Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

mercoledì 18 luglio 2012

CoCoCo 2012-4: Emolumenti degli amministratori e responsabilità individuale

Rinuncio ai privilegi: ai mezzi di trasporto gratuiti, all'adeguamento automatico delle indennità in misura percentuale, come i nostri deputati (ma non si dimentichi l'assemblea regionale siciliana, che costa ai cittadini 4 volte tanto quelle delle altre regioni), al vitalizio dopo alcuni mesi di mandato, e interrompo qui una lista che potrebbe essere ben più lunga.
Ovviamente nessuno di noi percepisce tutto ciò: ma di noi si sta parlando, e ci si vuol far credere che le indennità municipali, nella misura stabilita attualmente, rappresentino un privilegio, pur avendo già subito un taglio a fronte della crisi (quindi il segnale, il “buon esempio”, se di quello si trattava, è già stato dato qualche mese fa), e questo diviene evidente nel subemendamento che azzera di fatto ogni emolumento persino a quei lavoratori a tempo pieno, di fatto, che sono Sindaco e assessori.
Francamente, il senso delle proporzioni mi sembra difettare; o meglio si sostiene una posizione in sé legittima, ma per nulla liberale e assai problematica proprio sul terreno della democrazia. In modo assai corretto il Sindaco ha richiamato il principio che l'accesso alle cariche pubbliche non può essere limitato solo a chi possiede ampi mezzi personali, che possono rendergli del tutto indifferente il percepire o meno delle indennità.
Ma dato che il punto è stato sufficientemente chiarito, vorrei ricordare qualcosa che sappiamo tutti assai bene: esiste cioè un metodo semplicissimo per diminuire l'incidenza economica della nostra attività sul bilancio comunale, ossia limitare le sedute del Consiglio al numero effettivamente indispensabile. Mi rammento che più volte, durante lo scorso mandato, sono stati pubblicati degli utili raffronti, che mostravano come cittadine a noi prossime, Varese o Lecco ad esempio, tenessero un numero di sedute significativamente inferiore a quelle di Como, senza per questo mancare ai doveri amministrativi.
Perché dunque non attuare nei fatti una riduzione dei costi che è certo meno eclatante di fronte all'opinione pubblica, ma non meno effettiva, come quella che deriva da un autocontingentamento degli interventi e dei tempi? Nessuno di noi, certo, interviene a vuoto: e consentitemi di confermarvi, cari colleghi, che effettivamente il suono della voce di ognuno di voi è di per sé bello da ascoltare, e produce gradite vibrazioni nell'aria. Si comprende perciò che si voglia poterla udire lungamente, e forse le facoltà che il regolamento concede sono state predisposte a tale scopo.
Ma questo flusso armonioso di parole, ahimé, lo si è visto, ha un costo: perciò sono certo che, grazie anche alla riflessione suscitata dal presente emendamento, per il futuro potremo impegnarci, ciascuno per la propria parte, a contenerlo un poco, rendendo più spedite le nostre discussioni e di conseguenza meno frequenti le nostre sedute. La vera riduzione dei costi, al di là dei facili effetti populistici, passa tanto da un’accorta pianificazione, quanto dal senso di responsabilità individuale. E qui, per coerenza, mi taccio.

lunedì 16 luglio 2012

CoCoCo 2012-3: Su Patrimonio e Bilancio di previsione

Anzitutto, trovo un motivo di soddisfazione nel vedere un bilancio declinato secondo le linee guida del nostro programma, una cura da apprezzare perché si riferisce ad un documento elaborato in tempi necessariamente ristretti e in una condizione di emergenza che non tutti sembrano cogliere. È tra l'altro paradossale che ci venga rimproverata una presunta fretta – quando si tratta invece della serietà di chi ritiene di dovere adempiere ai compiti affidatigli, di contro alla prassi italica del rinvio, così comoda e deresponsabilizzante. E in più, finché non approviamo il bilancio, di fatto non ci sono i soldi anche per gli interventi urgenti che si chiedono a gran voce.
La lettura delle voci di bilancio dedicate al patrimonio sottolinea la rilevanza del ruolo che questa componente esercita tanto sul piano di una gestione che deve ritrovare efficienza, quanto di una razionalizzazione necessaria ad affrontare questi tempi particolarmente difficili per le finanze comunali. In particolare appare ragionevole attuare una dismissione che possa portare sostegno alla riqualificazione del rimanente patrimonio, secondo le seguenti linee guida.
individuare i beni non strategici ai fini di una loro alienazione
rendere efficiente la riscossione dei canoni
rivedere le procedure di evidenza pubblica scadute adeguandole ai principi di trasparenza, e mantenere tali procedure per tutti i casi futuri.

Per il nostro comune è di estrema importanza che il patrimonio cessi di essere un peso e un onere, ma venga valorizzato come una risorsa da mettere a frutto.
Si deve perciò avviare un processo di conoscenza approfondita che porti a diradare le folte nebbie del recente passato. È incredibile che una simile azione sia mancata in tutti questi anni: sarà pur vero che la responsabilità non può essere scaricata sull'ultimo assessore arrivato nella passata giunta, negli ultimi mesi della quale si è preso consapevolezza del fenomeno, ma come non chiedersi come e perché in vent'anni non si è proceduto di un passo? Come si sarebbe proceduto se non fossero intervenute indagini e denunce giornalistiche? Tutti coloro che non hanno chiarito questo ginepraio in questo lunghissimo periodo, davvero credono di poter scaricare ogni responsabilità tanto facilmente?
È dunque ora che arriva davvero in Comune uno spirito nuovo, e da parte nostra, come maggioranza, va dato un pieno e convinto sostegno a questo processo tutt'altro che semplice, che non promette per forza di cose di essere immediato, ma che è assolutamente indispensabile e costituisce pertanto una priorità dell'amministrazione.
Inoltre, come in molti hanno già ricordato, nella prospettiva di una decrescita delle risorse generali, come pure delle disponibilità dei singoli e delle famiglie, un potenziamento dell'housing sociale e dell'edilizia convenzionata è non solo auspicabile, ma sommamente necessario. In tale quadro, la vendita illustrata alla pag. 45 della relazione previsionale, pur nella comprensibile necessità di una verifica della corrispondenza con i risultati effettivi – dato che in questo contesto particolare per il mercato immobiliare non tutte le operazioni potrebbero andare a buon fine come ci auguriamo – nonché nell'ovvio rispetto dei diritti di prelazione sussistenti, si rivela una svolta decisiva per poter finalmente porre mano ad una effettiva opera di ristrutturazione del patrimonio esistente, a tutto vantaggio della funzione pubblica dello stesso. Ribadisco: funzione pubblica, destinazione sociale, e null'altro. Non ci interessa creare clientele, né instaurare legami di dipendenza delle persone dal potere politico, bensì soddisfare un bisogno drammatico sempre più urgente, garantendo la dignità delle persone anche attraverso il decoro abitativo.
1. Il comune non può che avere il dovere di garantire condizioni abitative decorose, laddove in taluni casi questa preoccupazione non è stata soddisfatta, o addirittura una parte delle unità non è stata neppure più data in locazione perché inagibile di fatto.
2. La solidarietà deve collegarsi all'efficienza, anche nell'ottica di una riscossione del giusto, evitando il perdurare di atteggiamenti di comodo o di evasione dei canoni, eliminando i favoritismi, se ve ne sono, e favorendo il rispetto delle regole grazie ad una puntualità delle scadenze, che responsabilizzi l'utenza e consenta appunto il reperimento di risorse per l'ulteriore manutenzione.

I due principi guida che informano la definizione di questo settore del bilancio mi appaiono poi assolutamente centrali in tutta la nostra azione amministrativa, e vanno ribaditi:
1. la legalità: le situazioni debitorie vanno inquadrate nell'effettivo contesto, ma senza lassismi e disinteresse, garantendo il diritto solo a fronte di una responsabilizzazione degli usufruttuari; per quanto riguarda le situazioni consolidate in negativo, è chiaro che non rimarrà altro che la procedura legale
2. la trasparenza: innanzitutto approntando una ricognizione completa e senza zone d'ombra; dando ad essa una piena pubblicità attraverso lo strumento informatico comunale; rivedendo i criteri delle assegnazioni, laddove lascino spazio ad ambiguità o non arrivino a coprire adeguatamente tutte le fattispecie, in modo da garantire a tutti il pieno rispetto dei propri diritti.

Sono obiettivi e sono principi, lo ribadisco, importanti e strutturali. Proprio perché noi siamo contrari ai tagli indiscriminati, si impone una estrema attenzione e la scrupolosa correttezza della gestione. Il che porta inevitabilmente ad una valutazione politica sulle tante posizioni ideologiche che abbiamo udito. Che sono state espresse con differenti gradi di intenzionalità, ma che evidenziano comunque una mentalità rigidamente conservatrice, in modo persino ingenuo, quasi che si potesse rimanere sordi di fronte alle esigenze drammatiche che il paese sperimenta in questo momento, al punto da scivolare frequentemente nel compatimento dei “poveri ricchi”. La soluzione, ci si dice, è semplice: tagliare. Davvero semplice, addirittura semplicistico, dato che i tagli il presente bilancio è costretto comunque a farli, e pesantemente, anche a causa dei vincoli francamente assurdi imposti dal patto di stabilità. Su quest'ultimo, mi posso associare con convinzione alle critiche verso un meccanismo che finisce per essere penalizzante anche per le amministrazioni virtuose, il che è contro ogni logica.
Ma i tagli spensierati e disinvolti, quelli che sono facili a dirsi ma poco responsabili a farsi, ignorano di fatto le conseguenze di lungo termine e non di rado arrivano a peggiorare le cose, penalizzando in primo luogo l'efficienza. Lo dico proprio perché ne abbiamo fatto tutti l'esperienza: veniamo da un decennio di sconsiderati tagli lineari, gestiti nella maniera più supponente e insieme visibilmente incapace di calcolare gli effetti. Salvo naturalmente quello dell'annuncio, ben gradito ai demagoghi. E difatti abbiamo potuto tutti misurare le capacità di risanamento dei conti pubblici dei dilettanti che ci hanno governato per la maggior parte del tempo recente, prima di lasciare al prof. Monti la patata bollente, ma dopo aver abbondantemente scaricato i costi del loro populismo elettorale sulle spalle degli enti locali (soprattutto di quelli con i conti in ordine) ed infine riuscendo persino nel capolavoro di attribuire la crisi internazionale ad una semplice percezione errata da parte di quegli sciocchi - noi - che non continuavano a tenere gli occhi chiusi. E proprio costoro sono tra i principali responsabili dei nostri guai attuali, almeno quanto gli sciagurati dissipatori delle finanze pubbliche degli anni Ottanta, quelli della Milano da bere e della corruzione generalizzata culminata in Tangentopoli (una piaga, detto per inciso, dalla quale purtroppo non ci siamo ancora liberati).
Ecco perché possiamo serenamente definire ridicole le accuse, che qualcuno ha ritenuto di dover formulare, rivolte a questa giunta che non avrebbe avuto “coraggio”. Il coraggio di tagliare senza aumentare le tasse. Ma chi legge il bilancio constata che tagli sostanziosi, nell'ottica di una sensata revisione della spesa, sono stati invece compiuti, e costringeranno tutti gli assessorati ad ingegnarsi per garantire qualità ai servizi. Ma forse l'opposizione qui ci chiedeva un altro genere di coraggio. Quale? Quello di scaricare la crisi su tutti i cittadini in misura indifferenziata (e perciò con un peso ben diverso per il ricco e per il povero)? Quello di comprimere e diminuire servizi già in tanti casi ridotti all'osso, premessa per l'espansione di fornitori alternativi, a disposizione però solo di chi se lo può permettere?
In tante occasioni, in queste sedute, abbiamo sentito due mantra ricorrenti, se non proprio ossessivi, nei nostri confronti: “guardiamo avanti” e “non capisco perché fate così”. Direi che entrambi confliggono pesantemente con un criterio di ragionevolezza, quello di guardare alla realtà storica, ai semplici dati di fatto. Che è molto pericoloso ignorare, proprio perché così facendo si dimenticano le cause che ci hanno condotto a questo punto. Anche le responsabilità, naturalmente (ma adesso mi interessano di meno). Vogliamo davvero dimenticare che chi afferma spavaldamente di aver tenuto fermo il livello dell'imposizione fiscale, contemporaneamente ha avviato “grandi opere” che si sono oggi trasformati in “buchi neri” per il bilancio comunale? Che proprio ora, ad esempio, la Ticosa sta richiedendo centinaia di migliaia di euro per interventi urgentissimi? Che per decenni si sono elargite vagonate di migliaia, anzi milioni di euro per le più svariate consulenze ed incarichi esterni? Perché nell'ansia di chiedere dati agli uffici, alcuni consiglieri non vanno a vedere come le passate amministrazioni avevano l'usanza di impiegare i soldi pubblici, e con quali risultati? Purtroppo solo dal 2006 la pletora di consulenze ha cominciato ad essere evidenziata per legge, e anche allora le cifre non erano particolarmente contenute, quasi che gli uffici comunali fossero cronicamente carenti di competenze. Ma quanti sono stati in precedenza i soldi pubblici distribuiti con leggerezza (uso un garbato eufemismo) di cui la massima espressione furono le famose consulenze per il tunnel del Borgovico mai realizzato, redatte su tovagliolini di carta ma egualmente pagate? Fermiamoci qui.
A volte ho una strana impressione, osservando questi seguaci di un liberismo più vicino al Tea party che a Stuart Mill e a Beveridge. Mi sembrano quei membri di un condominio pericolante, pronti certo a lamentarsi dello stato miserevole della manutenzione, ma ferocemente avversi a mettere mano al portafoglio per fronteggiare i crolli. Siamo nel pieno della crisi, delle misure straordinarie imposte dall'alto, della spending review, e ci sentiamo rinfacciare che “è da scuola elementare” chiedere i soldi per fare fronte alle spese, perché basterebbe adottare nuovi tagli miracolosi, che secondo il principio di realtà, e la definizione di S. Agostino, appartengono piuttosto a una “scuola delle ciance”. Infatti è la storia recente di Como a parlare: il principio delle aliquote immutabili si può di certo tenere fermo in maniera ideologicamente granitica, e ne abbiamo ottenuto piena ed incontrovertibile testimonianza ad ogni inciampo nelle buche delle strade che incontriamo nei nostri percorsi quotidiani in città. L'economia classica, peraltro, ci insegna a non considerare tasse le spese di riparazione dei veicoli o gli incidenti. Ci dovremmo perciò dichiarare soddisfatti, e “guardare avanti” o “lontano”, senza badare a dove mettiamo i piedi? Per non dire, cessando l'ironia, delle condizioni vergognose cui sottoponiamo in tal modo le persone anziane e tutti coloro che hanno difficoltà di deambulazione.
Lo dico senza animosità, ovviamente: l'opposizione fa qui solo la sua parte, proponendo richiami alle difficoltà di molti individui e famiglie, che in molti casi ci sono davvero, anche se non capisco quanto coerentemente evidenziate. Come non ravvisare una contraddizione patente, quando si riprendono i toni da Robin Hood alla rovescia, lamentando in sostanza il tartassamento dei più abbienti (per importi che si è evidenziato essere complessivamente contenuti, in rapporto alle possibilità effettive)?
Chiunque, nel suo piccolo, starebbe meglio se non dovesse contribuire alla spesa complessiva. Ma possiamo permettercelo? I pareri possono legittimamente divergere, ma l'equilibrio proposto in questo bilancio va rispettato: altro non è che un adempimento obbligato di fronte all'eredità avvelenata lasciataci dalla precedente amministrazione inadempiente, che forse ci lasciato l'incombenza per grande delicatezza d'animo. Ma è un'amministrazione che aveva redatto per tempo una relazione programmatica anche per gli anni 2012 e 2013, quindi all'anno in corso aveva pur rivolto qualche pensiero, e che soprattutto ha provveduto a nominare suoi rappresentanti di parte in tutti gli enti possibili fino all'ultimo secondo utile. Se ancora non si è capito, sotto la sollecitazione pressante delle imposizioni statali, nella situazione precaria in cui si trova il paese nel suo complesso, i sacrifici non sono evitabili: vanno peraltro ripartiti equamente, e l'unico criterio attendibile lo troviamo scolpito nella Costituzione. Quello di una proporzionalità diretta rispetto ai redditi, e ai beni posseduti, che nella sua approssimazione, e con le inevitabili difficoltà che si possono creare, è comunque il riferimento più solido e più equo.
È proprio il dovere generale di tutta la collettività a partecipare alle spese pubbliche che rappresenta la garanzia del singolo a tutela della propria capacità contributiva. Basterebbe, anche nella valutazione complessiva del presente bilancio, un bilancio di assoluta emergenza, che ciascuno entri in un ordine di idee solo un poco più orientato alla solidarietà generale.

martedì 10 luglio 2012

Il diavolo nei dettagli

Ho visitato con piacere, a Villa Olmo, la mostra sulla dinastia Brueghel, nella quale l'efficacia dell'allestimento si coniuga con la qualità delle opere esposte. A parte qualche irrilevante dettaglio nell'illuminazione, credo la si possa considerare pienamente riuscita sotto tutti i punti di vista. I curatori meritano i complimenti della città. È proprio vero, tuttavia, che il diavolo si nasconde nei dettagli. Mentre ammiravo due “Danze nuziali” dalla grande immediatezza espressiva, l'occhio mi è caduto sul pannello posto fra di esse. L'encomiabile tentativo di contestualizzare il genere pittorico si poggia sulla menzione di due libri: la “Nave dei folli” di Sebastian Brant e l'“Utopia” di... Erasmo da Rotterdam! Una svista madornale: come tutti sanno, la paternità di quest'ultimo testo è del suo insigne amico, l'umanista e politico Tommaso Moro. Sulle prime non credevo ai miei occhi, quasi che stessi leggendo l'attribuzione della “Gioconda” a Raffaello o Mantegna.
È peraltro verosimile che si volesse citare, in modo più pertinente, l'altrettanto celebre capolavoro erasmiano, “Elogio della follia”. Desta comunque un po' di perplessità che un simile errore sia rimasto in bella vista tutti questi mesi, senza che si sia provveduto ad una tempestiva correzione e, ritengo, suscitando qualche divertito pensiero in più di un visitatore. In fondo, una conferma della tesi che un certo grado di pazzia guidi, in una maniera o nell'altra, tutte le azioni umane. O che l'alto tenore “alcolico” evocato nelle due scene dipinte possa aver giocato un brutto scherzo all'estensore della nota?