Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
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martedì 1 ottobre 2013

Senza decoro, più o meno come sempre

Di fronte al cumulo impressionante di menzogne che il più noto pregiudicato e nemico della giustizia sta scaricando in questo giorno sugli Italiani, cercando di affossare le speranze che si torni ad affrontare i problemi veri del paese (di cui peraltro non gli è mai importato nulla, alla faccia di tutti i creduloni), viene solo da pensare che Al Capone ha saputo uscire di scena con molto più stile.

giovedì 26 settembre 2013

Quanta (vergognosa) pochezza!

COLPO DI STATO? A volte il servilismo dà alla testa...
Schifani e Brunetta: "La definizione di 'colpo di Stato' non è inquietante ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile". Tutto perché un politico corrotto è stato giudicato colpevole dopo tre gradi di giudizio (e innumerevoli prescrizioni in processi bloccati con leggi ad personam).
Le dichiarazioni di queste ore sono una perfetta autovalutazione del livello umano, morale e politico di parte non esigua, purtroppo, della nostra classe dirigente. Una completa mancanza di dignità che ci espone una volta di più al disprezzo dei paesi civili, ove lo stato di diritto è considerato cosa sacra, non "cosa nostra".
Questa o è la solita farsa, o è grossolana, colpevole, eversiva (questa sì) ignoranza istituzionale, che si dovrebbe aver vergogna a mostrare, e che invece si ostenta con l'arroganza di un gregge impazzito.

giovedì 5 settembre 2013

Ricattatori "in nome del popolo" e della "democrazia"?

Ma tutti gli Italiani, e gli elettori, saranno davvero senza vergogna come coloro che passano settimane e settimane a ribadire che un condannato in terzo grado non deve decadere dal parlamento perché "votato da 10 milioni di Italiani", e a ricattare un paese in estrema difficoltà con la minaccia di far saltare il governo?
Beh, sì, lo dico chiaro: in effetti, quando ho votato B., intendevo chiedere esattamente che venisse legalizzata la corruzione, favoriti l'evasione fiscale ed il falso in bilancio, e magari raccomandati il lenocinio, la prostituzione ed il prossenetismo.
Sono il popolo sovrano, non potete toccare i miei beniamini, non è democratico.
E non raccontatemi che le leggi vanno applicate per tutti, che viviamo in uno stato di diritto, perché non capisco il concetto.

mercoledì 14 agosto 2013

Professionisti dell'oltraggio alla certezza della pena

A proposito delle inverenconde richieste che i più accreditati azzeccagarbugli stanno formulando per annullare gli effetti di una sentenza giunta al terzo grado di giudizio: perché non osano estendere i portenti della loro scienza giuridica (quella che va sempre in senso opposto alla certezza del diritto) vincendo il ritegno e andando oltre?
Grazie a loro, i notiziari potrebbero, un giorno non lontano, diffondere annunci del seguente tenore.
Pare che per gli Italiani (solo per loro, forse neppure per tutti) sia stato finalmente attuato il procedimento per sfuggire alla morte, quando verrà il momento.
Si articola in due opzioni: 1) si chiede ed ottiene "la grazia", meglio se con strepito di tifosi; 2) si presenta ricorso al TAR, di cui è garantita l'azione paralizzante.
Per il momento non è chiaro se si ottenga effettivamente l'immortalità, oppure soltanto un rinvio sufficientemente lungo da ottenere l'"agibilità" a continuare una meschina esistenza.

sabato 3 agosto 2013

Minacce contro la giustizia

«O la politica è capace di trovare delle soluzioni capaci di ripristinare un normale equilibrio fra i poteri dello Stato - ha detto oggi Sandro Bondi dopo la condanna definitiva del suo capo Berlusconi - [...] oppure l'Italia rischia davvero una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili per tutti».
Davvero molto comodo minacciare in questo modo, specie dopo che per anni si è cercato in tutti i modi di alterare il "normale equilibrio" con caterve di leggi ad personam, peraltro incidentalmente utili anche a bancarottieri e mafiosi vari.
Italia mia, benché 'l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo sí spesse veggio, "le soluzioni" sono ben chiare agli occhi degli onesti. Corrispondono al semplice rispetto della legge, con la conseguente assunzione di responsabilità da parte dei condannati.
Oltre ad una seria riflessione politica su cosa siamo diventati.
Ma come rinunciare alla menzogna sistematica, all'uso della politica come mezzo di saccheggio del paese, e anche ad abbondanti dosi di cialtroneria e servilismo?
Questo nel nostro paese si è dimostrato impossibile, quindi avanti così: grida guerresche e minacce di scontri civili da parte di chi rivela quanto sia in realtà provvisto di senso civico e di rispetto per la giustizia.

martedì 8 novembre 2011

Colpi di stato

In questi giorni convulsi, in cui se ne sentono davvero di tutti i colori, prende la parola anche un alto esponente del governo per dichiarare che l'ipotesi di una maggioranza allargata o di un governo tecnico equivale “a un colpo di stato”. Parere rispettabilissimo, ma da quale pulpito viene questa predica? Non c'è stata forse, in questo sciagurato ventennio, una forza politica che ha di volta in volta minacciato la secessione attentando all'unità del Paese, evocato torme di Bergamaschi armati pronti a colpire lo stato, esibito metaforici proiettili pronti per certi magistrati, affermato che con il tricolore ci si pulisce non diremo cosa, e cento altre volgarità come proprio peculiare armamentario dialettico? Politici, peraltro, tanto ribelli da sottomettersi sempre agli interessi particolari di chi ha governato senza mantenere alcuna delle roboanti promesse elettorali, e però ha impinguato enormemente i propri patrimoni e le proprie posizioni dominanti, alla faccia dei ceti medi e popolari?
E non dobbiamo proprio a questo esimio politico la più immonda legge elettorale della storia repubblicana, che promuove in parlamento i servi più fedeli dei capi di partito? Ora si arriva persino a negare la crisi, con la più classica faccia di tolla, perché la gente va ancora al ristorante e in vacanza. Ma come pensare di uscirne, con personaggi di tale qualità, incapaci di realizzare le necessarie riforme, impopolari e troppo impegnative per la loro limitata visione, gente che sinora ha solo cercato di restare a galla considerando i cittadini dei creduli babbei?

giovedì 12 maggio 2011

Volgarità

Saranno anche intemperanze da campagna elettorale, ma un giorno si sente un leader (mi scuso per il vocabolo non padano) bofonchiare un insulto irriferibile nei confronti di un altro con il quale era al governo fino a poco fa, il giorno dopo un tizio da un palco che, mentre ingiuria altri organi dello Stato, accusa addirittura gli avversari politici... di non lavarsi! E sorride, come se dicesse qualcosa di sensato, che riguarda la conduzione del Paese.
Che cosa è diventata la politica? Nelle mani di chi l'abbiamo messa? E della pulizia interiore, questi signori si sono mai preoccupati?

giovedì 28 aprile 2011

CoCoCo21 - 25 aprile e veleni

Spiace davvero che il coraggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell'esortare con costanza tutte le parti politiche ad impedire la degenerazione dei contrasti, non venga corrisposto da atteggiamenti conseguenti. A parole tutti lo apprezzano, nei fatti non pochi vanificano questi appelli tutti i giorni, non trascurando neppure quei momenti speciali che sarebbero da consacrare esclusivamente all'unità nazionale.
Citando Europa del 26 aprile, che considera il caso di Milano come epicentro della vita politica, “a spargere odio a piene mani sono stati i manifesti di Lassini, il Giornale e la Santanchè che gli hanno retto il gioco, e qualcuno, molto più in alto, che non solo non ha stigmatizzato ma che addirittura ha solidarizzato.
E prima c’erano state le scabrose performance del medesimo soggetto sulla scalinata del tribunale milanese, le piccole folle invasate dei supporter ad applaudire, la miriade di apparizioni televisive dei seguaci per offendere e colpire, i ripetuti attacchi alla Costituzione, alla Consulta e più nascostamente al capo dello stato.” Un clima obiettivamente favorevole alle esasperazioni, tant'è che qualche gruppuscolo neofascista è arrivato ad affiggere osceni manifesti alle porte del Ghetto di Roma.
Qualcuno mira evidentemente a radicalizzare lo scontro politico, certo non da una sola parte, ma con uno spirito di provocazione che è tanto più funzionale alla gestione di un potere incapace di dare soluzioni, perché i polveroni mediatici, si spera, valgono a coprire le proprie manchevolezze e, al limite, a presentarsi come vittime. Questa sorta di strategia della tensione non è in genere cruenta, ma è ugualmente pericolosa perché spinge tante persone normali a guardare con sempre maggiore sfiducia alla politica e a non desiderare di esserne protagonista.
A Como abbiamo assistito ad un esercizio di critica probabilmente eccessivo vista la sede, e comunque discutibile, ma anche al deprecabile tentativo di strumentalizzarne l'espressione: ciò che è stato democraticamente presentato viene stigmatizzato quasi fosse un'aggressione ad una parte, anziché un grido di allarme per le minacce al dettato costituzionale. È il teatrino della politica, che vuole rappresentare il fastidio per il confronto demonizzando a sua volta l'avversario anziché replicare pacatamente e con argomentazioni circostanziate. Scattano insomma degli automatismi che impediscono di trarre dalle argomentazioni diverse, senza alcun bisogno di condividerle, qualche spunto di riflessione, utile ad una verifica delle proprie convinzioni, senza paure o isterie.
Ma esattamente per la stessa ragione, fischiare La Russa o la Moratti al grido di “fascista vattene”, in una giornata come il 25 aprile, è stato altrove un preoccupante segno di insipienza che non ha altro senso se non quello di mettere i bastoni fra le ruote al cambiamento. Per non dire di quegli stolti che sui giornali farneticano di irrealizzabili alternative che non contemplano più l'uso degli strumenti democratici (certo, se non fossimo vittime di una legge elettorale abominevole, sarebbe più facile esecrare simili esternazioni).
Comunque, chi fornisce un alibi a coloro che stanno di fatto bloccando il paese, e ne fanno regredire la civiltà giuridica, ne diviene oggettivamente complice. Occorre più senso di responsabilità da parte di tutti. Occorre insomma saper pensare in termini di bene comune, anche in alternativa agli esempi che provengono dall'alto.

domenica 24 aprile 2011

Una poltrona non basta?

Ogni volta, si spera che il tasso di malcostume della politica italiana diminuisca almeno di un poco. E invece no. Anche alle prossime amministrative assisteremo al fenomeno delle candidature ad incarichi multipli, le quali, se non in linea di diritto, sono sicuramente incompatibili con il rispetto del buon senso e dell'intelligenza dell'elettorato. Come potrebbe un presidente del consiglio in carica garantire che trascorrerà, da eletto, qualche minuto almeno nel consiglio comunale al quale sfacciatamente si propone? E se lo fa nel capoluogo della nostra regione, dicendoci addirittura che si tratta di “un onore per la città e per la Lombardia intera”, i milanesi dovrebbero sentirsi presi in giro in misura maggiore o minore rispetto agli altri cittadini italiani? Il fatto che egli si sia presentato ubiquamente già innumerevoli volte, senza mai mantenere le promesse, non lo squalifica abbastanza? E gli elettori votano un candidato in base alla sua presunta capacità di lavorare per la comunità che lo sceglie, oppure in base alla simpatia, ai metri di manifesti, al numero di altre poltrone occupate, ai miti di cui si circonda?
Evidentemente, le prove elettorali sono sempre più diventate un (costoso) test sugli standard minimi di intelligenza del cittadino italiano, il quale, se non capisce un'incongruenza tanto gigantesca, è veramente pronto a bersi ogni sorta di fandonie. Forse è la condizione ideale per ogni dominatore di pecoroni, ma è altresì un preoccupante segnale di allarme per ogni democrazia sana.
Non consola che anche qualche altra parte politica presenti tipi disinvolti, come l’attuale consigliere regionale Cevenini a Bologna che, per quanto conosciuto come persona seria, figura tuttavia come capolista al Comune e non avverte il bisogno di annunciare un'opzione per l'una o l'altra poltrona. Senza rendersi conto che, in questi casi, mal comune non è certamente mezzo gaudio.

giovedì 3 marzo 2011

Inculcare la "verità"

Non è un problema, per il Presidente del Consiglio, distogliere l'attenzione dal reale operato del suo governo: basta lanciare affermazioni provocatorie, sostenendo il giorno dopo che sono state male interpretate, come quelle recentissime sulla scuola pubblica. Sentiamo perciò una delle più alte cariche dello stato cercare l'applauso col messaggio che «educare i figli liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell'ambito della loro famiglia». Testuale.
Forse ha ragione il ministro Gelmini a correre ai ripari sostenendo che è erronea l'antitesi tra scuola statale e scuola paritaria, essendo entrambe aperte al pubblico: ma non concorre proprio ad accentuare simili contrapposizioni chi, mentre finanzia l'istruzione non statale, purtroppo promuovendo anche istituti di dubbia reputazione, sottrae costantemente risorse a quella statale?
Comunque non è la questione della decadenza della pubblica istruzione ad avermi agghiacciato in questo caso, bensì la logica evidente nelle parole del Premier, che molti mezzi di informazione hanno stemperato evitando di riportare per due volte la parola "inculcare" da lui ripetuta. Sono andato apposta a risentire l'audio, che dovrebbe amareggiare ed indignare ogni insegnante, ma anche ogni genitore. Sarebbe ben sconfortante, infatti, che tanto la scuola quanto le famiglie si occupassero di "inculcare", ossia di indottrinare, di infondere a viva forza concetti ed opinioni nelle menti dei giovani, i quali meritano rispetto ed il confronto aperto con adulti che li interpellino e li sollecitino, ma soprattutto consentano loro di sviluppare una propria autonomia critica nei confronti di tutti i messaggi.
È triste, ma assai significativo che il concetto di “educazione” sia comparso nel discorso di quel personaggio, forse più abituato alla manipolazione delle menti con le ossessive tecniche pubblicitarie e propagandistiche di cui ha mostrato di essere maestro, come elemento funzionale all'“inculcare”. I suoi numerosi adoratori dovrebbero pertanto riflettere sul disprezzo che, oltre la facciata sorridente e lo straparlare di “amore”, quest'uomo prova nei confronti del popolo italiano. Lo rivelano in particolare le parole da lui pronunciate nel 2004: “la media è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco... È a loro che devo parlare”. E come? Forse inculcando una serie di certezze che trovano scarso fondamento nei fatti, ma che si rivelano utili a garantirgli la sottomissione di quanti preferiscono una fiduciosa narcosi all'impietoso confronto con la realtà?

sabato 15 gennaio 2011

Al diavolo la Corte Costituzionale (e la democrazia)

All’indomani della sentenza della Corte Costituzionale sul cosiddetto “legittimo impedimento”, è ovvio assistere ai commenti più diversi. Si resta francamente perplessi, tuttavia, nel leggere le dichiarazioni di certi politici, che parlano di un “rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione ma di ogni ordine democratico”, mentre altri auspicano che il Parlamento “ripristini l’equilibrio tra i poteri sovrani”.
Ma di cosa vanno cianciando? Che idea ha della democrazia colui che ritiene che la massima autorità in tema di valutazione costituzionale debba accettare supinamente gli obbrobri giuridici generati da una politica profondamente corrotta dal servilismo e dagli interessi di parte? Solo chi ha per norma l’obbedienza cieca a un capo, e la convinzione che i potenti sono “più uguali” degli altri cittadini, può dimenticare che il fondamento della democrazia consiste nella separazione rigorosa tra i poteri e nella reciproca autonomia.
Se anche, in un remoto passato, questi signori avessero letto Montesquieu, si può star certi che preferiscono calpestarlo, in nome di un’attività legislativa instancabilmente piegata alle convenienze di partito o addirittura di singoli individui, che si pretendono intoccabili dalla giustizia e amano appellarsi agli atti di fede dei loro sostenitori piuttosto che alla certezza del diritto. Tra l’altro, converrebbe anche ai ladri di polli o ai bancarottieri consorziarsi in nuovi partiti politici ed invocare la scusa della “persecuzione giudiziaria” per scongiurare le condanne…
Comunque è ormai pressoché certo che i famigerati processi, se anche si dovessero celebrare, vedranno vanificato il lavoro di indagine e il dibattimento dalla tagliola della prescrizione, a suo tempo opportunamente accorciata dagli stessi soggetti. Il mondo è dei furbi. Chissà, forse sarebbe coerente che questo principio sostituisse l’ormai anacronistico “la legge è uguale per tutti” nelle aule di giustizia della nostra disgraziata Repubblica.

mercoledì 1 settembre 2010

A lezione da Gheddafi

Grazie alla cortese disponibilità del governo italiano, in questi giorni Roma si trasforma in un circo, con tanto di tendoni, cavalli e gente in costume, per accogliere qualcosa di più di una semplice visita da parte di Gheddafi: infatti la sua è una vera e propria lezione di metodo, non puro folklore.
Il dittatore libico, pudicamente definito leader dai mezzi di informazione, è riuscito infatti nel capolavoro politico di farsi accettare dai governi europei, costretti a riceverlo per ragioni economiche (petrolio e commesse varie) e perché, bontà sua, ha da qualche anno abbandonato il terrorismo. Ogni suo viaggio, peraltro, è una catastrofe diplomatica per l'Europa, soprattutto perché l'accondiscendenza alle sue stravaganze rivela tutta la sorridente debolezza della controparte.
Certo, c'è modo e modo: e in questo l'Italia ha rivelato purtroppo un servilismo degno di miglior causa, in ragione della statura politica dei nostri governanti, che si trovano evidentemente in sintonia naturale con la pacchianeria esibizionistica del capo libico, tanto quanto sono pronti, in altre occasioni, ad accogliere le lezioni di democrazia dell'“amico Putin”. Che venga di qui l'insofferenza più volte dichiarata nei confronti della nostra Costituzione?
D'altra parte la Libia si è assunta l'incarico di frenare l'esodo di profughi verso il nostro territorio: poco importa se si tratta in gran parte di persone che avrebbero diritto all'asilo, e ancor meno importa che siano di fatto torturate nel deserto. Sono fatti lontani, che non ci riguardano...
In cambio del lavoro sporco, allora, e alla faccia delle “radici cristiane dell'Europa” ipocritamente invocate in tanti altri contesti, ben vengano le lezioni di religione islamica (in una versione personale e teologicamente infondata) propalate ad estatiche hostess prezzolate. Apprendiamo che con settanta euro a testa è possibile riempire le sale: chissà che questo sistema non si estenda in futuro ad altre assemblee religiose e di partito, vista la crescente disaffezione in atto, contribuendo in tal modo a contrastare la disoccupazione giovanile nel nostro paese.

giovedì 3 giugno 2010

Condonare sempre, condonare tutto

Mai più condoni, spergiurano sempre i nostri governanti. Infatti, puntualmente, vediamo giungere il terzo condono edilizio dell'era berlusconiana, camuffato con il nome suggestivo di “emersione delle case fantasma”. Qualcuno si fregherà le mani, qualcun altro penserà che per fare cassa anche mezzi così immorali siano tollerabili. Il problema non è però la regolarizzazione di qualche vecchio casolare ignoto al catasto, quanto la sanatoria di fatto di centinaia di migliaia di abusi edilizi di ogni dimensione.
Chi sono i fessi in questa vicenda? Manco a dirlo, siamo noi: tutti quei cittadini onesti che hanno costruito nel rispetto delle regole e che pagano puntualmente i tributi. Ma anche l'intero popolo italiano, se si considera che l'abusivismo edilizio fa crescere a dismisura l'insicurezza abitativa del Paese: oggi abbiamo di fatto milioni di persone che vivono in zone a rischio sismico, vulcanico, idrogeologico o in costruzioni dalla sicurezza statica inadeguata.
Chi sono i furbi gratificati per l'ennesima volta dal governo? Evasori piccoli e grandi, va da sé: sono quei vigliacchi che preferiscono far pagare solo agli altri il costo della convivenza civile. Ma è pure la grande criminalità: la vera protagonista delle colate di cemento illegale è soprattutto l'ecomafia, il cui potere viene così rafforzato in tutto il Paese. Si calcola che nell'ultimo trentennio almeno un quinto di tutte le nuove costruzioni italiane sia stata fatta in barba alle norme, una percentuale che si raddoppia nelle regioni meridionali. Fa tristemente riflettere il dato che in Campania ben due terzi dei comuni sciolti dal 1991 a oggi per infiltrazioni criminali siano stati indagati per vicende di abusivismo edilizio.
A fronte di qualche ipotetico centinaio di milioni di euro per il fisco, tutta la nazione subisce perdite economiche e civili incommensurabilmente maggiori. Merito di queste classi dirigenti (e solo un cieco non noterebbe il particolare impegno della destra nel condonare tutto il possibile) impegnate a favorire la devastazione del paesaggio e dell'ambiente in cui viviamo, contro il bene comune e contro le future generazioni, demolendo insieme l'identità nazionale ed il maggiore vantaggio economico che l'Italia ancora possiede, ossia la bellezza del territorio. È una cecità che pagheremo pesantemente, noi e ancor più i nostri figli.

venerdì 19 marzo 2010

Paperone e i Bassotti

Siamo in campagna elettorale, d'accordo: ma perché questa politica deve sempre più spesso offendere l'intelligenza dei cittadini? Non sembra essere tanto questione di idee e programmi diversi, di ricette concrete per l'amministrazione che vadano confrontate: no, sentiamo invece parlare di chiudere programmi televisivi o di inchieste giudiziarie “a orologeria”, oppure di politici professionisti ma pasticcioni, che non sanno neppure come si presenta una lista, e il tutto sarebbe colpa della Banda Bassotti che dà addosso a Paperone? Dei paladini dell'Odio che si coalizzano per sconfiggere quelli dell'Amore? Magari per accogliere poi la provvida consolazione di chi ostenta un sorriso suadente: l'Amore vince sempre...
Viene da chiedersi se questa sia ancora politica, oppure avanspettacolo dei più scadenti. Non so davvero quanto possa essere valida la filosofia di certi capipopolo, basata sulla constatazione che il livello intellettivo medio della popolazione italiana non supera la seconda media, ma è davvero necessario svilire il dibattito fino a questo punto? Chi, dei lettori di questa pagina, prenderebbe per buone semplificazioni tanto grossolane, specie se provenienti da un simile pulpito? Chi si arrischierebbe mai ad elargire il suo voto sulla base di simili considerazioni, inadatte persino a motivare il tifo per una squadra di calcio, figuriamoci per un partito o per un leader?
Ma siamo in Italia, dirà qualcuno. Qui certe sceneggiate sono normali, la faziosità detta legge, noi elettori veniamo trattati come cretini da blandire o da spaventare con le invasioni straniere, il ritorno del comunismo, il vampirismo del fisco. E intanto, si perde il tempo necessario a creare le condizioni per dare qualche spiraglio di speranza alle giovani generazioni. Riuscire a creare uguali punti di partenza, abolire i privilegi, premiare il merito, favorire il rispetto della legalità dovrebbero essere i cardini dell'azione politica a beneficio del Paese in questi anni di crisi strutturale: ma sono obiettivi presi in seria considerazione da chi si agita tanto sotto elezioni, o l'unica preoccupazione è quella di occupare sempre più posti e posticini di potere?

domenica 14 marzo 2010

Il lupo che fa la morale agli agnelli...


Con colpevole ritardo prendo atto della pubblicazione del libro più comico degli ultimi secoli, che fin dal titolo mi mette di buonumore. Evidentemente sputare insulti a raffica contro chi non la pensa come te e ha la pretesa (assurda, nel nostro paese) di veder rispettate le regole della democrazia e del diritto è un puro atto di amore. Come mostrano anche i giornalisti-pitbull al costante servizio del padrone, pronti a sbranare a volte anche oltre le sue aspettative...
Non resta che suggerire, come fonti interpretative più adeguate alla bisogna, le Favole di Fedro e il volumetto filosofico (assai serio, peraltro) di Harry G. Frankfurt, On Bullshit.

venerdì 22 maggio 2009

I perseguitati

Gli studenti hanno il diritto di criticare le valutazioni date dagli insegnanti? Certamente, almeno tanto quanto gli imputati che nel nostro paese sono liberi di criticare i giudici dei propri processi. Ma proviamo a immaginare: e se qualche studente un po' scapestrato andasse oltre, cominciando anche a denunciare complotti orditi dai docenti nei suoi confronti? Definendosi perseguitato da coloro che applicano le regole a suo sfavore? Dichiarando ingiusta la stessa possibilità di un'eventuale bocciatura? Pieni di comprensione per le sue disgrazie, non vorremmo magari concedergli di riscrivere le norme a suo piacimento, di scegliersi un collegio di valutazione più compiacente, di fare e disfare l'istituzione scolastica come più gli aggrada? O piuttosto non saremmo portati a considerare tale atteggiamento come un misero trucco per coprire le proprie effettive manchevolezze e responsabilità?
Spero che le ennesime, recenti piazzate dell'“uomo più perseguitato d'Italia” (come lo ha definito un suo sostenitore), volte a gettare fango sulla magistratura e insieme a svuotare il Parlamento di una piena legittimità, in quanto “inutile e controproducente”, non inducano simili progetti nella mente di qualche nostro futuro allievo. La possibilità di abusi di potere, ovviamente, non si può mai escludere. Ma quando, ogni volta che ci vien dato torto da chi ha le competenze professionali per farlo, con una rigorosa applicazione delle procedure, gridiamo al tentativo di “farci fuori”, è forse più plausibile pensare ad un grossolano tentativo di sviare l'attenzione e di delegittimare chi è preposto al giudizio. Come farebbe un qualsiasi Gianburrasca, ammiccando al “popolo” in campagna elettorale: ce l'hanno con me, che dopotutto sono “uno di voi”.
Sia ben chiaro, peraltro, che in questi frangenti la tesi della sua innocenza mi ha definitivamente conquistato, ma per tutt'altre ragioni. Quest'uomo infatti l'ha più volte dichiarata con solenni giuramenti sulla testa dei propri figli. Ora, dato che non si è mai visto spalancarsi alcun abisso infernale per inghiottire i poveretti, ogni cittadino di buon senso concluderà con me che questo è un argomento ben più conclusivo di quelli che si esaminano nelle aule di giustizia...

venerdì 27 marzo 2009

L'incompreso vincente

Luciano Violante, in un'odierna intervista al Corriere, ricorda la completa sottovalutazione del "fenomeno" Berlusconi da parte dei dirigenti Pds che ironizzavano: «Chi è questo? Cosa vuole? Come si permette di irrompere nella nostra politica in modo così sgrammaticato? [...] Non capimmo che cominciava una nuova era [...] Pensando: e che un partito si fonda così?. [...] Ci credevamo poco. Mentre lui tesseva alleanze, stringeva patti con la Lega, con la destra... noi ironizzavamo». E quando, il 26 gennaio del 1994, Berlusconi registrò il suo primo messaggio televisivo, mettendo una calza da donna davanti all’obiettivo della telecamera per garantirsi così un effetto visivo più fascinoso? «Pensammo fosse una roba poco seria. E sbagliammo. Perché lui, invece, aveva già intuito come la nuova società italiana stesse cambiando e, alla verità del merito, tipica della nostra storia comunista, si stesse sovrapponendo la verità della forma».
Sin qui il ricordo, e l'onesta ammissione alla luce, tardiva, dei fatti. La realtà più profonda è però un'altra: nessuno osava ammettere che in Italia un guitto capace, un ciarlatano convinto, purché abbia un'ambizione smodata, è veramente in grado di rivoluzionare la vita politica. Non è la prima volta nella storia del paese. E Montanelli si è purtroppo rivelato un illuso, profetizzando che una sola dose di Berlusconi sarebbe valsa ad immunizzare gli Italiani per sempre. Al contrario, se lo sono fatto piacere e si identificano in lui.
Il triste motivo? È che costui non stenta a trovare compagni, sostenitori e financo adoratori, purché abbiano da trarne un vantaggio. È lo spirito caudatario. Da noi non si usa dire: «Ma no, in fondo sono una persona seria, ho una mia dignità, a questa farsa non mi presto». Bensì: «Cosa me ne viene?». Così si costruisce la storia patria...

venerdì 7 novembre 2008

Ahi, serva Italia (che figure all'estero)

Mi scuso per la decontestualizzazione; volutamente ignoro il corollario di insulti e le gaffes che li hanno originati; dubito, infine, che io e lui ci si riferisca alle stesse persone.
Ma quando ora Berlusconi afferma: "Dio ci salvi dagli imbecilli", trovo che abbia perfettamente ragione.

mercoledì 29 ottobre 2008

Il complotto del mentitori

All’origine dei facinorosi, i mentitori: Berlusconi ci spiega così il fatto altrimenti incomprensibile che una “riforma” scolastica a base di tagli alla spesa come quella che lui si è fatto oggi approvare non sembri incontrare il favore della popolazione scolastica. Quale maleficio impedisce al popolo di apprezzare la verità, ossia che tutto quanto egli propone è vero, giusto, sacrosanto, e andrebbe approvato senza neppure discutere? Solo la menzogna sparsa a piene mani da “cattivi maestri”, i suoi oppositori politici in primis, sostenuti dal complotto perennemente ordito ai suoi danni dai mezzi di informazione. Il quale è in sé un altro dogma rivelato dalla sua bocca incapace di pronunciare la benché minima bugia, e quindi lo accogliamo con un reverente atto di… Fede.
Chi ha memoria rivede immutato il copione del Berlusconi 2002, quando appunto egli si decideva a svelare agli Italiani che l’opposizione, ieri come oggi: 1) non sa assolutamente fare il proprio mestiere; 2) manca completamente di quel fair play che invece vediamo con assiduità e profitto applicare ogni giorno in ambiente calcistico; 3) soprattutto, non sapendo far valere ragioni che non ha (è un noto postulato euclideo), essa deve ricorrere sistematicamente alla menzogna. Criticando lui e la sua azione di governo, naturalmente.
Già allora mi veniva in mente una celebre storiella, quella del filosofo cretese Epimenide che andava in giro affermando: «Tutti i Cretesi mentono». Enunciazione singolare, come subito si vede, perché il mentitore che dice di raccontare bugie risulterebbe, allo stesso tempo, mentire e dire la verità, in maniera del tutto contraddittoria. Le complesse implicazioni del paradosso hanno a lungo occupato la mente dei logici dei secoli passati, da Aristotele a Russell e Tarski.
Anche se sembra fare il “piangina”, l’attuale premier lamentandosi non brandisce una spuntata arma polemica, ma espone un (per lui) acutissimo ragionamento. Il suo assunto, in termini logici, suona più o meno così: «Io - che per definizione dico sempre la verità - affermo che chi mi critica o mi si oppone, per questo stesso fatto, mente». È ovvio che questa frase non sarebbe degna della minima considerazione se a pronunciarla fossero un mentitore incallito o un bimbo capriccioso. Ma un gran numero di italiani la prende per vera, e dunque dovrà pure valere la premessa: chi la pronuncia è un uomo che dice sempre la verità. Basta guardarlo (adoranti) in volto per capire che è così. In prima fila, molti politici del centro-destra e una moltitidine di giornalisti che il padrone, quando si lagna dell’informazione, sembra bizzarramente trascurare, negandone l’opera costante e certosina, quasi che Libero, Il Giornale, La Padania – per limitarci ai più acuti, sereni ed obiettivi – neppure esistessero. L’ansia di illuminare le folle, ammettiamolo, rende talvolta il capo un po’ ingrato.
Se questo non bastasse, sappiamo che da qualche anno in Italia si è felicemente affermato il sacrosanto principio dell’autocertificazione: in proposito è conclusiva la dichiarazione del soggetto, e tanto basta. Già da tempo, esponendosi in prima persona, il Cavaliere ebbe ad attestare l’inviolabilità di questo metodo. Chi infatti ha potuto rimanere insensibile davanti alla pietra miliare dell’onestà politica, il famoso giuramento compiuto “sulla testa dei suoi figli”? I suddetti risultano ancora felicemente in possesso della parte anatomica tirata in ballo, ergo

martedì 29 luglio 2008

Neolingua

Non nuovo ad acrobazie verbali, in questi giorni Berlusconi sfodera dal cilindro la dichiarazione che la sua è una “vera politica di sinistra”.
Questo avviene in contemporanea ad una manovra economica tanto popolare da contenere un emendamento che mira a introdurre la precarizzazione a vita di varie categorie di lavoratori e una norma che abolisce le pensioni minime per chi non abbia versato contributi per almeno 10 anni: correndo precipitosamente ai ripari, ci viene detto che riguarderà solo gli extracomunitari, ma intanto non è stata scritta così.
Si vara peraltro una Robin Hood Tax che inciderà sensibilmente su azionisti e consumatori (petrolieri e banchieri hanno una lunga tradizione nello scaricare verso il basso i loro aggravi, e solo le anime belle credono diversamente) per 5 miliardi di euro, a fronte dei quali si dispone un'elemosina di ben (!) 200 milioni per gli anziani indigenti con la Social Card.
Si grida che il nemico è alle porte istituendo l'ennesima “emergenza clandestini” generale, considerata dalla gran parte degli osservatori e dalla Chiesa come semplice fumo negli occhi. Si aboliscono sistemi di controllo dell'evasione fiscale introdotti da pochi mesi, terminata cioè la fase di assestamento e di iniziale disagio. Si prepara lo straordinario “pacco” Alitalia, con più licenziamenti, minori investimenti, minori dimensioni, minore competitività e ampie zone oscure rispetto alla dileggiata proposta di Air France (si legga Gianni Dragoni sul Sole-24 Ore del 25 luglio, p. 24).
Tutto questo, apprendiamo, è una politica “di sinistra”.
Dato che stravolgimenti lessicali di questa portata, come ci insegna Orwell, sono caratteristici delle dittature totalitarie – niente, ne siamo certi, è più lontano dallo spirito dell'attuale condottiero di un'Italia felicemente rinnovata – sarebbe bene che egli si attenesse a distinzioni più convenzionali e anche più precise. Non si vergogni, non abbia paura di affermare che segue politiche di destra: dopotutto, più o meno consapevolmente, gli elettori lo hanno votato per questo.
O forse voleva alludere al fatto che questo governo muove i suoi primi passi aumentando la pressione fiscale (cosa ammessa persino dallo schieratissimo Giornale). Dunque più tasse per tutti, pardòn, per alcuni, quella non esigua quantità di persone che non ha modo di evadere o di rivalersi su altri. In questo, diamogliene atto, il traguardo della politica di sinistra da lui tanto ambìto, il buon Berlusconi lo può considerare raggiunto.