Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

lunedì 27 maggio 2013

CoCoCo 2013-10: Operato della giunta e funzionamento degli uffici

Ritorno ancora sui lavori per l’attraversamento pedonale in via Bellinzona, di fronte a Villa Olmo: ad un passo dall’essere terminati, sono ormai da due mesi abbandonati, circondati dalle protezioni di cantiere, e tutto trasmettono fuorché un’immagine di efficienza. Da varie settimane avevo segnalato la questione all’assessorato (che ha dato anche pubbliche spiegazioni di ordine tecnico alla stampa), e giustamente è approdata all’aula anche nelle scorse preliminari. Non mi soffermo perciò sulla evidente necessità di procedere, ma vorrei prendere spunto da questa vistosa carenza, che va oltre la volontà e forse anche i poteri dell’assessore competente, per richiamare l’attenzione del Consiglio e soprattutto della Giunta sul fatto notorio che il nostro è un operato politico, i cui esiti concreti dipendono strettamente dall’efficienza degli uffici e dalla capacità di tradurre le deliberazioni in atti.
Va quindi ribadito con forza che il tema del funzionamento degli uffici risulta tutt’altro che secondario, anzi è centrale per “cambiare passo” a Como, secondo quanto ci siamo ripromessi nel nostro programma elettorale. Sappiamo per esperienza comune che, lungi dall’essere ottimale, esso presenta ampie differenziazioni a seconda dei settori. Che vi sono competenze eccellenti, ed altre meno; che, accanto a chi lavora con passione ed impegno, possono esservi situazioni di criticità. Anche il problema della carenza di organico, naturalmente, può accentuare talune disfunzioni.
In breve: pur sapendo che quella della riorganizzazione interna è una delle priorità nella quale gli assessorati si stanno impegnando, vorrei rimarcare che questa deve passare per la valutazione dei risultati effettivi, e soprattutto che il sistema di incentivazione non può più essere utilizzato come nel passato decennio, con livelli sistematicamente ancorati ai massimi al punto che, come si è letto il mese scorso, il ministero dell'Economia avrebbe richiesto al Comune la restituzione di quasi un milione di euro che sarebbe stato versato indebitamente ad alcuni dipendenti. È evidente che gli automatismi non sono in alcun caso un incoraggiamento ad una maggiore efficacia della prestazione, ma al contrario favoriscono inerzie, se non atteggiamenti di opposizione all’innovazione e alla qualità.
Gli assessori e il Sindaco sono in prima linea, “ci mettono la faccia” nei confronti della cittadinanza, come suol dirsi, e opportunamente devono essere giudicati per la direzione che hanno saputo imprimere all’attività amministrativa. Ma sarebbe intollerabile che i propositi venissero sistematicamente intralciati da passività e inefficienze.
Incoraggio e sollecito quindi la Giunta a fare un sistematico ricorso alla valutazione accurata dell’efficienza degli uffici in relazione ai progetti che stanno realizzando, operando se necessario gli ulteriori risparmi di cui il Comune ha bisogno anche e proprio laddove i risultati palesemente non siano raggiunti. Abbiamo tutti in mente quali valutazione e ricompense abbiano ricevuto in passato i costruttori del “Muro” – un vero scandalo! – perciò non aggiungo altro.
È un appello che faccio non solo e non tanto da sostenitore di questa maggioranza, quanto da cittadino che reclama il buon funzionamento della macchina amministrativa ed una qualità del servizio elevata, o almeno adeguata, che non nasce da sola, ma passa attraverso la responsabilità delle persone. Che il merito vada incentivato è un principio sacrosanto, ma che produce buoni frutti solamente se lo si fa funzionare anche nella direzione opposta.

lunedì 20 maggio 2013

CoCoCo 2013-[9]: Modifiche al regolamento di contabilità

Dopo aver contato varie volte fino a dieci, non ho portato in aula questo intervento per evitare ulteriori repliche polemiche, non perché non fossi estremamente perplesso per il tenore di molte osservazioni. Ho voluto risparmiare una decina di minuti, più le conseguenze, in un dibattito protrattosi troppo a lungo e con esiti pochissimo proficui per la città. Lo lascio qui, a futura memoria che qualche consigliere si trattiene, ogni tanto...
* * *
Bisogna dare atto che i numerosi interventi dell’opposizione, con contorno di eloquenti striscioni, hanno ottenuto un importante risultato politico: denunciare l’intenzione della maggioranza di trasformare quest’aula forse grigia, forse sorda, ma certamente non muta, in un “bivacco di manipoli”. Ma è veramente così?
Piuttosto che una discussione nel merito, volta magari a proporre una tempistica alternativa più adeguata, è sembrata una gara a chi la sparava più grossa, in tema di attacco alla democrazia, di limitazioni delle prerogative del Consiglio Comunale, addirittura di passi fatali verso il ritorno del fascismo, e soprattutto di umiliazione della sempre generosa volontà di collaborazione che dai banchi dell’opposizione fluisce come un balsamo a sanare le tante storture di una maggioranza chiusa ed ostinata. A nulla sono valse le ripetute assicurazioni dell'Assessore che quella in discussione è una proposta, che può benissimo essere corretta; a nulla, temo, varranno le eventuali modifiche che dalle fila stesse della maggioranza mi sembra si vogliano presentare. Troppo ghiotta è l'occasione di protestare, di raffigurarsi come vittime di un diktat odioso, presentato qui allo scopo di mettere un bavaglio a voci tanto soavi e gentili quanto incontenibili, che si vedrebbero costrette ora ad adattarsi ai limiti di una normativa della discussione un poco più stringente: normativa, si badi bene, certamente opinabile, ma non certo folle, dato che è la stessa adottata da decine di altri Comuni.
Come dirglielo, a questi altri Consigli, che hanno ucciso la democrazia al loro interno non consentendo di subemendare all’infinito? E come possono sopravvivere, accettando di avere una tempistica regolata, potendo così sapere prima – e non all’ultimo istante – quali variazioni esattamente vengono proposte? Quale umiliazione, infine, viene inflitta all’attuale collegio dei revisori, accusato implicitamente di non saper più lavorare alla velocità supersonica di altre felici epoche passate, quando forse bastava uno sguardo per esprimere pareri oculatissimi!
Si è detto apertis verbis che nessun comune imporrebbe una tempistica così restrittiva, menzionando espressamente altri regolamenti di contabilità, tra i quali quello della vicina Lecco. Peccato che all'art. 61 si legga testualmente (comma 3) che “Ciascun consigliere, entro l'ottavo giorno precedente a quello dell'adunanza stabilita per l'approvazione del bilancio, può presentare emendamenti allo schema di bilancio consegnandoli all'Ufficio protocollo del Comune. Ogni emendamento deve tenere conto dei principi dell'ordinamento contabile [...]” in modo da trasmetterne il testo, “con il parere di regolarità tecnica e contabile del Responsabile della Divisione Servizi Finanziari e del Collegio dei revisori […] entro il quinto giorno precedente a quello stabilito per l'adunanza di approvazione del bilancio, in copia al Sindaco, all'Assessore al bilancio, alla giunta comunale, al presidente del Consiglio Comunale ed ai capigruppo consiliari”. Che pretesa inaudita! Qualcuno corra a Lecco a informare la popolazione che questi tempi sono una inammissibile camicia di forza imposta alla libertà d'improvvisazione (eletta evidentemente a criterio guida dell'attività democratica).
Dunque sono questi, i mali inenarrabili che vengono dalla proposta illustrata dall’Assessore? E quali argomenti sono poi sottoposti a questi tremendi rischi? Stiamo parlando esclusivamente del bilancio e delle sue variazioni! Dite pure che si tratta di un documento fondamentale dell'amministrazione: è verissimo. Ma concretamente si tratta di un ambito in cui le proposte di emendamento sono espresse nei termini dello spostamento di cifre da un impiego all’altro. Ognuna di queste proposte è legittima e meritevole di considerazione; ma di certo non siamo di fronte a delicate questioni di coscienza, né a complessi tentativi di articolare la tutela dei diritti umani fondamentali: sono emendamenti che possono anche essere presentati a mazzi, e il regolamento non ostacola minimamente questa possibilità, rispettando così pienamente il pluralismo, al contrario delle temerarie affermazioni risuonate in quest'aula. Ma sarebbe forse saggio evitare di rimodularli continuamente, con scostamenti minimi che a volte – lo si è visto spesso in passato – risultano dichiaratamente pretestuosi: è quanto di fatto avviene lasciando campo ad un’incontrollata proliferazione di subemendamenti dell’ultimo minuto.
La proposta di variazione al regolamento a mio avviso evidenzia invece una sola reale finalità, ampiamente condivisibile: evitare per quanto possibile l’improvvisazione, la rincorsa affannosa alla trovata estemporanea, se non alla ripicca del momento. Si tratta di realizzare un rispetto sostanziale del consiglio e delle sue prerogative, consentendogli di lavorare meglio, e non solo delle esigenze del collegio dei revisori. Di avere cioè un quadro complessivo della serie delle proposte di modifica, una serie che sappiamo di regola assai nutrita, per valutarli con piena cognizione di causa. Peraltro temo che quella di rendere più efficiente e veloce, meno logorante e farraginosa la trattazione e l’ordine dei nostri lavori sia un'apprezzabile intenzione, ma di realizzazione ben difficile anche con questa variante. Se i colleghi di maggioranza temono davvero che la proposta in discussione limiti le prerogative dei consiglieri, li esorto a credere meno alla propaganda e al copione che abbiamo sentito recitare. Perché tutto continua a dipendere dalla volontà di ciascuno di noi di non utilizzare quest'aula come un palcoscenico, ma di concentrarci su dati di fatto; di praticare maggiore sobrietà ed essenzialità; di comprendere che quasi sempre la maggiore efficacia di una proposta corrisponde anche alla capacità di argomentare sinteticamente, senza confondere la quantità con la qualità, e che il rispetto dei tempi serve in definitiva a farci tutti lavorare meglio. Non illudiamoci, dicevo. C'è da giurare che chi ama passare piacevolmente le notti esaminando frotte di emendamenti sarà accontentato, e comunque la storia di questo consiglio ha mostrato che ci sono tante altre opzioni per assicurarsi cinque minuti in più di microfono.

giovedì 16 maggio 2013

Premier e segretario PD uniti: è questo il problema?

Leggo considerazioni pensose e anche sensate sul mantenimento o meno della coincidenza nel PD tra la figura del candidato premier e quella del segretario di partito. Cosa che non piace a Matteo Renzi, per cui vi è chi auspica "un confronto duro, ma su contenuti, strategie, rigenerazione etica, fra candidati molto competitivi e credibili [...] per definire e qualificare la prospettiva del partito", e chi ricorda le scelte fondative nell'architettura del PD e le analogie con altri sistemi, europei e non.
Ma è questo il problema? O lo è la distanza siderale tra i principi e la prassi (e la qualità umana, verrebbe da aggiungere)? "Un fermo anzi fermissimo controllo del partito è essenziale alla stabilità e forza del premier", e si potrebbe essere d'accordo. Ma non è che forse, ma forse, anche l'unificazione dei due ruoli giova a poco in uno strano partito che (a parte le belle parole dello statuto) un istante dopo che ha eletto un segretario comincia a darsi da fare per impallinarlo? Con una dialettica interna che tutto è, fuorché interna? Un partito che non ha esitato neppure a far fuori il suo padre fondatore? Forse, eh, dico forse?

sabato 4 maggio 2013

La "via stretta" del PD

Il Partito Democratico ha vissuto in queste settimane i momenti più difficili della sua storia già tormentata. Il merito di aver tentato l'incontro di tradizioni politiche importanti e diverse, ma non incompatibili, e di aver favorito la partecipazione attraverso le primarie non sembra più sufficiente a giustificarne l'esistenza. Massimo Cacciari auspica una "bella divisione consensuale" tra le anime del PD, definito un bel progetto che non può funzionare, anche perché l'astro nascente di Renzi troverà sempre un'opposizione della metà del partito. Si facciano due bei nuovi partiti, dove gli "ex" si sentirebbero finalmente a casa! A ben vedere, questi rischiano di essere già "vecchi", perché mossi da logiche identitarie che appartengono al secolo scorso; però è vero che questo spirito di chiusura alberga ancora nell'attuale PD a vari livelli. Nei vertici, con inamovibili “intelligenze superiori” o antichi signori delle tessere che cercano di replicare il proprio potere per cooptazione. Ma anche nella base che, comprensibilmente sconvolta da un'incredibile serie di errori strategici, è tentata di alimentare il risentimento verso chi sta un poco più "a destra" o "a sinistra", imputandogli tutti i mali che affliggono il partito ed invocandone la cacciata.
Sembra venuta meno la capacità di essere un partito aperto e plurale, composito nelle sue motivazioni, ma capace di scelte progettuali coraggiose e talvolta inedite, adeguate alla novità dei gravi problemi di oggi. Le diverse tradizioni politiche non dovevano riprodurre logiche di appartenenza superate, ma operare sul terreno della razionalità e del confronto, ispirandosi ad un rigoroso metodo laico, mettendo in risalto i valori prioritari della gratuità, della competenza, della condivisione progettuale. Le elezioni primarie hanno avuto un posto importante, ma non si capisce se abbiano caratterizzato in modo profondo l’essenza del partito. Il confronto su molti nodi importanti o non è mai avvenuto, o si è espresso in forme assai timide, spinti dalle urgenze del momento.
Si terrà a breve un congresso: ma se le stesse persone che hanno armato la mano dei siluratori di Prodi vorranno di fatto azzerare i pochi passi in avanti e le faticose conquiste di rinnovamento, il risultato sarà la condanna all'estinzione per un PD sempre più ripiegato su se stesso. La “porta stretta” attraverso la quale passare è necessariamente quella di un completo ricambio generazionale, non solo anagrafico, ma soprattutto di mentalità, condotto da “nativi democratici” come lo sono tanti militanti che non rimpiangono nulla dei partiti di provenienza e non vogliono replicarne le logiche.
Altrimenti sarà solo fatica sprecata.

giovedì 2 maggio 2013

La lobby delle armi: mani insanguinate, ma piene di dollari...

La Keystone Sporting Arms di Milton, in Pennsylvania, è l'azienda che produce il fucile giocattolo "Crickett" calibro 22, con il quale a Burkesville, in Kentucky, un bimbo di 5 anni ha sparato alla sorellina più piccola, uccidendola.
A parte l'ovvio interrogativo sulle capacità intellettive dei genitori e di un'opinione pubblica che incoraggia queste iniziative commericiali, possibile che chi progetta e destina specificamente un'arma al mondo dei minori (viva la libertà d'impresa!) non sia poi tenuto a rispondere in solido di ogni uso improprio e di ogni conseguenza sia pur accidentale degli strumenti di morte che produce? Si può comprendere in astratto che un adulto sia ritenuto responsabile dell'uso che fa delle armi (e al diavolo le vittime e l'evidenza delle statistiche nefaste, siamo eredi dei cowboys e degli sceriffi...) ma un bambino?