Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 28 aprile 2011

CoCoCo21 - 25 aprile e veleni

Spiace davvero che il coraggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell'esortare con costanza tutte le parti politiche ad impedire la degenerazione dei contrasti, non venga corrisposto da atteggiamenti conseguenti. A parole tutti lo apprezzano, nei fatti non pochi vanificano questi appelli tutti i giorni, non trascurando neppure quei momenti speciali che sarebbero da consacrare esclusivamente all'unità nazionale.
Citando Europa del 26 aprile, che considera il caso di Milano come epicentro della vita politica, “a spargere odio a piene mani sono stati i manifesti di Lassini, il Giornale e la Santanchè che gli hanno retto il gioco, e qualcuno, molto più in alto, che non solo non ha stigmatizzato ma che addirittura ha solidarizzato.
E prima c’erano state le scabrose performance del medesimo soggetto sulla scalinata del tribunale milanese, le piccole folle invasate dei supporter ad applaudire, la miriade di apparizioni televisive dei seguaci per offendere e colpire, i ripetuti attacchi alla Costituzione, alla Consulta e più nascostamente al capo dello stato.” Un clima obiettivamente favorevole alle esasperazioni, tant'è che qualche gruppuscolo neofascista è arrivato ad affiggere osceni manifesti alle porte del Ghetto di Roma.
Qualcuno mira evidentemente a radicalizzare lo scontro politico, certo non da una sola parte, ma con uno spirito di provocazione che è tanto più funzionale alla gestione di un potere incapace di dare soluzioni, perché i polveroni mediatici, si spera, valgono a coprire le proprie manchevolezze e, al limite, a presentarsi come vittime. Questa sorta di strategia della tensione non è in genere cruenta, ma è ugualmente pericolosa perché spinge tante persone normali a guardare con sempre maggiore sfiducia alla politica e a non desiderare di esserne protagonista.
A Como abbiamo assistito ad un esercizio di critica probabilmente eccessivo vista la sede, e comunque discutibile, ma anche al deprecabile tentativo di strumentalizzarne l'espressione: ciò che è stato democraticamente presentato viene stigmatizzato quasi fosse un'aggressione ad una parte, anziché un grido di allarme per le minacce al dettato costituzionale. È il teatrino della politica, che vuole rappresentare il fastidio per il confronto demonizzando a sua volta l'avversario anziché replicare pacatamente e con argomentazioni circostanziate. Scattano insomma degli automatismi che impediscono di trarre dalle argomentazioni diverse, senza alcun bisogno di condividerle, qualche spunto di riflessione, utile ad una verifica delle proprie convinzioni, senza paure o isterie.
Ma esattamente per la stessa ragione, fischiare La Russa o la Moratti al grido di “fascista vattene”, in una giornata come il 25 aprile, è stato altrove un preoccupante segno di insipienza che non ha altro senso se non quello di mettere i bastoni fra le ruote al cambiamento. Per non dire di quegli stolti che sui giornali farneticano di irrealizzabili alternative che non contemplano più l'uso degli strumenti democratici (certo, se non fossimo vittime di una legge elettorale abominevole, sarebbe più facile esecrare simili esternazioni).
Comunque, chi fornisce un alibi a coloro che stanno di fatto bloccando il paese, e ne fanno regredire la civiltà giuridica, ne diviene oggettivamente complice. Occorre più senso di responsabilità da parte di tutti. Occorre insomma saper pensare in termini di bene comune, anche in alternativa agli esempi che provengono dall'alto.

domenica 24 aprile 2011

Una poltrona non basta?

Ogni volta, si spera che il tasso di malcostume della politica italiana diminuisca almeno di un poco. E invece no. Anche alle prossime amministrative assisteremo al fenomeno delle candidature ad incarichi multipli, le quali, se non in linea di diritto, sono sicuramente incompatibili con il rispetto del buon senso e dell'intelligenza dell'elettorato. Come potrebbe un presidente del consiglio in carica garantire che trascorrerà, da eletto, qualche minuto almeno nel consiglio comunale al quale sfacciatamente si propone? E se lo fa nel capoluogo della nostra regione, dicendoci addirittura che si tratta di “un onore per la città e per la Lombardia intera”, i milanesi dovrebbero sentirsi presi in giro in misura maggiore o minore rispetto agli altri cittadini italiani? Il fatto che egli si sia presentato ubiquamente già innumerevoli volte, senza mai mantenere le promesse, non lo squalifica abbastanza? E gli elettori votano un candidato in base alla sua presunta capacità di lavorare per la comunità che lo sceglie, oppure in base alla simpatia, ai metri di manifesti, al numero di altre poltrone occupate, ai miti di cui si circonda?
Evidentemente, le prove elettorali sono sempre più diventate un (costoso) test sugli standard minimi di intelligenza del cittadino italiano, il quale, se non capisce un'incongruenza tanto gigantesca, è veramente pronto a bersi ogni sorta di fandonie. Forse è la condizione ideale per ogni dominatore di pecoroni, ma è altresì un preoccupante segnale di allarme per ogni democrazia sana.
Non consola che anche qualche altra parte politica presenti tipi disinvolti, come l’attuale consigliere regionale Cevenini a Bologna che, per quanto conosciuto come persona seria, figura tuttavia come capolista al Comune e non avverte il bisogno di annunciare un'opzione per l'una o l'altra poltrona. Senza rendersi conto che, in questi casi, mal comune non è certamente mezzo gaudio.

giovedì 14 aprile 2011

CoCoCo20 - Giustizia, sentenza Argent e richiesta di dimissioni della Giunta

Prendo la parola oppresso da un senso di profonda tristezza per il destino della giustizia nel nostro paese e per il discredito al quale si offre, con un crescendo esponenziale, il nostro Parlamento, libero e fedele alla Costituzione, ormai, solo a parole. IUSTITIA DELENDA EST, evidentemente. Un programma coerente, e che non mancherà di essere apprezzato da schiere di malfattori – ancorché incensurati – tutti pronti ad approfittare della nuova tempistica della prescrizione non breve, ma brevissima (essendo quella breve già stata stabilita dalla legge ex-Cirielli), mettendo sotto i piedi i diritti delle vittime, ma anche degli imputati innocenti. Che abisso di vergogna, per chi imposta le campagne elettorali sulla sicurezza e la repressione della criminalità, e si mostra poi oggettivamente il primo complice dell'impunità organizzata! Che splendido messaggio, da lanciare alle persone oneste!
Ma una pari vergogna provo per l'istituzione comunale, all'indomani della sentenza che ha dato ragione alle istanze a suo tempo presentate dal Comune contro il Piano attuativo Argent. Poche sedute fa, avete preso per il naso il Consiglio raccontando che non c'era ormai niente da fare, che la sentenza sfavorevole era certa, e che dovevamo correre ai ripari per evitare guai maggiori. E l'avete fatto in maniera convincente, con sublime faccia tosta, così così come ora andate raccontando che l'amministrazione non avrebbe fatto alcun regalo ai privati, che la transazione sottoscritta con la proprietà riguarda solo ed esclusivamente i tempi, e che nessuna volumetria in più è stata concessa. Ma chi volete prendere in giro? Niente in più, affermate: ma l'onestà imporrebbe di precisare rispetto a quando! Che senso avrebbe avuto allora la causa ora vinta dal Comune? È stata promossa da Como o da Marte?
I casi sono solo due, entrambi francamente orribili. L'ipotesi più favorevole alla Giunta è che foste veramente convinti di quanto avete insistentemente affermato. Ma questo, unito alla fretta con la quale avete respinto la nostra proposta di attendere, ispirata ad una prudenza che si è rivelata più che giusta, si è rivelato l'ennesimo segno di incapacità a gestire la cosa pubblica nell'interesse della città. Una sola conseguenza è possibile, per salvare una dignità del tutto compromessa, un rimedio tanto estremo quanto tardivo: dare seduta stante le dimissioni, riconoscere la sommatoria pesantissima dei vostri errori e sgomberare il campo. Fatelo. Lo impone non solo l'analisi politico-amministrativa, ma il buon gusto e il buon senso.
Altrimenti lasciate il campo libero ad altre ipotesi, talmente aberranti che non voglio neppure prenderle in considerazione. La città vi sta giudicando. Neppure adesso vorrete mostrare un sussulto di dignità?

lunedì 11 aprile 2011

CoCoCo19 - Intervento sul Bilancio 2011

I. Questo bilancio mostra un dato evidente all'occhio anche dei più sprovveduti: vi è un manifesto, anche se comprensibile, affanno a motivo dei tagli che si abbattono sui trasferimenti, e verrebbe quasi da impietosirsi, da provare un poco di comprensione, per chi si trova ad operare in anni di vacche magre, visto che i sacrifici sono prevalentemente imposti dall'alto. Soccorre però il ricordo che i bovini di cui parlavamo or ora non sono sempre stati così striminziti, e in anni ancora recenti il risparmio e l'oculatezza amministrativa non sembravano certo essere una priorità di questa amministrazione: basti pensare al florilegio di consulenze esterne o, per essere più frivoli, ai cambiamenti alla moda dell'arredo d'ufficio di taluni amministratori, e alle innumerevoli salve di fuochi d'artificio autocelebrativi, spesso per solennizzare successi solo immaginari.
Certo che la beffa suona ancora più amara, visto che a lesinare le risorse è proprio quello stesso governo di centrodestra che ha populisticamente cancellato l'ICI sulla prima casa, per arraffare qualche voto in più, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze che oggi ci troviamo a pagare e senza mantenere verso i Comuni gli impegni a suo tempo strombazzati; e che la scarsità di trasferimenti deriva da enti che hanno lo stesso colore politico della giunta che governa la nostra città. Chi non ricorda le assicurazioni durante le campagne elettorali (ai tempi, ricordo in particolare il deputato Micciché) che occorresse ad ogni costo questa uniformità a tutti i livelli, se fossimo stati furbi, per poter ottenere il massimo in termini di fondi? Insomma: un'offerta che non si poteva rifiutare? E infatti stanno lì a dimostrare tutti questi vantaggi: il nostro nuovo ospedale (realizzato con forti oneri e magagne varie, ma certo non con contributi a fondo perduto come per altri capoluoghi di provincia vicini), la fiammante tangenziale e la scorrevolissima pedemontana che tutti percorriamo già ora... nei sogni.
Sempre nei sogni, fiumi di denaro scorrono verso Nord dal generoso governo del “ghe pensi mi”. Oddio, sembra che prendano sempre la via delle province vicine, ma questo si deve evidentemente al fatto che il popolo comasco, nei secoli obbediente, sembra premiare nelle urne questa classe dirigente “a prescindere”, come diceva Totò. E quindi, perché gli erogatori dovrebbero preoccuparsi di gente fedele al punto di non revocare loro il mandato, succeda quel che succeda? Se il voto è assicurato, governare bene non serve. Assicurare risorse, nemmeno.
A questa trascuratezza dei livelli amministrativi superiori si aggiunge poi la farina del nostro sacco comasco, che resterà nel libro nero della storia cittadina, come la soluzione esemplare del caso Ticosa, e come il modello gestionale ed ingegneristico del muro a lago, paradigmi di un uso sapiente e produttivo delle risorse e di impegni elettorali rigorosamente mantenuti.
Taccio però di questi clamorosi infortuni, salvo per il fatto che hanno avuto ricadute pesantissime sul bilancio in termini di mancati introiti, e c'è da temere che ancor più ne avranno in termini di salassi futuri. Infatti, noi parliamo tranquillamente di questi dati del presente, e ci azzardiamo a prevedere un bilancio pluriennale 2011-2013 (e come potremmo fare diversamente?), ma è come se un'ombra gravasse su questo bilancio, e ancor più su coloro che si proveranno ad amministrare la città negli anni a venire.
Il prospetto che ci è stato offerto non può che essere figlio di questa situazione: le sue linee generali, in buona sostanza, evidenziano la volontà di limitarsi a mandare avanti la baracca. Una cosa di per sé non malvagia, ma evidentemente insufficiente: ai tempi della consultazione elettorale non ci siamo scontrati proponendo ricette diverse e alternative per limitarci a gestire alla meno peggio il lento declino della città, come voi avete fatto, con le buche che si allargano anno dopo anno, con la sciatteria giustamente deplorata sulla stampa quando le rive delle sponde e delle passeggiate a lago franano e tutto sembra normale. Avevamo tutti prefigurato altri scenari, e voi, avevate promesso ben altro rispetto a quanto avete fatto.
Si parlava, nei programmi, di un progetto di rilancio che non solo non si è visto, ma che – di fronte a simili numeri e ancor più guardando alla realtà a cui si riferiscono – è giunto il tempo ormai di mostrare per quello che è: un completo fallimento politico. Al punto che pochi mesi or sono, mandare a casa questa giunta è sembrata per un attimo l'estrema opportunità per cercare di voltare pagina, scongiurando il peggio; purtroppo è stata responsabilità delle persone presenti in quest'aula non averla voluta cogliere....

II. Veniamo però allo specifico di questi dati, anche perché qualche aspetto curioso emerge da essi, se non addirittura dei miracoli, o qualcosa che loro assomiglia, compiuti naturalmente a parole. Infatti dalla relazione dell'assessore ci viene assicurato che siamo in grado di mantenere lo stesso livello di prestazioni senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini. Complimenti! Questo risultato, tanto più eclatante quanto maggiori sono i tagli delle entrate che siamo costretti a subire, è stato presentato al termine di un'alternativa logica, dicendoci che:
- o tassiamo, e possiamo mantenere i servizi;
- o non tassiamo, e dobbiamo tagliare i servizi;
a questo punto il logico, nella sua ingenuità, direbbe che tertium non datur (il famoso principio del terzo escluso);
e invece – che bello – qui i principi della logica saltano per magia, o meglio vengono bypassati grazie alle parole magiche razionalizzazione e ottimizzazione (evidentemente, oggi abracadabra non usa più). Tutte cose che si staranno anche realizzando, cose buone e giuste, ma che rischiano soprattutto di essere usate per gettare fumo negli occhi, mascherando veri e propri tagli, come sembra probabile ad esempio per gli asili nido oggetto di allarmi proprio in questi giorni.
Sono dunque veri questi miracoli? No, semplicemente la valutazione del livello del servizio erogato è di tipo qualitativo, e perciò in massima parte non è oggettivamente quantificabile: perciò l'amministratore a suo piacimento la può dichiarare soddisfacente, con un giudizio di carattere completamente soggettivo. Ma è facile d'altronde profetizzare nel prossimo futuro l'insoddisfazione crescente dell'utenza, ammesso che sia desta... ad esempio quando vedrà strade con buche sempre più grandi e frequenti, lampioni sempre più spenti, riduzione dei servizi scolastici e via andare...
Andiamo avanti: dopo il Miracolo, la Verità. Una certa verità di ordine politico, in effetti, questo bilancio la esprime quando parla dei già citati tagli, in relazione al federalismo fiscale che peraltro, allo stato dei fatti, è una vera e propria incognita. Cito: “l'introduzione del c.d. federalismo fiscale e l'attuazione del codice delle autonomie […] comporteranno modifiche radicali nel modo di operare e nella redistribuzione delle competenze. Ad oggi non è ancora stato delineato un quadro definito che consenta la valutazione delle entrate di bilancio, anche in un'ottica pluriennale. Infatti la previsione di istituzione dell'Imposta Municipale Unica prevede la sua applicazione non prima del 2014” (p. 37).
Potrebbe così sembrare che occorra tirare la cinghia per qualche tempo, e poi le cose andranno a posto in automatico, una volta arrivata la panacea universale del federalismo. Peccato che in proposito il testo di p. 31 sia, forse involontariamente, evocativo e preveggente:
“La principale motivazione [della riduzione di euro 9.720.000] è da attribuirsi alla riduzione dei trasferimenti erariali operata sul contributo ordinario, pari a circa 2.700.000, considerando che, fino all'attuazione del federalismo fiscale, non vi è la possibilità di incrementare tariffe o aliquote, fatta eccezione per la TARSU”.
Si suggerisce cioè neppur troppo sommessamente che, non appena il federalismo arriverà (dopo, dopo la prossima campagna elettorale!), si libererà la possibilità di incrementare aliquote e tariffe, e quindi aspettiamoci che, avendo già raschiato il fondo del barile, si ricorrerà inevitabilmente e ampiamente a queste strategie fiscali.

III. In attesa di questa ventura età dell'oro (pagata dai contribuenti, com'è ovvio), il bilancio si puntella essenzialmente, sul fronte delle entrate, per mezzo degli introiti degli oneri di urbanizzazione a copertura delle spese correnti, ma viene anche da chiedersi: questi tre milioni e mezzo sono un'entità credibile o un mero auspicio, che serve solo alla quadratura formale dei conti? E se anche si realizzasse questa ipotesi, cosa ben difficile visto l'iter tormentato subito da tante richieste di autorizzazione in quest'aula, quale sarà il prezzo da pagare? Questo di certo è un punto qualificante della vostra azione amministrativa, un dato di fatto che abbiamo denunciato a più riprese: ossia la cementificazione ulteriore e senza scrupoli del nostro territorio.
Avevo già citato in questo consiglio la recente pubblicazione, sulla “Provincia” del 27 gennaio, dei risultati di uno studio commissionato dall’Ordine degli Architetti e condotto da Lorenzo Bellicini, direttore tecnico del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali di mercato per l’edilizia e il territorio), da cui si desume che “nell’edilizia residenziale le percentuali di stock di abitazioni costruite da architetti e rimaste invendute ha segnato un costante incremento: 15,1% nel 2006, 17,5% nel 2007, 26,2% nel 2008, 38,1% nel 2009, fino ad arrivare alla previsione del 42% per il 2010”.
Questi dati dimostrano che tantissime di queste operazioni non hanno per nulla un carattere di necessità e non rispondono affatto ad una richiesta del mercato. Pertanto dobbiamo chiederci se debbano ancora sussistere, a fronte del prezzo altissimo richiesto in termini di consumo del territorio, e cioè con l'alterazione definitiva di una risorsa non rinnovabile.
Imbruttire la città, soffocare le prospettive con sempre nuove colate di cemento implica ricadute pesanti sotto il profilo ambientale e turistico, generando una diminuzione della qualità della vita dei residenti, oltre a maggiori costi generali e, a ben vedere, anche a minori entrate, ad esempio sotto il profilo turistico. Ci si vuol far pagare un prezzo salato in termini di qualità della vita, di imbruttimento della città, in termini difficilmente reversibili, contando sul fatto che questi costi, sempre più pesanti, non devono essere quantificati e figurare a bilancio. È più comodo non poterli o non volerli tradurre in cifre. Così essi diventano una risorsa sacrificata per sempre, o un ulteriore debito scaricato sulle spalle dei nostri figli, appena meno grave di quelle speculazioni sui derivati che hanno negli anni recenti incantato tante amministrazioni locali, sostanzialmente ben disposte a farsi imbrogliare dalla possibilità di scaricare gli oneri altrove, in una dimensione futura.
Cerchiamo pure di nascondere la polvere sotto il tappeto; ma i nodi vengono al pettine sempre più frequentemente, sotto forma di disservizi e impegni non mantenuti. Chissà se riuscirete ad incantare i cittadini fino al momento delle prossime elezioni comunali; certo è che, dal giorno successivo, tutti saranno costretti a rendersi finalmente conto di quanto dura sia la realtà che avete determinato, al di là del tentativo di salvare il salvabile, senza perdere troppo la faccia, che state compiendo in questo momento rituale.
Per ora fermo qui, a queste considerazioni di ordine fondamentale e di inquadramento, il mio intervento.

CoCoCo18 - Inseguire paure ed egoismi

I. Ieri il Canton Ticino è andato alle urne per rinnovare il parlamento e l'esecutivo locali. Un fatto che non ci riguarderebbe direttamente, se non fosse che in questa occasione la Lega dei Ticinesi si è rivolta agli elettori con slogan del tipo: "Via gli italiani dalla Svizzera" e peggio. È un attacco diretto ai nostri lavoratori frontalieri, tra cui migliaia di comaschi, che sono accusati di rubare il lavoro ai locali e di costare decine di milioni l'anno in rimborsi di tasse diretti a Roma, i cosiddetti "ristorni" che i tre cantoni di confine restituiscono all'Italia perché questa giri la somma a Comuni, Province e Comunità montane di frontiera. Ora, contro la quota dei ristorni fissata nell'accordo del 1974 (38,8%), si sono scagliati sia il leghista ticinese Gobbi, premiato con l'elezione, sia i sedicenti moderati del Partito popolare democratico, che a imitare cotanto modello sembra invece ci abbiano rimesso.
Ad alimentare l'astio contro i nostri concittadini si sono mossi anche gli estremisti dell'Unione di Centro, nome in apparenza pacifico che copre invece un integralismo razzista, manifestato nella celebre campagna pubblicitaria che ha raffigurato gli Italiani come ratti. Uno dei loro leader, che non merita neppure di essere nominato, ha commentato uno studio dell'Istituto ricerche economiche (Ire) dell'Università svizzera, che dimostra come gli italiani, necessari allo sviluppo economico, non rubino affatto il lavoro ai ticinesi, con queste parole geniali: "Mi piacerebbe sapere quanti frontalieri lavorano all'Ire. Magari sono gli stessi che hanno fatto la statistica".
Come si vede, lo sguaiato messaggio "föra di ball" risuona indifferentemente di qua e di là dei confini, solo che stavolta il bersaglio si trova ad essere qualche lavoratore residente a Como, o magari a Gemonio. Giustamente qualcuno, parlando di Europa, ha recentemente deplorato il rischio di condannarsi così “a inseguire le proprie paure e i propri egoismi”. Non si poteva dire meglio. Intendo perciò stigmatizzare questa squallida situazione ed esortare tutti quanti hanno incarichi politici a non incoraggiare mai simili atteggiamenti aberranti nella nostra comunità , anzi a combatterli con senso di responsabilità, anche se si temesse, rinunciando a qualche “sparata”, di non incamerare i voti frutto delle paure suscitate ad arte. Ripeto: se si possiede senso di responsabilità.

II. Segnalo che la scorsa settimana l’artista e architetto cinese Ai Weiwei, noto fra l'altro per aver partecipato all’ideazione del Nido d’ Uccello (lo Stadio Nazionale di Pechino), è stato arrestato all’aeroporto internazionale di Pechino mentre stava per imbarcarsi su un volo verso Hong Kong. L’agenzia di stato cinese ha dapprima rifiutato di fornire informazioni sulle ragioni del fermo, diffondendo quindi voci su sue presunte violazioni delle leggi economiche.
La realtà è stata che nell'ultimo mese parecchi critici del regime – almeno una trentina – sono stati arrestati, messi agli arresti domiciliari o allontanati dal loro ambiente di lavoro e di impegno. Secondo le organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo Pechino teme il contagio della cosiddetta “protesta dei Gelsomini” che ha infiammato il nord Africa e il medio Oriente.
In relazione a questa grave situazione, inaccettabile alla coscienza di ogni cittadino democratico, mi permetto quindi di chiedere alla Presidenza e alla Conferenza dei Capigruppo di voler calendarizzare alla prima occasione possibile la mozione, da me depositata insieme ad altri consiglieri il 26 novembre 2010, per il conferimento della cittadinanza onoraria al premio Nobel per la pace, lo scrittore dissidente Liu Xiaobo. Di fronte all'inasprimento di queste violazioni dei fondamentali diritti umani, sono certo che tutto il Consiglio comprenderà l'importanza di un'azione tempestiva in proposito, per quanto limitata alla nostra dimensione locale.

domenica 10 aprile 2011

La gara per respingere i profughi

Anche in Consiglio Comunale a Como si sono affacciate voci allarmate per respingere ogni ipotesi di accoglienza dei profughi nella nostra città. Non nei termini, comprensibili, del dubbio sull’agibilità di determinate strutture, bensì della minaccia di una sollevazione popolare tra gli abitanti dei quartieri interessati, di cui ci si propone come campioni. È iniziata la campagna elettorale, si penserà. E aggiungerei: nel peggiore dei modi. Ho provato una pena profonda nell’ascoltare lo spirito battagliero, degno di migliore causa, di chi neppure prova a sentire ragioni e si preoccupa solo di apparire il primo ad intestarsi un rifiuto preconcetto nei confronti di quei disgraziati, il cui destino tragico è sotto gli occhi di tutti.
Dichiarazioni, tanto nel piccolo di Como quanto nelle alte sfere ministeriali, che evidenziano un chiaro scopo: quello di compiacere gli istinti peggiori delle folle, di prospettare soluzioni semplicistiche e grossolane a problemi complessi, nel nome del rifiuto dell’umanità comune, dell’esaltazione degli egoismi, della negazione delle responsabilità. Prospettando il sogno irrealistico, ma suggestivo per le menti timorose, di potersi eternamente arroccare a difesa dei propri privilegi, escludendo i più deboli e presentandoli come una massa di criminali pronti a invaderci.
Le frasi che ci è toccato udire (föra di ball!) non sono estemporanee, ma vengono studiate con la cura di provocare il massimo danno possibile alla coscienza civile, la cui erosione da molto tempo non è più sotterranea, nascosta, ma è impunemente affiorata alla superficie, senza che neppure se ne provi vergogna, ma anzi rivendicando orgogliosamente un proprio diritto a dire frasi malvagie; fesserie, sì, ma che avvelenano giorno dopo giorno la coscienza dei cittadini. Tanto il capo “può permettersi di dire quello che vuole perché è il capo. Il capo è il capo e non si discute” (P. Stiffoni, senatore della Lega).
È un’opera di lungo termine, non è iniziata da ora, e da tempo ne vediamo i frutti perversi. Una volta scoperto che l’esaltazione del male ha un tornaconto elettorale, nessuno li trattiene più, ogni sparata è buona: non esitano a definire, con compiaciuto disprezzo, l’attaccamento ai valori più alti della civiltà occidentale “buonismo”. Sono arrivati ad esaltare la “cattiveria” come rozzo stile di gestione dei problemi e delle emergenze, e in effetti non è possibile fare altrimenti.
Come insegna S. Agostino, se non ci sforziamo di praticare la bontà, opera di per sé non semplice, impegnativa, che comporta sacrifici, non è che rimaniamo fermi dove siamo. Semplicemente scivoliamo indietro, regrediamo ad uno stato inferiore alla nostra dignità di esseri razionali. Ci adattiamo al male, lo facciamo divenire la nostra condizione abituale, diventiamo incapaci di riconoscere i nostri doveri di solidarietà umana e cristiana. Ha un bel dire la Cei che “serve una nuova stagione di inclusione sociale”, quando chi sta al potere naviga nella direzione diametralmente opposta. Peccato che, insieme, anche tutto il Paese scivoli inevitabilmente nel declino, avendo smarrito le proprie energie spirituali prima ancora che la competitività economica.
Poi, ipocritamente siamo anche capaci di sparare balle sull’opportunità di aiutare i profughi “a casa loro”. Ci rendiamo conto? Un governo che ha sistematicamente decurtato proprio le risorse per le organizzazioni non governative, riducendole al lumicino, dovrebbe avere la minima credibilità per realizzare un’operazione tanto complessa e impegnativa? Un esecutivo che scientemente evita di impiegare le risorse europee per il controllo delle migrazioni (come l’agenzia Frontex), per poter mantener alta l’emergenza senza dover sottostare ad obblighi comuni? La realtà è che si è unicamente preoccupati di spostare i problemi fuori dalla vista, utilizzandoli per speculazioni politiche e testimoniando dell’incapacità di risolvere pure quelli di casa propria nel segno del bene comune.
Questo veleno ha raggiunto pure Como, penetrando in profondità nel cuore di quanti si affannano a negare che esistano strutture per l’accoglienza dei profughi sul nostro territorio. Fatto grave, perché esprime, all’indomani delle celebrazioni dell’Unità, la negazione di una solidarietà rivolta in primis ai nostri concittadini italiani che sono in questo momento alle prese con l’emergenza sulla loro isola. A Como non ci sono posti? Sarebbe dovere di un’amministrazione capace di affrontare i problemi il predisporli: stiamo parlando di qualche decina di persone, non di una fiumana incontrollabile. Ma è evidente che gli egoismi, la logica del tornaconto, il conformarsi alla pancia dell’elettorato (concepito forse come peggiore di quello che è) portano in fondo proprio a questo: l’incapacità della gestione lungimirante e, alla fine, anche la perdita del controllo della gestione ordinaria.