Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 28 aprile 2011

CoCoCo21 - 25 aprile e veleni

Spiace davvero che il coraggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell'esortare con costanza tutte le parti politiche ad impedire la degenerazione dei contrasti, non venga corrisposto da atteggiamenti conseguenti. A parole tutti lo apprezzano, nei fatti non pochi vanificano questi appelli tutti i giorni, non trascurando neppure quei momenti speciali che sarebbero da consacrare esclusivamente all'unità nazionale.
Citando Europa del 26 aprile, che considera il caso di Milano come epicentro della vita politica, “a spargere odio a piene mani sono stati i manifesti di Lassini, il Giornale e la Santanchè che gli hanno retto il gioco, e qualcuno, molto più in alto, che non solo non ha stigmatizzato ma che addirittura ha solidarizzato.
E prima c’erano state le scabrose performance del medesimo soggetto sulla scalinata del tribunale milanese, le piccole folle invasate dei supporter ad applaudire, la miriade di apparizioni televisive dei seguaci per offendere e colpire, i ripetuti attacchi alla Costituzione, alla Consulta e più nascostamente al capo dello stato.” Un clima obiettivamente favorevole alle esasperazioni, tant'è che qualche gruppuscolo neofascista è arrivato ad affiggere osceni manifesti alle porte del Ghetto di Roma.
Qualcuno mira evidentemente a radicalizzare lo scontro politico, certo non da una sola parte, ma con uno spirito di provocazione che è tanto più funzionale alla gestione di un potere incapace di dare soluzioni, perché i polveroni mediatici, si spera, valgono a coprire le proprie manchevolezze e, al limite, a presentarsi come vittime. Questa sorta di strategia della tensione non è in genere cruenta, ma è ugualmente pericolosa perché spinge tante persone normali a guardare con sempre maggiore sfiducia alla politica e a non desiderare di esserne protagonista.
A Como abbiamo assistito ad un esercizio di critica probabilmente eccessivo vista la sede, e comunque discutibile, ma anche al deprecabile tentativo di strumentalizzarne l'espressione: ciò che è stato democraticamente presentato viene stigmatizzato quasi fosse un'aggressione ad una parte, anziché un grido di allarme per le minacce al dettato costituzionale. È il teatrino della politica, che vuole rappresentare il fastidio per il confronto demonizzando a sua volta l'avversario anziché replicare pacatamente e con argomentazioni circostanziate. Scattano insomma degli automatismi che impediscono di trarre dalle argomentazioni diverse, senza alcun bisogno di condividerle, qualche spunto di riflessione, utile ad una verifica delle proprie convinzioni, senza paure o isterie.
Ma esattamente per la stessa ragione, fischiare La Russa o la Moratti al grido di “fascista vattene”, in una giornata come il 25 aprile, è stato altrove un preoccupante segno di insipienza che non ha altro senso se non quello di mettere i bastoni fra le ruote al cambiamento. Per non dire di quegli stolti che sui giornali farneticano di irrealizzabili alternative che non contemplano più l'uso degli strumenti democratici (certo, se non fossimo vittime di una legge elettorale abominevole, sarebbe più facile esecrare simili esternazioni).
Comunque, chi fornisce un alibi a coloro che stanno di fatto bloccando il paese, e ne fanno regredire la civiltà giuridica, ne diviene oggettivamente complice. Occorre più senso di responsabilità da parte di tutti. Occorre insomma saper pensare in termini di bene comune, anche in alternativa agli esempi che provengono dall'alto.