Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

lunedì 23 aprile 2012

Votare Lucini al primo turno ha un senso. Ecco perché.

Nella sua ultima intervista, l'ex sindaco di Como Stefano Bruni scaglia la propria profezia di sventura su Como. "Entro due anni la città sarà commissariata" a causa delle divisioni trai i partecipanti alle elezioni. Dopo di me, il diluvio, dice in sostanza il primo responsabile dei disastri dell'amministrazione. Naturalmente tutto è avvenuto per caso, o per colpa di chissà chi, come sembrano dire gli slogan del centrodestra, preoccupato adesso di "voltare pagina", come se una guida politica non dovesse mai pagare per gli errori commessi. Dopotutto siamo Italiani, abbiamo scherzato, ricominciamo come se nulla fosse...
Quello che in realtà affermano simili messaggi, è il compiacimento di chi ha guastato la macchina, rendendola quasi inservibile per chi verrà dopo di lui, e se ne vanta. Terribile, ma questa sciagurata maledizione potrebbe anche avverarsi, se i cittadini non sapranno valersi dell'arma della riflessione.
In particolare, la frammentazione del voto può essere battuta con un semplice rimedio preventivo, soprattutto da chi si considera non estremista, in una direzione o nell'altra. Votare Lucini al primo turno, infatti, non è solo sensato, ma è anche conveniente. I vantaggi sono evidenti:
- dare una lezione (utile) al centrodestra rissoso ed incapace, in modo da stabilire una buona volta che i disastri e la rapacità si devono pagare;
- consentire la formazione di una maggioranza ampia e il più possibile unita, evitando il ricorso ad alleanze troppo eterogenee;
- rafforzare la squadra di amministratori scelta dal sindaco Lucini con crtiteri di affidabilità e di competenza;
- rendere più autorevole la figura del sindaco nei confronti degli interlocutori interni ed esterni al Comune;
- evitare la perdita di settimane di governo e i costi del doppio turno di elezioni, in questo momento di reale emergenza.
Votare Lucini al primo turno conviene a tutti, soprattutto conviene alla città per uscire dall'emergenza.
Votare il Partito Democratico e i suoi candidati, inoltre, contribuisce a rafforzare ulteriormente il "nocciolo duro" dell'alleanza che sostiene Lucini e lo metterà in grado di governare più efficacemente.

giovedì 12 aprile 2012

Leggere i programmi altrui? Troppo faticoso, lasciateci sognare...

A volte le dichiarazioni in campagna elettorale lasciano perplessi. Ma di solito si tratta della classica divergenza di opinioni, per cui ognuno rimane legittimamente del suo parere. Altra cosa è il travisamento della realtà, come nel caso della dichiarazione sul programma che la candidata PdL Bordoli pubblica sulla propria pagina elettorale Facebook il 29 marzo. Dice la signora di essere “la sola a voler garantire” trasparenza e legalità, e afferma spavaldamente che “la sinistra e il suo candidato fanno finta di nulla invece”. Ovviamente sono rimasto di stucco. Prima però di decidere a quale dei più profondi gironi infernali condannare Lucini per tanta nequizia, ho voluto controllare, prendendo in mano questi benedetti programmi.
Quanto parla effettivamente il PdL di questi temi? 24 righe in totale, quasi tutte nella corposa voce “sicurezza”, che a ben vedere è un altro tema (pp. 1, 13, 14). Nel programma di Lucini vi sono dedicate 127 righe (pp. 3-4, 6, 7, 8, 10) includendo la trasparenza dell'attività comunale, delle nomine, quella economica, la lotta alla corruzione e la sicurezza. Solo 5 volte tanto, e non si tratta di ripetizioni affogate in un discorso ridondante, ma di punti specifici compresi in elenchi.
Mi scuso con i lettori per l'atteggiamento da contabile, che peraltro la professionalità della signora Bordoli saprà apprezzare, e anche per il mio ingenuo convincimento che la prima forma di onestà e trasparenza sia quella di rispettare i dati di fatto. Forse sono fuori dal mondo.
O forse la politica comasca ha bisogno di persone che sappiano leggere la realtà per quella che è, e non per come preferiscono immaginarsela.

giovedì 5 aprile 2012

Elezioni a Como e buon senso latitante

"Il buon senso è la cosa meglio ripartita nel mondo: ciascuno, infatti, pensa di esserne ben provvisto". L'aforisma di Cartesio torna alla mente nel momento in cui si contempla il panorama davvero inusuale delle liste che si presentano a Como alle prossime elezioni. Hanno raggiunto la cifra di 24, con 16 candidati sindaci, solo un paio dei quali ha un'alleanza di liste a suo sostegno. Sembra il trionfo dell'individualismo politico.
È un segnale incoraggiante o preoccupante? È assai probabile che il fallimento totale dell'amministrazione uscente abbia stimolato la volontà di tante persone ad impegnarsi direttamente, e questo, in astratto, sarebbe un bene per la democrazia e la partecipazione, pur prescindendo dalle competenze effettive di ciascuno.
Ma quali possibilità concrete hanno tali liste di arrivare al governo della città? Perché non hanno saputo convergere, almeno a gruppi, su di un progetto comune, rafforzando così le probabilità di essere rappresentate in consiglio?
Temo che la risposta stia soprattutto nel male, sempre più diffuso in questi anni, dei personalismi senza freno. La stagione appena conclusa ne è stata ricca, culminando infine nella clamorosa spaccatura che ha riguardato l'ex partito di maggioranza. Si è dunque imparato qualcosa dal passato? Pare proprio di no.
Semplifichiamone gli esiti: se 10 liste raccogliessero ciascuna il 2,5% dei consensi, queste resterebbero tutte escluse dall'assemblea, col risultato che un quarto dell'elettorato non sarebbe minimamente rappresentato. Ciascuno naturalmente pensa e spera: "capiterà agli altri, ma non a me". Ma è saggio tutto ciò? E se anche molte di queste liste ce la facessero ad entrare, per il rotto della cuffia, quale sarebbe il quadro risultante? L'opposizione divisa in innumerevoli gruppi di un solo membro, ciascuno dei quali, per ottenere visibilità, prenderebbe la parola su tutto, moltiplicherebbe le istanze e gli ordini del giorno, rendendo lo svolgimento dei lavori più difficoltoso che mai?
Forse, se il buon senso dei candidati non ha avuto il sopravvento nella fase di costruzione dei progetti, toccherà affidarsi a quello degli elettori, sperando che almeno loro vogliano confermare l'assunto cartesiano.