Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 28 maggio 2015

Ancora su intolleranza e comprensione dell'altro

Una breve replica a chi in questi giorni ha inteso manifestare, su Facebook e in altre sedi, il proprio legittimo dissenso dal mio punto di vista, dicendosi preoccupato di posizioni che giudica più o meno "razziste" e discriminatorie, che non dovebbero perciò avere diritto di cittadinanza. 
Posso apprezzare la vostra passione e ritengo che non abbiate intenzione di giustificare chi – in assoluta minoranza – sabato ha cercato lo scontro. Credo però sia un punto su cui riflettere. Da dove nasce questo accanimento contro coloro le cui posizioni non comprendiamo? Siamo sicuri che tenere accesi i toni sia il modo migliore per valorizzare le nostre buone ragioni? Ovviamente non trovi nel mio discorso una condanna di alcuna manifestazione di segno contrario, favorevole cioè all’affermazione del disegno di legge in questione.
Il punto controverso sta evidentemente nel tentativo neanche troppo velato di demonizzare chi dissente e di farne, di fatto, un bersaglio, equiparando tout court la sua posizione a ben note ed esecrabili ostentazioni di razzismo o altre attività aberranti sul piano dei principi costituzionali. Ma i giudici di questa attribuzione, guarda caso, siamo sempre noi.
A me sembra quanto meno opinabile e non molto democratico. Se si fosse tanto sicuri che la presenza nelle piazze delle “Sentinelle” rapresenti un incitamento all’odio (cioè l’unica fattispecie di reato attinente che il nostro ordinamento prevede) si porti il caso davanti a una corte di giustizia. Purtroppo, da gandhiano (carente) e obiettore di coscienza, a me sembra piuttosto di veder trasparire una tentazione sempre presente in noi, me compreso, e che mi sforzo di combattere, quella di ergerci a giudici degli altri, di delegittimare la posizione avversaria individuando un nemico in chi, semplicemente, non riesce a considerare le cose nella nostra prospettiva.
Il dibattito sulle leggi vede fisiologicamente posizioni favorevoli e contrarie: mi sembra l’essenza stessa della democrazia. Se sono certo delle mie buone ragioni, vado incontro alla sfida armato unicamente di esse. Preferisco non cercare scorciatoie che possano ledere l’essenza della libertà di espressione. Mi sembra addirittura controproducente, per un movimento che mira ad estendere l’esercizio dei diritti per le persone che si sono trovate in passato anche pesantemente discriminate, imbracciare armi (quelle della repressione, della censura, se non addirittura dello scontro fisico) che sono state utilizzate proprio per esercitare una odiosa discriminazione.
Se penso alla lotta per l’indipendenza dell’India, soprattutto all’insegnamento della sua luminosa guida, non ho dubbi rispetto alla maggiore efficacia delle battaglie condotte all’insegna della comprensione dell’altro, e comunque nella tolleranza verso ciò che, eventualmente, considero un errore. Meglio, verso colui che secondo me è in errore. Ma anche per chi non condividesse, ripeto che abbiamo la Costituzione repubblicana e le leggi a cui eventualmente appellarsi se ritenete il confronto delle idee uno sforzo inutile. Io semplicemente non riesco a considerarlo tale.

lunedì 25 maggio 2015

CoCoCo 2015-5: Intolleranza e libertà di espressione

Occorre guardare con qualche preoccupazione ad episodi come quelli verificatisi in città sabato scorso, a margine di una delle varie manifestazioni delle cosiddette "Sentinelle in piedi" che, a modo loro, esprimono dissenso contro un disegno di legge, in discussione al Parlamento, riguardante le unioni civili fra persone dello stesso sesso.
A scanso di equivoci, dichiaro subito che non condivido questa posizione, di cui apprezzo solo la modalità assolutamente non violenta che ne caratterizza l'espressione, non i contenuti. Ma si tratta innegabilmente dell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, che non possiamo presumere di voler negare o vietare perché esprime posizioni che non ci aggradano. Può darsi che le intenzioni della trentina di ragazzi che ha provato a raggiungere piazza Grimoldi passando a fianco delle bancarelle del mercatino dei portici Plinio e che è stato allontanto dalle forze dell'ordine, proseguendo poi con cori e striscioni, non fossero particolarmente bellicose. Tuttavia vedo un forte rischio per l'ordiamento democratico, se si comincia a discriminare la libertà di espressione degli altri in base alle proprie convinzioni personali. Un conto è la provocazione di chi si richiama, più o meno velatamente, a ideologie totalitarie e razziste, che non può essere accettata proprio perché mira a sovvertire i valori costituzionali; ben altra cosa è presumere di potersi rapportare aggressivamente o in maniera censoria contro chi manifesta pacificamente idee diverse dalle nostre.
Va certamente ribadito e condiviso l'assunto che i diritti civili vadano sempre meglio compresi ed applicati per tutti, conformemente all'art. 3 della Costituzione, per il quale appunto “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Nel caso in questione, si tratta ovviamente di mantenere fermo anche l'altro principio inossidabile dell'art. 21, che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
È francamente insensato che si richiedano prese di posizione liberticide a questo consiglio, come è avvenuto in un intervento della scorsa settimana nel quale, con grande facilità ed altrettanta superficialità, si voleva estendere la ferma posizione antifascista che il Consiglio stesso ha ribadito con una recente mozione a nuovi divieti contro chi esprime posizioni discutibili, come ve ne sono in ogni dibattito su testi di legge, semplicemente perché esprimono una visione del mondo da noi non condivisa.
È risaputa, e viene talora citata anche nei nostri lavori consiliari, la frase attribuita a Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. Il grande illuminista in realtà non l'ha mai scritta né pronunciata; si tratta di un equivoco generato dall'eccesso di libertà interpretativa di una scrittrice inglese in un volume del 1906.
Infatt Evelyn Beatrice Hall compendiò il pensiero dell'autore del Trattato sulla tolleranza in questa frase: «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it.» (The Friends of Voltaire, 1906, riprendendola anche nel successivo Voltaire In His Letters (1919). Per chiudere la storia di questa falsa citazione, Charles Wirz, Conservatore de "l'Institut et Musée Voltaire" di Ginevra, ricordava nel 1994, che Miss Evelyn Beatrice Hall, mise, a torto, tra virgolette questa citazione in due opere da lei dedicate all’autore di « Candido», e riconobbe espressamente che la citazione in questione non era autografa di Voltaire in una sua lettera del 9 maggio 1939.
Ad ogni modo, prendiamola pure come un indicatore opportuno del nostro attuale senso di civiltà, di inclusività democratica e, appunto, di tolleranza, esattamente come espressa da molti nella recente e drammatica vicenda che ha portato ad affermare la propria solidarietà nei confronti delle vittime del massacro al giornale satirico Charlie Hebdo. Non facciamo quindi due pesi e due misure, secondo l'occasione del momento. Ovviamente possiamo sempre manifestare il nostro “dissenso al dissenso”, ribadire con la forza delle argomentazioni il sostegno ad un disegno di legge che intende estendere i diritti dei cittadini, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Ma non chiedeteci, per favore, di reprimere i dissidenti. Non create ad arte presunti nemici della democrazia in cittadini della Repubblica che attuano un loro diritto inalienabile. Il rischio, come si è visto, è di indicare bersagli per una nuova intolleranza. Vi prego caldamente, fermatevi qui. Non costringete la nostra coscienza democratica a dove dire, un giorno, “sono una sentinella in piedi” per solidarizzare con chi rischia di essere vittima di aggressioni che con l'autentico confronto politico hanno poco a che vedere.

mercoledì 13 maggio 2015

CoCoCo 2015-4: Sul bilancio consuntivo 2015

Ho cercato qualche valida ragione per non votare questo bilancio.
In coscienza, non ne ho trovate e, salvo qualche legittimo spunto di critica, non ne ho neppure ravvisate nel dibattito in quest'aula. Parlo di ragioni valide e convincenti, naturalmente. Se bastasse lamentarsi delle cose non fatte, sorvolare sulla pluralità di interventi realizzati perché li si considera troppo piccoli per il proprio sguardo elevato, riprendere il lamento qualunquista sulla città che non cambia passo, allora saremmo a cavallo. Ma staremmo parlando d'altro, facendo cioè una lettura chiaramente alternativa a priori all'operato di questa amministrazione, e perciò ferma al gioco di ruolo che di fatto disconosce ogni elemento positivo di tale operato.
In sintesi, questo è un bilancio che:
- risente evidentemente di una serie di vincoli esterni che rendono difficile la gestione della spesa corrente;
- riesce però ad evitare la diminuzione dei servizi erogati;
- ha saputo gestire in modo attento la programmazione degli impegni e dei pagamenti sulla competenza;
- ha realizzato un completo monitoraggio dei pagamenti delle opere finanziate negli anni precedenti;
- ha operato in modo significativo la riduzione dell'indebitamento;
- ha avviato una percepibile diminuzione della spesa per il personale.
Tutto è migliorabile. Ma le critiche che ho sentito trascurano volutamente i passi fatti e le difficoltà strutturali. Ho però riconosciuto, in qualche intervento, intenti più costruttivi, quando individuano nel miglioramento dell'efficienza degli uffici il punto chiave sul quale operare, in una prospettiva strategica, per migliorare la qualità del servizio e contemporaneamente liberare risorse.
Dico chiaramente che la valutazione dell'operato degli uffici, non in sé, ma come viene espressa in questo documento, è un vero problema. Infatti l'indicazione della realizzazione percentuale degli obiettivi, è
1) solo debolmente significativa, perché non indica l'effettiva realizzazione di opere, ma solo dei vari segmenti in cui l'azione è suddivisa;
2) difficile da leggere per un profano, senza la contestuale e puntuale indicazione degli obiettivi stessi;
soprattutto 3) facile strumento per le strumentalizzazioni interessate di chi finge di non capire (e ci riesce benissimo), rendendo un discutibile servizio alla sua causa e, a mio giudizio, un pessimo servizio alla città. Ma appunto, è un sistema carente per come è concepito: va modificato in modo radicale, per diventare leggibile pienamente e nei termini corretti, ossia come indicatore di processo e non di risultato.
Così, forse, si contribuirà ad evidenziare l'impegno degli uffici e di una buona parte del personale, al quale dico: non smettete di credere che il vostro lavoro sia necessario e prezioso per la collettività; favorite il miglioramento dei processi; combattete il lassismo, se vi trovate confrontati con esso nell'esperienza quotidiana; non avversate i cambiamenti che vengono proposti per aumentare l'efficienza. La città ve ne sarà grata.
Al Sindaco e alla giunta, nel rinnovare una piena condivisione e fiducia nel loro operato, dico di non demoralizzarsi se una parte dell'opinione pubblica non riesce ancora a percepire l'impegno quotidiano e costante che profondete nel vostro lavoro. In primo luogo non è tutta la cittadinanza. Molti vedono con favore lo stile sobrio e serio con il quale ci si sta muovendo, da operai coscienziosi che operano con il cacciavite e non, come i più bravi a parole pretenderebbero, con la dinamite.
Le tantissime situazioni che si stanno affrontando, e cominciano a trovare una sistemazione visibile; il ripristino, ancora non ottimale ma tangibile, di varie parti della città;la fioritura di iniziative culturali, incoraggiate e messe in rete dall'amministrazione, sono alcuni dei segnali che danno a tanti di noi la netta percezione di vivere in una Como migliore, rispetto a qualche anno fa: non una città perfetta e senza problemi, ma una città che si è messa in cammino per risolverli, che respira più liberamente, che attua forme di partecipazione spontanea e organizzata, e che non si riconosce nel quadro a tinte fosche dipinto in quest'aula. Per questo vi esprimo anche la mia personale gratitudine di cittadino comasco, e vi incoraggio a voler credere ancora nei nostri progetti, a continuare in questo sforzo nonostante le enormi difficoltà. Grazie.

domenica 10 maggio 2015

La politica che cambia le carte in tavola, che noia

Sconcertante. Così si potrebbe definire la lettura delle dichiarazioni pubblicate venerdì 8 maggio  sul “Corriere di Como” da parte di rappresentanti dell’opposizione in merito all’area Ticosa. Nel teatrino della politica, non è una novità: tecnicamente, si chiama “rivoltare la frittata” delle responsabilità. Però le stupidaggini e le falsità sono sempre una mancanza di rispetto nei confronti dei cittadini, e quindi tocca replicare alle accuse ingiuste, infondate e strumentali.
In breve, si dice che “il PD” con “ricatti e ostruzionismo” ha fatto crollare il valore dell’area. Qualcuno  ignora che i prezzi variano nel tempo, e che li fa il mercato, non le chiacchiere dei politicanti? Le fantasie “ricattatorie” non sono fumo per mascherare l’incompetenza di chi governava prima la città? E soprattutto,  se il bene è “guasto” e privo in realtà di valore a causa dell’amianto,  la colpa è di chi lo sta rimettendo a posto, oppure dell’incompetente che  lo spacciava per buono e ha rifilato questa ennesima rogna alla città?
Si propone una laurea honoris causa in economia.
Si aggiunge che bisognava fare “subito” un parcheggio a pagamento per incassare, anziché spendere soldi per la bonifica. Peccato che le procedure, una volta avviate, vadano completate, pena ulteriori sanzioni di cui la città non ha bisogno. Oltretutto si sarebbe chiusa per sempre la porta alle prospettive di riqualificazione dell’area a servizio della comunità, che ancora sembrano aperte. Il parcheggio è l’ipotesi sensata, ma minimalista, che l’amministrazione ha sempre avuto presente, ed è però un ripiego, che sancirebbe doppiamente la dabbenaggine di chi avviò trionfalmente l’operazione Ticosa con fuochi d’artificio e superficialità illimitata. Dovevate farlo allora, verrebbe da dire, se era così semplice!
Si propone una laurea honoris causa in urbanistica.
Infine,  sulle sempiterne accuse di “incapacità” all’amministrazione, è comodo e falso affermare che si fosse assicurata, per le enormi magagne e lo sfacelo che il centrodestra lasciò, una impossibile “soluzione immediata”. Immediata, e costante, è stata però l’applicazione per affrontare i problemi e costruire le soluzioni, anche se con le mani legate dai pesanti vincoli normativi ereditati.  I bilanci comunali, prosciugati dalle bonifiche, ne sanno qualcosa. Grazie ancora, cari ex assessori!
Maghi e miracoli stanno da un’altra parte, e non dubitiamo che li vedremo comparire a mazzi in campagna elettorale. L’amministrazione Lucini fa con pazienza ogni sforzo, e lotta anche contro situazioni impreviste, per venire a capo delle grandi ferite che altri hanno inferto a Como. Non abbiamo paura del giudizio degli elettori, ma le persone sensate capiscono che i risultati, su questi grandi temi, vanno valutati al termine del mandato. Per gli altri, più o meno facinorosi, proponiamo una laurea honoris causa in futurologia.