Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

lunedì 23 marzo 2015

CoCoCo 2015-2: Occupazione di suolo e consumo di tempo. Fatti vs. parole

Arriviamo alla fine di una lunga serie di sedute destinate all'approvazione del regolamento per l'occupazione del suolo pubblico. Lo scopo fondamentale, ce lo siamo detti, è quello di contemperare le esigenze dei privati, delle legittime attività economiche, con l'interesse pubblico.
L'obiettivo è stato a nostro avviso pienamente realizzato. Ma quante parole sono state necessarie per arrivarci! Credo appunto che, in conclusione di questa "maratona", la cosa più utile da fare sia proprio questa: distinguere le tante, troppe parole pronunciate in quest'aula dai fatti certi e verificabili.
Il primo fatto: il regolamento esiste ed è un importante risultato politico di questa amministrazione, piaccia o non piaccia.
Un secondo fatto: si è finalmente intervenuti in modo conclusivo dopo anni e anni di inerzia, di quieto vivere, di sostanziale disinteresse. Il coraggio di operare ovviamente espone sempre il fianco a critiche, molto più di chi lascia tutto come sta, o addirittura nasconde la polvere sotto il tappeto. Però le tante, troppe parole di contorno, che abbiamo udito e volte a denigrare la Giunta e egli uffici sono appunto parole: un parere personale e non disinteressato di un'opposizone che si sente già in campagna elettorale e prova a cavalcare tutti i temi possibili in questa chiave: "non sapete lavorare, fate solo disastri, e quel ch'è più grave non ci state ad ascoltare", eccetera. Parole, vuote parole, e troppo numerose.
Sì, perché il terzo fatto è che ci sono volute innumerevoli ore per approvare un testo che certamente poteva essere perfezionato, e lo è stato con il concorso di tutti. Si è forse chiusa a riccio la maggioranza, presentando un testo “blindato”? No: un quarto dato di fatto è stato appunto che, dove si è trovato ragionevole operare dei cambiamenti, le proposte migliorative non sono state respinte, a differenza di quanto adombrato in alcuni interventi polemici.
Un quinto fatto è quello dell'ascolto e della ragionevolezza: senza voler essere inutilmente perentori, si è voluto tener conto delle istanze di chi trae comunque un guadagno dall'occupazione del suolo pubblico, prorogando nel tempo una serie di assolvimenti onerosi, o preoccupandosi di garantire l'equilibrio tra moderne esigenze di concorrenzialità e riconoscimento delle professionalità maturate.
Questi i fatti. Ma torniamo alle parole fiorite in quest'aula: sono state tutte strettamente necessarie? Quando ci si mette più di un mese di sedute non solo per la proposta di modifiche, ma per infarcire con i più vari commenti la discussione con disquisizioni che a volte sono poco più che opinabili dettagli, quando si passano le ore a sentir sproloquiare di stile sovietico, di giovanili visite al gabinetto, di fiori di plastica partoriti dalla fantasia dell'oratore, ma non certo presenti nella regolamentazione che si è discussa: a chi possiede un minimo di concretezza non viene forse il sospetto che si stia esagerando?
Certo, le parole in libertà sono sempre pronte a giustificarsi: "il regolamento è pessimo, è una sciagura, è stato scritto male, bisogna cambiarlo in tutti i luoghi e a tutti i costi", compreso un consumo di tempo che non sembra avere equivalenti nei dibattiti consiliari di altri capoluoghi; ma simili giudizi sono fatti, oppure opinioni interessate? Sono semplici parole della politica, che democraticamente ci è consentito di non condividere. Ma se poi, per evidenti ragioni di contenimento dei tempi, i consiglieri di maggioranza rinunciano a pronunciarsi a loro volta su tutto e a polemizzare sui dettagli più insignificanti, è pronta un'altra raffica di parole per esortarci, in toni tutt'altro che civili, ad alzarci dalla sedia. Dovremmo cadere in queste provocazioni verbali e consumare altro tempo per replicare? No, perché sono aria fritta, e coi fatti hanno poco o nulla a che vedere.
E non è un altro dato di fatto che la maggioranza ha operato una lunga serie di incontri sul presente regolamento, cioè ciascuno di noi ha impiegato ore del suo tempo per comprendere e formulare osservazioni, alcune delle quali hanno anche trovato forma in emendamenti, essendo il frutto di una riflessione condivisa e continuata?
Ma certo: se il regolamento fosse arrivato come un pacchetto preconfezionato e non modificabile, ci sarebbe stato detto che siamo sotto la dittatura della giunta, e noi consiglieri di maggioranza ne siamo i servi (naturalmente ignorando del tutto cosa significhi saper fare squadra, ma è più comodo per le ricostruzioni faziose dipingerci così, perciò ce ne facciamo una ragione e non rimane altro da fare che compatire chi ci rivolge attacchi di questo tenore).
Se invece, come è stato, si tratta di una costruzione compiuta ed organica, ma comunque perfettibile e perciò modificabile, ci vien detto: non sapete lavorare.
Calunniate, calunniate, qualcosa resterà, diceva Voltaire, e prima ancora di lui Bacone. Un metodo adatto alla prossima campagna elettorale, che è già partita e che ha naturalmente bisogno di molte parole: non saranno, alcune di esse, proprio quelle profuse a iosa nelle sedute precedenti, e ancor più in alcune delle ultime dichiarazioni di voto?
Alcune sono state un contributo alla definizione di una soluzione comune. Ma altre si sono rivelate, come si è detto, semplici parole in libertà, che il giudizio degli elettori potrà vedere alla fine smentito dai fatti che questa amministrazione sta producendo e ancor più dalle realizzazioni degli ultimi anni di mandato. Questo giudizio, naturalmente, può esercitarsi da oggi anche su un ultimo dato di fatto: che le nostre interminabili sedute hanno dei costi, sui quali i cittadini sapranno e vorranno esprimere un giudizio. Anche questi sono costi "della politica": sarebbe quindi buona cosa impiegare queste risorse senza limitare il confronto delle opinioni, ma anche, con democratica saggezza, tenere in debito conto che le parole scollegate dai fatti, le mere opinioni tendenziose, a furia di ripeterle ossessivamente e per giunta con debole fondamento nei fatti, a parte lo sfogo della propria vis polemica, prima o poi vengono anche a noia.