Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

lunedì 25 maggio 2015

CoCoCo 2015-5: Intolleranza e libertà di espressione

Occorre guardare con qualche preoccupazione ad episodi come quelli verificatisi in città sabato scorso, a margine di una delle varie manifestazioni delle cosiddette "Sentinelle in piedi" che, a modo loro, esprimono dissenso contro un disegno di legge, in discussione al Parlamento, riguardante le unioni civili fra persone dello stesso sesso.
A scanso di equivoci, dichiaro subito che non condivido questa posizione, di cui apprezzo solo la modalità assolutamente non violenta che ne caratterizza l'espressione, non i contenuti. Ma si tratta innegabilmente dell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, che non possiamo presumere di voler negare o vietare perché esprime posizioni che non ci aggradano. Può darsi che le intenzioni della trentina di ragazzi che ha provato a raggiungere piazza Grimoldi passando a fianco delle bancarelle del mercatino dei portici Plinio e che è stato allontanto dalle forze dell'ordine, proseguendo poi con cori e striscioni, non fossero particolarmente bellicose. Tuttavia vedo un forte rischio per l'ordiamento democratico, se si comincia a discriminare la libertà di espressione degli altri in base alle proprie convinzioni personali. Un conto è la provocazione di chi si richiama, più o meno velatamente, a ideologie totalitarie e razziste, che non può essere accettata proprio perché mira a sovvertire i valori costituzionali; ben altra cosa è presumere di potersi rapportare aggressivamente o in maniera censoria contro chi manifesta pacificamente idee diverse dalle nostre.
Va certamente ribadito e condiviso l'assunto che i diritti civili vadano sempre meglio compresi ed applicati per tutti, conformemente all'art. 3 della Costituzione, per il quale appunto “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Nel caso in questione, si tratta ovviamente di mantenere fermo anche l'altro principio inossidabile dell'art. 21, che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
È francamente insensato che si richiedano prese di posizione liberticide a questo consiglio, come è avvenuto in un intervento della scorsa settimana nel quale, con grande facilità ed altrettanta superficialità, si voleva estendere la ferma posizione antifascista che il Consiglio stesso ha ribadito con una recente mozione a nuovi divieti contro chi esprime posizioni discutibili, come ve ne sono in ogni dibattito su testi di legge, semplicemente perché esprimono una visione del mondo da noi non condivisa.
È risaputa, e viene talora citata anche nei nostri lavori consiliari, la frase attribuita a Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”. Il grande illuminista in realtà non l'ha mai scritta né pronunciata; si tratta di un equivoco generato dall'eccesso di libertà interpretativa di una scrittrice inglese in un volume del 1906.
Infatt Evelyn Beatrice Hall compendiò il pensiero dell'autore del Trattato sulla tolleranza in questa frase: «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it.» (The Friends of Voltaire, 1906, riprendendola anche nel successivo Voltaire In His Letters (1919). Per chiudere la storia di questa falsa citazione, Charles Wirz, Conservatore de "l'Institut et Musée Voltaire" di Ginevra, ricordava nel 1994, che Miss Evelyn Beatrice Hall, mise, a torto, tra virgolette questa citazione in due opere da lei dedicate all’autore di « Candido», e riconobbe espressamente che la citazione in questione non era autografa di Voltaire in una sua lettera del 9 maggio 1939.
Ad ogni modo, prendiamola pure come un indicatore opportuno del nostro attuale senso di civiltà, di inclusività democratica e, appunto, di tolleranza, esattamente come espressa da molti nella recente e drammatica vicenda che ha portato ad affermare la propria solidarietà nei confronti delle vittime del massacro al giornale satirico Charlie Hebdo. Non facciamo quindi due pesi e due misure, secondo l'occasione del momento. Ovviamente possiamo sempre manifestare il nostro “dissenso al dissenso”, ribadire con la forza delle argomentazioni il sostegno ad un disegno di legge che intende estendere i diritti dei cittadini, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Ma non chiedeteci, per favore, di reprimere i dissidenti. Non create ad arte presunti nemici della democrazia in cittadini della Repubblica che attuano un loro diritto inalienabile. Il rischio, come si è visto, è di indicare bersagli per una nuova intolleranza. Vi prego caldamente, fermatevi qui. Non costringete la nostra coscienza democratica a dove dire, un giorno, “sono una sentinella in piedi” per solidarizzare con chi rischia di essere vittima di aggressioni che con l'autentico confronto politico hanno poco a che vedere.