
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
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venerdì 24 luglio 2015
CoCoCo 2015-6 - Non è un bilancio di fine mandato: dichiarazione sul bilancio 2015
Anche il
bilancio di quest'anno, per il quale preannuncio la nostra
approvazione in sede di voto, risulta pesantemente condizionato dalle
ristrettezze congiunturali, con vari milioni in meno a disposizione
rispetto al documento del 2014. Il paziente lavoro della giunta,
sostenuto dall'azione degli uffici, ha permesso di ottimizzare il
rapporto tra le entrate e le uscite, nelle quali – ed è un punto
importante, spesso dimenticato nel dibattito – sono comunque
presenti investimenti in opere per circa 12 milioni (in reti, strade,
edilizia pubblica e verde). Il tema, dunque, è anche e soprattutto
quello di recuperare le risorse necessarie a far quadrare i conti.
Che si vada nella direzione giusta, è testimoniato dal fatto che una
quota significativa di queste deriva dalla riduzione delle spese per
il personale, in calo di quasi un milione (da 27milioni e mezzo si
scende a 26 milioni e 600mila euro).
Segno
della cura, dell'attenzione e dell'impegno con cui la Giunta e gli
uffici hanno lavorato è che si è intervenuti su tutti i settori
con tagli, certo, magari piccoli, ma mirati, assolutamente non con la
brutalità semplicistica dei tagli lineari, fino a comprendere anche
le manutenzioni e l'acquisto di beni di consumo (100mila euro in
meno). Inoltre va considerata con favore l'azione graduale di
estinzione dei debiti comunali: in questa linea, da tempo, non è
stato fatto nessun nuovo mutuo e si va riducendo il peso degli
interessi.
Segno
di un ragionamento ponderato – sofferto ma assolutamente
necessario, in questi tempi difficili per molti cittadini – è
stata l'assenza di riduzione della spese sociale (anzi) e quindi
dell'erogazione dei servizi. Come ha dichiarato il Sindaco Lucini, si
è lavorato puntigliosamente sui numeri e sui margini di sicurezza di
un bilancio forzatamente problematico. «Significa
che, se dovessero esserci emergenze o imprevisti nei prossimi mesi
dell'anno, saranno guai. Dobbiamo accontentarci di un livello
decente, con più fondi potremmo fare molto di più in termini di
manutenzioni e non solo. Per esempio, nel momento in cui si deve
stilare un nuovo bando non si inseriscono novità migliorative ma si
mantiene l'esistente. I servizi comunque sono salvi, abbiamo fatto in
modo di tenerli tutti. Nessun taglio sui rifiuti o sui trasporti, per
i servizi sociali c'è un milione e mezzo in più rispetto alla cifra
impegnata l'anno scorso».
Questo
fatto, almeno, è stato riconosciuto da più parti, e basterebbe a
replicare alle accuse di incapacità gestionale che con una certa
faciloneria sono state mosse dai vari critici che contiamo in
consiglio. Ribadiamolo: l'unico settore che in questo bilancio si
sottrae alle forbici e vede crescere in misura significativa le
risorse a disposizione rispetto al 2014 è quello sociale (da
22,2 milioni a 23,5).
Non
basta, certo, a stare tranquilli: siamo al limite estremo della
sostenibilità, giunti al quale, se dovessero rendersi necessari
ulteriori tagli, il Comune non potrà che diminuire i servizi per i
cittadini. Questo spiega l'opportunità dell'intervento del Sindaco
nei confronti del Governo: è paradossale che lo Stato ci dia mandato
di assicurare una pluralità di servizi indispensabili, e poi ci
sottragga, attraverso il perverso meccanismo del "fondo di
solidarietà" ben 11,3 milioni, addirittura 4 in più rispetto
al 2014.
Questo
non è un bilancio di fine mandato, espressione ad effetto che è
stata usata in alcuni casi dall'opposizione, ma è del tutto fuori
contesto, e non significa un bel niente.
Questo è
– invece – il bilancio di chi si è lanciato con coraggio in
mezzo alla corrente, e sta vivendo in prima persona tutte le
difficoltà quotidiane, tutte le piccole e grandi sfide, giorno dopo
giorno. È un'azione che ha già prodotto atti efficaci e
soluzioni, con il limite di non potere necessariamente fornire
tutte le risposte in tempi celeri. È vero, peraltro, che abbiamo
oltrepassato la metà di questa regata – il giro di boa – e si
avvicina il momento dello sforzo conclusivo, con un'accelerazione che
dovrà farsi costante, ma anche ben dosata e regolata, per
raggiungere la maggiore efficienza possibile in vista del traguardo.
Io questo
sforzo cospicuo lo vedo fare dai nostri amministratori. Esso
meriterebbe, l'ho già detto in altra occasione, una riconoscenza da
parte di noi cittadini, certo più nel senso etimologico del
“ri-conoscimento”, della consapevolezza, che non come
“consenso elettorale”, cosa di cui ci si deve preoccupare solo
fino a un certo punto, quando si lavora con la limpida coscienza di
fare tutto il possibile per il bene della città.
E non
dubito neppure che ciascuno dei consiglieri voglia operare in aula
con il preciso intento di lasciare la città migliore di come l'ha
trovata. Per quanto riguarda la maggioranza, che ha ricevuto il
mandato di determinare le scelte per il presente mandato in Consiglio
e nella Giunta, vedo il desiderio di fare sempre più e sempre
meglio. Di evitare gli errori ai quali inevitabilmente si è soggetti
durante il proprio operato. Errori, finora, comunque che scompaiono
di fronte alle ombre gigantesche di quelli passati, il cui peso, i
cui costi, sono ancora tuttora un ingombro pesante.
Il fatto
che ci siano visioni e scelte divergenti è del tutto normale, nella
dialettica tra maggioranza, che si assume l'onere del governo, ed
opposizione, che tende a rimarcare gli elementi critici, veri o
presunti, transitori o magari destinati a permanere, chissà. L'unico
giudizio che appare completamente propagandistico ed infondato – e
che tenta ovviamente di ritagliarsi una qualche credibilità con
l'appoggiarsi sulle mille difficoltà quotidiane dell'azione
amministrativa – è la mancanza di una visione progettuale. Esempio
principe quello della Ztl: di volta in volta, si è partiti troppo
presto, si è in ritardo di programmazione, si mettono troppi soldi,
si realizzano per gradi i vari tasselli “ma non è cosa da farsi
ora”, ecc. Ora, la visione può risultare errata dal punto di vista
di chi non condivide il nostro programma elettorale. Ma non la si può
dichiarare inesistente. La promozione della vocazione turistica di
Como è invece pienamente in atto con una pluralità variegata di
interventi, di cui proprio la Ztl rappresenta uno dei più
impegnativi; la quantità delle offerte culturali ne è un'altra
parte integrante. Si diceva che Como fosse una “città morta”:
bene, da qualche anno non è più così. Si imputa
all'amministrazione di fare disastri: ma l'afflusso turistico è in
costante aumento. La candidatura di Como a capitale della cultura
italiana è stata presentata con caratteri di piena credibilità. Ed
è troppo facile dire “bella forza”, facendo leva sull'orgoglio
comasco. Conta anche, e molto, il modo con cui si sanno valorizzare
le situazioni esistenti e le risorse a disposizione. Sono tutti
esempi di come la rappresentazione in negativo che viene data
dell'operato della giunta Lucini sia chiaramente mal calibrata. Del
resto, a che giova? Senza portare slancio, rinunciando a una visione
positiva, limitandosi a fare l'elenco delle pagliuzze che vediamo
(metaforicamente) negli occhi degli assessori, diverremo forse più
capaci di affrontare gli ostacoli? Come ho detto, non parlo delle
proposte costruttive che, senza stravolgere il bilancio, sono state
recepite dalla maggioranza. Parlo della serie di giudizi di parte e
delle profezie negative che si sono succedute nel dibattito, che non
vogliono riconoscere come molti dei problemi non siano affatto
ignorati, ma siano in realtà già in una fase di definizione. Quando
ci si mette mano, però, le scelte non si condividono. È legittimo,
ma è veramente utile alla città contrapporre a questo sforzo
organico di gestire al meglio le risorse sempre più ridotte, una
lettura tragica basata sulla (presunta) verità delle sventure che
attendono il nostro futuro prossimo?
La
risposta è che siamo ormai in campagna elettorale, e si vede, e si è
sentito in molte delle dichiarazioni che mi hanno preceduto. Più che
ribattere ad ogni singola accusa, allora, l'esortazione che rivolgo
agli assessori e al Sindaco che li coordina è di continuare a
lavorare senza scoraggiarsi, perché saranno questo lavoro e i
risultati che non mancano e non mancheranno ad essere valutati dai
cittadini, non le tante considerazioni di parte che abbiamo
ascoltato.
mercoledì 13 maggio 2015
CoCoCo 2015-4: Sul bilancio consuntivo 2015
Ho cercato qualche valida ragione per non votare questo bilancio.
In coscienza, non ne ho trovate e, salvo qualche legittimo spunto di critica, non ne ho neppure ravvisate nel dibattito in quest'aula. Parlo di ragioni valide e convincenti, naturalmente. Se bastasse lamentarsi delle cose non fatte, sorvolare sulla pluralità di interventi realizzati perché li si considera troppo piccoli per il proprio sguardo elevato, riprendere il lamento qualunquista sulla città che non cambia passo, allora saremmo a cavallo. Ma staremmo parlando d'altro, facendo cioè una lettura chiaramente alternativa a priori all'operato di questa amministrazione, e perciò ferma al gioco di ruolo che di fatto disconosce ogni elemento positivo di tale operato.
In sintesi, questo è un bilancio che:
- risente evidentemente di una serie di vincoli esterni che rendono difficile la gestione della spesa corrente;
- riesce però ad evitare la diminuzione dei servizi erogati;
- ha saputo gestire in modo attento la programmazione degli impegni e dei pagamenti sulla competenza;
- ha realizzato un completo monitoraggio dei pagamenti delle opere finanziate negli anni precedenti;
- ha operato in modo significativo la riduzione dell'indebitamento;
- ha avviato una percepibile diminuzione della spesa per il personale.
Tutto è migliorabile. Ma le critiche che ho sentito trascurano volutamente i passi fatti e le difficoltà strutturali. Ho però riconosciuto, in qualche intervento, intenti più costruttivi, quando individuano nel miglioramento dell'efficienza degli uffici il punto chiave sul quale operare, in una prospettiva strategica, per migliorare la qualità del servizio e contemporaneamente liberare risorse.
Dico chiaramente che la valutazione dell'operato degli uffici, non in sé, ma come viene espressa in questo documento, è un vero problema. Infatti l'indicazione della realizzazione percentuale degli obiettivi, è
1) solo debolmente significativa, perché non indica l'effettiva realizzazione di opere, ma solo dei vari segmenti in cui l'azione è suddivisa;
2) difficile da leggere per un profano, senza la contestuale e puntuale indicazione degli obiettivi stessi;
soprattutto 3) facile strumento per le strumentalizzazioni interessate di chi finge di non capire (e ci riesce benissimo), rendendo un discutibile servizio alla sua causa e, a mio giudizio, un pessimo servizio alla città. Ma appunto, è un sistema carente per come è concepito: va modificato in modo radicale, per diventare leggibile pienamente e nei termini corretti, ossia come indicatore di processo e non di risultato.
Così, forse, si contribuirà ad evidenziare l'impegno degli uffici e di una buona parte del personale, al quale dico: non smettete di credere che il vostro lavoro sia necessario e prezioso per la collettività; favorite il miglioramento dei processi; combattete il lassismo, se vi trovate confrontati con esso nell'esperienza quotidiana; non avversate i cambiamenti che vengono proposti per aumentare l'efficienza. La città ve ne sarà grata.
Al Sindaco e alla giunta, nel rinnovare una piena condivisione e fiducia nel loro operato, dico di non demoralizzarsi se una parte dell'opinione pubblica non riesce ancora a percepire l'impegno quotidiano e costante che profondete nel vostro lavoro. In primo luogo non è tutta la cittadinanza. Molti vedono con favore lo stile sobrio e serio con il quale ci si sta muovendo, da operai coscienziosi che operano con il cacciavite e non, come i più bravi a parole pretenderebbero, con la dinamite.
Le tantissime situazioni che si stanno affrontando, e cominciano a trovare una sistemazione visibile; il ripristino, ancora non ottimale ma tangibile, di varie parti della città;la fioritura di iniziative culturali, incoraggiate e messe in rete dall'amministrazione, sono alcuni dei segnali che danno a tanti di noi la netta percezione di vivere in una Como migliore, rispetto a qualche anno fa: non una città perfetta e senza problemi, ma una città che si è messa in cammino per risolverli, che respira più liberamente, che attua forme di partecipazione spontanea e organizzata, e che non si riconosce nel quadro a tinte fosche dipinto in quest'aula. Per questo vi esprimo anche la mia personale gratitudine di cittadino comasco, e vi incoraggio a voler credere ancora nei nostri progetti, a continuare in questo sforzo nonostante le enormi difficoltà. Grazie.
In coscienza, non ne ho trovate e, salvo qualche legittimo spunto di critica, non ne ho neppure ravvisate nel dibattito in quest'aula. Parlo di ragioni valide e convincenti, naturalmente. Se bastasse lamentarsi delle cose non fatte, sorvolare sulla pluralità di interventi realizzati perché li si considera troppo piccoli per il proprio sguardo elevato, riprendere il lamento qualunquista sulla città che non cambia passo, allora saremmo a cavallo. Ma staremmo parlando d'altro, facendo cioè una lettura chiaramente alternativa a priori all'operato di questa amministrazione, e perciò ferma al gioco di ruolo che di fatto disconosce ogni elemento positivo di tale operato.
In sintesi, questo è un bilancio che:
- risente evidentemente di una serie di vincoli esterni che rendono difficile la gestione della spesa corrente;
- riesce però ad evitare la diminuzione dei servizi erogati;
- ha saputo gestire in modo attento la programmazione degli impegni e dei pagamenti sulla competenza;
- ha realizzato un completo monitoraggio dei pagamenti delle opere finanziate negli anni precedenti;
- ha operato in modo significativo la riduzione dell'indebitamento;
- ha avviato una percepibile diminuzione della spesa per il personale.
Tutto è migliorabile. Ma le critiche che ho sentito trascurano volutamente i passi fatti e le difficoltà strutturali. Ho però riconosciuto, in qualche intervento, intenti più costruttivi, quando individuano nel miglioramento dell'efficienza degli uffici il punto chiave sul quale operare, in una prospettiva strategica, per migliorare la qualità del servizio e contemporaneamente liberare risorse.
Dico chiaramente che la valutazione dell'operato degli uffici, non in sé, ma come viene espressa in questo documento, è un vero problema. Infatti l'indicazione della realizzazione percentuale degli obiettivi, è
1) solo debolmente significativa, perché non indica l'effettiva realizzazione di opere, ma solo dei vari segmenti in cui l'azione è suddivisa;
2) difficile da leggere per un profano, senza la contestuale e puntuale indicazione degli obiettivi stessi;
soprattutto 3) facile strumento per le strumentalizzazioni interessate di chi finge di non capire (e ci riesce benissimo), rendendo un discutibile servizio alla sua causa e, a mio giudizio, un pessimo servizio alla città. Ma appunto, è un sistema carente per come è concepito: va modificato in modo radicale, per diventare leggibile pienamente e nei termini corretti, ossia come indicatore di processo e non di risultato.
Così, forse, si contribuirà ad evidenziare l'impegno degli uffici e di una buona parte del personale, al quale dico: non smettete di credere che il vostro lavoro sia necessario e prezioso per la collettività; favorite il miglioramento dei processi; combattete il lassismo, se vi trovate confrontati con esso nell'esperienza quotidiana; non avversate i cambiamenti che vengono proposti per aumentare l'efficienza. La città ve ne sarà grata.
Al Sindaco e alla giunta, nel rinnovare una piena condivisione e fiducia nel loro operato, dico di non demoralizzarsi se una parte dell'opinione pubblica non riesce ancora a percepire l'impegno quotidiano e costante che profondete nel vostro lavoro. In primo luogo non è tutta la cittadinanza. Molti vedono con favore lo stile sobrio e serio con il quale ci si sta muovendo, da operai coscienziosi che operano con il cacciavite e non, come i più bravi a parole pretenderebbero, con la dinamite.
Le tantissime situazioni che si stanno affrontando, e cominciano a trovare una sistemazione visibile; il ripristino, ancora non ottimale ma tangibile, di varie parti della città;la fioritura di iniziative culturali, incoraggiate e messe in rete dall'amministrazione, sono alcuni dei segnali che danno a tanti di noi la netta percezione di vivere in una Como migliore, rispetto a qualche anno fa: non una città perfetta e senza problemi, ma una città che si è messa in cammino per risolverli, che respira più liberamente, che attua forme di partecipazione spontanea e organizzata, e che non si riconosce nel quadro a tinte fosche dipinto in quest'aula. Per questo vi esprimo anche la mia personale gratitudine di cittadino comasco, e vi incoraggio a voler credere ancora nei nostri progetti, a continuare in questo sforzo nonostante le enormi difficoltà. Grazie.
lunedì 16 luglio 2012
CoCoCo 2012-3: Su Patrimonio e Bilancio di previsione
Anzitutto, trovo un motivo di soddisfazione nel vedere un bilancio declinato secondo le linee guida del nostro programma, una cura da apprezzare perché si riferisce ad un documento elaborato in tempi necessariamente ristretti e in una condizione di emergenza che non tutti sembrano cogliere. È tra l'altro paradossale che ci venga rimproverata una presunta fretta – quando si tratta invece della serietà di chi ritiene di dovere adempiere ai compiti affidatigli, di contro alla prassi italica del rinvio, così comoda e deresponsabilizzante. E in più, finché non approviamo il bilancio, di fatto non ci sono i soldi anche per gli interventi urgenti che si chiedono a gran voce.
La lettura delle voci di bilancio dedicate al patrimonio sottolinea la rilevanza del ruolo che questa componente esercita tanto sul piano di una gestione che deve ritrovare efficienza, quanto di una razionalizzazione necessaria ad affrontare questi tempi particolarmente difficili per le finanze comunali. In particolare appare ragionevole attuare una dismissione che possa portare sostegno alla riqualificazione del rimanente patrimonio, secondo le seguenti linee guida.
individuare i beni non strategici ai fini di una loro alienazione
rendere efficiente la riscossione dei canoni
rivedere le procedure di evidenza pubblica scadute adeguandole ai principi di trasparenza, e mantenere tali procedure per tutti i casi futuri.
Per il nostro comune è di estrema importanza che il patrimonio cessi di essere un peso e un onere, ma venga valorizzato come una risorsa da mettere a frutto.
Si deve perciò avviare un processo di conoscenza approfondita che porti a diradare le folte nebbie del recente passato. È incredibile che una simile azione sia mancata in tutti questi anni: sarà pur vero che la responsabilità non può essere scaricata sull'ultimo assessore arrivato nella passata giunta, negli ultimi mesi della quale si è preso consapevolezza del fenomeno, ma come non chiedersi come e perché in vent'anni non si è proceduto di un passo? Come si sarebbe proceduto se non fossero intervenute indagini e denunce giornalistiche? Tutti coloro che non hanno chiarito questo ginepraio in questo lunghissimo periodo, davvero credono di poter scaricare ogni responsabilità tanto facilmente?
È dunque ora che arriva davvero in Comune uno spirito nuovo, e da parte nostra, come maggioranza, va dato un pieno e convinto sostegno a questo processo tutt'altro che semplice, che non promette per forza di cose di essere immediato, ma che è assolutamente indispensabile e costituisce pertanto una priorità dell'amministrazione.
Inoltre, come in molti hanno già ricordato, nella prospettiva di una decrescita delle risorse generali, come pure delle disponibilità dei singoli e delle famiglie, un potenziamento dell'housing sociale e dell'edilizia convenzionata è non solo auspicabile, ma sommamente necessario. In tale quadro, la vendita illustrata alla pag. 45 della relazione previsionale, pur nella comprensibile necessità di una verifica della corrispondenza con i risultati effettivi – dato che in questo contesto particolare per il mercato immobiliare non tutte le operazioni potrebbero andare a buon fine come ci auguriamo – nonché nell'ovvio rispetto dei diritti di prelazione sussistenti, si rivela una svolta decisiva per poter finalmente porre mano ad una effettiva opera di ristrutturazione del patrimonio esistente, a tutto vantaggio della funzione pubblica dello stesso. Ribadisco: funzione pubblica, destinazione sociale, e null'altro. Non ci interessa creare clientele, né instaurare legami di dipendenza delle persone dal potere politico, bensì soddisfare un bisogno drammatico sempre più urgente, garantendo la dignità delle persone anche attraverso il decoro abitativo.
1. Il comune non può che avere il dovere di garantire condizioni abitative decorose, laddove in taluni casi questa preoccupazione non è stata soddisfatta, o addirittura una parte delle unità non è stata neppure più data in locazione perché inagibile di fatto.
2. La solidarietà deve collegarsi all'efficienza, anche nell'ottica di una riscossione del giusto, evitando il perdurare di atteggiamenti di comodo o di evasione dei canoni, eliminando i favoritismi, se ve ne sono, e favorendo il rispetto delle regole grazie ad una puntualità delle scadenze, che responsabilizzi l'utenza e consenta appunto il reperimento di risorse per l'ulteriore manutenzione.
I due principi guida che informano la definizione di questo settore del bilancio mi appaiono poi assolutamente centrali in tutta la nostra azione amministrativa, e vanno ribaditi:
1. la legalità: le situazioni debitorie vanno inquadrate nell'effettivo contesto, ma senza lassismi e disinteresse, garantendo il diritto solo a fronte di una responsabilizzazione degli usufruttuari; per quanto riguarda le situazioni consolidate in negativo, è chiaro che non rimarrà altro che la procedura legale
2. la trasparenza: innanzitutto approntando una ricognizione completa e senza zone d'ombra; dando ad essa una piena pubblicità attraverso lo strumento informatico comunale; rivedendo i criteri delle assegnazioni, laddove lascino spazio ad ambiguità o non arrivino a coprire adeguatamente tutte le fattispecie, in modo da garantire a tutti il pieno rispetto dei propri diritti.
Sono obiettivi e sono principi, lo ribadisco, importanti e strutturali. Proprio perché noi siamo contrari ai tagli indiscriminati, si impone una estrema attenzione e la scrupolosa correttezza della gestione. Il che porta inevitabilmente ad una valutazione politica sulle tante posizioni ideologiche che abbiamo udito. Che sono state espresse con differenti gradi di intenzionalità, ma che evidenziano comunque una mentalità rigidamente conservatrice, in modo persino ingenuo, quasi che si potesse rimanere sordi di fronte alle esigenze drammatiche che il paese sperimenta in questo momento, al punto da scivolare frequentemente nel compatimento dei “poveri ricchi”. La soluzione, ci si dice, è semplice: tagliare. Davvero semplice, addirittura semplicistico, dato che i tagli il presente bilancio è costretto comunque a farli, e pesantemente, anche a causa dei vincoli francamente assurdi imposti dal patto di stabilità. Su quest'ultimo, mi posso associare con convinzione alle critiche verso un meccanismo che finisce per essere penalizzante anche per le amministrazioni virtuose, il che è contro ogni logica.
Ma i tagli spensierati e disinvolti, quelli che sono facili a dirsi ma poco responsabili a farsi, ignorano di fatto le conseguenze di lungo termine e non di rado arrivano a peggiorare le cose, penalizzando in primo luogo l'efficienza. Lo dico proprio perché ne abbiamo fatto tutti l'esperienza: veniamo da un decennio di sconsiderati tagli lineari, gestiti nella maniera più supponente e insieme visibilmente incapace di calcolare gli effetti. Salvo naturalmente quello dell'annuncio, ben gradito ai demagoghi. E difatti abbiamo potuto tutti misurare le capacità di risanamento dei conti pubblici dei dilettanti che ci hanno governato per la maggior parte del tempo recente, prima di lasciare al prof. Monti la patata bollente, ma dopo aver abbondantemente scaricato i costi del loro populismo elettorale sulle spalle degli enti locali (soprattutto di quelli con i conti in ordine) ed infine riuscendo persino nel capolavoro di attribuire la crisi internazionale ad una semplice percezione errata da parte di quegli sciocchi - noi - che non continuavano a tenere gli occhi chiusi. E proprio costoro sono tra i principali responsabili dei nostri guai attuali, almeno quanto gli sciagurati dissipatori delle finanze pubbliche degli anni Ottanta, quelli della Milano da bere e della corruzione generalizzata culminata in Tangentopoli (una piaga, detto per inciso, dalla quale purtroppo non ci siamo ancora liberati).
Ecco perché possiamo serenamente definire ridicole le accuse, che qualcuno ha ritenuto di dover formulare, rivolte a questa giunta che non avrebbe avuto “coraggio”. Il coraggio di tagliare senza aumentare le tasse. Ma chi legge il bilancio constata che tagli sostanziosi, nell'ottica di una sensata revisione della spesa, sono stati invece compiuti, e costringeranno tutti gli assessorati ad ingegnarsi per garantire qualità ai servizi. Ma forse l'opposizione qui ci chiedeva un altro genere di coraggio. Quale? Quello di scaricare la crisi su tutti i cittadini in misura indifferenziata (e perciò con un peso ben diverso per il ricco e per il povero)? Quello di comprimere e diminuire servizi già in tanti casi ridotti all'osso, premessa per l'espansione di fornitori alternativi, a disposizione però solo di chi se lo può permettere?
In tante occasioni, in queste sedute, abbiamo sentito due mantra ricorrenti, se non proprio ossessivi, nei nostri confronti: “guardiamo avanti” e “non capisco perché fate così”. Direi che entrambi confliggono pesantemente con un criterio di ragionevolezza, quello di guardare alla realtà storica, ai semplici dati di fatto. Che è molto pericoloso ignorare, proprio perché così facendo si dimenticano le cause che ci hanno condotto a questo punto. Anche le responsabilità, naturalmente (ma adesso mi interessano di meno). Vogliamo davvero dimenticare che chi afferma spavaldamente di aver tenuto fermo il livello dell'imposizione fiscale, contemporaneamente ha avviato “grandi opere” che si sono oggi trasformati in “buchi neri” per il bilancio comunale? Che proprio ora, ad esempio, la Ticosa sta richiedendo centinaia di migliaia di euro per interventi urgentissimi? Che per decenni si sono elargite vagonate di migliaia, anzi milioni di euro per le più svariate consulenze ed incarichi esterni? Perché nell'ansia di chiedere dati agli uffici, alcuni consiglieri non vanno a vedere come le passate amministrazioni avevano l'usanza di impiegare i soldi pubblici, e con quali risultati? Purtroppo solo dal 2006 la pletora di consulenze ha cominciato ad essere evidenziata per legge, e anche allora le cifre non erano particolarmente contenute, quasi che gli uffici comunali fossero cronicamente carenti di competenze. Ma quanti sono stati in precedenza i soldi pubblici distribuiti con leggerezza (uso un garbato eufemismo) di cui la massima espressione furono le famose consulenze per il tunnel del Borgovico mai realizzato, redatte su tovagliolini di carta ma egualmente pagate? Fermiamoci qui.
A volte ho una strana impressione, osservando questi seguaci di un liberismo più vicino al Tea party che a Stuart Mill e a Beveridge. Mi sembrano quei membri di un condominio pericolante, pronti certo a lamentarsi dello stato miserevole della manutenzione, ma ferocemente avversi a mettere mano al portafoglio per fronteggiare i crolli. Siamo nel pieno della crisi, delle misure straordinarie imposte dall'alto, della spending review, e ci sentiamo rinfacciare che “è da scuola elementare” chiedere i soldi per fare fronte alle spese, perché basterebbe adottare nuovi tagli miracolosi, che secondo il principio di realtà, e la definizione di S. Agostino, appartengono piuttosto a una “scuola delle ciance”. Infatti è la storia recente di Como a parlare: il principio delle aliquote immutabili si può di certo tenere fermo in maniera ideologicamente granitica, e ne abbiamo ottenuto piena ed incontrovertibile testimonianza ad ogni inciampo nelle buche delle strade che incontriamo nei nostri percorsi quotidiani in città. L'economia classica, peraltro, ci insegna a non considerare tasse le spese di riparazione dei veicoli o gli incidenti. Ci dovremmo perciò dichiarare soddisfatti, e “guardare avanti” o “lontano”, senza badare a dove mettiamo i piedi? Per non dire, cessando l'ironia, delle condizioni vergognose cui sottoponiamo in tal modo le persone anziane e tutti coloro che hanno difficoltà di deambulazione.
Lo dico senza animosità, ovviamente: l'opposizione fa qui solo la sua parte, proponendo richiami alle difficoltà di molti individui e famiglie, che in molti casi ci sono davvero, anche se non capisco quanto coerentemente evidenziate. Come non ravvisare una contraddizione patente, quando si riprendono i toni da Robin Hood alla rovescia, lamentando in sostanza il tartassamento dei più abbienti (per importi che si è evidenziato essere complessivamente contenuti, in rapporto alle possibilità effettive)?
Chiunque, nel suo piccolo, starebbe meglio se non dovesse contribuire alla spesa complessiva. Ma possiamo permettercelo? I pareri possono legittimamente divergere, ma l'equilibrio proposto in questo bilancio va rispettato: altro non è che un adempimento obbligato di fronte all'eredità avvelenata lasciataci dalla precedente amministrazione inadempiente, che forse ci lasciato l'incombenza per grande delicatezza d'animo. Ma è un'amministrazione che aveva redatto per tempo una relazione programmatica anche per gli anni 2012 e 2013, quindi all'anno in corso aveva pur rivolto qualche pensiero, e che soprattutto ha provveduto a nominare suoi rappresentanti di parte in tutti gli enti possibili fino all'ultimo secondo utile. Se ancora non si è capito, sotto la sollecitazione pressante delle imposizioni statali, nella situazione precaria in cui si trova il paese nel suo complesso, i sacrifici non sono evitabili: vanno peraltro ripartiti equamente, e l'unico criterio attendibile lo troviamo scolpito nella Costituzione. Quello di una proporzionalità diretta rispetto ai redditi, e ai beni posseduti, che nella sua approssimazione, e con le inevitabili difficoltà che si possono creare, è comunque il riferimento più solido e più equo.
È proprio il dovere generale di tutta la collettività a partecipare alle spese pubbliche che rappresenta la garanzia del singolo a tutela della propria capacità contributiva. Basterebbe, anche nella valutazione complessiva del presente bilancio, un bilancio di assoluta emergenza, che ciascuno entri in un ordine di idee solo un poco più orientato alla solidarietà generale.
La lettura delle voci di bilancio dedicate al patrimonio sottolinea la rilevanza del ruolo che questa componente esercita tanto sul piano di una gestione che deve ritrovare efficienza, quanto di una razionalizzazione necessaria ad affrontare questi tempi particolarmente difficili per le finanze comunali. In particolare appare ragionevole attuare una dismissione che possa portare sostegno alla riqualificazione del rimanente patrimonio, secondo le seguenti linee guida.
individuare i beni non strategici ai fini di una loro alienazione
rendere efficiente la riscossione dei canoni
rivedere le procedure di evidenza pubblica scadute adeguandole ai principi di trasparenza, e mantenere tali procedure per tutti i casi futuri.
Per il nostro comune è di estrema importanza che il patrimonio cessi di essere un peso e un onere, ma venga valorizzato come una risorsa da mettere a frutto.
Si deve perciò avviare un processo di conoscenza approfondita che porti a diradare le folte nebbie del recente passato. È incredibile che una simile azione sia mancata in tutti questi anni: sarà pur vero che la responsabilità non può essere scaricata sull'ultimo assessore arrivato nella passata giunta, negli ultimi mesi della quale si è preso consapevolezza del fenomeno, ma come non chiedersi come e perché in vent'anni non si è proceduto di un passo? Come si sarebbe proceduto se non fossero intervenute indagini e denunce giornalistiche? Tutti coloro che non hanno chiarito questo ginepraio in questo lunghissimo periodo, davvero credono di poter scaricare ogni responsabilità tanto facilmente?
È dunque ora che arriva davvero in Comune uno spirito nuovo, e da parte nostra, come maggioranza, va dato un pieno e convinto sostegno a questo processo tutt'altro che semplice, che non promette per forza di cose di essere immediato, ma che è assolutamente indispensabile e costituisce pertanto una priorità dell'amministrazione.
Inoltre, come in molti hanno già ricordato, nella prospettiva di una decrescita delle risorse generali, come pure delle disponibilità dei singoli e delle famiglie, un potenziamento dell'housing sociale e dell'edilizia convenzionata è non solo auspicabile, ma sommamente necessario. In tale quadro, la vendita illustrata alla pag. 45 della relazione previsionale, pur nella comprensibile necessità di una verifica della corrispondenza con i risultati effettivi – dato che in questo contesto particolare per il mercato immobiliare non tutte le operazioni potrebbero andare a buon fine come ci auguriamo – nonché nell'ovvio rispetto dei diritti di prelazione sussistenti, si rivela una svolta decisiva per poter finalmente porre mano ad una effettiva opera di ristrutturazione del patrimonio esistente, a tutto vantaggio della funzione pubblica dello stesso. Ribadisco: funzione pubblica, destinazione sociale, e null'altro. Non ci interessa creare clientele, né instaurare legami di dipendenza delle persone dal potere politico, bensì soddisfare un bisogno drammatico sempre più urgente, garantendo la dignità delle persone anche attraverso il decoro abitativo.
1. Il comune non può che avere il dovere di garantire condizioni abitative decorose, laddove in taluni casi questa preoccupazione non è stata soddisfatta, o addirittura una parte delle unità non è stata neppure più data in locazione perché inagibile di fatto.
2. La solidarietà deve collegarsi all'efficienza, anche nell'ottica di una riscossione del giusto, evitando il perdurare di atteggiamenti di comodo o di evasione dei canoni, eliminando i favoritismi, se ve ne sono, e favorendo il rispetto delle regole grazie ad una puntualità delle scadenze, che responsabilizzi l'utenza e consenta appunto il reperimento di risorse per l'ulteriore manutenzione.
I due principi guida che informano la definizione di questo settore del bilancio mi appaiono poi assolutamente centrali in tutta la nostra azione amministrativa, e vanno ribaditi:
1. la legalità: le situazioni debitorie vanno inquadrate nell'effettivo contesto, ma senza lassismi e disinteresse, garantendo il diritto solo a fronte di una responsabilizzazione degli usufruttuari; per quanto riguarda le situazioni consolidate in negativo, è chiaro che non rimarrà altro che la procedura legale
2. la trasparenza: innanzitutto approntando una ricognizione completa e senza zone d'ombra; dando ad essa una piena pubblicità attraverso lo strumento informatico comunale; rivedendo i criteri delle assegnazioni, laddove lascino spazio ad ambiguità o non arrivino a coprire adeguatamente tutte le fattispecie, in modo da garantire a tutti il pieno rispetto dei propri diritti.
Sono obiettivi e sono principi, lo ribadisco, importanti e strutturali. Proprio perché noi siamo contrari ai tagli indiscriminati, si impone una estrema attenzione e la scrupolosa correttezza della gestione. Il che porta inevitabilmente ad una valutazione politica sulle tante posizioni ideologiche che abbiamo udito. Che sono state espresse con differenti gradi di intenzionalità, ma che evidenziano comunque una mentalità rigidamente conservatrice, in modo persino ingenuo, quasi che si potesse rimanere sordi di fronte alle esigenze drammatiche che il paese sperimenta in questo momento, al punto da scivolare frequentemente nel compatimento dei “poveri ricchi”. La soluzione, ci si dice, è semplice: tagliare. Davvero semplice, addirittura semplicistico, dato che i tagli il presente bilancio è costretto comunque a farli, e pesantemente, anche a causa dei vincoli francamente assurdi imposti dal patto di stabilità. Su quest'ultimo, mi posso associare con convinzione alle critiche verso un meccanismo che finisce per essere penalizzante anche per le amministrazioni virtuose, il che è contro ogni logica.
Ma i tagli spensierati e disinvolti, quelli che sono facili a dirsi ma poco responsabili a farsi, ignorano di fatto le conseguenze di lungo termine e non di rado arrivano a peggiorare le cose, penalizzando in primo luogo l'efficienza. Lo dico proprio perché ne abbiamo fatto tutti l'esperienza: veniamo da un decennio di sconsiderati tagli lineari, gestiti nella maniera più supponente e insieme visibilmente incapace di calcolare gli effetti. Salvo naturalmente quello dell'annuncio, ben gradito ai demagoghi. E difatti abbiamo potuto tutti misurare le capacità di risanamento dei conti pubblici dei dilettanti che ci hanno governato per la maggior parte del tempo recente, prima di lasciare al prof. Monti la patata bollente, ma dopo aver abbondantemente scaricato i costi del loro populismo elettorale sulle spalle degli enti locali (soprattutto di quelli con i conti in ordine) ed infine riuscendo persino nel capolavoro di attribuire la crisi internazionale ad una semplice percezione errata da parte di quegli sciocchi - noi - che non continuavano a tenere gli occhi chiusi. E proprio costoro sono tra i principali responsabili dei nostri guai attuali, almeno quanto gli sciagurati dissipatori delle finanze pubbliche degli anni Ottanta, quelli della Milano da bere e della corruzione generalizzata culminata in Tangentopoli (una piaga, detto per inciso, dalla quale purtroppo non ci siamo ancora liberati).
Ecco perché possiamo serenamente definire ridicole le accuse, che qualcuno ha ritenuto di dover formulare, rivolte a questa giunta che non avrebbe avuto “coraggio”. Il coraggio di tagliare senza aumentare le tasse. Ma chi legge il bilancio constata che tagli sostanziosi, nell'ottica di una sensata revisione della spesa, sono stati invece compiuti, e costringeranno tutti gli assessorati ad ingegnarsi per garantire qualità ai servizi. Ma forse l'opposizione qui ci chiedeva un altro genere di coraggio. Quale? Quello di scaricare la crisi su tutti i cittadini in misura indifferenziata (e perciò con un peso ben diverso per il ricco e per il povero)? Quello di comprimere e diminuire servizi già in tanti casi ridotti all'osso, premessa per l'espansione di fornitori alternativi, a disposizione però solo di chi se lo può permettere?
In tante occasioni, in queste sedute, abbiamo sentito due mantra ricorrenti, se non proprio ossessivi, nei nostri confronti: “guardiamo avanti” e “non capisco perché fate così”. Direi che entrambi confliggono pesantemente con un criterio di ragionevolezza, quello di guardare alla realtà storica, ai semplici dati di fatto. Che è molto pericoloso ignorare, proprio perché così facendo si dimenticano le cause che ci hanno condotto a questo punto. Anche le responsabilità, naturalmente (ma adesso mi interessano di meno). Vogliamo davvero dimenticare che chi afferma spavaldamente di aver tenuto fermo il livello dell'imposizione fiscale, contemporaneamente ha avviato “grandi opere” che si sono oggi trasformati in “buchi neri” per il bilancio comunale? Che proprio ora, ad esempio, la Ticosa sta richiedendo centinaia di migliaia di euro per interventi urgentissimi? Che per decenni si sono elargite vagonate di migliaia, anzi milioni di euro per le più svariate consulenze ed incarichi esterni? Perché nell'ansia di chiedere dati agli uffici, alcuni consiglieri non vanno a vedere come le passate amministrazioni avevano l'usanza di impiegare i soldi pubblici, e con quali risultati? Purtroppo solo dal 2006 la pletora di consulenze ha cominciato ad essere evidenziata per legge, e anche allora le cifre non erano particolarmente contenute, quasi che gli uffici comunali fossero cronicamente carenti di competenze. Ma quanti sono stati in precedenza i soldi pubblici distribuiti con leggerezza (uso un garbato eufemismo) di cui la massima espressione furono le famose consulenze per il tunnel del Borgovico mai realizzato, redatte su tovagliolini di carta ma egualmente pagate? Fermiamoci qui.
A volte ho una strana impressione, osservando questi seguaci di un liberismo più vicino al Tea party che a Stuart Mill e a Beveridge. Mi sembrano quei membri di un condominio pericolante, pronti certo a lamentarsi dello stato miserevole della manutenzione, ma ferocemente avversi a mettere mano al portafoglio per fronteggiare i crolli. Siamo nel pieno della crisi, delle misure straordinarie imposte dall'alto, della spending review, e ci sentiamo rinfacciare che “è da scuola elementare” chiedere i soldi per fare fronte alle spese, perché basterebbe adottare nuovi tagli miracolosi, che secondo il principio di realtà, e la definizione di S. Agostino, appartengono piuttosto a una “scuola delle ciance”. Infatti è la storia recente di Como a parlare: il principio delle aliquote immutabili si può di certo tenere fermo in maniera ideologicamente granitica, e ne abbiamo ottenuto piena ed incontrovertibile testimonianza ad ogni inciampo nelle buche delle strade che incontriamo nei nostri percorsi quotidiani in città. L'economia classica, peraltro, ci insegna a non considerare tasse le spese di riparazione dei veicoli o gli incidenti. Ci dovremmo perciò dichiarare soddisfatti, e “guardare avanti” o “lontano”, senza badare a dove mettiamo i piedi? Per non dire, cessando l'ironia, delle condizioni vergognose cui sottoponiamo in tal modo le persone anziane e tutti coloro che hanno difficoltà di deambulazione.
Lo dico senza animosità, ovviamente: l'opposizione fa qui solo la sua parte, proponendo richiami alle difficoltà di molti individui e famiglie, che in molti casi ci sono davvero, anche se non capisco quanto coerentemente evidenziate. Come non ravvisare una contraddizione patente, quando si riprendono i toni da Robin Hood alla rovescia, lamentando in sostanza il tartassamento dei più abbienti (per importi che si è evidenziato essere complessivamente contenuti, in rapporto alle possibilità effettive)?
Chiunque, nel suo piccolo, starebbe meglio se non dovesse contribuire alla spesa complessiva. Ma possiamo permettercelo? I pareri possono legittimamente divergere, ma l'equilibrio proposto in questo bilancio va rispettato: altro non è che un adempimento obbligato di fronte all'eredità avvelenata lasciataci dalla precedente amministrazione inadempiente, che forse ci lasciato l'incombenza per grande delicatezza d'animo. Ma è un'amministrazione che aveva redatto per tempo una relazione programmatica anche per gli anni 2012 e 2013, quindi all'anno in corso aveva pur rivolto qualche pensiero, e che soprattutto ha provveduto a nominare suoi rappresentanti di parte in tutti gli enti possibili fino all'ultimo secondo utile. Se ancora non si è capito, sotto la sollecitazione pressante delle imposizioni statali, nella situazione precaria in cui si trova il paese nel suo complesso, i sacrifici non sono evitabili: vanno peraltro ripartiti equamente, e l'unico criterio attendibile lo troviamo scolpito nella Costituzione. Quello di una proporzionalità diretta rispetto ai redditi, e ai beni posseduti, che nella sua approssimazione, e con le inevitabili difficoltà che si possono creare, è comunque il riferimento più solido e più equo.
È proprio il dovere generale di tutta la collettività a partecipare alle spese pubbliche che rappresenta la garanzia del singolo a tutela della propria capacità contributiva. Basterebbe, anche nella valutazione complessiva del presente bilancio, un bilancio di assoluta emergenza, che ciascuno entri in un ordine di idee solo un poco più orientato alla solidarietà generale.
lunedì 28 novembre 2011
CoCoCo43 - Intervento sulla variazione di assestamento generale al bilancio di previsione 2011
Di seguito alcune osservazioni sintetiche alle diverse voci, trascurando alcune riduzioni di minore entità ma certo non senza conseguenze:
1. Si tolgono cospicue risorse alla ristrutturazione del patrimonio abitativo. Sono forse quegli interventi che in commissione IV vengono periodicamente assicurati come imminenti? Si agevolail degrado, che oggi ci fa risparmiare qualche spicciolo e domani causa dissesti ben più onerosi e anzi, già da ora procura condizioni tutt'altro che decorose?
4. Incredibile ed inaccettabile il taglio di oltre 1.352.000 euro al capitolo istruzione. Si cancella di fatto ogni traccia di manutenzione straordinaria e di adeguamento tecnologico; si eliminano gli interventi sui giardini (il verde che ovviamente è un accessorio superfluo, nella città del cemento!),
ma soprattutto si cancellano i 149.000 euro previsti alla voce sicurezza, cioè ad adeguamenti che tutelano l'incolumità degli utenti. Una vera assurdità.
5. Si cancellano tutti gli interventi sui beni culturali: niente manutenzione per i monumenti (-250.000), le torri (- 110.000), Villa Olmo (-50.000), niente tecnologia per i musei (-80.000)
8. Terribile lo stato degli interventi sulla viabilità, ove si evidenzia (cosa già preannunciata nella vostra risposta alla mia interrogazione): meno 870.000 euro per gli asfalti e quasi altri 400.000 in meno per lavori e opere stradali. Come si ridurranno i nostri automezzi? Quanti incidenti evitabili si produrranno così? Non è questa una tassa occulta ma pesantissima che facciamo gravare sui cittadini?
9. Si penalizza infine pesantemente anche il territorio. Confidando evidentemente nella fortuna, sperando che in questi pochi mesi non accada nulla di grave, si decurta la voce dei dissesti idrogeologici di 150.000 euro. Togliere alle tombinature 500.000 euro vuol dire però avere molte strade trasformate in torrenti, con prevedibili danni alle abitazioni, in particolare per cantine, seminterrati e piani terra. Anche i 900.000 euro in meno sui giardini a lago cosa rappresentano, se non una pietra tombale sulla vocazione turistica della città?
Ho colto che molte di queste voci vengono riportate agli anni futuri. Peccato che quel bilancio non dipenderà più da voi. Quindi in pratica dichiarate “faremo mutui”, e cioè in realtà “faremo fare mutui ad altri” (o forse no, ma chiaramente che voi non siate più al governo per questa cattiva, insostenibile gestione è l'auspicio mio e quello di moltissimi cittadini comaschi). In ogni caso, è evidente che altro non state facendo, se non cercare di nascondere la polvere sotto i tappeti... futuri, solo che questi, purtroppo, non riescono a nascondere le magagne. Il fallimento di un'esperienza amministrativa troppo lunga e troppo costosa per la città.
1. Si tolgono cospicue risorse alla ristrutturazione del patrimonio abitativo. Sono forse quegli interventi che in commissione IV vengono periodicamente assicurati come imminenti? Si agevolail degrado, che oggi ci fa risparmiare qualche spicciolo e domani causa dissesti ben più onerosi e anzi, già da ora procura condizioni tutt'altro che decorose?
4. Incredibile ed inaccettabile il taglio di oltre 1.352.000 euro al capitolo istruzione. Si cancella di fatto ogni traccia di manutenzione straordinaria e di adeguamento tecnologico; si eliminano gli interventi sui giardini (il verde che ovviamente è un accessorio superfluo, nella città del cemento!),
ma soprattutto si cancellano i 149.000 euro previsti alla voce sicurezza, cioè ad adeguamenti che tutelano l'incolumità degli utenti. Una vera assurdità.
5. Si cancellano tutti gli interventi sui beni culturali: niente manutenzione per i monumenti (-250.000), le torri (- 110.000), Villa Olmo (-50.000), niente tecnologia per i musei (-80.000)
8. Terribile lo stato degli interventi sulla viabilità, ove si evidenzia (cosa già preannunciata nella vostra risposta alla mia interrogazione): meno 870.000 euro per gli asfalti e quasi altri 400.000 in meno per lavori e opere stradali. Come si ridurranno i nostri automezzi? Quanti incidenti evitabili si produrranno così? Non è questa una tassa occulta ma pesantissima che facciamo gravare sui cittadini?
9. Si penalizza infine pesantemente anche il territorio. Confidando evidentemente nella fortuna, sperando che in questi pochi mesi non accada nulla di grave, si decurta la voce dei dissesti idrogeologici di 150.000 euro. Togliere alle tombinature 500.000 euro vuol dire però avere molte strade trasformate in torrenti, con prevedibili danni alle abitazioni, in particolare per cantine, seminterrati e piani terra. Anche i 900.000 euro in meno sui giardini a lago cosa rappresentano, se non una pietra tombale sulla vocazione turistica della città?
Ho colto che molte di queste voci vengono riportate agli anni futuri. Peccato che quel bilancio non dipenderà più da voi. Quindi in pratica dichiarate “faremo mutui”, e cioè in realtà “faremo fare mutui ad altri” (o forse no, ma chiaramente che voi non siate più al governo per questa cattiva, insostenibile gestione è l'auspicio mio e quello di moltissimi cittadini comaschi). In ogni caso, è evidente che altro non state facendo, se non cercare di nascondere la polvere sotto i tappeti... futuri, solo che questi, purtroppo, non riescono a nascondere le magagne. Il fallimento di un'esperienza amministrativa troppo lunga e troppo costosa per la città.
lunedì 11 aprile 2011
CoCoCo19 - Intervento sul Bilancio 2011
I. Questo bilancio mostra un dato evidente all'occhio anche dei più sprovveduti: vi è un manifesto, anche se comprensibile, affanno a motivo dei tagli che si abbattono sui trasferimenti, e verrebbe quasi da impietosirsi, da provare un poco di comprensione, per chi si trova ad operare in anni di vacche magre, visto che i sacrifici sono prevalentemente imposti dall'alto. Soccorre però il ricordo che i bovini di cui parlavamo or ora non sono sempre stati così striminziti, e in anni ancora recenti il risparmio e l'oculatezza amministrativa non sembravano certo essere una priorità di questa amministrazione: basti pensare al florilegio di consulenze esterne o, per essere più frivoli, ai cambiamenti alla moda dell'arredo d'ufficio di taluni amministratori, e alle innumerevoli salve di fuochi d'artificio autocelebrativi, spesso per solennizzare successi solo immaginari.
Certo che la beffa suona ancora più amara, visto che a lesinare le risorse è proprio quello stesso governo di centrodestra che ha populisticamente cancellato l'ICI sulla prima casa, per arraffare qualche voto in più, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze che oggi ci troviamo a pagare e senza mantenere verso i Comuni gli impegni a suo tempo strombazzati; e che la scarsità di trasferimenti deriva da enti che hanno lo stesso colore politico della giunta che governa la nostra città. Chi non ricorda le assicurazioni durante le campagne elettorali (ai tempi, ricordo in particolare il deputato Micciché) che occorresse ad ogni costo questa uniformità a tutti i livelli, se fossimo stati furbi, per poter ottenere il massimo in termini di fondi? Insomma: un'offerta che non si poteva rifiutare? E infatti stanno lì a dimostrare tutti questi vantaggi: il nostro nuovo ospedale (realizzato con forti oneri e magagne varie, ma certo non con contributi a fondo perduto come per altri capoluoghi di provincia vicini), la fiammante tangenziale e la scorrevolissima pedemontana che tutti percorriamo già ora... nei sogni.
Sempre nei sogni, fiumi di denaro scorrono verso Nord dal generoso governo del “ghe pensi mi”. Oddio, sembra che prendano sempre la via delle province vicine, ma questo si deve evidentemente al fatto che il popolo comasco, nei secoli obbediente, sembra premiare nelle urne questa classe dirigente “a prescindere”, come diceva Totò. E quindi, perché gli erogatori dovrebbero preoccuparsi di gente fedele al punto di non revocare loro il mandato, succeda quel che succeda? Se il voto è assicurato, governare bene non serve. Assicurare risorse, nemmeno.
A questa trascuratezza dei livelli amministrativi superiori si aggiunge poi la farina del nostro sacco comasco, che resterà nel libro nero della storia cittadina, come la soluzione esemplare del caso Ticosa, e come il modello gestionale ed ingegneristico del muro a lago, paradigmi di un uso sapiente e produttivo delle risorse e di impegni elettorali rigorosamente mantenuti.
Taccio però di questi clamorosi infortuni, salvo per il fatto che hanno avuto ricadute pesantissime sul bilancio in termini di mancati introiti, e c'è da temere che ancor più ne avranno in termini di salassi futuri. Infatti, noi parliamo tranquillamente di questi dati del presente, e ci azzardiamo a prevedere un bilancio pluriennale 2011-2013 (e come potremmo fare diversamente?), ma è come se un'ombra gravasse su questo bilancio, e ancor più su coloro che si proveranno ad amministrare la città negli anni a venire.
Il prospetto che ci è stato offerto non può che essere figlio di questa situazione: le sue linee generali, in buona sostanza, evidenziano la volontà di limitarsi a mandare avanti la baracca. Una cosa di per sé non malvagia, ma evidentemente insufficiente: ai tempi della consultazione elettorale non ci siamo scontrati proponendo ricette diverse e alternative per limitarci a gestire alla meno peggio il lento declino della città, come voi avete fatto, con le buche che si allargano anno dopo anno, con la sciatteria giustamente deplorata sulla stampa quando le rive delle sponde e delle passeggiate a lago franano e tutto sembra normale. Avevamo tutti prefigurato altri scenari, e voi, avevate promesso ben altro rispetto a quanto avete fatto.
Si parlava, nei programmi, di un progetto di rilancio che non solo non si è visto, ma che – di fronte a simili numeri e ancor più guardando alla realtà a cui si riferiscono – è giunto il tempo ormai di mostrare per quello che è: un completo fallimento politico. Al punto che pochi mesi or sono, mandare a casa questa giunta è sembrata per un attimo l'estrema opportunità per cercare di voltare pagina, scongiurando il peggio; purtroppo è stata responsabilità delle persone presenti in quest'aula non averla voluta cogliere....
II. Veniamo però allo specifico di questi dati, anche perché qualche aspetto curioso emerge da essi, se non addirittura dei miracoli, o qualcosa che loro assomiglia, compiuti naturalmente a parole. Infatti dalla relazione dell'assessore ci viene assicurato che siamo in grado di mantenere lo stesso livello di prestazioni senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Complimenti! Questo risultato, tanto più eclatante quanto maggiori sono i tagli delle entrate che siamo costretti a subire, è stato presentato al termine di un'alternativa logica, dicendoci che:
- o tassiamo, e possiamo mantenere i servizi;
- o non tassiamo, e dobbiamo tagliare i servizi;
a questo punto il logico, nella sua ingenuità, direbbe che tertium non datur (il famoso principio del terzo escluso);
e invece – che bello – qui i principi della logica saltano per magia, o meglio vengono bypassati grazie alle parole magiche razionalizzazione e ottimizzazione (evidentemente, oggi abracadabra non usa più). Tutte cose che si staranno anche realizzando, cose buone e giuste, ma che rischiano soprattutto di essere usate per gettare fumo negli occhi, mascherando veri e propri tagli, come sembra probabile ad esempio per gli asili nido oggetto di allarmi proprio in questi giorni.
Sono dunque veri questi miracoli? No, semplicemente la valutazione del livello del servizio erogato è di tipo qualitativo, e perciò in massima parte non è oggettivamente quantificabile: perciò l'amministratore a suo piacimento la può dichiarare soddisfacente, con un giudizio di carattere completamente soggettivo. Ma è facile d'altronde profetizzare nel prossimo futuro l'insoddisfazione crescente dell'utenza, ammesso che sia desta... ad esempio quando vedrà strade con buche sempre più grandi e frequenti, lampioni sempre più spenti, riduzione dei servizi scolastici e via andare...
Andiamo avanti: dopo il Miracolo, la Verità. Una certa verità di ordine politico, in effetti, questo bilancio la esprime quando parla dei già citati tagli, in relazione al federalismo fiscale che peraltro, allo stato dei fatti, è una vera e propria incognita. Cito: “l'introduzione del c.d. federalismo fiscale e l'attuazione del codice delle autonomie […] comporteranno modifiche radicali nel modo di operare e nella redistribuzione delle competenze. Ad oggi non è ancora stato delineato un quadro definito che consenta la valutazione delle entrate di bilancio, anche in un'ottica pluriennale. Infatti la previsione di istituzione dell'Imposta Municipale Unica prevede la sua applicazione non prima del 2014” (p. 37).
Potrebbe così sembrare che occorra tirare la cinghia per qualche tempo, e poi le cose andranno a posto in automatico, una volta arrivata la panacea universale del federalismo. Peccato che in proposito il testo di p. 31 sia, forse involontariamente, evocativo e preveggente:
“La principale motivazione [della riduzione di euro 9.720.000] è da attribuirsi alla riduzione dei trasferimenti erariali operata sul contributo ordinario, pari a circa 2.700.000, considerando che, fino all'attuazione del federalismo fiscale, non vi è la possibilità di incrementare tariffe o aliquote, fatta eccezione per la TARSU”.
Si suggerisce cioè neppur troppo sommessamente che, non appena il federalismo arriverà (dopo, dopo la prossima campagna elettorale!), si libererà la possibilità di incrementare aliquote e tariffe, e quindi aspettiamoci che, avendo già raschiato il fondo del barile, si ricorrerà inevitabilmente e ampiamente a queste strategie fiscali.
III. In attesa di questa ventura età dell'oro (pagata dai contribuenti, com'è ovvio), il bilancio si puntella essenzialmente, sul fronte delle entrate, per mezzo degli introiti degli oneri di urbanizzazione a copertura delle spese correnti, ma viene anche da chiedersi: questi tre milioni e mezzo sono un'entità credibile o un mero auspicio, che serve solo alla quadratura formale dei conti? E se anche si realizzasse questa ipotesi, cosa ben difficile visto l'iter tormentato subito da tante richieste di autorizzazione in quest'aula, quale sarà il prezzo da pagare? Questo di certo è un punto qualificante della vostra azione amministrativa, un dato di fatto che abbiamo denunciato a più riprese: ossia la cementificazione ulteriore e senza scrupoli del nostro territorio.
Avevo già citato in questo consiglio la recente pubblicazione, sulla “Provincia” del 27 gennaio, dei risultati di uno studio commissionato dall’Ordine degli Architetti e condotto da Lorenzo Bellicini, direttore tecnico del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali di mercato per l’edilizia e il territorio), da cui si desume che “nell’edilizia residenziale le percentuali di stock di abitazioni costruite da architetti e rimaste invendute ha segnato un costante incremento: 15,1% nel 2006, 17,5% nel 2007, 26,2% nel 2008, 38,1% nel 2009, fino ad arrivare alla previsione del 42% per il 2010”.
Questi dati dimostrano che tantissime di queste operazioni non hanno per nulla un carattere di necessità e non rispondono affatto ad una richiesta del mercato. Pertanto dobbiamo chiederci se debbano ancora sussistere, a fronte del prezzo altissimo richiesto in termini di consumo del territorio, e cioè con l'alterazione definitiva di una risorsa non rinnovabile.
Imbruttire la città, soffocare le prospettive con sempre nuove colate di cemento implica ricadute pesanti sotto il profilo ambientale e turistico, generando una diminuzione della qualità della vita dei residenti, oltre a maggiori costi generali e, a ben vedere, anche a minori entrate, ad esempio sotto il profilo turistico. Ci si vuol far pagare un prezzo salato in termini di qualità della vita, di imbruttimento della città, in termini difficilmente reversibili, contando sul fatto che questi costi, sempre più pesanti, non devono essere quantificati e figurare a bilancio. È più comodo non poterli o non volerli tradurre in cifre. Così essi diventano una risorsa sacrificata per sempre, o un ulteriore debito scaricato sulle spalle dei nostri figli, appena meno grave di quelle speculazioni sui derivati che hanno negli anni recenti incantato tante amministrazioni locali, sostanzialmente ben disposte a farsi imbrogliare dalla possibilità di scaricare gli oneri altrove, in una dimensione futura.
Cerchiamo pure di nascondere la polvere sotto il tappeto; ma i nodi vengono al pettine sempre più frequentemente, sotto forma di disservizi e impegni non mantenuti. Chissà se riuscirete ad incantare i cittadini fino al momento delle prossime elezioni comunali; certo è che, dal giorno successivo, tutti saranno costretti a rendersi finalmente conto di quanto dura sia la realtà che avete determinato, al di là del tentativo di salvare il salvabile, senza perdere troppo la faccia, che state compiendo in questo momento rituale.
Per ora fermo qui, a queste considerazioni di ordine fondamentale e di inquadramento, il mio intervento.
Certo che la beffa suona ancora più amara, visto che a lesinare le risorse è proprio quello stesso governo di centrodestra che ha populisticamente cancellato l'ICI sulla prima casa, per arraffare qualche voto in più, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze che oggi ci troviamo a pagare e senza mantenere verso i Comuni gli impegni a suo tempo strombazzati; e che la scarsità di trasferimenti deriva da enti che hanno lo stesso colore politico della giunta che governa la nostra città. Chi non ricorda le assicurazioni durante le campagne elettorali (ai tempi, ricordo in particolare il deputato Micciché) che occorresse ad ogni costo questa uniformità a tutti i livelli, se fossimo stati furbi, per poter ottenere il massimo in termini di fondi? Insomma: un'offerta che non si poteva rifiutare? E infatti stanno lì a dimostrare tutti questi vantaggi: il nostro nuovo ospedale (realizzato con forti oneri e magagne varie, ma certo non con contributi a fondo perduto come per altri capoluoghi di provincia vicini), la fiammante tangenziale e la scorrevolissima pedemontana che tutti percorriamo già ora... nei sogni.
Sempre nei sogni, fiumi di denaro scorrono verso Nord dal generoso governo del “ghe pensi mi”. Oddio, sembra che prendano sempre la via delle province vicine, ma questo si deve evidentemente al fatto che il popolo comasco, nei secoli obbediente, sembra premiare nelle urne questa classe dirigente “a prescindere”, come diceva Totò. E quindi, perché gli erogatori dovrebbero preoccuparsi di gente fedele al punto di non revocare loro il mandato, succeda quel che succeda? Se il voto è assicurato, governare bene non serve. Assicurare risorse, nemmeno.
A questa trascuratezza dei livelli amministrativi superiori si aggiunge poi la farina del nostro sacco comasco, che resterà nel libro nero della storia cittadina, come la soluzione esemplare del caso Ticosa, e come il modello gestionale ed ingegneristico del muro a lago, paradigmi di un uso sapiente e produttivo delle risorse e di impegni elettorali rigorosamente mantenuti.
Taccio però di questi clamorosi infortuni, salvo per il fatto che hanno avuto ricadute pesantissime sul bilancio in termini di mancati introiti, e c'è da temere che ancor più ne avranno in termini di salassi futuri. Infatti, noi parliamo tranquillamente di questi dati del presente, e ci azzardiamo a prevedere un bilancio pluriennale 2011-2013 (e come potremmo fare diversamente?), ma è come se un'ombra gravasse su questo bilancio, e ancor più su coloro che si proveranno ad amministrare la città negli anni a venire.
Il prospetto che ci è stato offerto non può che essere figlio di questa situazione: le sue linee generali, in buona sostanza, evidenziano la volontà di limitarsi a mandare avanti la baracca. Una cosa di per sé non malvagia, ma evidentemente insufficiente: ai tempi della consultazione elettorale non ci siamo scontrati proponendo ricette diverse e alternative per limitarci a gestire alla meno peggio il lento declino della città, come voi avete fatto, con le buche che si allargano anno dopo anno, con la sciatteria giustamente deplorata sulla stampa quando le rive delle sponde e delle passeggiate a lago franano e tutto sembra normale. Avevamo tutti prefigurato altri scenari, e voi, avevate promesso ben altro rispetto a quanto avete fatto.
Si parlava, nei programmi, di un progetto di rilancio che non solo non si è visto, ma che – di fronte a simili numeri e ancor più guardando alla realtà a cui si riferiscono – è giunto il tempo ormai di mostrare per quello che è: un completo fallimento politico. Al punto che pochi mesi or sono, mandare a casa questa giunta è sembrata per un attimo l'estrema opportunità per cercare di voltare pagina, scongiurando il peggio; purtroppo è stata responsabilità delle persone presenti in quest'aula non averla voluta cogliere....
II. Veniamo però allo specifico di questi dati, anche perché qualche aspetto curioso emerge da essi, se non addirittura dei miracoli, o qualcosa che loro assomiglia, compiuti naturalmente a parole. Infatti dalla relazione dell'assessore ci viene assicurato che siamo in grado di mantenere lo stesso livello di prestazioni senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Complimenti! Questo risultato, tanto più eclatante quanto maggiori sono i tagli delle entrate che siamo costretti a subire, è stato presentato al termine di un'alternativa logica, dicendoci che:
- o tassiamo, e possiamo mantenere i servizi;
- o non tassiamo, e dobbiamo tagliare i servizi;
a questo punto il logico, nella sua ingenuità, direbbe che tertium non datur (il famoso principio del terzo escluso);
e invece – che bello – qui i principi della logica saltano per magia, o meglio vengono bypassati grazie alle parole magiche razionalizzazione e ottimizzazione (evidentemente, oggi abracadabra non usa più). Tutte cose che si staranno anche realizzando, cose buone e giuste, ma che rischiano soprattutto di essere usate per gettare fumo negli occhi, mascherando veri e propri tagli, come sembra probabile ad esempio per gli asili nido oggetto di allarmi proprio in questi giorni.
Sono dunque veri questi miracoli? No, semplicemente la valutazione del livello del servizio erogato è di tipo qualitativo, e perciò in massima parte non è oggettivamente quantificabile: perciò l'amministratore a suo piacimento la può dichiarare soddisfacente, con un giudizio di carattere completamente soggettivo. Ma è facile d'altronde profetizzare nel prossimo futuro l'insoddisfazione crescente dell'utenza, ammesso che sia desta... ad esempio quando vedrà strade con buche sempre più grandi e frequenti, lampioni sempre più spenti, riduzione dei servizi scolastici e via andare...
Andiamo avanti: dopo il Miracolo, la Verità. Una certa verità di ordine politico, in effetti, questo bilancio la esprime quando parla dei già citati tagli, in relazione al federalismo fiscale che peraltro, allo stato dei fatti, è una vera e propria incognita. Cito: “l'introduzione del c.d. federalismo fiscale e l'attuazione del codice delle autonomie […] comporteranno modifiche radicali nel modo di operare e nella redistribuzione delle competenze. Ad oggi non è ancora stato delineato un quadro definito che consenta la valutazione delle entrate di bilancio, anche in un'ottica pluriennale. Infatti la previsione di istituzione dell'Imposta Municipale Unica prevede la sua applicazione non prima del 2014” (p. 37).
Potrebbe così sembrare che occorra tirare la cinghia per qualche tempo, e poi le cose andranno a posto in automatico, una volta arrivata la panacea universale del federalismo. Peccato che in proposito il testo di p. 31 sia, forse involontariamente, evocativo e preveggente:
“La principale motivazione [della riduzione di euro 9.720.000] è da attribuirsi alla riduzione dei trasferimenti erariali operata sul contributo ordinario, pari a circa 2.700.000, considerando che, fino all'attuazione del federalismo fiscale, non vi è la possibilità di incrementare tariffe o aliquote, fatta eccezione per la TARSU”.
Si suggerisce cioè neppur troppo sommessamente che, non appena il federalismo arriverà (dopo, dopo la prossima campagna elettorale!), si libererà la possibilità di incrementare aliquote e tariffe, e quindi aspettiamoci che, avendo già raschiato il fondo del barile, si ricorrerà inevitabilmente e ampiamente a queste strategie fiscali.
III. In attesa di questa ventura età dell'oro (pagata dai contribuenti, com'è ovvio), il bilancio si puntella essenzialmente, sul fronte delle entrate, per mezzo degli introiti degli oneri di urbanizzazione a copertura delle spese correnti, ma viene anche da chiedersi: questi tre milioni e mezzo sono un'entità credibile o un mero auspicio, che serve solo alla quadratura formale dei conti? E se anche si realizzasse questa ipotesi, cosa ben difficile visto l'iter tormentato subito da tante richieste di autorizzazione in quest'aula, quale sarà il prezzo da pagare? Questo di certo è un punto qualificante della vostra azione amministrativa, un dato di fatto che abbiamo denunciato a più riprese: ossia la cementificazione ulteriore e senza scrupoli del nostro territorio.
Avevo già citato in questo consiglio la recente pubblicazione, sulla “Provincia” del 27 gennaio, dei risultati di uno studio commissionato dall’Ordine degli Architetti e condotto da Lorenzo Bellicini, direttore tecnico del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali di mercato per l’edilizia e il territorio), da cui si desume che “nell’edilizia residenziale le percentuali di stock di abitazioni costruite da architetti e rimaste invendute ha segnato un costante incremento: 15,1% nel 2006, 17,5% nel 2007, 26,2% nel 2008, 38,1% nel 2009, fino ad arrivare alla previsione del 42% per il 2010”.
Questi dati dimostrano che tantissime di queste operazioni non hanno per nulla un carattere di necessità e non rispondono affatto ad una richiesta del mercato. Pertanto dobbiamo chiederci se debbano ancora sussistere, a fronte del prezzo altissimo richiesto in termini di consumo del territorio, e cioè con l'alterazione definitiva di una risorsa non rinnovabile.
Imbruttire la città, soffocare le prospettive con sempre nuove colate di cemento implica ricadute pesanti sotto il profilo ambientale e turistico, generando una diminuzione della qualità della vita dei residenti, oltre a maggiori costi generali e, a ben vedere, anche a minori entrate, ad esempio sotto il profilo turistico. Ci si vuol far pagare un prezzo salato in termini di qualità della vita, di imbruttimento della città, in termini difficilmente reversibili, contando sul fatto che questi costi, sempre più pesanti, non devono essere quantificati e figurare a bilancio. È più comodo non poterli o non volerli tradurre in cifre. Così essi diventano una risorsa sacrificata per sempre, o un ulteriore debito scaricato sulle spalle dei nostri figli, appena meno grave di quelle speculazioni sui derivati che hanno negli anni recenti incantato tante amministrazioni locali, sostanzialmente ben disposte a farsi imbrogliare dalla possibilità di scaricare gli oneri altrove, in una dimensione futura.
Cerchiamo pure di nascondere la polvere sotto il tappeto; ma i nodi vengono al pettine sempre più frequentemente, sotto forma di disservizi e impegni non mantenuti. Chissà se riuscirete ad incantare i cittadini fino al momento delle prossime elezioni comunali; certo è che, dal giorno successivo, tutti saranno costretti a rendersi finalmente conto di quanto dura sia la realtà che avete determinato, al di là del tentativo di salvare il salvabile, senza perdere troppo la faccia, che state compiendo in questo momento rituale.
Per ora fermo qui, a queste considerazioni di ordine fondamentale e di inquadramento, il mio intervento.
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