Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

sabato 24 aprile 2010

Como ricompensata: nei secoli fedele

Ancora una volta possiamo valutare oggettivamente il peso effettivo della classe politica che governa Como, stavolta nei più ampio contesto della Regione, ed altresì quanto valgano le promesse degli alti papaveri per il nostro territorio. Primo fra tutti il Cavaliere, che aveva garantito telefonicamente a Giorgio Pozzi un posto da assessore nella giunta regionale lombarda. Nulla da ridire sul commento di quest’ultimo, che va interamente sottoscritto: si tratta di “una mancanza di rispetto nei confronti di un territorio che ha sempre dato a questo partito e al governatore Formigoni risultati eccellenti”.
Purtroppo le “mancanze di rispetto”, le disattenzioni, i finanziamenti miseri se paragonati a quelli ricevuti da province vicine, la cronica carenza di infrastrutture, sembrano essere una costante, e non un fatto occasionale, da parte di chi continua a fare il “pieno” elettorale da queste parti.
Ma perché stupirsene? Mettiamoci per un attimo nei panni di questi vertici. Se i voti continuano ad arrivare nonostante i maltrattamenti, se i comaschi continuano a confermare amministrazioni la cui capacità operativa è ormai ridicolmente inadeguata, se bevono tutte le panzane degli alleati “di lotta e di governo”, perché mai impegnarsi per dare altre risorse a questo territorio? Non è più conveniente cercare di creare o rafforzare consensi e clientele altrove, dove la situazione è meno favorevole?
Ai comaschi questa situazione, evidentemente, piace lo stesso. Pensano di guadagnarci? Può darsi: non lasciare mai la via vecchia per la nuova dev’essere per loro un sufficiente motivo di soddisfazione, anche se la via vecchia è letteralmente costellata di buche. Qualcuno penserebbe che, oltre che sonnacchiosi, siano un po’ masochisti, ma è un mero giudizio soggettivo di disfattisti che non hanno colto tutt’attorno a loro la brillante realizzazione del “nuovo miracolo italiano”. Certo che sentire l’ex assessore Caradonna denunciare come semplice illusione e propaganda tutta la vicenda del muro, con la sicumera di chi spera di trovare qualcuno che gli creda, rivela poi per intero a quali esiti conduce questo atteggiamento di acquiescenza: oltre al danno, le beffe…

giovedì 8 aprile 2010

Dì che ti mando io...

E così i sindaci lombardi dei comuni "virtuosi" sono scesi in piazza, in una manifestazione tutt'altro che sguaiata, ma dal chiaro piglio istituzionale e senza divisioni partitiche, per far intendere in qualche modo a un governo duro d’orecchi che così non va. Basta con le restrizioni (molte delle quali francamente irrazionali) imposte dal "patto di stabilità", nella speranza di dare ossigeno ai bilanci, di continuare a garantire servizi essenziali, di contribuire alla lotta alla crisi economica. Loro, almeno, non hanno creato voragini nei conti pubblici, facendoli pagare all'intera collettività, come varie grandi città del Sud ricompensate dai vertici del centrodestra nazionale con elargizioni cieche e sconsiderate, anziché con la bancarotta e la cacciata con ignominia dei cattivi amministratori.
In molti hanno ritenuto paradossale e deludente l’atteggiamento del sindaco di Milano, che si è dichiarata d’accordo nel merito ma non nel metodo. E infatti nella sua posizione c’è del metodo: ha dapprima aderito, poi si è tirata indietro dichiarando di stare “lavorando su altri tavoli”, infine se ne esce addirittura con la conquista di “un incontro con Tremonti”. Davvero un risultato straordinario, ci voleva una diplomatica di rango per ottenerlo. Ma muoversi insieme agli altri sindaci non le garantiva sufficiente visibilità? Temeva forse di inimicarsi qualche ministro? Che dignità rivela il vantare un rapporto privilegiato con le alte sfere, quando l’intero mondo degli amministratori locali già si è mosso mettendo alle strette il governo, e il cercare di attribuirsi il merito di una capace azione personale, con un occhio alle prossime elezioni comunali?
C’è del metodo: peccato che assomigli fin troppo al noto connubio italico di servilismo e raccomandazione (ci penso io, non disturbate il manovratore, metterà tutto a posto un giorno il fantomatico federalismo fiscale), anziché al dignitoso e fermo attegiamento, privo di condizionamenti ideologici, di coloro che denunciano l’assurdità di un vincolo che rende impossibile, pur avendo i soldi, fare investimenti e addirittura pagare alle imprese i lavori già eseguiti! Ma non eravamo governati da chi ha in odio i “lacci e lacciuoli”? E perché non si vede da subito altrettanta austerità nella limitazione delle poltrone e sottopoltrone di governo e nel numero dei parlamentari?