Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 16 luglio 2009

Il parlamento (a servizio del popolo) scongiura il pericolo della class action

Finalmente Roberto Antonione. potrà asciugare le lacrime versate nel novembre del 2007, quando, da senatore di FI, sbagliò a votare e permise l'approvazione della legge sulla “class action” voluta dal governo di centrosinistra. Com'è noto, questo è uno strumento processuale che consente a una pluralità di soggetti che intendano far valere un diritto - siano essi consumatori o utenti di un certo servizio - di adire l’autorità giudiziaria con un’unica causa i cui esiti si riflettano su tutta la categoria.
La nuova maggioranza, di centrodestra, dopo aver sospeso l'efficacia della norma, ne ha ora approvato in Senato una versione modificata, producendo una vera e propria legge beffa. Anzitutto, grazie a un emendamento di Alberto Balboni del Pdl, è esclusa la retroattività: ad esempio non si potranno intentare azioni collettive contro la Parmalat, la Cirio e le banche dei bond argentini, con buona pace dei proclami che la politica ha prodotto per mesi ed anni. Non è previsto nessun ruolo per le associazioni dei consumatori, come invece avviene in tutta Europa; del resto proprio l'UE sta avviando una class action transfrontaliera, ossia capace di varcare i confini nazionali, in cui queste associazioni hanno un ruolo legittimato e riconosciuto. Al contrario, chi vuole far parte di un’azione collettiva in Italia deve ora presentarsi singolarmente, col rischio, quasi certo, di intasare e paralizzare tribunali e segreterie, sbagliare le procedure e creare confusione, come hanno spiegato i presidenti di tutte le principali unioni di consumatori.
Gli utenti che intraprendessero un'azione collettiva contro una grande azienda con motivazioni in seguito ritenute invalide, sono minacciati non solo dal rimborso delle spese giudiziarie, ma anche dal risarcimento di un fantomatico “danno punitivo” apportato alla controparte. Si noti che non vale però il contrario. Non basta: i consumatori ricorrenti dovrebbero dimostrare anche di avere un interesse “identico”. Di proposito non si adopera il termine “omogeneo”. Qual è la differenza? Che le richieste di risarcimento devono appunto essere identiche. Com'è possibile, se, per fare un esempio, ogni danneggiato Cirio o Parmalat ha sottoscritto le obbligazioni in tempi diversi e investito una somma diversa?
Perché chi ci governa non comprende che i diritti dei consumatori sono sempre più intrecciati alla salute pubblica, alla sicurezza, alla difesa dell'ambiente, alla qualità della nostra vita? Quali sono i veri interessi che si vogliono difendere con simili provvedimenti?