Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

sabato 13 novembre 2010

Disastri annunciati

La preservazione del patrimonio culturale, la cura dell'ambiente, la messa in sicurezza delle aree a rischio geologico, sono esigenze superflue di pochi “fissati”? Non opportunità da cogliere e rilanciare, ma solo lussi che il Paese in crisi non può più permettersi? A leggere l'annuncio degli stanziamenti governativi per queste voci c'è da rabbrividire, come nel caso dei bilanci del dicastero dell'Ambiente: dai 1.649 milioni del 2008 si è scesi per l'anno in corso a 738 (meno della metà), prevedendo di giungere a poco più di 500 per gli anni a venire. E, confessiamolo, non abbiamo mai avuto la sensazione che in precedenza si scialasse.
Cosa questo significhi in termini concreti, lo annuncia da tempo il ministro Prestigiacomo: almeno la metà dei parchi naturali verranno chiusi, mancando anche i soldi per saldare le bollette. L'Istituto superiore per la ricerca ambientale (Ispra) non ha più i fondi necessari a pagare interamente gli stipendi, né tantomeno le convenzioni esterne. Perciò, niente più monitoraggio del territorio, o quasi. Niente più soldi a bilancio per alcuna bonifica (meno 3 miliardi), e per una serie di altri progetti; restano circa 900 milioni per il disastro idrogeologico, comunque il 20% in meno.
Questa è una logica da efficienti amministratori, desiderosi di razionalizzare la spesa pubblica, o è un procedere da massacratori scriteriati, capaci di “tagli orizzontali” ma non di interventi mirati? È davvero sensato dissipare la risorsa preziosa e ineguagliabile delle bellezze del territorio e del patrimonio artistico, anziché rilanciare l'economia turistica con un adeguato piano di investimenti (fatto non solo di marketing, slogan, loghi e simboli), valorizzando tali risorse, creando posti di lavoro e, possibilmente, prevenendo disastri che, quando si verificano, provocano lutti e aggravi di spesa ben maggiori dei risparmi fasulli? Ma si è scoperto che a tranquillizzarci, in caso di calamità, bastano meri annunci di stanziamenti, qualche comparizione mediatica e appelli alla generosità privata. Quanto al rilancio dell'economia nel medio e lungo termine, questa politica lo ignora del tutto, dato che i posti da preservare veramente sembrano solo quelli del sottobosco partitico, che pensare al futuro oltre le prossime elezioni non porta voti di clienti interessati, e che la gente la persuadi raccontandogli ancora la favola un po' logora che non gli metti le mani in tasca. Ammesso e non concesso che le tasche restino intatte, l'inarrestabile disfacimento di tutto il resto davvero non si paga, e salato?
Qualcuno ha detto di recente che questo, più che l'esecutivo del “fare”, è il governo del “fare finta”. Come dargli torto?