Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

venerdì 21 agosto 2009

Il progresso civile e scientifico? Tutto nel dialetto

Curruptissima respublica plurimae leges: le leggi sono moltissime quando lo stato è corrottissimo, secondo il parere dei nostri progenitori, espresso nel dialetto di allora. Deve averne voluto dare l’ennesima conferma quel capo partito che si è sentito in dovere di proporre una introduzione a scuola dei dialetti come materia obbligatoria. C’è chi liquida queste esternazioni come propaganda ferragostana, buona giusta a far parlare di sé in mancanza di meglio, e anch’io avrei fatto lo stesso se non mi avesse colpito e toccato il ricordo proposto dall’interessato a suffragio della sua tesi. In tempi ormai lontani, il pargolo fu richiamato dal professore che gli correggeva le espressioni dialettali presenti nei temi d’Italiano. In sua difesa si eresse il genitore, replicando piccato al docente che “se non gli piaceva il nostro dialetto, poteva fare le valigie e tornarsene a casa”. Splendido apologo, come avrebbe detto Tasso: “se non è vero, è ben trovato”.
Davvero, non saprei se essere più commosso dalla solidarietà tra consanguinei o da quella tra ignoranti intenzionali ed arroganti, sia detto senza offesa (absit iniuria verbis, secondo la lezione di quel più antico linguaggio). Niente contro il dialetto, per carità, che ben volentieri vedo studiato e valorizzato da chi ne ha l’interesse. Ma utilizzarlo contro il corretto uso della lingua italiana sembra un po’ eccessivo. Quale sarebbe il dovere dell’insegnante di una specifica disciplina? Forse trascurare di insegnarne le regole e di pretenderne la corretta applicazione? E a che scopo, allora, recarsi a lezione d’Italiano (o di Matematica, di Scienze, fate vobis)? Vediamo bene quale sia il reale livello d’insegnamento in molte aree del Mezzogiorno, in parte dovuto anche a questo genere di trascuratezza: si auspica forse che le nostre latitudini siano sempre più popolate di somaroni che comunicano stentatamente, in una quasi totale confusione semantica? Capisco che i particolarismi esasperati giovino a supportare una rozza ideologia e a carpire voti agli sprovveduti, ma non riesco proprio a convincermi che giovino al progresso del nostro povero Paese, di fronte ad una concorrenza internazionale sempre più accentuata, che richiede semmai competenze comunicative in grado di valicare le frontiere, non di erigerne di nuove.
Attendiamo dunque senza alcuna impazienza che la scuola subisca questa ennesima dequalificazione, con il placet già annunciato del relativo ministro, che fin qui ha peraltro avuto come prima cura – e lo vedranno le famiglie – quella di ridurre drasticamente materie ed orari dei licei per gli anni che verranno, tanto per renedere chiaro che in Italia l’investimento in cultura non è affatto priorità della politica, al di là dei proclami. Finché la barca va, sembra essere la massima espressione di consapevolezza espressa da tutti questi atti. E poi?