Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

mercoledì 28 luglio 2010

Onore al merito, come sempre

Quanto è impegnativo amministrare un piccolo comune? Sicuramente molto, se il neosindaco donna di Bregnano, giovane leghista eletta in coalizione con il Pdl, si è appena aumentata legalmente lo stipendio da 927 a 2788 euro lordi, invocando a scusa il fatto che ha deciso di fare l’amministratrice a tempo pieno e ha lasciato il suo lavoro. Una scelta personale e rispettabile, quest'ultima, ma non obbligata. E se tutti i sindaci dei paesi della nostra provincia si triplicassero lo stipendio, cosa ne sarebbe delle già provate casse pubbliche? Chi certifica che il sindaco precedente lavorasse per un terzo dell'attuale, o che il suo operato valesse un terzo? La scelta dei tempi, poi, è surreale: proprio quando il momento impone ovunque sacrifici meglio ripartiti, rendendo evidente che anche i voraci appetiti della casta politica andrebbero rigorosamente contenuti, qui si inverte clamorosamente la rotta, sfiorando lo sberleffo. A meno che l'interessata non avesse pubblicamente annunciato tale proposito prima di essere eletta, di fronte ai suoi concittadini e sottoponendosi al loro giudizio, del che è lecito dubitare.

L'episodio è comunque molto istruttivo, perché conferma in modo chiarissimo tanti altri fatti che, a meno di essere completamente sprovveduti o accecati da paraocchi ideologici, ci rivelano la verità sul senso di dedizione pubblica di chi ci governa. Anzitutto sfata il mito della “diversità” leghista, che da molti anni si è accomodata agli usi di “Roma ladrona” e si è dedicata al rastrellamento di posti e di prebende al pari degli alleati, senza neppure disdegnare la tutela dei disonesti (vedi quote latte), avendo capito che per raccogliere voti bastano e avanzano gli slogan e non servono comportamenti coerenti. Inoltre fa capire bene come tanti amministratori intendano il mandato ricevuto: “carta bianca” per cinque anni, con la pretesa di render conto, se mai, solo al termine del mandato, confidando evidentemente nella memoria debole dei più. Le vicende del capoluogo comasco sono esemplari in tal senso.

Infine, fa riflettere sull'atteggiamento dei giovani che entrano in politica, certo non tutti, e non solo da ora: valutare il servizio alla propria comunità come un lavoro da retribuire con gli standard del mercato, un'occasione per la carriera personale, non è deprimente? Purtroppo, gli adulti hanno dato ripetutamente il pessimo esempio, e ora è tardi per recriminare: altro che servizio disinteressato, i modelli vincenti sono altri, primi su tutti i figli d'arte Renzo “Trota” Bossi e Geronimo La Russa, promossi su tutti i fronti (anche quello stipendiale) e sistemati grazie al merito, nient'altro che al merito...

venerdì 16 luglio 2010

Mano libera, man bassa

Inquietante, ma a dire il vero non imprevisto: il quadro che si delinea in questi giorni grazie all'azione degli inquirenti provoca un vivo senso di apprensione per il destino del nostro paese. Non è confinato solo a regioni disastrate, storicamente flagellate dalla delinquenza organizzata, ma si estende pure al Nord, alla prospera Lombardia. Che si tratti di smaltimento di rifiuti pericolosi, di installazioni energetiche, di appalti pubblici, di speculazioni edilizie, sempre più si evidenzia da un lato la portata delle infiltrazioni criminali nel nostro tessuto sociale, dall'altro un livello di corruzione politica che riporta alla mente gli scandali degli anni Novanta.
Stupisce, a ben vedere, che l'opinione pubblica non sembri troppo indignata davanti ai casi ripetuti che le si presentano, forse perché in parte ha interiorizzato il disonesto messaggio che la giustizia perseguiterebbe gli innocenti, ovviamente quando si tratti di politici e di loro portaborse. O forse perché si contenta dei proclami rassicuranti su “più sicurezza e meno tasse” e lascia in cambio mano libera sulla gestione della cosa pubblica: quanto libera, lo stiamo vedendo tutti. Quasi fosse una delega in bianco che, come emerge da tempo, rischia di essere pagata dal paese con lo spadroneggiare di congreghe affaristiche, di privatizzatori senza riguardi per l'interesse comune, di consorterie che premiano sistematicamente l'appartenenza anziché il merito, con funzionari politici e burocrati che si arrotondano lo stipendio, o finanziano campagne elettorali a spese dello Stato. Inoltre essere “figli di”, nel nostro paese, conta sempre di più e non, come vorrebbe la Costituzione, sempre di meno. Largo ai giovani, perché no? Purché siano spinti da parenti illustri, essi possono sedersi nell'assemblea regionale o in remunerativi consigli d'amministrazione e trovarsi così sistemati per la vita, alla faccia di “Roma ladrona”. L'arte di arrangiarsi pare eretta a regola delle varie cricche, nei termini in cui la descrive Giorgio Bocca: “non solo sopravvivere alle iniquità morali del censo e della nascita, ma trarne vantaggio, far pagare agli altri i nostri debiti, le nostre spese, migliorare il nostro posto nella graduatoria sociale”.
Anno dopo anno, così, l'Italia scende più in basso nelle classifiche della corruzione, di modo che gli investimenti stranieri si tengono ben alla larga dal nostro paese, che i giovani intellettualmente migliori sono costretti all'emigrazione, che la carriera politica di molti, al di là delle parole, è concepita ormai come mero strumento per la promozione individuale. Sulla qualità di simili governanti, saremmo periodicamente chiamati a pronunciarci con il voto. Ma rinunciare alle lusinghe, alle illusioni, alle promesse rassicuranti pur sapendo che non saranno mantenute (si prenda come ultimo esempio l'ondata imminente di tasse locali per compensare gli sfacciati tagli statali) è un compito troppo difficile? Forse sì, se si continuano a premiare l'arroganza e la faccia tosta mediatica, magari sperando nella benevolenza che i potenti esercitano grazie alle raccomandazioni e alle briciole della sottomissione clientelare.
Si colmerà un giorno la misura? E troveranno i cittadini la forza morale per liberarsi dai faccendieri e dai fanfaroni? Oppure si sentono degnamente rappresentati, e non avvertono il bisogno di cambiare?