona tutte le
difficoltà quotidiane, tutte le piccole e grandi sfide, giorno dopo
giorno. È un'azione che ha già prodotto atti efficaci e
soluzioni, con il limite di non potere necessariamente fornire
tutte le risposte in tempi celeri. È vero, peraltro, che abbiamo
oltrepassato la metà di questa regata – il giro di boa – e si
avvicina il momento dello sforzo conclusivo, con un'accelerazione che
dovrà farsi costante, ma anche ben dosata e regolata, per
raggiungere la maggiore efficienza possibile in vista del traguardo.
Io questo
sforzo cospicuo lo vedo fare dai nostri amministratori. Esso
meriterebbe, l'ho già detto in altra occasione, una riconoscenza da
parte di noi cittadini, certo più nel senso etimologico del
“ri-conoscimento”, della consapevolezza, che non come
“consenso elettorale”, cosa di cui ci si deve preoccupare solo
fino a un certo punto, quando si lavora con la limpida coscienza di
fare tutto il possibile per il bene della città.
E non
dubito neppure che ciascuno dei consiglieri voglia operare in aula
con il preciso intento di lasciare la città migliore di come l'ha
trovata. Per quanto riguarda la maggioranza, che ha ricevuto il
mandato di determinare le scelte per il presente mandato in Consiglio
e nella Giunta, vedo il desiderio di fare sempre più e sempre
meglio. Di evitare gli errori ai quali inevitabilmente si è soggetti
durante il proprio operato. Errori, finora, comunque che scompaiono
di fronte alle ombre gigantesche di quelli passati, il cui peso, i
cui costi, sono ancora tuttora un ingombro pesante.
Il fatto
che ci siano visioni e scelte divergenti è del tutto normale, nella
dialettica tra maggioranza, che si assume l'onere del governo, ed
opposizione, che tende a rimarcare gli elementi critici, veri o
presunti, transitori o magari destinati a permanere, chissà. L'unico
giudizio che appare completamente propagandistico ed infondato – e
che tenta ovviamente di ritagliarsi una qualche credibilità con
l'appoggiarsi sulle mille difficoltà quotidiane dell'azione
amministrativa – è la mancanza di una visione progettuale. Esempio
principe quello della Ztl: di volta in volta, si è partiti troppo
presto, si è in ritardo di programmazione, si mettono troppi soldi,
si realizzano per gradi i vari tasselli “ma non è cosa da farsi
ora”, ecc. Ora, la visione può risultare errata dal punto di vista
di chi non condivide il nostro programma elettorale. Ma non la si può
dichiarare inesistente. La promozione della vocazione turistica di
Como è invece pienamente in atto con una pluralità variegata di
interventi, di cui proprio la Ztl rappresenta uno dei più
impegnativi; la quantità delle offerte culturali ne è un'altra
parte integrante. Si diceva che Como fosse una “città morta”:
bene, da qualche anno non è più così. Si imputa
all'amministrazione di fare disastri: ma l'afflusso turistico è in
costante aumento. La candidatura di Como a capitale della cultura
italiana è stata presentata con caratteri di piena credibilità. Ed
è troppo facile dire “bella forza”, facendo leva sull'orgoglio
comasco. Conta anche, e molto, il modo con cui si sanno valorizzare
le situazioni esistenti e le risorse a disposizione. Sono tutti
esempi di come la rappresentazione in negativo che viene data
dell'operato della giunta Lucini sia chiaramente mal calibrata. Del
resto, a che giova? Senza portare slancio, rinunciando a una visione
positiva, limitandosi a fare l'elenco delle pagliuzze che vediamo
(metaforicamente) negli occhi degli assessori, diverremo forse più
capaci di affrontare gli ostacoli? Come ho detto, non parlo delle
proposte costruttive che, senza stravolgere il bilancio, sono state
recepite dalla maggioranza. Parlo della serie di giudizi di parte e
delle profezie negative che si sono succedute nel dibattito, che non
vogliono riconoscere come molti dei problemi non siano affatto
ignorati, ma siano in realtà già in una fase di definizione. Quando
ci si mette mano, però, le scelte non si condividono. È legittimo,
ma è veramente utile alla città contrapporre a questo sforzo
organico di gestire al meglio le risorse sempre più ridotte, una
lettura tragica basata sulla (presunta) verità delle sventure che
attendono il nostro futuro prossimo?
La
risposta è che siamo ormai in campagna elettorale, e si vede, e si è
sentito in molte delle dichiarazioni che mi hanno preceduto. Più che
ribattere ad ogni singola accusa, allora, l'esortazione che rivolgo
agli assessori e al Sindaco che li coordina è di continuare a
lavorare senza scoraggiarsi, perché saranno questo lavoro e i
risultati che non mancano e non mancheranno ad essere valutati dai
cittadini, non le tante considerazioni di parte che abbiamo
ascoltato.
mercoledì 13 maggio 2015
CoCoCo 2015-4: Sul bilancio consuntivo 2015
Ho cercato qualche valida ragione per non votare questo bilancio.
In coscienza, non ne ho trovate e, salvo qualche legittimo spunto di critica, non ne ho neppure ravvisate nel dibattito in quest'aula. Parlo di ragioni valide e convincenti, naturalmente. Se bastasse lamentarsi delle cose non fatte, sorvolare sulla pluralità di interventi realizzati perché li si considera troppo piccoli per il proprio sguardo elevato, riprendere il lamento qualunquista sulla città che non cambia passo, allora saremmo a cavallo. Ma staremmo parlando d'altro, facendo cioè una lettura chiaramente alternativa a priori all'operato di questa amministrazione, e perciò ferma al gioco di ruolo che di fatto disconosce ogni elemento positivo di tale operato.
In sintesi, questo è un bilancio che:
- risente evidentemente di una serie di vincoli esterni che rendono difficile la gestione della spesa corrente;
- riesce però ad evitare la diminuzione dei servizi erogati;
- ha saputo gestire in modo attento la programmazione degli impegni e dei pagamenti sulla competenza;
- ha realizzato un completo monitoraggio dei pagamenti delle opere finanziate negli anni precedenti;
- ha operato in modo significativo la riduzione dell'indebitamento;
- ha avviato una percepibile diminuzione della spesa per il personale.
Tutto è migliorabile. Ma le critiche che ho sentito trascurano volutamente i passi fatti e le difficoltà strutturali. Ho però riconosciuto, in qualche intervento, intenti più costruttivi, quando individuano nel miglioramento dell'efficienza degli uffici il punto chiave sul quale operare, in una prospettiva strategica, per migliorare la qualità del servizio e contemporaneamente liberare risorse.
Dico chiaramente che la valutazione dell'operato degli uffici, non in sé, ma come viene espressa in questo documento, è un vero problema. Infatti l'indicazione della realizzazione percentuale degli obiettivi, è
1) solo debolmente significativa, perché non indica l'effettiva realizzazione di opere, ma solo dei vari segmenti in cui l'azione è suddivisa;
2) difficile da leggere per un profano, senza la contestuale e puntuale indicazione degli obiettivi stessi;
soprattutto 3) facile strumento per le strumentalizzazioni interessate di chi finge di non capire (e ci riesce benissimo), rendendo un discutibile servizio alla sua causa e, a mio giudizio, un pessimo servizio alla città. Ma appunto, è un sistema carente per come è concepito: va modificato in modo radicale, per diventare leggibile pienamente e nei termini corretti, ossia come indicatore di processo e non di risultato.
Così, forse, si contribuirà ad evidenziare l'impegno degli uffici e di una buona parte del personale, al quale dico: non smettete di credere che il vostro lavoro sia necessario e prezioso per la collettività; favorite il miglioramento dei processi; combattete il lassismo, se vi trovate confrontati con esso nell'esperienza quotidiana; non avversate i cambiamenti che vengono proposti per aumentare l'efficienza. La città ve ne sarà grata.
Al Sindaco e alla giunta, nel rinnovare una piena condivisione e fiducia nel loro operato, dico di non demoralizzarsi se una parte dell'opinione pubblica non riesce ancora a percepire l'impegno quotidiano e costante che profondete nel vostro lavoro. In primo luogo non è tutta la cittadinanza. Molti vedono con favore lo stile sobrio e serio con il quale ci si sta muovendo, da operai coscienziosi che operano con il cacciavite e non, come i più bravi a parole pretenderebbero, con la dinamite.
Le tantissime situazioni che si stanno affrontando, e cominciano a trovare una sistemazione visibile; il ripristino, ancora non ottimale ma tangibile, di varie parti della città;la fioritura di iniziative culturali, incoraggiate e messe in rete dall'amministrazione, sono alcuni dei segnali che danno a tanti di noi la netta percezione di vivere in una Como migliore, rispetto a qualche anno fa: non una città perfetta e senza problemi, ma una città che si è messa in cammino per risolverli, che respira più liberamente, che attua forme di partecipazione spontanea e organizzata, e che non si riconosce nel quadro a tinte fosche dipinto in quest'aula. Per questo vi esprimo anche la mia personale gratitudine di cittadino comasco, e vi incoraggio a voler credere ancora nei nostri progetti, a continuare in questo sforzo nonostante le enormi difficoltà. Grazie.
In coscienza, non ne ho trovate e, salvo qualche legittimo spunto di critica, non ne ho neppure ravvisate nel dibattito in quest'aula. Parlo di ragioni valide e convincenti, naturalmente. Se bastasse lamentarsi delle cose non fatte, sorvolare sulla pluralità di interventi realizzati perché li si considera troppo piccoli per il proprio sguardo elevato, riprendere il lamento qualunquista sulla città che non cambia passo, allora saremmo a cavallo. Ma staremmo parlando d'altro, facendo cioè una lettura chiaramente alternativa a priori all'operato di questa amministrazione, e perciò ferma al gioco di ruolo che di fatto disconosce ogni elemento positivo di tale operato.
In sintesi, questo è un bilancio che:
- risente evidentemente di una serie di vincoli esterni che rendono difficile la gestione della spesa corrente;
- riesce però ad evitare la diminuzione dei servizi erogati;
- ha saputo gestire in modo attento la programmazione degli impegni e dei pagamenti sulla competenza;
- ha realizzato un completo monitoraggio dei pagamenti delle opere finanziate negli anni precedenti;
- ha operato in modo significativo la riduzione dell'indebitamento;
- ha avviato una percepibile diminuzione della spesa per il personale.
Tutto è migliorabile. Ma le critiche che ho sentito trascurano volutamente i passi fatti e le difficoltà strutturali. Ho però riconosciuto, in qualche intervento, intenti più costruttivi, quando individuano nel miglioramento dell'efficienza degli uffici il punto chiave sul quale operare, in una prospettiva strategica, per migliorare la qualità del servizio e contemporaneamente liberare risorse.
Dico chiaramente che la valutazione dell'operato degli uffici, non in sé, ma come viene espressa in questo documento, è un vero problema. Infatti l'indicazione della realizzazione percentuale degli obiettivi, è
1) solo debolmente significativa, perché non indica l'effettiva realizzazione di opere, ma solo dei vari segmenti in cui l'azione è suddivisa;
2) difficile da leggere per un profano, senza la contestuale e puntuale indicazione degli obiettivi stessi;
soprattutto 3) facile strumento per le strumentalizzazioni interessate di chi finge di non capire (e ci riesce benissimo), rendendo un discutibile servizio alla sua causa e, a mio giudizio, un pessimo servizio alla città. Ma appunto, è un sistema carente per come è concepito: va modificato in modo radicale, per diventare leggibile pienamente e nei termini corretti, ossia come indicatore di processo e non di risultato.
Così, forse, si contribuirà ad evidenziare l'impegno degli uffici e di una buona parte del personale, al quale dico: non smettete di credere che il vostro lavoro sia necessario e prezioso per la collettività; favorite il miglioramento dei processi; combattete il lassismo, se vi trovate confrontati con esso nell'esperienza quotidiana; non avversate i cambiamenti che vengono proposti per aumentare l'efficienza. La città ve ne sarà grata.
Al Sindaco e alla giunta, nel rinnovare una piena condivisione e fiducia nel loro operato, dico di non demoralizzarsi se una parte dell'opinione pubblica non riesce ancora a percepire l'impegno quotidiano e costante che profondete nel vostro lavoro. In primo luogo non è tutta la cittadinanza. Molti vedono con favore lo stile sobrio e serio con il quale ci si sta muovendo, da operai coscienziosi che operano con il cacciavite e non, come i più bravi a parole pretenderebbero, con la dinamite.
Le tantissime situazioni che si stanno affrontando, e cominciano a trovare una sistemazione visibile; il ripristino, ancora non ottimale ma tangibile, di varie parti della città;la fioritura di iniziative culturali, incoraggiate e messe in rete dall'amministrazione, sono alcuni dei segnali che danno a tanti di noi la netta percezione di vivere in una Como migliore, rispetto a qualche anno fa: non una città perfetta e senza problemi, ma una città che si è messa in cammino per risolverli, che respira più liberamente, che attua forme di partecipazione spontanea e organizzata, e che non si riconosce nel quadro a tinte fosche dipinto in quest'aula. Per questo vi esprimo anche la mia personale gratitudine di cittadino comasco, e vi incoraggio a voler credere ancora nei nostri progetti, a continuare in questo sforzo nonostante le enormi difficoltà. Grazie.
lunedì 20 aprile 2015
CoCoCo 2015-3: Chiacchiere e intolleranza sono più utili della formazione al lavoro?
L'emergenza umanitaria legata all'arrivo di nuove ondate di profughi sul nostro territorio non può che destare preoccupazione e una mobilitazione anche politica, di cui cogliamo i segnali contrastanti. Giustamente, con le parole del Presidente Mattarella «l'Italia invoca da tempo un intervento deciso dell'Unione europea per fermare questa continua perdita di vite umane nel Mediterraneo, culla della nostra civiltà». Spiace però constatare che una speculazione politca di infimo livello sta riprendendo fiato, un giorno sì e l'altro pure, tentando di alimentare un'irrazionalità collettiva e paure nuove ed antiche, stavolta anche con la deplorevole “variazione sul tema” di prendersela con chi si rimbocca quotidianamente le maniche per affrontare l'emergenza.
In questo caso il bersaglio comasco è la Caritas, oggetto di un attacco tanto demagogico quanto sconsiderato da parte del deputato leghista Molteni, che sarebbe colpevole di promuovere «anche corsi di formazione, digiardinaggio, di cucina, di panificazione, percorsi di inserimento lavorativo, mediazione culturale, corsi di lingua, assistenza sanitaria gratuita». Questo sarebbe lo "scandalo" di un presunto sistema discriminatorio di aiuti, che riprende la semplicistica contrapposizione di "noi" e "loro" nella speranza di raccattare i voti di quanti, a ragione o torto, si sentono marginalizzati o semplicemente impauriti dalle trasformazioni sociali in atto.
L'intento dei parolai nazionali e nostrani, però, è chiaro. I problemi sul territorio non vanno affrontati, ma lasciati aggravare, per poter continuare a lucrare in termini elettorali.
Chi lavora per l'integrazione, per dare alle persone che la guerra o la disperazione fanno approdare ai nostri lidi una prospettiva che alla fine li renda utili alla collettività che li ospita, va colpevolizzato. Chi mostra un senso concreto di responsabilità nei confronti del suo prossimo, anche per attenuare il disagio sociale complessivo, deve essere accusato di "buonismo", perché si rifiuta di cedere alla logica delle contrapposizioni sterili e inconcludenti, utili peraltro solo ad alimentare la rabbia dei disagiati e a far salire il clima di intolleranza.
Capisco che sentir parlare di "formazione" sconcerti taluni, per le prospettive di composizione armoniosa delle conflittualità che apre, di inserimento produttivo nelle nostre comunità, ben oltre le logiche dell'assistenzialismo. Mi chiedo però quanto sia utile, a queste nostre comunità, far cagnara, levare alto il grido dell'"invasione", suscitare paure e risentimenti, e soprattutto, ripeto, prendersela con chi fa concretamente qualcosa di buono per gli altri: italiani e non.
La massima impostura di questi pseudoragionamenti ipocriti sta nel nascondere l'opera costante e preziosa che la stessa Caritas svolge da sempre nei confronti di ogni forma di povertà, certo senza stare a indagare sui dati anagrafici e però includendo tutti gli italiani veramente bisognosi.
Forse questa azione meritoria non basterà da sola a risolvere gli enormi problemi che lo scenario internazionale ribalta addosso alla comunità nazionale e a quella locale. Ma di certo le parole a vanvera dei politicanti che si impancano a “professionisti della paura” possono servire solo ad aggravarli, al solo scopo di raccattare qualche voto in più. Ma spero francamente che gli Italiani non seguano questa deriva degenerativa, di reale imbarbarimento della politica che avvelena il nostro paese e mina la nostra credibilità di Paese: quella deriva che, per citare ancora il Presidente Mattarella, rischia solo di farci «smarrire la nostra umanità».
In questo caso il bersaglio comasco è la Caritas, oggetto di un attacco tanto demagogico quanto sconsiderato da parte del deputato leghista Molteni, che sarebbe colpevole di promuovere «anche corsi di formazione, digiardinaggio, di cucina, di panificazione, percorsi di inserimento lavorativo, mediazione culturale, corsi di lingua, assistenza sanitaria gratuita». Questo sarebbe lo "scandalo" di un presunto sistema discriminatorio di aiuti, che riprende la semplicistica contrapposizione di "noi" e "loro" nella speranza di raccattare i voti di quanti, a ragione o torto, si sentono marginalizzati o semplicemente impauriti dalle trasformazioni sociali in atto.
L'intento dei parolai nazionali e nostrani, però, è chiaro. I problemi sul territorio non vanno affrontati, ma lasciati aggravare, per poter continuare a lucrare in termini elettorali.
Chi lavora per l'integrazione, per dare alle persone che la guerra o la disperazione fanno approdare ai nostri lidi una prospettiva che alla fine li renda utili alla collettività che li ospita, va colpevolizzato. Chi mostra un senso concreto di responsabilità nei confronti del suo prossimo, anche per attenuare il disagio sociale complessivo, deve essere accusato di "buonismo", perché si rifiuta di cedere alla logica delle contrapposizioni sterili e inconcludenti, utili peraltro solo ad alimentare la rabbia dei disagiati e a far salire il clima di intolleranza.
Capisco che sentir parlare di "formazione" sconcerti taluni, per le prospettive di composizione armoniosa delle conflittualità che apre, di inserimento produttivo nelle nostre comunità, ben oltre le logiche dell'assistenzialismo. Mi chiedo però quanto sia utile, a queste nostre comunità, far cagnara, levare alto il grido dell'"invasione", suscitare paure e risentimenti, e soprattutto, ripeto, prendersela con chi fa concretamente qualcosa di buono per gli altri: italiani e non.
La massima impostura di questi pseudoragionamenti ipocriti sta nel nascondere l'opera costante e preziosa che la stessa Caritas svolge da sempre nei confronti di ogni forma di povertà, certo senza stare a indagare sui dati anagrafici e però includendo tutti gli italiani veramente bisognosi.
Forse questa azione meritoria non basterà da sola a risolvere gli enormi problemi che lo scenario internazionale ribalta addosso alla comunità nazionale e a quella locale. Ma di certo le parole a vanvera dei politicanti che si impancano a “professionisti della paura” possono servire solo ad aggravarli, al solo scopo di raccattare qualche voto in più. Ma spero francamente che gli Italiani non seguano questa deriva degenerativa, di reale imbarbarimento della politica che avvelena il nostro paese e mina la nostra credibilità di Paese: quella deriva che, per citare ancora il Presidente Mattarella, rischia solo di farci «smarrire la nostra umanità».
lunedì 23 marzo 2015
CoCoCo 2015-2: Occupazione di suolo e consumo di tempo. Fatti vs. parole
Arriviamo alla fine di una lunga serie di sedute destinate all'approvazione del regolamento per l'occupazione del suolo pubblico. Lo scopo fondamentale, ce lo siamo detti, è quello di contemperare le esigenze dei privati, delle legittime attività economiche, con l'interesse pubblico.
L'obiettivo è stato a nostro avviso pienamente realizzato. Ma quante parole sono state necessarie per arrivarci! Credo appunto che, in conclusione di questa "maratona", la cosa più utile da fare sia proprio questa: distinguere le tante, troppe parole pronunciate in quest'aula dai fatti certi e verificabili.
Il primo fatto: il regolamento esiste ed è un importante risultato politico di questa amministrazione, piaccia o non piaccia.
Un secondo fatto: si è finalmente intervenuti in modo conclusivo dopo anni e anni di inerzia, di quieto vivere, di sostanziale disinteresse. Il coraggio di operare ovviamente espone sempre il fianco a critiche, molto più di chi lascia tutto come sta, o addirittura nasconde la polvere sotto il tappeto. Però le tante, troppe parole di contorno, che abbiamo udito e volte a denigrare la Giunta e egli uffici sono appunto parole: un parere personale e non disinteressato di un'opposizone che si sente già in campagna elettorale e prova a cavalcare tutti i temi possibili in questa chiave: "non sapete lavorare, fate solo disastri, e quel ch'è più grave non ci state ad ascoltare", eccetera. Parole, vuote parole, e troppo numerose.
Sì, perché il terzo fatto è che ci sono volute innumerevoli ore per approvare un testo che certamente poteva essere perfezionato, e lo è stato con il concorso di tutti. Si è forse chiusa a riccio la maggioranza, presentando un testo “blindato”? No: un quarto dato di fatto è stato appunto che, dove si è trovato ragionevole operare dei cambiamenti, le proposte migliorative non sono state respinte, a differenza di quanto adombrato in alcuni interventi polemici.
Un quinto fatto è quello dell'ascolto e della ragionevolezza: senza voler essere inutilmente perentori, si è voluto tener conto delle istanze di chi trae comunque un guadagno dall'occupazione del suolo pubblico, prorogando nel tempo una serie di assolvimenti onerosi, o preoccupandosi di garantire l'equilibrio tra moderne esigenze di concorrenzialità e riconoscimento delle professionalità maturate.
Questi i fatti. Ma torniamo alle parole fiorite in quest'aula: sono state tutte strettamente necessarie? Quando ci si mette più di un mese di sedute non solo per la proposta di modifiche, ma per infarcire con i più vari commenti la discussione con disquisizioni che a volte sono poco più che opinabili dettagli, quando si passano le ore a sentir sproloquiare di stile sovietico, di giovanili visite al gabinetto, di fiori di plastica partoriti dalla fantasia dell'oratore, ma non certo presenti nella regolamentazione che si è discussa: a chi possiede un minimo di concretezza non viene forse il sospetto che si stia esagerando?
Certo, le parole in libertà sono sempre pronte a giustificarsi: "il regolamento è pessimo, è una sciagura, è stato scritto male, bisogna cambiarlo in tutti i luoghi e a tutti i costi", compreso un consumo di tempo che non sembra avere equivalenti nei dibattiti consiliari di altri capoluoghi; ma simili giudizi sono fatti, oppure opinioni interessate? Sono semplici parole della politica, che democraticamente ci è consentito di non condividere. Ma se poi, per evidenti ragioni di contenimento dei tempi, i consiglieri di maggioranza rinunciano a pronunciarsi a loro volta su tutto e a polemizzare sui dettagli più insignificanti, è pronta un'altra raffica di parole per esortarci, in toni tutt'altro che civili, ad alzarci dalla sedia. Dovremmo cadere in queste provocazioni verbali e consumare altro tempo per replicare? No, perché sono aria fritta, e coi fatti hanno poco o nulla a che vedere.
E non è un altro dato di fatto che la maggioranza ha operato una lunga serie di incontri sul presente regolamento, cioè ciascuno di noi ha impiegato ore del suo tempo per comprendere e formulare osservazioni, alcune delle quali hanno anche trovato forma in emendamenti, essendo il frutto di una riflessione condivisa e continuata?
Ma certo: se il regolamento fosse arrivato come un pacchetto preconfezionato e non modificabile, ci sarebbe stato detto che siamo sotto la dittatura della giunta, e noi consiglieri di maggioranza ne siamo i servi (naturalmente ignorando del tutto cosa significhi saper fare squadra, ma è più comodo per le ricostruzioni faziose dipingerci così, perciò ce ne facciamo una ragione e non rimane altro da fare che compatire chi ci rivolge attacchi di questo tenore).
Se invece, come è stato, si tratta di una costruzione compiuta ed organica, ma comunque perfettibile e perciò modificabile, ci vien detto: non sapete lavorare.
Calunniate, calunniate, qualcosa resterà, diceva Voltaire, e prima ancora di lui Bacone. Un metodo adatto alla prossima campagna elettorale, che è già partita e che ha naturalmente bisogno di molte parole: non saranno, alcune di esse, proprio quelle profuse a iosa nelle sedute precedenti, e ancor più in alcune delle ultime dichiarazioni di voto?
Alcune sono state un contributo alla definizione di una soluzione comune. Ma altre si sono rivelate, come si è detto, semplici parole in libertà, che il giudizio degli elettori potrà vedere alla fine smentito dai fatti che questa amministrazione sta producendo e ancor più dalle realizzazioni degli ultimi anni di mandato. Questo giudizio, naturalmente, può esercitarsi da oggi anche su un ultimo dato di fatto: che le nostre interminabili sedute hanno dei costi, sui quali i cittadini sapranno e vorranno esprimere un giudizio. Anche questi sono costi "della politica": sarebbe quindi buona cosa impiegare queste risorse senza limitare il confronto delle opinioni, ma anche, con democratica saggezza, tenere in debito conto che le parole scollegate dai fatti, le mere opinioni tendenziose, a furia di ripeterle ossessivamente e per giunta con debole fondamento nei fatti, a parte lo sfogo della propria vis polemica, prima o poi vengono anche a noia.
L'obiettivo è stato a nostro avviso pienamente realizzato. Ma quante parole sono state necessarie per arrivarci! Credo appunto che, in conclusione di questa "maratona", la cosa più utile da fare sia proprio questa: distinguere le tante, troppe parole pronunciate in quest'aula dai fatti certi e verificabili.
Il primo fatto: il regolamento esiste ed è un importante risultato politico di questa amministrazione, piaccia o non piaccia.
Un secondo fatto: si è finalmente intervenuti in modo conclusivo dopo anni e anni di inerzia, di quieto vivere, di sostanziale disinteresse. Il coraggio di operare ovviamente espone sempre il fianco a critiche, molto più di chi lascia tutto come sta, o addirittura nasconde la polvere sotto il tappeto. Però le tante, troppe parole di contorno, che abbiamo udito e volte a denigrare la Giunta e egli uffici sono appunto parole: un parere personale e non disinteressato di un'opposizone che si sente già in campagna elettorale e prova a cavalcare tutti i temi possibili in questa chiave: "non sapete lavorare, fate solo disastri, e quel ch'è più grave non ci state ad ascoltare", eccetera. Parole, vuote parole, e troppo numerose.
Sì, perché il terzo fatto è che ci sono volute innumerevoli ore per approvare un testo che certamente poteva essere perfezionato, e lo è stato con il concorso di tutti. Si è forse chiusa a riccio la maggioranza, presentando un testo “blindato”? No: un quarto dato di fatto è stato appunto che, dove si è trovato ragionevole operare dei cambiamenti, le proposte migliorative non sono state respinte, a differenza di quanto adombrato in alcuni interventi polemici.
Un quinto fatto è quello dell'ascolto e della ragionevolezza: senza voler essere inutilmente perentori, si è voluto tener conto delle istanze di chi trae comunque un guadagno dall'occupazione del suolo pubblico, prorogando nel tempo una serie di assolvimenti onerosi, o preoccupandosi di garantire l'equilibrio tra moderne esigenze di concorrenzialità e riconoscimento delle professionalità maturate.
Questi i fatti. Ma torniamo alle parole fiorite in quest'aula: sono state tutte strettamente necessarie? Quando ci si mette più di un mese di sedute non solo per la proposta di modifiche, ma per infarcire con i più vari commenti la discussione con disquisizioni che a volte sono poco più che opinabili dettagli, quando si passano le ore a sentir sproloquiare di stile sovietico, di giovanili visite al gabinetto, di fiori di plastica partoriti dalla fantasia dell'oratore, ma non certo presenti nella regolamentazione che si è discussa: a chi possiede un minimo di concretezza non viene forse il sospetto che si stia esagerando?
Certo, le parole in libertà sono sempre pronte a giustificarsi: "il regolamento è pessimo, è una sciagura, è stato scritto male, bisogna cambiarlo in tutti i luoghi e a tutti i costi", compreso un consumo di tempo che non sembra avere equivalenti nei dibattiti consiliari di altri capoluoghi; ma simili giudizi sono fatti, oppure opinioni interessate? Sono semplici parole della politica, che democraticamente ci è consentito di non condividere. Ma se poi, per evidenti ragioni di contenimento dei tempi, i consiglieri di maggioranza rinunciano a pronunciarsi a loro volta su tutto e a polemizzare sui dettagli più insignificanti, è pronta un'altra raffica di parole per esortarci, in toni tutt'altro che civili, ad alzarci dalla sedia. Dovremmo cadere in queste provocazioni verbali e consumare altro tempo per replicare? No, perché sono aria fritta, e coi fatti hanno poco o nulla a che vedere.
E non è un altro dato di fatto che la maggioranza ha operato una lunga serie di incontri sul presente regolamento, cioè ciascuno di noi ha impiegato ore del suo tempo per comprendere e formulare osservazioni, alcune delle quali hanno anche trovato forma in emendamenti, essendo il frutto di una riflessione condivisa e continuata?
Ma certo: se il regolamento fosse arrivato come un pacchetto preconfezionato e non modificabile, ci sarebbe stato detto che siamo sotto la dittatura della giunta, e noi consiglieri di maggioranza ne siamo i servi (naturalmente ignorando del tutto cosa significhi saper fare squadra, ma è più comodo per le ricostruzioni faziose dipingerci così, perciò ce ne facciamo una ragione e non rimane altro da fare che compatire chi ci rivolge attacchi di questo tenore).
Se invece, come è stato, si tratta di una costruzione compiuta ed organica, ma comunque perfettibile e perciò modificabile, ci vien detto: non sapete lavorare.
Calunniate, calunniate, qualcosa resterà, diceva Voltaire, e prima ancora di lui Bacone. Un metodo adatto alla prossima campagna elettorale, che è già partita e che ha naturalmente bisogno di molte parole: non saranno, alcune di esse, proprio quelle profuse a iosa nelle sedute precedenti, e ancor più in alcune delle ultime dichiarazioni di voto?
Alcune sono state un contributo alla definizione di una soluzione comune. Ma altre si sono rivelate, come si è detto, semplici parole in libertà, che il giudizio degli elettori potrà vedere alla fine smentito dai fatti che questa amministrazione sta producendo e ancor più dalle realizzazioni degli ultimi anni di mandato. Questo giudizio, naturalmente, può esercitarsi da oggi anche su un ultimo dato di fatto: che le nostre interminabili sedute hanno dei costi, sui quali i cittadini sapranno e vorranno esprimere un giudizio. Anche questi sono costi "della politica": sarebbe quindi buona cosa impiegare queste risorse senza limitare il confronto delle opinioni, ma anche, con democratica saggezza, tenere in debito conto che le parole scollegate dai fatti, le mere opinioni tendenziose, a furia di ripeterle ossessivamente e per giunta con debole fondamento nei fatti, a parte lo sfogo della propria vis polemica, prima o poi vengono anche a noia.
lunedì 15 dicembre 2014
CoCoCo 2014-11: Un'occasione nel nostro cortiletto
Dobbiamo discutere di due mozioni che pur avendo lo stesso oggetto hanno un taglio molto differente. Pertanto, pur unificandole nella trattazione, le affronterò in modo distinto. Infatti, nella prima, quali temi sono posti al centro? Essenzialmente la forma dell'opera e la sua maggiore o minore piacevolezza nel contesto entro cui la si vuole inserire.
Si vedrà subito che ci muoviamo nell'ambito delle valutazioni soggettive. Se l'opera meritasse critiche perché ad alcuni ricorda una “M” di Milano (e perché non di Mussolini, che ne aveva odiosamente costellato l'Italia nel Ventennio, oppure di Mamma, parola evocatrice di dolci sentimenti?) oppure richiamasse uno stemma automobilistico, o ancora le stesse iniziali di Alessandro Volta, evidentemente basta replicare che ciascuno può trovarle più o meno indovinate e gradevoli, ma in ultima analisi De gustibus non est disputandum. Se poi, oltre la scarsa consistenza di una disputa sulle iniziali, si volesse portare la questione sul piano propriamente estetico, verrebbe subito da chiedersi quale competenza specifica possa vantare questo consiglio comunale, al di là della salomonica constatazione che, appunto, l'installazione può piacere o non piacere: e qui mi sembra che il tentativo di asserire che non di un'opera d'arte si tratta, ma di semplice elemento ornamentale, non valga altro che a convalidare la posizione di Libeskind stesso, quando dichiarò a Como che “l'arte non si crea con il consenso e con i voti ma nasce dall'istinto. Che, in questo caso, omaggia anche la capacità imprenditoriale dei comaschi. E io non penso l'arte per gli architetti ma per i giovani, per i bambini, per le generazioni che verranno”. Posizioni evidentemente opposte, ma sulle quali gli unici che potranno dare un giudizio definitivo (o comunque qualcosa che gli si avvicini) saranno proprio le generazioni future, come la storia ha illustrato con molteplici esempi, anche celeberrimi.
Naturalmente si cerca, con una punta di snobismo, di estromettere subito dal dibattito l'esempio storico rappresentato dalla Tour Eiffel parigina. Non sono così convinto che non possa essere un valido spunto di riflessione, al contrario, ma per non turbare gli animi più sensibili eviterò di riprenderlo, riportando al suo posto una storia di casa nostra che è altrettanto istruttiva di quanto il potere di condizionamento rappresentato dai gusti del tempo, dalla lungimiranza degli uomini, o anche dal comprensibile desiderio di voler avere sempre ragione, possa modificare la storia in un senso o nell'altro.
La riporto come è facile reperirla su vari siti internet, non ultimo quello di “Como5stelle", che la chiama “una storia di ieri”.
Come molti di noi sanno, “nel 1870, un commerciante milanese chiamato Sebastiano Mondolfo, residente in una villa in Borgovico e presidente della società di navigazione Lariana, offrì alla città 20.000 Lire per comprare una fontana monumentale del Palazzo Litta a Lainate, ed usarla per abbellire Piazza Cavour. I maggiorenti della città rifiutarono il programma originale, credendo che una rilocazione di una tal opera d’arte dal palazzo riservato all’aristocrazia ad uno spazio pubblico fosse inaccettabile. Pertanto Mondolfo usò la sua offerta nel 1872 per assumere uno scultore locale chiamato Biagio Catella per progettare una nuova fontana. In poco più di sei mesi, Catella, con una squadra di artigiani, completò la fontana scolpita in marmo bianco italiano e composta da una immagine centrale di un cigno circondato dalle creature del mare e dalla scultura ornamentale. Il 23 settembre 1872, la fontana fu attivata. Alimentata da un piccolo acquedotto da Monte Olimpino, la fontana svolse una funzione pratica per la comunità, fornendo l’acqua potabile.
Il risultato estetico fu argomento di dibattito acceso e perfino ridicolo. Alcuni "molto pudichi" osservatori ebbero da ridire sulle figure femminili nude delle naiadi per gli effetti negativi che avrebbero potuto avere sulle morali dei bambini in giovane età. Altri ritennero che il cigno assomigliasse più molto esattamente ad un’oca. Le creature del mare in generale furono percepite come linguaggio figurato non consono al lago d’acqua dolce adiacente. Quelli situati nelle più alte zone della città si dissero preoccupati che le acque necessarie per fare funzionare la fontana, avrebbero richiesto troppa pressione per i loro rifornimenti idrici. La Comunità si divise fra coloro che gradivano la fontana e coloro che si opponevano alla sua realizzazione ("gli anti-fontanisti"). A risolvere la controversia ci pensarono le acque del lago corrodendo le fondamenta del materiale di riporto già nel 1890. Una crisi dell’economia comunale lasciò la città senza le risorse per la riparazione e per il funzionamento e la fontana fu smantellata e messa in un deposito nel 1891. Nel 1899, un’esposizione e un fuoco disastroso appesantirono ulteriormente la situazione finanziaria della città e, nel tentativo d’alleviare il debito locale, il consiglio comunale autorizzò la vendita della fontana per 3.500 Lire (l’equivalente valutato allora di $637). Nel 1902, William Rockefeller comperò la fontana investendo altri $25.000 per portarla nella città di New-York, in cui fu installata al giardino zoologico del Bronx nel 1903. Successivamente, gli architetti Heins e La Farge progettarono una nuova sistemazione e, nel 1910, la fontana fu spostata verso la posizione attuale nel lato nord del giardino zoologico alla Astor Court. Nel 1968, la fontana è stata designata simbolo ufficiale di New York City ed è uno dei pochi monumenti locali che ha questo onore.”
Ciò che all'epoca suscitò aspri dibatti e sulla cui qualità e addirittura moralità molti avevano da ridire, è oggi un riconosciuto patrimonio storico... ma di un'altra città, non la nostra. Un'occasione perduta? Evidentemente, almeno un caso in cui non si è saputo guardare molto lontano.
Ecco, in fondo qui ci si sta prospettando una situazione simile, in cui la polemica politica del presente contribuisce a nascondere un'orizzonte di potenzialità positive che diventa attuabile solo nel momento in cui si vanno a vedere le carte, in cui con un certo coraggio si accetta la scommessa. Non rimane altro da aggiungere a questa prima parte del dilemma.
Per correre ai ripari e corroborare la tesi dell'errore epocale che l'amministrazione starebbe compiendo con Libeskind, ecco intervenire la seconda mozione, in cui con ampio apparato storico comasco si parla delle procedure corrette per arrivare a decisioni di cotanto impegno, che in passato si sono attuate, ma che la giunta attuale avrebbe disatteso. A parte che invocare a corrente alternata le scelte di un grande sindaco del passato che “non andava bene” richiamare in tema di ZTL e invece “va bene” richiamare in tema di monumenti potrebbe sembrare almeno un poco strumentale, è vero che il tema qui evocato è importante. In modo del tutto improprio, però, si afferma l'esistenza di un possibile vulnus alla democrazia (sillogismo: in ogni città del mondo evoluto si propongono costanti consultazioni popolari per decidere sul posizionamento di tutte le statue e di altri monumenti; proprio solo a Como ciò non avviene; perciò siamo in una dittatura), quando è evidentemente una – non meno importante - questione di responsabilità politica. Non che le due cose non siano connesse, ma in mezzo vi è un piccolo dettaglio, ossia quello del mandato popolare ad operare scelte per il bene della città che, fino a prova contraria, è stato affidato all'attuale sindaco dalle consultazioni del 2012.
Perciò, alla domanda se il Sindaco e la giunta abbiano il diritto di muoversi e compiere delle scelte in ambiti come quello che è oggetto di discussione, la risposta in termini giuridici è certamente affermativa. Direi che questa scelta è stata anche adeguatamente argomentata e non cade dal cielo: come ha dichiarato il Sindaco, è “una opportunità che si è presentata, portata avanti da privati (senza distogliere risorse o energie pubbliche) che potevamo decidere se accogliere o no, ma rifiutarla non avrebbe permesso di "fare altro". [...] E' normale che, nel merito dell'opera, ci siano valutazioni discordanti e ci si divida: a qualcuno può piacere ad altri può non piacere. Tuttavia, continuo a pensare che portare in città qualche elemento di novità e di richiamo internazionale sia positivo. L'opera trae beneficio dall'essere collocata in mezzo al lago? Probabilmente si. Ma crediamo che lo scambio ed il vantaggio siano reciproci. Mi piace pensare che la realizzazione del monumento possa rappresentare un'occasione per valorizzare in termini di fruizione pubblica uno spazio che molti solo ora sembrano aver scoperto.” (3 dicembre).
Alla domanda, ben più rilevante, se il Sindaco e la giunta debbano assumersi la responsabilità politica del loro operato pure in questo caso, è evidente che la risposta è altrettanto positiva. Le scelte amministrative sono, o dovrebbero sempre essere, oggetto di un'attenta valutazione da parte dell'elettorato, che potrà considerarle all'interno della cornice generale di quanto è stato compiuto per il bene della città, ed eventualmente bocciarle col voto alle prossime elezioni comunali. Però presentare come un “disastro annunciato” questa scelta risponde solo a comprensibili logiche di campagna elettorale anticipata; e se anche “disastro” fosse (cosa peraltro di cui è più che ragionevole dubitare, per i motivi che vedremo) esso non mancherà di essere punito da un elettorato al quale i critici di oggi si potranno presentare domani come altrettanti salvatori della patria, purtroppo inascoltati. Poi quest'ultima cosa non sarebbe neanche vera, e qui c'è un'altra confusione caratteristica del dibattito: il fatto che essere ascoltati significhi poter imporre il proprio punto di vista bloccando le operazioni amministrative che non piacciono, e questa è proprio una bella pretesa...
Io credo che il vero e fondato timore dei detrattori di oggi sia un altro. Quando l'opera fosse posta a destinazione, e si vedrà che l'impatto sul fronte lago non è affatto così invasivo come molti oggi decantano; quando, passato un periodo iniziale, l'occhio comincerà ad abituarsi, potendo cogliere sempre meglio i contenuti estetici nel rapporto col panorama circostante; quando si comincerà, da parte di un numero crescente di cittadini e turisti, a considerarla parte integrante del patrimonio culturale ed artistico della città, diventerà allora difficile giocare “politicamente” questa carta. Meglio suscitare timori ed opposizione ora, giocando sulla paura davanti all'indeterminato che rientra tra le emozioni umane più forti ed utili a creare un seppur parziale consenso. In modo accorto, più che il rifiuto del dono si evoca una dislocazione diversa: non è che siamo contrari, ma non deve stare qui, non adesso, una strategia che abbiamo già visto praticata con enorme frequenza ed è espressa nel celebre acronimo NIMBY: Not in my backyard, non nel cortile di casa mia.
Il convincimento del Sindaco, che condivido, è invece che si tratti di un'occasione offerta alla città, che si deve utilizzare, alla stregua di altri meritevoli contributi di azione volontaria, o di finanziamenti da privati per migliorare e abbellire la nostra città. È comprensibile che non si condivida questa prospettiva, ma come ho detto vi è una responsabilità politica che la giunta assume con questa scelta in sé legittima e sensata, sebbene non sottoscritta da tutti. Sarebbe auspicabile, naturalmente, che i valori sottesi all'opera venissero esplicitati anche con maggiore ampiezza, in modo tale da consentire a chi vuole considerarla senza pregiudizi di farsi un'idea più completa sotto il profilo estetico e di non limitarsi agli slogan che si odono con troppa frequenza.
È pur vero che ci troviamo in presenza di linee volte a definire un elemento di raccordo, una sorta di “porta” virtuale tra il lago e la città, così come l'intitolazione a Volta richiama un più ampio concetto che rinvia all'attività scientifica anche come produttrice di bellezza; ma una maggiore consapevolezza, che vada oltre le sintesi giornalistiche necessariamente limitate, non potrebbe che giovare ad un miglior accoglimento dell'opera.
Sono troppo ottimista sugli esiti finali di questa operazione? Non credo, e sono anche convinto che questa prospettiva sia condivisa da molti ambienti cittadini che apprezzano l'opera e la sua collocazione, certo meno rumorosi del fronte del “no”, e abbia lo stesso valore di quelle di segno negativo che sono state sin qui prospettate, e che queste democraticamente vadano prese in considerazione e rispettate come le altre.
Sì – si obietterà – ma intanto la giunta decide per una opzione che annulla l'altra: una volta realizzato il monumento, questo deturperà per sempre la bellezza del paesaggio.
A parte l'ovvia considerazione che niente è “per sempre”, sappiamo bene che i termini della questione non sono questi, che l'inamovibilità dell'installazione è prevista per soli cinque anni. Ai termini dei quali sarà possibile, a ragione veduta e senza preconcetti valutare tutti i pro e i contro effettivi della sua collocazione, e la nuova amministrazione ne potrà fare quello che vorrà. Se sarà guidata dagli attuali oppositori, con grande soddisfazione potrà rimuoverla e/o ricollocarla, ma anche, memori della vicenda ottocentesca, metterla sul mercato e cederla al miglior offerente. C'è da pensare che, vista la fama dell'autore e la pubblicità che viene offerta dal dibattito in corso, qualcun altro saprà approfittarne e le quotazioni non saranno basse...
Ironizzo un poco, ma in fondo la questione è tutta qua: lo scandalo e l'orrore suscitato in alcuni a me pare una evidente esagerazione retorica, a volte francamente irritante come nel giudizio di “stupidità” e provincialismo recentemente tributato da un noto condannato con sentenza definitiva per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato (avendo riportato nel 1996 una condanna definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione e 700 mila lire di multa). Ognuno sceglie i suoi guru, io preferisco accettare lezioni da altri.
Esagerate sono molte delle dichiarazioni relative all'impatto visivo; per quanto i rendering siano da considerare con cautela, quelli prospettati non alterano le proporzioni e mostrano quanto contenuto sarebbe l'ingombro visto dalle rive del lago; trovo poi risibili le accuse all'architetto di aver copiato sé stesso o riciclato vecchi materiali, come se la riproposizione dei propri stilemi creativi non fosse una delle pratiche più in uso anche tra i più grandi artisti (quasi una “firma”) e se, una volta presentato a un concorso di idee un concetto (che poi non troverà attuazione pratica) dovesse per lui valere una monacale rinuncia a creare altre forme affini.
È ovvio che ciascuno è libero di rimanere della propria idea, di battersi politicamente perché si affermi, sperando magari di non ricorrere a toni eccessivi e cercando di capire anche le ragioni dell'altra parte.
Sulla questione sono convinto che il tempo, in questo come in molti altri casi, sarà il miglior giudice.
Si vedrà subito che ci muoviamo nell'ambito delle valutazioni soggettive. Se l'opera meritasse critiche perché ad alcuni ricorda una “M” di Milano (e perché non di Mussolini, che ne aveva odiosamente costellato l'Italia nel Ventennio, oppure di Mamma, parola evocatrice di dolci sentimenti?) oppure richiamasse uno stemma automobilistico, o ancora le stesse iniziali di Alessandro Volta, evidentemente basta replicare che ciascuno può trovarle più o meno indovinate e gradevoli, ma in ultima analisi De gustibus non est disputandum. Se poi, oltre la scarsa consistenza di una disputa sulle iniziali, si volesse portare la questione sul piano propriamente estetico, verrebbe subito da chiedersi quale competenza specifica possa vantare questo consiglio comunale, al di là della salomonica constatazione che, appunto, l'installazione può piacere o non piacere: e qui mi sembra che il tentativo di asserire che non di un'opera d'arte si tratta, ma di semplice elemento ornamentale, non valga altro che a convalidare la posizione di Libeskind stesso, quando dichiarò a Como che “l'arte non si crea con il consenso e con i voti ma nasce dall'istinto. Che, in questo caso, omaggia anche la capacità imprenditoriale dei comaschi. E io non penso l'arte per gli architetti ma per i giovani, per i bambini, per le generazioni che verranno”. Posizioni evidentemente opposte, ma sulle quali gli unici che potranno dare un giudizio definitivo (o comunque qualcosa che gli si avvicini) saranno proprio le generazioni future, come la storia ha illustrato con molteplici esempi, anche celeberrimi.
Naturalmente si cerca, con una punta di snobismo, di estromettere subito dal dibattito l'esempio storico rappresentato dalla Tour Eiffel parigina. Non sono così convinto che non possa essere un valido spunto di riflessione, al contrario, ma per non turbare gli animi più sensibili eviterò di riprenderlo, riportando al suo posto una storia di casa nostra che è altrettanto istruttiva di quanto il potere di condizionamento rappresentato dai gusti del tempo, dalla lungimiranza degli uomini, o anche dal comprensibile desiderio di voler avere sempre ragione, possa modificare la storia in un senso o nell'altro.
La riporto come è facile reperirla su vari siti internet, non ultimo quello di “Como5stelle", che la chiama “una storia di ieri”.
Come molti di noi sanno, “nel 1870, un commerciante milanese chiamato Sebastiano Mondolfo, residente in una villa in Borgovico e presidente della società di navigazione Lariana, offrì alla città 20.000 Lire per comprare una fontana monumentale del Palazzo Litta a Lainate, ed usarla per abbellire Piazza Cavour. I maggiorenti della città rifiutarono il programma originale, credendo che una rilocazione di una tal opera d’arte dal palazzo riservato all’aristocrazia ad uno spazio pubblico fosse inaccettabile. Pertanto Mondolfo usò la sua offerta nel 1872 per assumere uno scultore locale chiamato Biagio Catella per progettare una nuova fontana. In poco più di sei mesi, Catella, con una squadra di artigiani, completò la fontana scolpita in marmo bianco italiano e composta da una immagine centrale di un cigno circondato dalle creature del mare e dalla scultura ornamentale. Il 23 settembre 1872, la fontana fu attivata. Alimentata da un piccolo acquedotto da Monte Olimpino, la fontana svolse una funzione pratica per la comunità, fornendo l’acqua potabile.
Il risultato estetico fu argomento di dibattito acceso e perfino ridicolo. Alcuni "molto pudichi" osservatori ebbero da ridire sulle figure femminili nude delle naiadi per gli effetti negativi che avrebbero potuto avere sulle morali dei bambini in giovane età. Altri ritennero che il cigno assomigliasse più molto esattamente ad un’oca. Le creature del mare in generale furono percepite come linguaggio figurato non consono al lago d’acqua dolce adiacente. Quelli situati nelle più alte zone della città si dissero preoccupati che le acque necessarie per fare funzionare la fontana, avrebbero richiesto troppa pressione per i loro rifornimenti idrici. La Comunità si divise fra coloro che gradivano la fontana e coloro che si opponevano alla sua realizzazione ("gli anti-fontanisti"). A risolvere la controversia ci pensarono le acque del lago corrodendo le fondamenta del materiale di riporto già nel 1890. Una crisi dell’economia comunale lasciò la città senza le risorse per la riparazione e per il funzionamento e la fontana fu smantellata e messa in un deposito nel 1891. Nel 1899, un’esposizione e un fuoco disastroso appesantirono ulteriormente la situazione finanziaria della città e, nel tentativo d’alleviare il debito locale, il consiglio comunale autorizzò la vendita della fontana per 3.500 Lire (l’equivalente valutato allora di $637). Nel 1902, William Rockefeller comperò la fontana investendo altri $25.000 per portarla nella città di New-York, in cui fu installata al giardino zoologico del Bronx nel 1903. Successivamente, gli architetti Heins e La Farge progettarono una nuova sistemazione e, nel 1910, la fontana fu spostata verso la posizione attuale nel lato nord del giardino zoologico alla Astor Court. Nel 1968, la fontana è stata designata simbolo ufficiale di New York City ed è uno dei pochi monumenti locali che ha questo onore.”
Ciò che all'epoca suscitò aspri dibatti e sulla cui qualità e addirittura moralità molti avevano da ridire, è oggi un riconosciuto patrimonio storico... ma di un'altra città, non la nostra. Un'occasione perduta? Evidentemente, almeno un caso in cui non si è saputo guardare molto lontano.
Ecco, in fondo qui ci si sta prospettando una situazione simile, in cui la polemica politica del presente contribuisce a nascondere un'orizzonte di potenzialità positive che diventa attuabile solo nel momento in cui si vanno a vedere le carte, in cui con un certo coraggio si accetta la scommessa. Non rimane altro da aggiungere a questa prima parte del dilemma.
Per correre ai ripari e corroborare la tesi dell'errore epocale che l'amministrazione starebbe compiendo con Libeskind, ecco intervenire la seconda mozione, in cui con ampio apparato storico comasco si parla delle procedure corrette per arrivare a decisioni di cotanto impegno, che in passato si sono attuate, ma che la giunta attuale avrebbe disatteso. A parte che invocare a corrente alternata le scelte di un grande sindaco del passato che “non andava bene” richiamare in tema di ZTL e invece “va bene” richiamare in tema di monumenti potrebbe sembrare almeno un poco strumentale, è vero che il tema qui evocato è importante. In modo del tutto improprio, però, si afferma l'esistenza di un possibile vulnus alla democrazia (sillogismo: in ogni città del mondo evoluto si propongono costanti consultazioni popolari per decidere sul posizionamento di tutte le statue e di altri monumenti; proprio solo a Como ciò non avviene; perciò siamo in una dittatura), quando è evidentemente una – non meno importante - questione di responsabilità politica. Non che le due cose non siano connesse, ma in mezzo vi è un piccolo dettaglio, ossia quello del mandato popolare ad operare scelte per il bene della città che, fino a prova contraria, è stato affidato all'attuale sindaco dalle consultazioni del 2012.
Perciò, alla domanda se il Sindaco e la giunta abbiano il diritto di muoversi e compiere delle scelte in ambiti come quello che è oggetto di discussione, la risposta in termini giuridici è certamente affermativa. Direi che questa scelta è stata anche adeguatamente argomentata e non cade dal cielo: come ha dichiarato il Sindaco, è “una opportunità che si è presentata, portata avanti da privati (senza distogliere risorse o energie pubbliche) che potevamo decidere se accogliere o no, ma rifiutarla non avrebbe permesso di "fare altro". [...] E' normale che, nel merito dell'opera, ci siano valutazioni discordanti e ci si divida: a qualcuno può piacere ad altri può non piacere. Tuttavia, continuo a pensare che portare in città qualche elemento di novità e di richiamo internazionale sia positivo. L'opera trae beneficio dall'essere collocata in mezzo al lago? Probabilmente si. Ma crediamo che lo scambio ed il vantaggio siano reciproci. Mi piace pensare che la realizzazione del monumento possa rappresentare un'occasione per valorizzare in termini di fruizione pubblica uno spazio che molti solo ora sembrano aver scoperto.” (3 dicembre).
Alla domanda, ben più rilevante, se il Sindaco e la giunta debbano assumersi la responsabilità politica del loro operato pure in questo caso, è evidente che la risposta è altrettanto positiva. Le scelte amministrative sono, o dovrebbero sempre essere, oggetto di un'attenta valutazione da parte dell'elettorato, che potrà considerarle all'interno della cornice generale di quanto è stato compiuto per il bene della città, ed eventualmente bocciarle col voto alle prossime elezioni comunali. Però presentare come un “disastro annunciato” questa scelta risponde solo a comprensibili logiche di campagna elettorale anticipata; e se anche “disastro” fosse (cosa peraltro di cui è più che ragionevole dubitare, per i motivi che vedremo) esso non mancherà di essere punito da un elettorato al quale i critici di oggi si potranno presentare domani come altrettanti salvatori della patria, purtroppo inascoltati. Poi quest'ultima cosa non sarebbe neanche vera, e qui c'è un'altra confusione caratteristica del dibattito: il fatto che essere ascoltati significhi poter imporre il proprio punto di vista bloccando le operazioni amministrative che non piacciono, e questa è proprio una bella pretesa...
Io credo che il vero e fondato timore dei detrattori di oggi sia un altro. Quando l'opera fosse posta a destinazione, e si vedrà che l'impatto sul fronte lago non è affatto così invasivo come molti oggi decantano; quando, passato un periodo iniziale, l'occhio comincerà ad abituarsi, potendo cogliere sempre meglio i contenuti estetici nel rapporto col panorama circostante; quando si comincerà, da parte di un numero crescente di cittadini e turisti, a considerarla parte integrante del patrimonio culturale ed artistico della città, diventerà allora difficile giocare “politicamente” questa carta. Meglio suscitare timori ed opposizione ora, giocando sulla paura davanti all'indeterminato che rientra tra le emozioni umane più forti ed utili a creare un seppur parziale consenso. In modo accorto, più che il rifiuto del dono si evoca una dislocazione diversa: non è che siamo contrari, ma non deve stare qui, non adesso, una strategia che abbiamo già visto praticata con enorme frequenza ed è espressa nel celebre acronimo NIMBY: Not in my backyard, non nel cortile di casa mia.
Il convincimento del Sindaco, che condivido, è invece che si tratti di un'occasione offerta alla città, che si deve utilizzare, alla stregua di altri meritevoli contributi di azione volontaria, o di finanziamenti da privati per migliorare e abbellire la nostra città. È comprensibile che non si condivida questa prospettiva, ma come ho detto vi è una responsabilità politica che la giunta assume con questa scelta in sé legittima e sensata, sebbene non sottoscritta da tutti. Sarebbe auspicabile, naturalmente, che i valori sottesi all'opera venissero esplicitati anche con maggiore ampiezza, in modo tale da consentire a chi vuole considerarla senza pregiudizi di farsi un'idea più completa sotto il profilo estetico e di non limitarsi agli slogan che si odono con troppa frequenza.
È pur vero che ci troviamo in presenza di linee volte a definire un elemento di raccordo, una sorta di “porta” virtuale tra il lago e la città, così come l'intitolazione a Volta richiama un più ampio concetto che rinvia all'attività scientifica anche come produttrice di bellezza; ma una maggiore consapevolezza, che vada oltre le sintesi giornalistiche necessariamente limitate, non potrebbe che giovare ad un miglior accoglimento dell'opera.
Sono troppo ottimista sugli esiti finali di questa operazione? Non credo, e sono anche convinto che questa prospettiva sia condivisa da molti ambienti cittadini che apprezzano l'opera e la sua collocazione, certo meno rumorosi del fronte del “no”, e abbia lo stesso valore di quelle di segno negativo che sono state sin qui prospettate, e che queste democraticamente vadano prese in considerazione e rispettate come le altre.
Sì – si obietterà – ma intanto la giunta decide per una opzione che annulla l'altra: una volta realizzato il monumento, questo deturperà per sempre la bellezza del paesaggio.
A parte l'ovvia considerazione che niente è “per sempre”, sappiamo bene che i termini della questione non sono questi, che l'inamovibilità dell'installazione è prevista per soli cinque anni. Ai termini dei quali sarà possibile, a ragione veduta e senza preconcetti valutare tutti i pro e i contro effettivi della sua collocazione, e la nuova amministrazione ne potrà fare quello che vorrà. Se sarà guidata dagli attuali oppositori, con grande soddisfazione potrà rimuoverla e/o ricollocarla, ma anche, memori della vicenda ottocentesca, metterla sul mercato e cederla al miglior offerente. C'è da pensare che, vista la fama dell'autore e la pubblicità che viene offerta dal dibattito in corso, qualcun altro saprà approfittarne e le quotazioni non saranno basse...
Ironizzo un poco, ma in fondo la questione è tutta qua: lo scandalo e l'orrore suscitato in alcuni a me pare una evidente esagerazione retorica, a volte francamente irritante come nel giudizio di “stupidità” e provincialismo recentemente tributato da un noto condannato con sentenza definitiva per truffa aggravata e continuata e falso ai danni dello Stato (avendo riportato nel 1996 una condanna definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione e 700 mila lire di multa). Ognuno sceglie i suoi guru, io preferisco accettare lezioni da altri.
Esagerate sono molte delle dichiarazioni relative all'impatto visivo; per quanto i rendering siano da considerare con cautela, quelli prospettati non alterano le proporzioni e mostrano quanto contenuto sarebbe l'ingombro visto dalle rive del lago; trovo poi risibili le accuse all'architetto di aver copiato sé stesso o riciclato vecchi materiali, come se la riproposizione dei propri stilemi creativi non fosse una delle pratiche più in uso anche tra i più grandi artisti (quasi una “firma”) e se, una volta presentato a un concorso di idee un concetto (che poi non troverà attuazione pratica) dovesse per lui valere una monacale rinuncia a creare altre forme affini.
È ovvio che ciascuno è libero di rimanere della propria idea, di battersi politicamente perché si affermi, sperando magari di non ricorrere a toni eccessivi e cercando di capire anche le ragioni dell'altra parte.
Sulla questione sono convinto che il tempo, in questo come in molti altri casi, sarà il miglior giudice.
lunedì 3 novembre 2014
CoCoCo 2014-10: Senso di responsabilità e senso di umanità
Ritengo molto grave quanto è stato dichiarato, dopo la sentenza in appello sulla morte di Stefano Cucchi, da Gianni Tonelli, segretario del sindacato di polizia Sap: «Bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli. Se uno disprezza la propria salute e conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze». Parole inquietanti che finiscono per generare un senso di perplessità e anche di paura, proprio perché pronunciate da un servitore di quello stesso Stato di cui anche io in modo diverso sono un servitore.
Al di là dello sgomento generato dalla sentenza, che non mi permetto di commentare, ma che non avendo dato soluzione al caso rappresenta un obiettivo fallimento delle istanze di giustizia che reggono uno stato democratico, i termini del commento sopra riportato sono doppiamente inaccettabili.
In un grottesco tentativo di sollevare sempre e comunque da qualsiasi addebito i servitori dello Stato, si afferma la presunta responsabilità di chi è stato invece, con tutta evidenza, vittima di una violenza inumana. Contro simili storture va ribadito con forza che il principio della responsabilità individuale continua a valere per tutti: anche chi eserciti violenza su chi è in stato di fermo non può e non deve sottrarsi ai rigori della legge. Ciò a tutela dei cittadini, ma anche e soprattutto della assoluta maggioranza dei tutori dell'ordine che operano con coscienza e professionalità, e che non meritano di essere lesi nell'immagine da eventuali comportamenti illegali di qualche appartenente alla categoria: esattamente come avviene per tutte le altre categorie professionali. È dunque una ben squallida difesa, quella di chi dice in sostanza che quella tragica fine Stefano Cucchi se l'è andata a cercare. Giustificare in qualche modo la morte di chi si sarebbe messo su una “cattiva strada”, nel momento in cui questo delitto rimane impunito, è un'aberrazione che suscita sdegno e orrore in chi ha, non dico una solida coscienza democratica, ma almeno un poco di sensibilità umana.
Al di là dello sgomento generato dalla sentenza, che non mi permetto di commentare, ma che non avendo dato soluzione al caso rappresenta un obiettivo fallimento delle istanze di giustizia che reggono uno stato democratico, i termini del commento sopra riportato sono doppiamente inaccettabili.
In un grottesco tentativo di sollevare sempre e comunque da qualsiasi addebito i servitori dello Stato, si afferma la presunta responsabilità di chi è stato invece, con tutta evidenza, vittima di una violenza inumana. Contro simili storture va ribadito con forza che il principio della responsabilità individuale continua a valere per tutti: anche chi eserciti violenza su chi è in stato di fermo non può e non deve sottrarsi ai rigori della legge. Ciò a tutela dei cittadini, ma anche e soprattutto della assoluta maggioranza dei tutori dell'ordine che operano con coscienza e professionalità, e che non meritano di essere lesi nell'immagine da eventuali comportamenti illegali di qualche appartenente alla categoria: esattamente come avviene per tutte le altre categorie professionali. È dunque una ben squallida difesa, quella di chi dice in sostanza che quella tragica fine Stefano Cucchi se l'è andata a cercare. Giustificare in qualche modo la morte di chi si sarebbe messo su una “cattiva strada”, nel momento in cui questo delitto rimane impunito, è un'aberrazione che suscita sdegno e orrore in chi ha, non dico una solida coscienza democratica, ma almeno un poco di sensibilità umana.
lunedì 9 giugno 2014
CoCoCo 2014-9: Raccolta differenziata nelle scuole
Intendo formulare una breve richiesta in ordine alla raccolta differenziata dei rifiuti nelle scuole del territorio comunale. È ovvio che, corrispondendo la settimana di inizio della nuova raccolta a quella di chiusura dell'anno scolastico, non sia stato predisposto nulla di specifico nei giorni scorsi. Si sono certamente evitate confusioni e favorite altre priorità.
Suggerisco però ad Aprica, per il tramite dell'assessorato, se già non avesse provveduto, di contattare sollecitamente i dirigenti scolastici, al fine di appurare il fabbisogno effettivo che si può ipotizzare per gli strumenti destinati alla raccolta delle diverse tipologie. L'ideale sarebbe infatti arrivare a dotare non solo l'istituto, ma anche le singole classi dei contenitori preposti, ovviamente con dimensioni proporzionate, soprattutto per quanto riguarda la raccolta della carta e delle lattine che rapresentano la gran parte dei materiali prodotti.
Inoltre, come l'azienda già fa da tempo in altre province nelle quali esercita la propria artività, sarebbe auspicabile che, a partire dall'inizio del prossimo anno scolastico, essa possa avviare degli itinerari didattici rivolti alle scuole dei vari gradi per sensibilizzare i giovani e le loro famiglie ad una raccolta sempre più consapevole ed efficace.
Suggerisco però ad Aprica, per il tramite dell'assessorato, se già non avesse provveduto, di contattare sollecitamente i dirigenti scolastici, al fine di appurare il fabbisogno effettivo che si può ipotizzare per gli strumenti destinati alla raccolta delle diverse tipologie. L'ideale sarebbe infatti arrivare a dotare non solo l'istituto, ma anche le singole classi dei contenitori preposti, ovviamente con dimensioni proporzionate, soprattutto per quanto riguarda la raccolta della carta e delle lattine che rapresentano la gran parte dei materiali prodotti.
Inoltre, come l'azienda già fa da tempo in altre province nelle quali esercita la propria artività, sarebbe auspicabile che, a partire dall'inizio del prossimo anno scolastico, essa possa avviare degli itinerari didattici rivolti alle scuole dei vari gradi per sensibilizzare i giovani e le loro famiglie ad una raccolta sempre più consapevole ed efficace.
giovedì 22 maggio 2014
CoCoCo 2014-8: Un dibattito che poteva rimanere nell'ambito delle mere possibilità
L'esperienza in Consiglio Comunale riserva sempre nuove sorprese: in questa occasione, un dibattito tra i più inconsistenti cui nella storia dell'aula sia stato dato assistere. Né personalmente posso dissociarmi: se, replicando, decido di prendervi parte, significa che questo diventa anche il mio dibattito, ne assumo la responsabilità. Tutto sta a capire se pronunciarlo, questo intervento, facendo perdere anch'io un po' di tempo all'aula, o se lasciarlo a livello di riflessione abbastanza sconsolata.
Devo riconoscere che questo tempo passato in discussioni che ritengo inconcludenti (come dirò tra poco) a me personalmente è servito molto. Perciò, senza ironia, o perlomeno con una ironia molto più contenuta di quanto mi è abituale, ringrazierei tutti coloro che sono intervenuti, perché mi hanno aiutato a capire meglio come mai, pur avendo iniziato (“da zero”, per così dire, senza altre attività di partito precedenti) la mia esperienza politica ormai quasi dodici anni fa, e avendo ricoperto vari incarichi, interiormente io non sia mai riuscito a considerarmi “un politico”, ma al massimo un cittadino che si mette temporaneamente a disposizione per l'attività politica. È una contraddizione che avverto tanto più viva, proprio perché non credo nella retorica del “noi” (i buoni cittadini) e “loro” (i cattivi politici) che oggi sembra andare per la maggiore: ci sono, è vero, tanti cattivi politicanti, gente che pensa al proprio tornaconto sopra ogni altra cosa, o considera la politica come la continuazione della guerra con altri strumenti, atta perlopiù a nutrire un orgoglio personale senza misura né ritegno. Le conclusioni personali a cui sono arrivato non interessano a nessuno, per cui le sorvolo. Ma questo spiega almeno in parte l'ottica in cui mi pongo quando dico di ritenere che nella presente circostanza i soldi dei cittadini potevano veramente essere spesi meglio. La stampa ha già avuto occasione di rimarcare questo fatto, e ha pienamente ragione, tanto più che, da una ricognizione che per ora ho condotto in modo abbastanza episodico, ma che mi riprometto di approfondire analiticamente appena otterrò alcuni altri dati, la produttività del nostro consiglio comunale – parlo in termini semplicemente quantitativi – è drammaticamente inferiore, anche nell'ordine di due/tre volte in meno, rispetto ai consigli dei capoluoghi confinanti. Questo non può che derivare dal modo con cui sono intesi i lavori d'aula, ossia dal peculiare utilizzo che ciascun consigliere fa – pur nella piena legittimità delle sue funzioni – del tempo che gli è messo a disposizione dal Regolamento.
Non a caso, anche in quella che appariva una attività diversa dal consueto (presentare candidature alla presidenza del Consiglio e procedere all'elezione), si è sollevata una questione regolamentare, sulla quale sia ben chiaro che non posso sollevare obiezioni di sorta: una volta che si è precisato che l'assenza di una specifica previsione in proposito rende di fatto equiparabile l'atto che ci siamo accinti a votare alle altre delibere, la questione dei tempi di ogni intervento si decide da sé, e quindi va riconosciuta l'abilità di chi ha saputo orientare in tal senso la questione.
Non si può però non rilevare che i precedenti non sono mai andati in tal senso, ossia non c'è mai stato un dibattito preliminare a simili elezioni. E c'era una valida ragione: si tratta infatti di un atto di nomina, non di una delibera in senso proprio. Cos'ha avuto da dire l'aula, al di là dell'attestazione di stima per le qualità di uno dei candidati proposti da parte dell'opposizione (stima alla quale mi associo)? Cosa ha occupato tante ore? Semplice: al ripetuto grido di “nulla di personale”, nelle forme più varie e più o meno pertinenti, si è invece scatenato il consueto arrembaggio ai tanti torti della maggioranza, ai suoi vizi, all'assenza di dialogo, e soprattutto alle presunte “ragioni” per cui il candidato proposto dal Partito Democratico non sarebbe qualificato a svolgere una funzione super partes, con apprezzamenti tutt'altro che neutri. Cui prodest? Certo non giova alla qualità del dibattito politico, né alla comprensione del cittadino comune, il quale vedrà senz'altro rafforzata la sensazione che la politica attuale sia fatta di nulla, o quasi.
È legittimo che una parte dell'aula si senta meno garantita da una personalità rispetto a un'altra, ma che si sprechino ore per farlo presente è certamente un'anomalia, un segno di malfunzionamento grave di questo Consiglio. Per fare mente locale, risulta forse a qualcuno che nelle ben più importanti occasioni dell'elezione dei presidenti di Camera o Senato, o dello stesso Presidente della Repubblica, le aule si attardino in digressioni interminabili sull'opportunità dell'una o dell'altra scelta, dipingendo in modo positivo o negativo le presunte qualità dei candidati?
D'altronde, perché in tali occasioni il voto è sempre segreto? Non forse proprio in quanto è una valutazione insieme politica e di coscienza? Frutto magari di riflessioni, discussioni ampie e di valutazioni che i gruppi politici hanno tutto il diritto di fare, consultandosi al loro interno e con gli altri, ma predisponendo le riunioni in altri tempi, senza metterle a carico del bilancio comunale, ossia dei contribuenti? Se qualcuno poi vuole riferire ai quattro venti il perché e il percome del suo voto lo potrà sempre fare a mezzo di conferenze stampa o chiacchierate al bar. Certo sarebbe stato molto più opportuno non consumare invano tanto tempo che potrebbe essere più utilmente dedicato ai problemi dell'amministrazione reale.
Devo riconoscere che questo tempo passato in discussioni che ritengo inconcludenti (come dirò tra poco) a me personalmente è servito molto. Perciò, senza ironia, o perlomeno con una ironia molto più contenuta di quanto mi è abituale, ringrazierei tutti coloro che sono intervenuti, perché mi hanno aiutato a capire meglio come mai, pur avendo iniziato (“da zero”, per così dire, senza altre attività di partito precedenti) la mia esperienza politica ormai quasi dodici anni fa, e avendo ricoperto vari incarichi, interiormente io non sia mai riuscito a considerarmi “un politico”, ma al massimo un cittadino che si mette temporaneamente a disposizione per l'attività politica. È una contraddizione che avverto tanto più viva, proprio perché non credo nella retorica del “noi” (i buoni cittadini) e “loro” (i cattivi politici) che oggi sembra andare per la maggiore: ci sono, è vero, tanti cattivi politicanti, gente che pensa al proprio tornaconto sopra ogni altra cosa, o considera la politica come la continuazione della guerra con altri strumenti, atta perlopiù a nutrire un orgoglio personale senza misura né ritegno. Le conclusioni personali a cui sono arrivato non interessano a nessuno, per cui le sorvolo. Ma questo spiega almeno in parte l'ottica in cui mi pongo quando dico di ritenere che nella presente circostanza i soldi dei cittadini potevano veramente essere spesi meglio. La stampa ha già avuto occasione di rimarcare questo fatto, e ha pienamente ragione, tanto più che, da una ricognizione che per ora ho condotto in modo abbastanza episodico, ma che mi riprometto di approfondire analiticamente appena otterrò alcuni altri dati, la produttività del nostro consiglio comunale – parlo in termini semplicemente quantitativi – è drammaticamente inferiore, anche nell'ordine di due/tre volte in meno, rispetto ai consigli dei capoluoghi confinanti. Questo non può che derivare dal modo con cui sono intesi i lavori d'aula, ossia dal peculiare utilizzo che ciascun consigliere fa – pur nella piena legittimità delle sue funzioni – del tempo che gli è messo a disposizione dal Regolamento.
Non a caso, anche in quella che appariva una attività diversa dal consueto (presentare candidature alla presidenza del Consiglio e procedere all'elezione), si è sollevata una questione regolamentare, sulla quale sia ben chiaro che non posso sollevare obiezioni di sorta: una volta che si è precisato che l'assenza di una specifica previsione in proposito rende di fatto equiparabile l'atto che ci siamo accinti a votare alle altre delibere, la questione dei tempi di ogni intervento si decide da sé, e quindi va riconosciuta l'abilità di chi ha saputo orientare in tal senso la questione.
Non si può però non rilevare che i precedenti non sono mai andati in tal senso, ossia non c'è mai stato un dibattito preliminare a simili elezioni. E c'era una valida ragione: si tratta infatti di un atto di nomina, non di una delibera in senso proprio. Cos'ha avuto da dire l'aula, al di là dell'attestazione di stima per le qualità di uno dei candidati proposti da parte dell'opposizione (stima alla quale mi associo)? Cosa ha occupato tante ore? Semplice: al ripetuto grido di “nulla di personale”, nelle forme più varie e più o meno pertinenti, si è invece scatenato il consueto arrembaggio ai tanti torti della maggioranza, ai suoi vizi, all'assenza di dialogo, e soprattutto alle presunte “ragioni” per cui il candidato proposto dal Partito Democratico non sarebbe qualificato a svolgere una funzione super partes, con apprezzamenti tutt'altro che neutri. Cui prodest? Certo non giova alla qualità del dibattito politico, né alla comprensione del cittadino comune, il quale vedrà senz'altro rafforzata la sensazione che la politica attuale sia fatta di nulla, o quasi.
È legittimo che una parte dell'aula si senta meno garantita da una personalità rispetto a un'altra, ma che si sprechino ore per farlo presente è certamente un'anomalia, un segno di malfunzionamento grave di questo Consiglio. Per fare mente locale, risulta forse a qualcuno che nelle ben più importanti occasioni dell'elezione dei presidenti di Camera o Senato, o dello stesso Presidente della Repubblica, le aule si attardino in digressioni interminabili sull'opportunità dell'una o dell'altra scelta, dipingendo in modo positivo o negativo le presunte qualità dei candidati?
D'altronde, perché in tali occasioni il voto è sempre segreto? Non forse proprio in quanto è una valutazione insieme politica e di coscienza? Frutto magari di riflessioni, discussioni ampie e di valutazioni che i gruppi politici hanno tutto il diritto di fare, consultandosi al loro interno e con gli altri, ma predisponendo le riunioni in altri tempi, senza metterle a carico del bilancio comunale, ossia dei contribuenti? Se qualcuno poi vuole riferire ai quattro venti il perché e il percome del suo voto lo potrà sempre fare a mezzo di conferenze stampa o chiacchierate al bar. Certo sarebbe stato molto più opportuno non consumare invano tanto tempo che potrebbe essere più utilmente dedicato ai problemi dell'amministrazione reale.
giovedì 8 maggio 2014
CoCoCo 2014-7: Sul Piano delle alienazioni e valorizzazioni Immobiliari per l'anno 2014 e il triennio 2014/2016.
Nel nostro Comune è stato varato qualche settimana fa il programma triennale dei lavori pubblici, noto anche come piano delle opere. “Per il 2014, sono previsti investimenti per un totale di 6milioni e 800mila euro e sul triennale di quasi 18milioni di euro (17milioni e 958mila euro) Nell’elenco per il 2014 figurano interventi per la sistemazione straordinaria dei marciapiedi (150mila euro l’importo per il 2014; 470mila euro il totale 2014-2016), per gli asfalti 700mila euro (un milione e 600mila euro il totale 2014-2016), per la manutenzione straordinaria degli impianti di illuminazione (150mila euro l’importo per il 2014; 410mila euro il totale 2014-2016), per la manutenzione straordinaria della pavimentazione del centro città (150mila euro l’importo per il 2014; 610mila euro il totale 2014-2016), per la riqualificazione di piazza Grimoldi e via Pretorio (450mila euro l’importo totale per il 2014), per interventi di mobilità sostenibile (200mila euro l’importo per il 2014; 600mila euro il totale 2014-2016), per la manutenzione straordinaria del verde pubblico (200mila euro l’importo totale per il 2014), per la velostazione per il ricovero delle biciclette a Como Borghi (160mila euro di cui 130mila euro finanziati dalla Fondazione Cariplo), per lavori di manutenzione straordinaria delle case comunali (440mila euro l’importo per il 2014; 840mila euro il totale 2014-2016), per le scuole (un milione e 230mila euro per il 2014, due milioni e 300mila euro il totale 2014-2016), per i muri a lago del lido di Villa Geno (200mila euro per il 2014, 400 mila euro il totale 2014-2016). In elenco figura anche la riqualificazione e la valorizzazione del portico del Broletto per l’allestimento di un punto di informazione turistica (250mila euro l’importo per il 2014; 450mila euro il totale 2014-2016), (lavori definiti insieme agli albergatori e che saranno finanziati attraverso l’imposta di soggiorno)”. (Cfr. http://ecoinformazioni.wordpress.com/2014/02/25/como-programma-triennale-delle-opere)
La priorità individuate saranno scuole, case e strade nonché i lavori di completamento della rete fognaria, che se non fossero ultimati potrebbero portar l’ente ad essere sanzionato. Qualcuno non esita a chiamare questa una mancanza di visione, di prospettiva, di capacità di intervento. Lo possiamo senz'altro ascoltare, in nome della libertà di espressione e del ruolo di opposizione che è il sale della democrazia, ma è ben difficile che con la parzialità possa riuscire a convincerci.
Qualcun altro (Mario Lucini) in proposito ha ricordato più opportunamente che “i Comuni operano in situazioni estreme ed è necessario e urgente che il Governo intervenga per modificare i parametri del patto di stabilità e quelli del fondo di solidarietà. Como ha i conti in ordine, ma il patto di stabilità ci strozza. Per il 2014 la forbice che dovremo garantire è stata addirittura aumentata e portata a 10milioni di euro; quanto alla quota dovuta per alimentare il fondo di solidarietà il Comune di Como nel 2013 ha versato 8 milioni e 800mila euro”; anche per il 2014 non c'è da aspettarsi nulla di buono.
È solo in questo contesto che può essere letto il piano delle alienazioni che ci apprestiamo a votare. In questa fase congiunturale, il reperimento di risorse attraverso la dismissione di immobili non connaturati alle esigenze specifiche della gestione cittadina rappresenta un'importante, anzi cruciale fonte di finanziamento degli investimenti che l’Amministrazione intende realizzare a vantaggio della collettività.
Si deve tener conto che sarebbe in ogni caso opportuna e necessaria una chiara identificazione della corrispondenza o meno dei beni rispetto alle funzioni istituzionali dell'ente comunale, anche in considerazione degli oneri di gestione certamente non irrisori che la loro amministrazione comporta. Inoltre questo passaggio è allo stato il solo che possa consentire di disporre di capitali da destinare agli scopi che abbiamo ricordato in partenza, senza la necessità di ricorrere al reperimento di capitali onerosi attraverso l’indebitamento. Suppongo inoltre che nessuno dei presenti si sognerebbe di invocare come alternativa percorribile l'aumento di una pressione fiscale che è giunta già a livelli estremi. E allora?
Prescindere da questa condizione di fatto, sminuirla o tacerla, significa solo mostrare una parte della verità e quindi proporre una lettura sostanzialmente irrealistica dello stato delle cose. Si può certo sperare, o meglio sognare che le risorse arrivino da altre fonti, più o meno attendibili rispetto a quelle che il piano mette in essere – infatti anche queste risorse, non ce lo nascondiamo, rischiano di essere almeno in parte virtuali: ma è certo che senza disporne concretamente il programma di alienazione non ci sarebbe alcuna possibilità di vederle neppur parzialmente realizzate.
Si lamenta, comprensibilmente, che si cedono beni destinati a non fare più ritorno nella disponibilità pubblica. Ora, da un lato questo può dispiacere, ma è difficile non vedere come il provvedimento altro non faccia che assecondare quanto disposto da una puntuale normativa in proposito, che trova attuazione in questi anni su tutto il territorio nazionale. Non ce lo inventiamo noi, spinti da chissà quale ispirazione nefanda. Stiamo dando attuazione all'art. 58 della legge 133/2008, che dispone in pratica un concreto incremento delle alienazioni da parte degli Enti locali, le quali non si sono diffuse a caso: esse vengono infatti fortemente incoraggiate dai mancati introiti dei trasferimenti agli enti e dalla carenza sempre maggiore di liquidità. Che questa sia una colpa imputabile alla presente amministrazione non sembra sostenibile; invece, che in anni passati governi insensibili ad un autentico risanamento dei conti pubblici e orientati piuttosto all'ottenimento del consenso con metodi rozzazmente populistici (inclusa la negazione della crisi economica in corso), e pronti perciò a nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che intervenire con serietà e rigore, sembra essere un dato storicamente consolidato. A noi tocca purtroppo fronteggiare il risultato di tale insipienza, e anche del fatto che tanti cittadini sembrano preferire il facile richiamo del pifferaio magico di turno, che li convince senza fatica dell'inutilità di compiere sacrifici nel nome dell'interesse comune. Fino al momento in cui la realtà non può più essere occultata. Spero ci siamo resi conto tutti che questo momento è già arrivato da tempo anche a Como. Se così non fosse, propongo qualche altra recente dichiarazione in merito alla sofferta decisione delle dismissioni di beni acquisiti dalle generazioni del passato. Questa scelta è infatti stata vista come “la prova che le amministrazioni precedenti siano state lungimiranti e dunque noi oggi possiamo utilizzare questo capitale”; “se si ragiona con il cuore si dovrebbero mantenere, ma a livello di portafoglio è necessario dismetterle” (il capogruppo leghista di Varese Giulio Moroni). “La vendita è legata al Patto di stabilità, particolarmente severo” (l’esponente Pdl, Stefano Crespi, presidente della Commissione relativa). Tra Como e Varese ci sono poco più di 20 km in linea d'aria. Difficile pensare che si tratti di due mondi tanto diversi. Vero è invece che è spesso in atto il gioco delle parti, per cui le maggioranze e le opposizioni si stanno confrontando in modo analogo, sia pure a ruoli invertiti: il giudizio in proposito non spetta a noi, e lo lasciamo volentieri agli elettori che esprimeranno la loro valutazione tra qualche anno. Anche perché allora sarà possibile misurare concretamente i risultati di un processo ormai avviato, anziché limitarsi ad ascoltare le funeste previsioni dei profeti di sventura.
Una parola infine sulle ventilate “valorizzazioni preventive” del patrimonio, che almeno in apparenza consentirebbero un incremento del valore dei beni e quindi successive realizzazioni più cospicue. La giunta sarebbe colpevole di non averle prese in considerazione, per l'incapacità che le viene aprioristicamente tributata con la consueta generosità. Tuttavia sono le valutazioni degli esperti a generare più di una perplessità in materia. Infatti, nonostante il vasto potenziale di gran parte degli immobili siti in Italia, nonché lo sforzo del legislatore in relazione ai processi di valorizzazione degli immobili pubblici, è un fatto evidente che non si è assistito ad una ondata di interventi in tale ambito. Tra le principali cause si annoverano gli aspetti procedurali, in generale, e le peculiari caratteristiche del contesto economico attuale. In particolare:
- nonostante lo sforzo normativo perseguito dal legislatore in tale ambito negli ultimi tempi, il percorso amministrativo – procedurale risulta complesso e caratterizzato da tempistiche incerte poco in linea con il mercato;
- la forte carenza di liquidità sui mercati finanziari [...] rallenta significativamente i processi di finanziamento delle operazioni immobiliari;
- e soprattutto l’arresto del mercato immobiliare registrato negli ultimi anni, con particolare riferimento alla domanda di immobili, determina un innalzamento del livello di rischio delle operazioni. (Cfr. http://www.edilbox.it/mercato-edilizia/95/gestione-immobiliare-sostenibile-un-percorso-di-valorizzazione-attualmente-praticabile.aspx)
Se ci riferiamo appunto allo specifico della nostra situazione, è chiaro come la prospettiva di effettuare forti investimenti in tal senso, con garanzie di rientro quantomeno incerte, risulti abbastanza fantasiosa. A meno di non indicare con chiarezza dove si andrebbero a reperire queste risorse aggiuntive, e di mettere in conto i tempi certamente non brevi di simili interventi. Dopo di che, si rimarrebbe ugualmente esposti alle forti incertezze del mercato attuale. Non sembra proprio una strada agevole da percorrere, e neppure in grado di offrire una prospettiva rassicurante.
In conclusione, noi ci dichiariamo favorevoli a questo piano di interventi, che valutiamo un atto ponderato, articolato e soprattutto corrispondente ai provvedimenti legislativi seguiti in questi anni da una pluralità di Amministrazioni che si sono viste in grado di valutare le opportunità offerte da questo processo in rapporto ai fabbisogni pregressi e alle strategie di futuro sviluppo a cui aspirano le singole comunità urbane. Non lo consideriamo evidentemente il rimedio a tutti i problemi che affliggono la nostra città, ma riteniamo insensato demonizzarlo e chiuderci pregiudizialmente a questa prospettiva, che ha in sé la potenzialità concreta di contribuire ad affrontare una fase difficile e insieme a rendere possibile il rilancio di un'azione amministrativa più efficace.
Di tutto cuore, ci auguriamo risultati almeno parzialmente adeguati ad affontare le grandi sfide della gestione cittadina e a supportare la realizzazione del nostro programma. Che potrà apparire, è vero, rallentata e in certi ambiti ancora da avviare proprio a causa delle pesanti ipoteche del recente passato, sommate alle avversità congiunturali, ma che non è certo stata trascurata né dimenticata ed è sicuramente destinata a risultare più percepibile nel tempo a venire, anche per il rinnovato impegno che la giunta Lucini e la maggioranza sono chiamate ad esprimere in questo passaggio politicamente complesso.
La priorità individuate saranno scuole, case e strade nonché i lavori di completamento della rete fognaria, che se non fossero ultimati potrebbero portar l’ente ad essere sanzionato. Qualcuno non esita a chiamare questa una mancanza di visione, di prospettiva, di capacità di intervento. Lo possiamo senz'altro ascoltare, in nome della libertà di espressione e del ruolo di opposizione che è il sale della democrazia, ma è ben difficile che con la parzialità possa riuscire a convincerci.
Qualcun altro (Mario Lucini) in proposito ha ricordato più opportunamente che “i Comuni operano in situazioni estreme ed è necessario e urgente che il Governo intervenga per modificare i parametri del patto di stabilità e quelli del fondo di solidarietà. Como ha i conti in ordine, ma il patto di stabilità ci strozza. Per il 2014 la forbice che dovremo garantire è stata addirittura aumentata e portata a 10milioni di euro; quanto alla quota dovuta per alimentare il fondo di solidarietà il Comune di Como nel 2013 ha versato 8 milioni e 800mila euro”; anche per il 2014 non c'è da aspettarsi nulla di buono.
È solo in questo contesto che può essere letto il piano delle alienazioni che ci apprestiamo a votare. In questa fase congiunturale, il reperimento di risorse attraverso la dismissione di immobili non connaturati alle esigenze specifiche della gestione cittadina rappresenta un'importante, anzi cruciale fonte di finanziamento degli investimenti che l’Amministrazione intende realizzare a vantaggio della collettività.
Si deve tener conto che sarebbe in ogni caso opportuna e necessaria una chiara identificazione della corrispondenza o meno dei beni rispetto alle funzioni istituzionali dell'ente comunale, anche in considerazione degli oneri di gestione certamente non irrisori che la loro amministrazione comporta. Inoltre questo passaggio è allo stato il solo che possa consentire di disporre di capitali da destinare agli scopi che abbiamo ricordato in partenza, senza la necessità di ricorrere al reperimento di capitali onerosi attraverso l’indebitamento. Suppongo inoltre che nessuno dei presenti si sognerebbe di invocare come alternativa percorribile l'aumento di una pressione fiscale che è giunta già a livelli estremi. E allora?
Prescindere da questa condizione di fatto, sminuirla o tacerla, significa solo mostrare una parte della verità e quindi proporre una lettura sostanzialmente irrealistica dello stato delle cose. Si può certo sperare, o meglio sognare che le risorse arrivino da altre fonti, più o meno attendibili rispetto a quelle che il piano mette in essere – infatti anche queste risorse, non ce lo nascondiamo, rischiano di essere almeno in parte virtuali: ma è certo che senza disporne concretamente il programma di alienazione non ci sarebbe alcuna possibilità di vederle neppur parzialmente realizzate.
Si lamenta, comprensibilmente, che si cedono beni destinati a non fare più ritorno nella disponibilità pubblica. Ora, da un lato questo può dispiacere, ma è difficile non vedere come il provvedimento altro non faccia che assecondare quanto disposto da una puntuale normativa in proposito, che trova attuazione in questi anni su tutto il territorio nazionale. Non ce lo inventiamo noi, spinti da chissà quale ispirazione nefanda. Stiamo dando attuazione all'art. 58 della legge 133/2008, che dispone in pratica un concreto incremento delle alienazioni da parte degli Enti locali, le quali non si sono diffuse a caso: esse vengono infatti fortemente incoraggiate dai mancati introiti dei trasferimenti agli enti e dalla carenza sempre maggiore di liquidità. Che questa sia una colpa imputabile alla presente amministrazione non sembra sostenibile; invece, che in anni passati governi insensibili ad un autentico risanamento dei conti pubblici e orientati piuttosto all'ottenimento del consenso con metodi rozzazmente populistici (inclusa la negazione della crisi economica in corso), e pronti perciò a nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che intervenire con serietà e rigore, sembra essere un dato storicamente consolidato. A noi tocca purtroppo fronteggiare il risultato di tale insipienza, e anche del fatto che tanti cittadini sembrano preferire il facile richiamo del pifferaio magico di turno, che li convince senza fatica dell'inutilità di compiere sacrifici nel nome dell'interesse comune. Fino al momento in cui la realtà non può più essere occultata. Spero ci siamo resi conto tutti che questo momento è già arrivato da tempo anche a Como. Se così non fosse, propongo qualche altra recente dichiarazione in merito alla sofferta decisione delle dismissioni di beni acquisiti dalle generazioni del passato. Questa scelta è infatti stata vista come “la prova che le amministrazioni precedenti siano state lungimiranti e dunque noi oggi possiamo utilizzare questo capitale”; “se si ragiona con il cuore si dovrebbero mantenere, ma a livello di portafoglio è necessario dismetterle” (il capogruppo leghista di Varese Giulio Moroni). “La vendita è legata al Patto di stabilità, particolarmente severo” (l’esponente Pdl, Stefano Crespi, presidente della Commissione relativa). Tra Como e Varese ci sono poco più di 20 km in linea d'aria. Difficile pensare che si tratti di due mondi tanto diversi. Vero è invece che è spesso in atto il gioco delle parti, per cui le maggioranze e le opposizioni si stanno confrontando in modo analogo, sia pure a ruoli invertiti: il giudizio in proposito non spetta a noi, e lo lasciamo volentieri agli elettori che esprimeranno la loro valutazione tra qualche anno. Anche perché allora sarà possibile misurare concretamente i risultati di un processo ormai avviato, anziché limitarsi ad ascoltare le funeste previsioni dei profeti di sventura.
Una parola infine sulle ventilate “valorizzazioni preventive” del patrimonio, che almeno in apparenza consentirebbero un incremento del valore dei beni e quindi successive realizzazioni più cospicue. La giunta sarebbe colpevole di non averle prese in considerazione, per l'incapacità che le viene aprioristicamente tributata con la consueta generosità. Tuttavia sono le valutazioni degli esperti a generare più di una perplessità in materia. Infatti, nonostante il vasto potenziale di gran parte degli immobili siti in Italia, nonché lo sforzo del legislatore in relazione ai processi di valorizzazione degli immobili pubblici, è un fatto evidente che non si è assistito ad una ondata di interventi in tale ambito. Tra le principali cause si annoverano gli aspetti procedurali, in generale, e le peculiari caratteristiche del contesto economico attuale. In particolare:
- nonostante lo sforzo normativo perseguito dal legislatore in tale ambito negli ultimi tempi, il percorso amministrativo – procedurale risulta complesso e caratterizzato da tempistiche incerte poco in linea con il mercato;
- la forte carenza di liquidità sui mercati finanziari [...] rallenta significativamente i processi di finanziamento delle operazioni immobiliari;
- e soprattutto l’arresto del mercato immobiliare registrato negli ultimi anni, con particolare riferimento alla domanda di immobili, determina un innalzamento del livello di rischio delle operazioni. (Cfr. http://www.edilbox.it/mercato-edilizia/95/gestione-immobiliare-sostenibile-un-percorso-di-valorizzazione-attualmente-praticabile.aspx)
Se ci riferiamo appunto allo specifico della nostra situazione, è chiaro come la prospettiva di effettuare forti investimenti in tal senso, con garanzie di rientro quantomeno incerte, risulti abbastanza fantasiosa. A meno di non indicare con chiarezza dove si andrebbero a reperire queste risorse aggiuntive, e di mettere in conto i tempi certamente non brevi di simili interventi. Dopo di che, si rimarrebbe ugualmente esposti alle forti incertezze del mercato attuale. Non sembra proprio una strada agevole da percorrere, e neppure in grado di offrire una prospettiva rassicurante.
In conclusione, noi ci dichiariamo favorevoli a questo piano di interventi, che valutiamo un atto ponderato, articolato e soprattutto corrispondente ai provvedimenti legislativi seguiti in questi anni da una pluralità di Amministrazioni che si sono viste in grado di valutare le opportunità offerte da questo processo in rapporto ai fabbisogni pregressi e alle strategie di futuro sviluppo a cui aspirano le singole comunità urbane. Non lo consideriamo evidentemente il rimedio a tutti i problemi che affliggono la nostra città, ma riteniamo insensato demonizzarlo e chiuderci pregiudizialmente a questa prospettiva, che ha in sé la potenzialità concreta di contribuire ad affrontare una fase difficile e insieme a rendere possibile il rilancio di un'azione amministrativa più efficace.
Di tutto cuore, ci auguriamo risultati almeno parzialmente adeguati ad affontare le grandi sfide della gestione cittadina e a supportare la realizzazione del nostro programma. Che potrà apparire, è vero, rallentata e in certi ambiti ancora da avviare proprio a causa delle pesanti ipoteche del recente passato, sommate alle avversità congiunturali, ma che non è certo stata trascurata né dimenticata ed è sicuramente destinata a risultare più percepibile nel tempo a venire, anche per il rinnovato impegno che la giunta Lucini e la maggioranza sono chiamate ad esprimere in questo passaggio politicamente complesso.
martedì 15 aprile 2014
CoCoCo 2014-6: Regolamento sulla gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Como
A mio modesto avviso, il regolamento in discussione appare un documento sostanzialmente adeguato, frutto di un lavoro proficuo degli uffici e dell'assessorato. Certo, alcune osservazioni e preoccupazioni sollevate nel dibattito avevano ragione di essere avanzate, presentando in prima istanza un certo fondamento e rappresentando un contributo ad approfondire la questione, ma mi pare che le chiarificazioni successivamente offerte in termini operativi e giuridici sanciscano la bontà sostanziale dello strumento di cui andiamo a dotarci – va sottolineato – per la prima volta, dopo decenni di latitanza in proposito, fornendo così un altro tassello di trasparenza e certezza normativa per l'azione amministrativa.
Nulla vieta ovviamente di formulare emendamenti che possano essere valutati per quello che il loro testo dice, consentendo quindi di soppesare in concreto la specificità delle proposte e non solo i dubbi generali, o le preoccupazioni di ipernormatività che possono forse entusiasmare alcuni, ma risultare eccessivamente macchinose per altri. Decida l'aula, non c'è alcuna preclusione a valutare.
Del resto, non c'è al mondo alcuna cosa che non possa adeguatamente essere complicata, certo sulla base delle migliori ragioni del mondo... Ma, ripeto, valutiamo concrete proposte di emendamento, piuttosto che generici richiami ad altri migliori regolamenti.
Stonano però fortemente altre critiche che si sono udite in quest’aula; a dire il vero, neppure critiche nel senso proprio, bensì insinuazioni, tra l’altro slegate da reali corrispondenze in un testo letto forse frettolosamente e con i paraocchi polemici cui siamo ormai abituati, anzi rassegnati.
Infatti, insinuare che il dispositivo in discussione sia congegnato allo scopo di generare favoritismi è davvero un'assurdità colossale, malevola e inopportuna. Si scontra con l’evidenza della lettera e con lo spirito che anima la giunta nel suo operare.
Per la prima volta nella storia dell’amministrazione comasca vengono stabiliti criteri articolati e con una precisa ratio per gestire questo patrimonio, e qualcuno formula accuse di aver congegnato possibili futuri arbitri e di aver stabilito una completa discrezionalità. Proprio non si riesce a vedere che, ove siano previsti limitati margini di manovra, questi arriverebbero solo dopo l’effettuazione di una gara che non avesse dato esiti soddisfacenti per gli scopi prefissi dall’amministrazione pubblica, quindi in un caso estremo ed improbabile con lo scopo evidente di tutelare e valorizzare per quanto possibile l'interesse collettivo (in pratica, cioè, evitare di svendere senza validi motivi).
E se lo stesso atteggiamento, quello di rivolgere insinuazioni, noi lo rivolgessimo non verso un ipotetico e incerto futuro, ma verso un passato ben documentato e certo, quello che ha visto la gestione più o meno recente di tali beni? Non vedremmo forse oscurità più o meno diffuse, grovigli difficilmente districabili, situazioni di fatto la cui ragione è ormai incomprensibile, morosità tutt'altro che episodiche (questo sì un danno certo ed evidente per il bene pubblico), ma lungamente ignorate, trascurate o comunque - a voler essere generosi - affrontate senza alcuna efficacia?
Noi non vogliamo procedere su questo binario, ma almeno si eviti di prestare a questa amministrazione presunti intenti ignobili che assolutamente non ha e che potranno semmai essere stati partoriti in altri luoghi, altri contesti, altre menti. Evitiamo, per favore, di determinare nei nostri dibattiti situazioni degne di figurare nelle migliori favole di Esopo o Fedro, ove spesso si predica bene ma si razzola davvero male.
Nulla vieta ovviamente di formulare emendamenti che possano essere valutati per quello che il loro testo dice, consentendo quindi di soppesare in concreto la specificità delle proposte e non solo i dubbi generali, o le preoccupazioni di ipernormatività che possono forse entusiasmare alcuni, ma risultare eccessivamente macchinose per altri. Decida l'aula, non c'è alcuna preclusione a valutare.
Del resto, non c'è al mondo alcuna cosa che non possa adeguatamente essere complicata, certo sulla base delle migliori ragioni del mondo... Ma, ripeto, valutiamo concrete proposte di emendamento, piuttosto che generici richiami ad altri migliori regolamenti.
Stonano però fortemente altre critiche che si sono udite in quest’aula; a dire il vero, neppure critiche nel senso proprio, bensì insinuazioni, tra l’altro slegate da reali corrispondenze in un testo letto forse frettolosamente e con i paraocchi polemici cui siamo ormai abituati, anzi rassegnati.
Infatti, insinuare che il dispositivo in discussione sia congegnato allo scopo di generare favoritismi è davvero un'assurdità colossale, malevola e inopportuna. Si scontra con l’evidenza della lettera e con lo spirito che anima la giunta nel suo operare.
Per la prima volta nella storia dell’amministrazione comasca vengono stabiliti criteri articolati e con una precisa ratio per gestire questo patrimonio, e qualcuno formula accuse di aver congegnato possibili futuri arbitri e di aver stabilito una completa discrezionalità. Proprio non si riesce a vedere che, ove siano previsti limitati margini di manovra, questi arriverebbero solo dopo l’effettuazione di una gara che non avesse dato esiti soddisfacenti per gli scopi prefissi dall’amministrazione pubblica, quindi in un caso estremo ed improbabile con lo scopo evidente di tutelare e valorizzare per quanto possibile l'interesse collettivo (in pratica, cioè, evitare di svendere senza validi motivi).
E se lo stesso atteggiamento, quello di rivolgere insinuazioni, noi lo rivolgessimo non verso un ipotetico e incerto futuro, ma verso un passato ben documentato e certo, quello che ha visto la gestione più o meno recente di tali beni? Non vedremmo forse oscurità più o meno diffuse, grovigli difficilmente districabili, situazioni di fatto la cui ragione è ormai incomprensibile, morosità tutt'altro che episodiche (questo sì un danno certo ed evidente per il bene pubblico), ma lungamente ignorate, trascurate o comunque - a voler essere generosi - affrontate senza alcuna efficacia?
Noi non vogliamo procedere su questo binario, ma almeno si eviti di prestare a questa amministrazione presunti intenti ignobili che assolutamente non ha e che potranno semmai essere stati partoriti in altri luoghi, altri contesti, altre menti. Evitiamo, per favore, di determinare nei nostri dibattiti situazioni degne di figurare nelle migliori favole di Esopo o Fedro, ove spesso si predica bene ma si razzola davvero male.
lunedì 17 marzo 2014
CoCoCo 2014-5: Atti di vandalismo al monumento alla Resistenza europea
Un plauso ai volontari che anche ieri, con ammirevole e continuato impegno, hanno prestato la loro opera per ripulire dalle scritte varie zone della città, tra le quali l'ex teatro Cressoni, il sottopassaggio vicino a Porta Torre e il Monumento alla Resistenza Europea di Como, ai giardini a lago, recentemente imbrattato da ignoti (probabilmente affetti da non lieve insufficienza mentale) che hanno utilizzato bombolette spray e pennarelli.
Mi sembra anche importante riprendere l'appello dell’Associazione Nazionale Partigiani di Como, che in questa circostanza ha ribadito la necessità che la città debba riappropriarsi di questo importante monumento alla memoria.
Per quanto non sia ravvisabile una matrice politica, che sarebbe ancor più aberrante, preoccupa comunque che sia diffusa tanta sconsideratezza o miseria intellettuale da dedicare attacchi a monumenti di simile rilevanza civile e storica.
È comunque vero che simili fatti devono sollecitare l'amministrazione comunale ad adoperarsi per attrezzare sempre meglio gli spazi circostanti, incentivando le visite culturali e quindi la frequentazione, e in tal modo anche il presidio dei luoghi, e così (riprendo il comunicato ANPI) «valorizzando il Monumento alla Resistenza, anche ponendo la massima attenzione al suo valore storico, culturale e artistico». Aggiungo solo che anche Provincia e Regione dovrebbero fare la loro parte in questo percorso di valorizzazione culturale di un patrimonio di tutto il territorio, non certamente limitato alla città, e suggerirei pertanto che il Comune possa anche farsi parte attiva sollecitandoli in tal senso, secondo modalità già sperimentate in varie province d'Italia (percorsi tematiche, cartine, inserimento in itinerari di visita, ecc.). Meritoriamente era stata realizzata qualche anno fa una Mappa della memoria dedicata agli anni 1943-1945, edita dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como, con il contributo del Circolo Culturale Ricreativo di via Masaccio a Como, e con il progetto grafico di Nodo Libri (attualmente scaricabile all'indirizzo href="http://www.isc-como.org/pagine/pdf/MappaMemoriaComo09.pdf">).
Mi sembra anche importante riprendere l'appello dell’Associazione Nazionale Partigiani di Como, che in questa circostanza ha ribadito la necessità che la città debba riappropriarsi di questo importante monumento alla memoria.
Per quanto non sia ravvisabile una matrice politica, che sarebbe ancor più aberrante, preoccupa comunque che sia diffusa tanta sconsideratezza o miseria intellettuale da dedicare attacchi a monumenti di simile rilevanza civile e storica.
È comunque vero che simili fatti devono sollecitare l'amministrazione comunale ad adoperarsi per attrezzare sempre meglio gli spazi circostanti, incentivando le visite culturali e quindi la frequentazione, e in tal modo anche il presidio dei luoghi, e così (riprendo il comunicato ANPI) «valorizzando il Monumento alla Resistenza, anche ponendo la massima attenzione al suo valore storico, culturale e artistico». Aggiungo solo che anche Provincia e Regione dovrebbero fare la loro parte in questo percorso di valorizzazione culturale di un patrimonio di tutto il territorio, non certamente limitato alla città, e suggerirei pertanto che il Comune possa anche farsi parte attiva sollecitandoli in tal senso, secondo modalità già sperimentate in varie province d'Italia (percorsi tematiche, cartine, inserimento in itinerari di visita, ecc.). Meritoriamente era stata realizzata qualche anno fa una Mappa della memoria dedicata agli anni 1943-1945, edita dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como, con il contributo del Circolo Culturale Ricreativo di via Masaccio a Como, e con il progetto grafico di Nodo Libri (attualmente scaricabile all'indirizzo href="http://www.isc-como.org/pagine/pdf/MappaMemoriaComo09.pdf">).
lunedì 3 marzo 2014
CoCoCo 2014-4: Raccolta differenziata e spazi condominiali
A seguito anche delle richieste dell’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari (Anaci), relative al nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, che prevede un netto incremento della differenziazione della spazzatura, mi permetto qualche breve puntualizzazione, oltre a quelle che indubbiamente saranno presentate nel corso dei prossimi incontri dedicati al tema.
Personalmente segnalo la necessità di garantire il prelievo nella effettiva prossimità dei condomìni, e non semplicemente nelle vicinanze stradali, almeno in tutti quei casi che rendono questa modalità più efficace. Mi spiego.
Un conto è il caso delle strutture chiuse, il cui accesso è limitato da cancelli, portinerie e simili, ove gli ingressi sono fortemente limitati e controllati: queste evidentemente predisporranno, se gli spazi lo consentono, punti di deposito e raccolta al confine delle recinzioni. Un altro caso invece è costituito dai numerosi edifici che hanno un transito liberamente accessibile dalla sede stradale. Qui i mezzi devono essere tenuti ad entrare, per raggiungere i punti di raccolta opportunamente posizionati. L'eventuale pretesa di un trasporto sulla sede stradale non può essere giustificata, stante la numerosità dei bidoni che i condomini dovranno comunque provvedere a sistemare nei loro piazzali, ricercando soluzioni compatibili con gli altri ingombri esistenti, e che perciò impone che gli operatori arrivino in prossimità di tali punti.
La richiesta è tanto più giustificata se si considera che i mezzi di raccolta, spesso e volentieri, entrano già nei suddetti piazzali per svolgere le loro manovre, soprattutto in caso di inversione di marcia.
Chiedo all'assessorato un puntuale impegno perché Aprica si presti a favorire in tutti i casi questa soluzione per la raccolta porta a porta, senza gravare così gli utenti di ulteriori costi, quale sarebbe ad esempio un preservizio con una tempistica pressoché quotidiana, e perciò dai costi insostenibili.
Mi associo quindi all'auspicio dell'Anaci che «si faccia il possibile per ridurre i disagi ed evitare costi aggiuntivi ingiustificati agli inquilini».
Personalmente segnalo la necessità di garantire il prelievo nella effettiva prossimità dei condomìni, e non semplicemente nelle vicinanze stradali, almeno in tutti quei casi che rendono questa modalità più efficace. Mi spiego.
Un conto è il caso delle strutture chiuse, il cui accesso è limitato da cancelli, portinerie e simili, ove gli ingressi sono fortemente limitati e controllati: queste evidentemente predisporranno, se gli spazi lo consentono, punti di deposito e raccolta al confine delle recinzioni. Un altro caso invece è costituito dai numerosi edifici che hanno un transito liberamente accessibile dalla sede stradale. Qui i mezzi devono essere tenuti ad entrare, per raggiungere i punti di raccolta opportunamente posizionati. L'eventuale pretesa di un trasporto sulla sede stradale non può essere giustificata, stante la numerosità dei bidoni che i condomini dovranno comunque provvedere a sistemare nei loro piazzali, ricercando soluzioni compatibili con gli altri ingombri esistenti, e che perciò impone che gli operatori arrivino in prossimità di tali punti.
La richiesta è tanto più giustificata se si considera che i mezzi di raccolta, spesso e volentieri, entrano già nei suddetti piazzali per svolgere le loro manovre, soprattutto in caso di inversione di marcia.
Chiedo all'assessorato un puntuale impegno perché Aprica si presti a favorire in tutti i casi questa soluzione per la raccolta porta a porta, senza gravare così gli utenti di ulteriori costi, quale sarebbe ad esempio un preservizio con una tempistica pressoché quotidiana, e perciò dai costi insostenibili.
Mi associo quindi all'auspicio dell'Anaci che «si faccia il possibile per ridurre i disagi ed evitare costi aggiuntivi ingiustificati agli inquilini».
lunedì 24 febbraio 2014
CoCoCo 2014-3: Rassegna stampa comunale
È a tutti evidente l'importanza della rassegna stampa messa a disposizione sul portale del Comune di Como, che contribuisce attivamente alla diffusione dell'informazione sulla vita politico-amministrativa della città e quindi anche alla trasparenza nei confronti dei cittadini.
In certa misura è un “biglietto da visita” che – a prescindere dalla qualità effettiva e dall’accuratezza dei contenuti prodotti all'esterno dell'amministrazione e qui riportati – consente a tutti gli interessati, e specialmente ai non politici di mantenersi puntualmente informati e di meglio interpretare la realtà del nostro Comune.
Appare importante che questa comunicazione non sia viziata da difetti tecnici, soprattutto se facilmente risolvibili. Segnalo perciò con una certa preoccupazione che la nostra rassegna stampa appare completamente inattiva ormai dal 6 febbraio. Pause sporadiche di un paio di giorni sono anche comprensibili, specie se legate ad imprevisti, ma interruzioni più lunghe sono invece un evidente disservizio, a cui va data urgente soluzione.
Anche perché (qui parlo a titolo personale) è così gratificante poter leggere di seguito, messe in bell'ordine, tutte le dichiarazioni equanimi ed imparziali sull'amministrazione che starebbe affossando la città, la renderebbe tristissima, getterebbe dalla finestra i soldi dei contribuenti. E che, sorda alle grida di dolore di un popolo oppresso nonché incurante della democrazia, assomiglia sempre più all'orco delle favole. Grazie a questa incursione nel fantasy, indubbiamente si può creare anche un bell'effetto-nostalgia che ci farà sempre più sognare il ritorno agli amministratori delle ultime giunte o il prossimo avvento di cavalieri senza macchia né paura, dotati per giunta di probabili poteri magici.
Lasciando da parte gli scherzi, chiedo ovviamente alla giunta di attivarsi per porre rimedio alla situazione che ho descritto con la massima tempestività.
In certa misura è un “biglietto da visita” che – a prescindere dalla qualità effettiva e dall’accuratezza dei contenuti prodotti all'esterno dell'amministrazione e qui riportati – consente a tutti gli interessati, e specialmente ai non politici di mantenersi puntualmente informati e di meglio interpretare la realtà del nostro Comune.
Appare importante che questa comunicazione non sia viziata da difetti tecnici, soprattutto se facilmente risolvibili. Segnalo perciò con una certa preoccupazione che la nostra rassegna stampa appare completamente inattiva ormai dal 6 febbraio. Pause sporadiche di un paio di giorni sono anche comprensibili, specie se legate ad imprevisti, ma interruzioni più lunghe sono invece un evidente disservizio, a cui va data urgente soluzione.
Anche perché (qui parlo a titolo personale) è così gratificante poter leggere di seguito, messe in bell'ordine, tutte le dichiarazioni equanimi ed imparziali sull'amministrazione che starebbe affossando la città, la renderebbe tristissima, getterebbe dalla finestra i soldi dei contribuenti. E che, sorda alle grida di dolore di un popolo oppresso nonché incurante della democrazia, assomiglia sempre più all'orco delle favole. Grazie a questa incursione nel fantasy, indubbiamente si può creare anche un bell'effetto-nostalgia che ci farà sempre più sognare il ritorno agli amministratori delle ultime giunte o il prossimo avvento di cavalieri senza macchia né paura, dotati per giunta di probabili poteri magici.
Lasciando da parte gli scherzi, chiedo ovviamente alla giunta di attivarsi per porre rimedio alla situazione che ho descritto con la massima tempestività.
lunedì 17 febbraio 2014
CoCoCo 2014-2: A quando la revisione del regolamento consiliare?
Una breve considerazione su un episodio verificatosi in aula lunedì scorso, e prontamente ripreso in un articolo di giornale con tanto di foto a corredo. Accade infatti che, a volte, anche i consiglieri più attivi si lascino vincere da un colpo di sonno, o almeno così sembra. Occasionalmente capita pure al sottoscritto di fare fatica a tenere gli occhi aperti, perciò tutta la mia solidarietà a chi si trovasse eventualmente nelle stesse condizioni. Tuttavia io proporrei un'altra interpretazione: più che delle conseguenze della stanchezza, si potrebbe trattare di un istante di concentrazione particolarmente intensa, in cui gli occhi si chiudono per meglio cogliere e valutare, senza ulteriori distrazioni, le considerazioni proposte nel dibattito dell'aula, che sappiamo bene non essere né poche né stringate, e aleggiano come una sinfonia di ispirate riflessioni, tutte certamente degne di essere, per così dire, assaporate.
In realtà l'interpretazione della stampa tenderebbe a ricondurre simili episodi all'esagerazione degli interventi (troppi e troppo lunghi), caratteristica in particolare dell'infaticabile opposizione. In effetti, dato che sento più volte ripetere gli stessi argomenti nel corso della stessa seduta, mi verrebbe di dare ragione a questa tesi. Più perplessità mi desta il rilievo che la colpa maggiore sarebbe invece della maggioranza che non porta in aula delibere su temi davvero importanti e lascia perciò spazio a mozioni poco più che simboliche. Sarà pur vero, però mi chiedo cosa dovrebbe fare la giunta quando deve approvare provvedimenti come quello di cui riprenderemo la discussione stasera. Non credo proprio che giuridicamente possa infischiarsene del Consiglio comunale e licenziare questi provvedimenti per conto proprio, perciò sta a noi tutti consiglieri evitare di dilatare le discussioni oltre misura, per quanto affascinante possa risultare il suono della nostra voce. Comunque mi dichiaro disposto ad ammettere che la colpa di ogni disfunzione in questo consiglio sia della maggioranza, ora e sempre, in quanto mentre ci riflettevo sono intervenute a fugare ogni mio dubbio le immortali parole del Poeta:
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Al di là dell'ironia, ritengo che l'episodio valga a richiamarci la necessità e l'urgenza di provvedere in tempi celeri alla conclusione del lavoro di revisione del regolamento consiliare, che si era iniziato nello scorso mandato ed era giunto a un passo dalla conclusione. Mi appello dunque a Lei, signor Presidente, perché disponga quanto prima la convocazione di una commissione in proposito e le fissi anche tempi contingentati per arrivare ad una proposta conclusiva che ci consenta di essere assai più efficienti di quanto non sia stato sinora. Seguendo l'esempio dei consigli delle città capoluogo a noi vicine, che, senza alcuna magia particolare, di norma riescono a trattare all'incirca dal doppio al triplo degli argomenti che passano in quest'aula.
In realtà l'interpretazione della stampa tenderebbe a ricondurre simili episodi all'esagerazione degli interventi (troppi e troppo lunghi), caratteristica in particolare dell'infaticabile opposizione. In effetti, dato che sento più volte ripetere gli stessi argomenti nel corso della stessa seduta, mi verrebbe di dare ragione a questa tesi. Più perplessità mi desta il rilievo che la colpa maggiore sarebbe invece della maggioranza che non porta in aula delibere su temi davvero importanti e lascia perciò spazio a mozioni poco più che simboliche. Sarà pur vero, però mi chiedo cosa dovrebbe fare la giunta quando deve approvare provvedimenti come quello di cui riprenderemo la discussione stasera. Non credo proprio che giuridicamente possa infischiarsene del Consiglio comunale e licenziare questi provvedimenti per conto proprio, perciò sta a noi tutti consiglieri evitare di dilatare le discussioni oltre misura, per quanto affascinante possa risultare il suono della nostra voce. Comunque mi dichiaro disposto ad ammettere che la colpa di ogni disfunzione in questo consiglio sia della maggioranza, ora e sempre, in quanto mentre ci riflettevo sono intervenute a fugare ogni mio dubbio le immortali parole del Poeta:
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Al di là dell'ironia, ritengo che l'episodio valga a richiamarci la necessità e l'urgenza di provvedere in tempi celeri alla conclusione del lavoro di revisione del regolamento consiliare, che si era iniziato nello scorso mandato ed era giunto a un passo dalla conclusione. Mi appello dunque a Lei, signor Presidente, perché disponga quanto prima la convocazione di una commissione in proposito e le fissi anche tempi contingentati per arrivare ad una proposta conclusiva che ci consenta di essere assai più efficienti di quanto non sia stato sinora. Seguendo l'esempio dei consigli delle città capoluogo a noi vicine, che, senza alcuna magia particolare, di norma riescono a trattare all'incirca dal doppio al triplo degli argomenti che passano in quest'aula.
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