Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 25 novembre 2010

CoCoCo6 - Situazione acque di Via Bixio

Intendo segnalare la situazione di Via Bixio, ma il discorso può estendersi alla gran parte dei rilievi che circondano la convalle, ove si evidenzia un sistema di deflusso delle acque piovane decisamente inadeguato e che è causa di dissesti numerosi e sempre più preoccupanti.
In via Bixio appare evidente che un sistema di griglie è posto soltanto negli ultimi 300 metri a valle, mentre praticamente per tutto il restante corso della strada le acque sul piano stradale non sembrano essere raccolte né convogliate. Fa eccezione un'unica griglia posta in corrispondenza di una doppia curva, che tuttavia è perennemente intasata.
Non sono un esperto della materia, ma posso constatare gli effetti più evidenti: in presenza di un flusso costante di acque, che non si esaurisce con le piogge, ma scende dal pendio ancora a distanza di giorni, ad esempio, la via rimane irrigata in certi tratti anche col tempo sereno. Poco male, in sé. Peccato che durante le precipitazioni le acque acquistino più impeto e volume, determinando una maggiore pressione e continue infiltrazioni nelle vie circonvicine. Si è concluso stamattina, ad esempio, il ripristino di un tratto sprofondato per l'erosione sotterranea della via Leonardo da Vinci, a cura e spese dei residenti, naturalmente, dato che la strada è vicinale e ad uso pubblico ma formalmente “privata”. Tra l'altro a distanza di pochi mesi da un intervento assolutamente analogo. È ovvio che i residenti si stiano chiedendo se l'incuria generalizzata e il mancato drenaggio sulla via Bixio non abbiano nulla a che fare con questi ed altri piccoli disastri, che si accompagnano a invasione di scantinati e smottamenti di lieve entità (per ora...).
Oltre a sollecitare all'Assessorato competente un sopralluogo urgente atto a determinare gli interventi necessari in via Bixio, mi permetto anche una sommaria riflessione su quanto la città si trova a subire da non pochi anni, non certo solo in questa zona. Il proliferare di costruzioni, le spianate di cemento piccole e grandi, uniti all'insufficienza delle infrastrutture, impediscono alle rogge e alle acque piovane di convergere a valle secondo un tradizionale assetto naturale. Insomma, il classico dissesto idrogeologico provocato dall'insipienza umana, come ci insegnavano alle elementari. Ma si parlava delle pendici appenniniche, di grandi fiumi, di alluvioni di proporzioni tremende. Ora, pian piano, il degrado ci raggiunge per effetto della convergenza tra l'abbandono di una saggia manutenzione ed una dissennata avidità cementificatrice.
Perciò chiedo a tutti di riflettere se non sia necessaria un'immediata inversione di tendenza. Anche perché i tagli e i risparmi di oggi hanno senso solo se non determinano spese ancor più insostenibili domani: altrimenti vanno a sommarsi ad una serie di errori già troppo lunga per essere tollerata.

martedì 16 novembre 2010

Sconforto per una città umiliata

All'indomani della votazione sulla mozione di sfiducia in consiglio comunale, sono alquanto rattristato dallo spettacolo che è stato offerto, peraltro ad un prezzo non molto economico, e penso che dovremmo chiedere scusa alla città che, una volta di più, si è vista presa in giro e umiliata dalle troppe manovre messe in campo. D'accordo che una seduta di autoanalisi ogni tanto può rivelarsi liberatoria e persino utile, ma se il buongiorno si vede dal mattino... E qui il mattino è passato da un pezzo: indipendentemente dall'esito, come non essere delusi avendo assistito da un lato allo spreco di tempo provocato in primis dalle tattiche dilatorie interne alla maggioranza (le ripetute critiche erano più che fondate, ma proprio non potevano mettersi d'accordo in tempi brevi?), dall'altro al disperato tentativo del sindaco di appellarsi a destra e a manca per occultare tutte le promesse non mantenute, che poi si è semplicemente limitato a rinnovare?
Mi si dirà che questa è la politica, con le sue regole. Temo piuttosto che questa sia la politica come noi l'abbiamo ridotta, e come il paese si è ormai da tempo abituato a viverla. Se non altro, il Consiglio comunale ha offerto una rappresentazione compiuta e veritiera di come i problemi vengano affrontati da questa amministrazione, che di certo (restando immutata la classe politica) ha ribadito di non volere o non saper cambiare abitudini. Si permane lontani da ogni chiarezza e trasparenza di motivazioni, senza badare allo spreco di tempo e di risorse pubbliche, una volta assicurandosi il tempo necessario per le estenuanti trattative, con l'unica preoccupazione di difendere equilibri di potere, che a ben guardare non hanno molto a che fare con il rilancio della città.
Nulla di sorprendente: in tutte le epoche di crisi, quando una civiltà o un impero si esauriscono, cominciano a logorarsi in faide intestine e in discussioni interminabili, che non risolvono nulla né tanto meno progettano il futuro oltre l'indomani, in quella perversione della politica eretta a stile di governo che è il tirare a campare, il posizionarsi giorno per giorno alla ricerca di un consenso tanto più effimero, quanto più si fonda sugli scambi e sui favori, non sulla crescita del paese, sulla lungimiranza, sulla valorizzazione del merito.
Lo sconforto è profondo: così come gli avvenimenti nazionali ci stanno rendendo in modo eloquente la reale misura dell'incapacità della classe dirigente di questo paese, la vicenda delle nostre inutili serate mette in evidenza per la città l’inefficienza eretta a sistema. Inutile dire che questo non lascia ben sperare per il futuro dei nostri figli. Soprattutto se i padri hanno insegnato loro a non cercare raccomandazioni.

lunedì 15 novembre 2010

CoCoCo5 - Mozione di sfiducia al Sindaco - Intervento (2)

Di fronte al fatto che sinora, nel dibattito di questa sera, gli esponenti della maggioranza che hanno in precedenza espresso le loro forti critiche al sindaco non hanno ancora manifestato le loro recenti convinzioni, alla luce dei colloqui e delle trattative intercorse in questi ultimi giorni, desidero chiedere loro di esplicitare la posizione a cui sono giunti. Ci si dia conto di queste trattative, non solo per soddisfare la mia modesta curiosità, ma anche quella degli “amici” giornalisti presenti, e soprattutto quella più che legittima dei cittadini che dite di rappresentare, e che hanno tutto il diritto a un poco di trasparenza.

sabato 13 novembre 2010

Disastri annunciati

La preservazione del patrimonio culturale, la cura dell'ambiente, la messa in sicurezza delle aree a rischio geologico, sono esigenze superflue di pochi “fissati”? Non opportunità da cogliere e rilanciare, ma solo lussi che il Paese in crisi non può più permettersi? A leggere l'annuncio degli stanziamenti governativi per queste voci c'è da rabbrividire, come nel caso dei bilanci del dicastero dell'Ambiente: dai 1.649 milioni del 2008 si è scesi per l'anno in corso a 738 (meno della metà), prevedendo di giungere a poco più di 500 per gli anni a venire. E, confessiamolo, non abbiamo mai avuto la sensazione che in precedenza si scialasse.
Cosa questo significhi in termini concreti, lo annuncia da tempo il ministro Prestigiacomo: almeno la metà dei parchi naturali verranno chiusi, mancando anche i soldi per saldare le bollette. L'Istituto superiore per la ricerca ambientale (Ispra) non ha più i fondi necessari a pagare interamente gli stipendi, né tantomeno le convenzioni esterne. Perciò, niente più monitoraggio del territorio, o quasi. Niente più soldi a bilancio per alcuna bonifica (meno 3 miliardi), e per una serie di altri progetti; restano circa 900 milioni per il disastro idrogeologico, comunque il 20% in meno.
Questa è una logica da efficienti amministratori, desiderosi di razionalizzare la spesa pubblica, o è un procedere da massacratori scriteriati, capaci di “tagli orizzontali” ma non di interventi mirati? È davvero sensato dissipare la risorsa preziosa e ineguagliabile delle bellezze del territorio e del patrimonio artistico, anziché rilanciare l'economia turistica con un adeguato piano di investimenti (fatto non solo di marketing, slogan, loghi e simboli), valorizzando tali risorse, creando posti di lavoro e, possibilmente, prevenendo disastri che, quando si verificano, provocano lutti e aggravi di spesa ben maggiori dei risparmi fasulli? Ma si è scoperto che a tranquillizzarci, in caso di calamità, bastano meri annunci di stanziamenti, qualche comparizione mediatica e appelli alla generosità privata. Quanto al rilancio dell'economia nel medio e lungo termine, questa politica lo ignora del tutto, dato che i posti da preservare veramente sembrano solo quelli del sottobosco partitico, che pensare al futuro oltre le prossime elezioni non porta voti di clienti interessati, e che la gente la persuadi raccontandogli ancora la favola un po' logora che non gli metti le mani in tasca. Ammesso e non concesso che le tasche restino intatte, l'inarrestabile disfacimento di tutto il resto davvero non si paga, e salato?
Qualcuno ha detto di recente che questo, più che l'esecutivo del “fare”, è il governo del “fare finta”. Come dargli torto?

lunedì 8 novembre 2010

CoCoCo4 - Mozione di sfiducia al Sindaco - Intervento

1. So che può sembrare ingeneroso, in un momento difficile, che l'opposizione punti alla caduta del governo locale. Qualcuno, addirittura, nel dibattito di questi giorni, cerca di contrabbandare la presa d'atto del triste epilogo di una maggioranza che la nostra mozione costringe a considerare, come se fosse un atto di disaffezione alla città. Non è così, ovviamente, anche se di certo lo considero un passo grave. Per indole mi sentirei tendenzialmente portato a lavorare per costruire, per realizzare intese, anziché per abbattere, cercando “di conseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla reciproca edificazione” (Rm 14, 19); e tuttavia non posso non chiedermi spassionatamente se il bene comune sia ancora perseguibile in queste condizioni, oppure se l'interesse della città non richieda a me e a tutti i presenti una scelta differente e coraggiosa.

Ci sono momenti in cui anche l'atteggiamento più conciliante e costruttivo deve arrendersi di fronte all'evidenza. L'evidenza che pone davanti ai miei occhi, in rapida successione, il “muro” a lago. La Ticosa. Il degrado urbano. La progressiva e costante riduzione dei servizi resi ai cittadini. Il continuo esplodere di dissidi interni alla maggioranza, forse legati a faide intestine, ma certamente dipendenti anche da uno stile di governo che non ha saputo sviluppare sinergie, ed ha al contrario indebolito la necessaria coesione fino a farla svanire.
Insomma, tappa dopo tappa, questa amministrazione potrebbe ripetere (e alla fine porre come proprio epitaffio) la più celebre frase dell'ex primo ministro russo Cernomyrdin, recentemente scomparso, che commentava una sua fallita riforma monetaria: "Avremmo voluto il meglio, è andata come al solito".

Di fronte a tale sfacelo non mi è sembrato casuale neppure il ricorso di alcuni degli interessati, in questi giorni, a controversi commenti a sostegno delle battute aberranti del presidente del consiglio: qualunque cosa è utile a creare occasioni diversive, a distogliere l'attenzione dai fallimenti, a far parlare d'altro, insomma. In sé, peraltro, le squallide vicende di questi mesi non meriterebbero particolari commenti, salvo, forse, richiamare l'epitome profetica di Giorgio Gaber che, già nel 1972, illustrava l'affermarsi di un soggetto in grado di far uso della propria libertà solo nella maniera più grossolana e misera ["sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,/ incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà"]. Ma di questo, appunto, non mette neppure conto parlare oltre.

2. Una grande varietà di dichiarazioni ha comunque caratterizzato questi giorni - il consueto “polverone” politico che, come gli oroscopi o il gossip, tutti deprecano ma in tanti praticano, anche perché i giornali devono pur essere riempiti - producendo con non pochi enunciati e commenti un senso generale di evasività, di scarsa chiarezza. Proprio per questo non dobbiamo perdere di vista i tanti elementi reali di questa crisi, ed in particolare il suo fattore scatenante, che è d'altronde l'ultimo di una lunga serie. Così, di fronte alla rinuncia unilaterale e pretestuosa di Multi alla ricostruzione dell'area “Ticosa”,

I. Voglio esprimere il mio disappunto e la mia solidarietà alla nostra città umiliata, ferita per l'ennesima volta dalla combinazione tra decisioni improvvide e calcoli speculativi. Non certo perché attività ed edificazioni debbano essere condotte con spirito disinteressato dagli operatori che cercano legittimi margini di profitto, ma perché una sana amministrazione ha il dovere di predisporre le condizioni per cui le attività economiche vadano anche a beneficio di tutta la comunità.
Vorrei esporre questa partecipazione, ma purtroppo non posso farlo per tramite vostro.
Come infatti esprimere solidarietà a chi in questo momento ha la rappresentanza istituzionale della città, se è un'amministrazione che palesemente ha trascurato questo impegno?

II. Voglio domandare un chiaro impegno e una immediata soluzione a questo ennesimo pasticcio, che non è proprio un fulmine a ciel sereno. Da quando esplose la vicenda dell'amianto si è capito che il clamore dei festeggiamenti e dei fuochi d'artificio copriva in realtà l'improvvisazione e l'approssimazione, proprio dal punto di vista delle competenze tecniche e della capacità di previsione. I pretesti invocati da Multi si fondano esattamente sul protrarsi e l'acuirsi dell'indecisione politica di una maggioranza che ha tutti i numeri per governare, che li ha ottenuti millantando una superiore efficienza - di cui peraltro nessuno ha visto le prove in questi anni - ma che non ha saputo minimamente gestirli nella prospettiva dell'interesse comune.
Per questo avrei voluto chiedervi una soluzione e una prospettiva, ma come posso ragionevolmente farlo? Come aspettarsi soluzioni credibili e convincenti dopo tutte le ripetute prove di incapacità progettuale e le risposte dilatorie di fronte ai guasti provocati, come anche nel caso del “muro a lago” e dei “concorsi di idee”?

III. Avrei voluto, lo ripeto, portare una parola di incoraggiamento e di esortazione a riprendere il lavoro di fronte alla difficoltà, sforzandosi di far fronte comune, nell'interesse di Como, per superare questo momento critico. Credetemi, non gioisco affatto dei danni che si stanno determinando, destinati ad influire immancabilmente su una città in chiaro declino, bloccandone le prospettive di rilancio. Tutti gli impegni vanno rivolti a sanare queste contraddizioni apertesi negli ultimi anni, con priorità assoluta.
Ma, in coscienza, non posso neppure formulare questo appello. Non ora. Non in queste condizioni.
Chi infatti assumerebbe la guida di questo sforzo comune? Gli stessi che hanno prodotto il disastro sotto i nostri occhi? Rifiutandosi per giunta di riconoscere le loro responsabilità spinti dai calcoli elettorali, e anzi pretendendo, come hanno sempre fatto, di aver avuto ragione in ogni circostanza?

3. Purtroppo l'amore della verità in questo momento ci impone di denunciare pubblicamente che, se si è giunti a questa situazione, le responsabilità di questa amministrazione sono pesantissime. Le ragioni che causano un male difficilmente possono essere utilizzate come rimedio, sia pure in casi disperati. Sarebbe drammatico ostinarsi in un atteggiamento mutuato dall'epoca Thatcher, quel “fattore TINA” – there is no alternative – che dietro un apparente decisionismo aggiunge solo problemi a problemi. Per chi non fonda le proprie speranze su un vantaggio personale, le alternative si trovano: sarebbe bene per questa città uscire dall'inerzia e imparare a sperimentarle.

Non arrivo al punto di dire che le colpe stiano tutte da una parte. Non sarebbe opportuno, almeno nel caso di una vicenda complessa come quella Multi, e posso persino provare una certa comprensione umana (chiaramente non politica) nei confronti di un Sindaco che si è visto preannunciare, e poi crollare addosso, una decisione gravissima per il nostro futuro di cittadini. Ma proprio la ripetizione di questo copione - nelle scelte cui si è dato corso, perché bisognerebbe fare un bilancio inclusivo anche di quelle che sono rimaste sulla carta, come la metrotramvia - mi spinge a rintenere ormai giunto il tempo di terminare un'esperienza amministrativa fallimentare, il cui protrarsi farà più male alla città di quanto non ne farebbe il riportare la parola alle urne.

Nella vita delle persone, arrivano momenti in cui è opportuno, se non necessario, tracciare un bilancio delle proprie azioni, e soprattutto delle conseguenze che queste hanno determinato. Valutare con occhi limpidi se la rotta che si è tracciata conduce in una direzione costruttiva o se, viceversa, destina noi e coloro che da noi dipendono al naufragio. Signor Sindaco, questo è uno di quei momenti. Se ha veramente a cuore le sorti della città, rimetta il suo mandato. Dia a Como la possibilità di ripartire in un'altra direzione, con nuove forze, con nuovi mezzi. Sia Lei ad evitare a questo dibattito di concludersi con la conferma di una fiducia posticcia, che connoterebbe di ulteriore ipocrisia il periodo terminale, improduttivo e paralizzante della sua esperienza amministrativa. In questo senso il suo non sarebbe un gesto di rinuncia, di abbandono, né tantomeno di viltà. La situazione è bloccata; Lei ha la possibilità di fare uscire la città da questo stallo. Lo faccia, in nome del bene comune. Glielo chiede, serenamente, uno che è pronto, per queste stesse ragioni, a vedere concluso il proprio mandato di consigliere iniziato solo un mese fa.