
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
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sabato 4 maggio 2013
La "via stretta" del PD
Il Partito Democratico ha vissuto in queste settimane i momenti più difficili della sua storia già tormentata. Il merito di aver tentato l'incontro di tradizioni politiche importanti e diverse, ma non incompatibili, e di aver favorito la partecipazione attraverso le primarie non sembra più sufficiente a giustificarne l'esistenza. Massimo Cacciari auspica una "bella divisione consensuale" tra le anime del PD, definito un bel progetto che non può funzionare, anche perché l'astro nascente di Renzi troverà sempre un'opposizione della metà del partito. Si facciano due bei nuovi partiti, dove gli "ex" si sentirebbero finalmente a casa! A ben vedere, questi rischiano di essere già "vecchi", perché mossi da logiche identitarie che appartengono al secolo scorso; però è vero che questo spirito di chiusura alberga ancora nell'attuale PD a vari livelli. Nei vertici, con inamovibili “intelligenze superiori” o antichi signori delle tessere che cercano di replicare il proprio potere per cooptazione. Ma anche nella base che, comprensibilmente sconvolta da un'incredibile serie di errori strategici, è tentata di alimentare il risentimento verso chi sta un poco più "a destra" o "a sinistra", imputandogli tutti i mali che affliggono il partito ed invocandone la cacciata.
Sembra venuta meno la capacità di essere un partito aperto e plurale, composito nelle sue motivazioni, ma capace di scelte progettuali coraggiose e talvolta inedite, adeguate alla novità dei gravi problemi di oggi. Le diverse tradizioni politiche non dovevano riprodurre logiche di appartenenza superate, ma operare sul terreno della razionalità e del confronto, ispirandosi ad un rigoroso metodo laico, mettendo in risalto i valori prioritari della gratuità, della competenza, della condivisione progettuale. Le elezioni primarie hanno avuto un posto importante, ma non si capisce se abbiano caratterizzato in modo profondo l’essenza del partito. Il confronto su molti nodi importanti o non è mai avvenuto, o si è espresso in forme assai timide, spinti dalle urgenze del momento.
Si terrà a breve un congresso: ma se le stesse persone che hanno armato la mano dei siluratori di Prodi vorranno di fatto azzerare i pochi passi in avanti e le faticose conquiste di rinnovamento, il risultato sarà la condanna all'estinzione per un PD sempre più ripiegato su se stesso. La “porta stretta” attraverso la quale passare è necessariamente quella di un completo ricambio generazionale, non solo anagrafico, ma soprattutto di mentalità, condotto da “nativi democratici” come lo sono tanti militanti che non rimpiangono nulla dei partiti di provenienza e non vogliono replicarne le logiche.
Altrimenti sarà solo fatica sprecata.
Sembra venuta meno la capacità di essere un partito aperto e plurale, composito nelle sue motivazioni, ma capace di scelte progettuali coraggiose e talvolta inedite, adeguate alla novità dei gravi problemi di oggi. Le diverse tradizioni politiche non dovevano riprodurre logiche di appartenenza superate, ma operare sul terreno della razionalità e del confronto, ispirandosi ad un rigoroso metodo laico, mettendo in risalto i valori prioritari della gratuità, della competenza, della condivisione progettuale. Le elezioni primarie hanno avuto un posto importante, ma non si capisce se abbiano caratterizzato in modo profondo l’essenza del partito. Il confronto su molti nodi importanti o non è mai avvenuto, o si è espresso in forme assai timide, spinti dalle urgenze del momento.
Si terrà a breve un congresso: ma se le stesse persone che hanno armato la mano dei siluratori di Prodi vorranno di fatto azzerare i pochi passi in avanti e le faticose conquiste di rinnovamento, il risultato sarà la condanna all'estinzione per un PD sempre più ripiegato su se stesso. La “porta stretta” attraverso la quale passare è necessariamente quella di un completo ricambio generazionale, non solo anagrafico, ma soprattutto di mentalità, condotto da “nativi democratici” come lo sono tanti militanti che non rimpiangono nulla dei partiti di provenienza e non vogliono replicarne le logiche.
Altrimenti sarà solo fatica sprecata.
lunedì 5 novembre 2012
CoCoCo 2012-6: Intervento su mozione per il taglio dei trasferimenti pubblici ai partiti
È vero che il testo in discussione non attiene a materie direttamente governate da questo consiglio e dall'amministrazione cittadina, ma vale ad esprimere un'indicazione forte nei confronti di una tendenza deleteria e pericolosa, da parte di alcuni settori della politica, all'abuso delle risorse necessarie per il funzionamento delle istituzioni democratiche.
Ho detto risorse necessarie: non vogliamo sostenere posizioni estreme e anche poco realistiche, come l'azzeramento dei compensi per tutte le cariche elettive, per la ragione che aprirebbero la via ad una pratica della politica come riservata a pochi. D'altra parte il finanziamento dell'attività politica può avere una dimensione ragionevole (e viene del resto prevista in tutte le democrazie compiute) e deve avere come misura quella di coprire solo le vere spese inerenti l'attività a favore della collettività, la diffusione delle idee e dei programmi, lo studio dei problemi e l'elaborazione di soluzioni, grazie anche all'apporto di competenze specialistiche, che non si improvvisano. Al di là di un sobrio sostentamento dell'impegno di chi non vuole trarre dalla politica i mezzi per l'arricchimento o un supposto avanzamento sociale non si deve andare. E gli approfittatori dovrebbero essere cacciati dai partiti che non vogliono diventare... delle fogne.
Un esempio luminoso lo avremmo tutti, davanti agli occhi: quello offerto dai padri fondatori della repubblica, in un'epoca di oggettive difficoltà per un paese bisognoso di ricostruzione, capaci di ostentare uno stile fatto di semplicità e di modestissimi rimborsi ed esenzioni, quelli più strettamente connessi all'attività parlamentare. A volte neppure di quelli.
La cronaca dei recenti decenni ha visto invece una sostanziale degenerazione dell'attività politica, intesa sempre più come occupazione dei centri di potere e di controllo della spesa pubblica, che non a caso è andata gonfiandosi a dismisura, favorendo il male parallelo di una corruzione crescente. La “Milano da bere” che fu a suo tempo elevata a paradigma di un successo amministrativo ed elettorale, e che era in realtà guasta fin nelle fondamenta. Credo che la maggior parte di noi si fosse illusa, negli anni di Tangentopoli, che questo aberrante fenomeno potesse trovar fine. Amaramente dobbiamo constatare che non è stato così, e che anzi sono state elaborate forme sempre nuove di saccheggio dei beni pubblici. Lasciando ora da parte i mille scandali legati all'attività di faccendieri in stretta connivenza con alcuni centri di potere politico, resta comunque intollerabile il caso recente di consigli regionali capaci di moltiplicare le spese per i gruppi oltre ogni parvenza di senso, proprio nel segno dell'arraffare a man bassa, finché ancora c'è qualche risorsa. Vi sono in Italia intere regioni e capoluoghi di provincia in deficit profondo, non per aver subito particolari catastrofi, ma perché gestiti con una concezione familistica e clientelare del potere, che dispensa prebende, consulenze, posti di lavoro più o meno inutili al sottobosco di una politica sempre più vorace.
Il “listino” delle ultime elezioni lombarde, finalmente abolito, ha del resto messo in luce anche queste modalità di selezione assurdamente votata a premiare con stipendi pubblici di peso che sarebbe eccessivo anche per ottimi amministratori, anche e sopratutto personalità inette e rapaci, che hanno ottenuto tale privilegio per meriti (se di meriti si può parlare) che non si possono certo considerare legati al servizio pubblico. Infine, l'inconcepibile libertà senza controllo di cui hanno potuto approfittare alcuni tesorieri di partito per accaparrarsi risorse da gestire sempre contro il pubblico interesse, e spesso anche contro quello dei loro partiti, fa capire con chiarezza che è venuto il momento di finirla con questo andazzo.
Non è il consiglio comunale di Como che può intervenire direttamente in merito. Ma l'invito che con questa mozione si rivolge al sindaco affinché in tutte le sedi opportune faccia presente l'imbarazzo e lo scandalo che la politica “vera” prova nei confronti di quella disonesta ed approfittatrice, credo sia comunque opportuno e sensato. So che il Sindaco lo condivide appieno e che non lascerà diventare lettera morta questo nostro indirizzo. In questo modo, oltre che con il nostro comportamento di cittadini e di amministratori, speriamo di contribuire un poco al necessario ed indifferibile rinnovamento della politica italiana.
Ho detto risorse necessarie: non vogliamo sostenere posizioni estreme e anche poco realistiche, come l'azzeramento dei compensi per tutte le cariche elettive, per la ragione che aprirebbero la via ad una pratica della politica come riservata a pochi. D'altra parte il finanziamento dell'attività politica può avere una dimensione ragionevole (e viene del resto prevista in tutte le democrazie compiute) e deve avere come misura quella di coprire solo le vere spese inerenti l'attività a favore della collettività, la diffusione delle idee e dei programmi, lo studio dei problemi e l'elaborazione di soluzioni, grazie anche all'apporto di competenze specialistiche, che non si improvvisano. Al di là di un sobrio sostentamento dell'impegno di chi non vuole trarre dalla politica i mezzi per l'arricchimento o un supposto avanzamento sociale non si deve andare. E gli approfittatori dovrebbero essere cacciati dai partiti che non vogliono diventare... delle fogne.
Un esempio luminoso lo avremmo tutti, davanti agli occhi: quello offerto dai padri fondatori della repubblica, in un'epoca di oggettive difficoltà per un paese bisognoso di ricostruzione, capaci di ostentare uno stile fatto di semplicità e di modestissimi rimborsi ed esenzioni, quelli più strettamente connessi all'attività parlamentare. A volte neppure di quelli.
La cronaca dei recenti decenni ha visto invece una sostanziale degenerazione dell'attività politica, intesa sempre più come occupazione dei centri di potere e di controllo della spesa pubblica, che non a caso è andata gonfiandosi a dismisura, favorendo il male parallelo di una corruzione crescente. La “Milano da bere” che fu a suo tempo elevata a paradigma di un successo amministrativo ed elettorale, e che era in realtà guasta fin nelle fondamenta. Credo che la maggior parte di noi si fosse illusa, negli anni di Tangentopoli, che questo aberrante fenomeno potesse trovar fine. Amaramente dobbiamo constatare che non è stato così, e che anzi sono state elaborate forme sempre nuove di saccheggio dei beni pubblici. Lasciando ora da parte i mille scandali legati all'attività di faccendieri in stretta connivenza con alcuni centri di potere politico, resta comunque intollerabile il caso recente di consigli regionali capaci di moltiplicare le spese per i gruppi oltre ogni parvenza di senso, proprio nel segno dell'arraffare a man bassa, finché ancora c'è qualche risorsa. Vi sono in Italia intere regioni e capoluoghi di provincia in deficit profondo, non per aver subito particolari catastrofi, ma perché gestiti con una concezione familistica e clientelare del potere, che dispensa prebende, consulenze, posti di lavoro più o meno inutili al sottobosco di una politica sempre più vorace.
Il “listino” delle ultime elezioni lombarde, finalmente abolito, ha del resto messo in luce anche queste modalità di selezione assurdamente votata a premiare con stipendi pubblici di peso che sarebbe eccessivo anche per ottimi amministratori, anche e sopratutto personalità inette e rapaci, che hanno ottenuto tale privilegio per meriti (se di meriti si può parlare) che non si possono certo considerare legati al servizio pubblico. Infine, l'inconcepibile libertà senza controllo di cui hanno potuto approfittare alcuni tesorieri di partito per accaparrarsi risorse da gestire sempre contro il pubblico interesse, e spesso anche contro quello dei loro partiti, fa capire con chiarezza che è venuto il momento di finirla con questo andazzo.
Non è il consiglio comunale di Como che può intervenire direttamente in merito. Ma l'invito che con questa mozione si rivolge al sindaco affinché in tutte le sedi opportune faccia presente l'imbarazzo e lo scandalo che la politica “vera” prova nei confronti di quella disonesta ed approfittatrice, credo sia comunque opportuno e sensato. So che il Sindaco lo condivide appieno e che non lascerà diventare lettera morta questo nostro indirizzo. In questo modo, oltre che con il nostro comportamento di cittadini e di amministratori, speriamo di contribuire un poco al necessario ed indifferibile rinnovamento della politica italiana.
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