Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

domenica 27 giugno 2010

Non lavorare? Stanca (e molto)

Dopo tante polemiche, l'amministratore delegato di Expo 2015, Lucio Stanca, lascia la poltrona che per oltre un anno ha difeso con le unghie e con i denti. Ultimamente si è visto rimproverare anche dal presidente Diana Bracco, che ne ha duramente criticato la gestione per le spese eccessive e per i gravi ritardi nell'organizzazione del progetto. Di fatto Stanca sembra essere stato "sfiduciato". Egli però ha motivato il suo addio non con le contestazioni, ma con la nuova fase del progetto Expo, che è passata "dalla fase di programmazione alla fase di realizzazione", "rendendo superata la figura dell’amministratore delegato, perché gli toglie poteri girandoli alla collegialità dei soci".
Si tratta di una spiegazione logica o piuttosto di un banalissimo giro di parole? Forse che, quando si passa dal dire al fare, è automatico che il carrozzone cambi fisionomia? Funzionano davvero così tutti i consigli di amministrazione normali?
Qualcuno, come il leghista Carioni, ritiene che Stanca avrebbe maturato la decisione soprattutto per l'introduzione, nella manovra finanziaria, del divieto al cumulo di incarichi e di stipendi, essendo costui un parlamentare che non ha mai ritenuto decoroso limitare il proprio appetito accumulatore. Anzi, a qualcuno sembrò che il suo unico impegno, nei primi mesi di gestione, fosse solo quello di difendere (con il compatto blocco del PdL dalla sua parte) la discutibile legittimità di svolgere contemporaneamente svariati alti incarichi, che ai comuni mortali sembrerebbero da soli superare ogni idea di "tempo pieno".
Peraltro, uomini generosissimi come Formigoni dichiarano che quello di Stanca ora "è un gesto di grande dignità". Chi di noi ne dubita? Magari, per convincercene appieno, non vorrebbe cotanto galantuomo avvertire la necessità morale di restituire i quattrini percepiti nei 14 mesi del suo deludente incarico plurimo, come gli ha chiesto Penati? È tuttavia probabile che Stanca non voglia porre simili domande alla sua coscienza, dato che anche in Parlamento egli non risulta essere stato assiduo, presenziando a stento alla metà complessiva delle sedute e addirittura, di recente, non facendosi più vedere. A marzo è mancato ben il 98,15% delle volte, a maggio non si è neppure mostrato, forse perché stava uscendo in libreria un'opera che gli auguriamo possa renderlo immortale: un libro di ricette di cucina.
Chiedere ai suoi capi e ai dirigenti di partito di prendere un'altra strada sarebbe comunque impresa vana. Ci ricordiamo o no che questi politici hanno inventato nel 2001 persino un "ministero per l'attuazione del programma", cosa che in un paese normale sarebbe controllata dal capo del governo o, al più, da un qualche suo funzionario già stipendiato? Ma così non si sarebbero potuti dare gratifiche e poltrone ai vari ex che entravano in scuderia, come l'ex DC Pisanu, seguito dall'ex PSI Caldoro, ed ora dall'ex popolare Rotondi. Per non lasciarlo solo, a quest’ultimo è stata recentemente affiancata come sottosegretario nientemeno che la signora dei salotti milanesi, Daniela Santanché. Come dire, avanti con la produttività!
Ministro Brunetta, si svegli! Lei, che a parole è tanto avverso agli sprechi, si è accorto finalmente dove stanno i veri fannulloni nella cosa pubblica? Ministro Calderoli, forse che gli enti inutili le sfuggono, quando sono di proporzioni gigantesche?

giovedì 17 giugno 2010

Sindaci in guerra

È guerra tra i sindaci di Como e di San Fermo sul canone di 650mila euro annui che l'azienda ospedaliera verserà a quest’ultimo quale contropartita degli oneri che verosimilmente graveranno sul comune ospitante il nosocomio. A parte i toni accesi ed eccessivi, su due cose riferite dai giornali il sindaco Bruni ha perfettamente ragione: in questa vicenda «il senso di responsabilità pubblica è totalmente assente» e «se l'ospedale non aprisse, sarebbe una sciagura e un errore gravissimo», che farebbe ridere tutta Italia. Ma è credibile che tutte le colpe debbano ricadere sul comune limitrofo al capoluogo? Si tratta davvero, come Bruni sostiene con le sue bordate, di «tangenti pubbliche», del «pizzo che va pagato al Comune di San Fermo per poter aver fatto l'ospedale»?
Chissà se il sindaco comasco rinfocola la polemica perché ha a cuore le sorti dei futuri bilanci ospedalieri, o se piuttosto cerca di distogliere l’attenzione dal come e dal perché si è giunti a tale stato di cose. Citiamo ancora: «probabilmente nell'accordo di programma andava puntualizzato meglio, ma allora l'emergenza era non perdere i finanziamenti e comunque non si sapeva dove esattamente sarebbe stato costruito l'ospedale». Impressionanti le analogie con il copione delle paratie (e, speriamo di no, con la Ticosa): bisognava fare in fretta, così non siamo stati molto attenti…
Ma quale professionalità offrono gli uffici tecnici dei nostri enti pubblici, se non riescono a mettere in evidenza fatti tanto banali come una linea di confine tra due comuni? Quale capacità di programmazione possiedono i nostri politici, se non prevedono per tempo le complicazioni più banali che seguono dalle loro avventate delibere? Cosa impediva di trovare un diverso accordo prima di posare la prima pietra, con il consueto codazzo di autorità festanti e la grancassa degli annunci? Mascetti ha buon gioco nel replicare che, in sostanza, Bruni ha firmato un accordo di programma senza capire fino in fondo ciò che comportava: sarà un tantino spregiudicato, ma non fa che portare acqua al suo mulino. Vale la pena di ricordare, per un attimo, come questi politici si sono presentati nelle campagne elettorali: dichiarandosi competenti, capaci, efficienti, operosi, il meglio sulla piazza. Non si dicono forse abituati – a differenza di certi poveri idealisti – a muoversi da professionisti nel complesso mondo degli affari? A trattare con autorità ed organismi di ogni livello con una pretesa perizia? A fare regolarmente a meno di un confronto con la cittadinanza, paghi del mandato elettorale che consente loro di calare dall’alto decisioni di enorme peso, com’è stata appunto la localizzazione del nuovo Sant’Anna?
Un lungo catalogo di mezzi insuccessi sembra smentire questa propaganda: se anche le opere alla fine si realizzeranno, vi sarà una quantità di costi aggiuntivi oppure di ritardi che fa pensare a tutto, fuori che a particolari capacità di curare il pubblico interesse. Anziché contro il proprio collega confinante, allora, sarebbe più produttivo che il sindaco di Como rivolgesse la sua vis polemica contro le storture dell’ultima manovra finanziaria governativa, che affama i comuni scaricando la gran parte dei sacrifici nel taglio dei servizi ai cittadini (benché mi renda conto che questo comporterebbe maggiori rischi per la sua carriera politica), o si dedicasse magari ad un sano ripensamento autocritico.

giovedì 3 giugno 2010

Condonare sempre, condonare tutto

Mai più condoni, spergiurano sempre i nostri governanti. Infatti, puntualmente, vediamo giungere il terzo condono edilizio dell'era berlusconiana, camuffato con il nome suggestivo di “emersione delle case fantasma”. Qualcuno si fregherà le mani, qualcun altro penserà che per fare cassa anche mezzi così immorali siano tollerabili. Il problema non è però la regolarizzazione di qualche vecchio casolare ignoto al catasto, quanto la sanatoria di fatto di centinaia di migliaia di abusi edilizi di ogni dimensione.
Chi sono i fessi in questa vicenda? Manco a dirlo, siamo noi: tutti quei cittadini onesti che hanno costruito nel rispetto delle regole e che pagano puntualmente i tributi. Ma anche l'intero popolo italiano, se si considera che l'abusivismo edilizio fa crescere a dismisura l'insicurezza abitativa del Paese: oggi abbiamo di fatto milioni di persone che vivono in zone a rischio sismico, vulcanico, idrogeologico o in costruzioni dalla sicurezza statica inadeguata.
Chi sono i furbi gratificati per l'ennesima volta dal governo? Evasori piccoli e grandi, va da sé: sono quei vigliacchi che preferiscono far pagare solo agli altri il costo della convivenza civile. Ma è pure la grande criminalità: la vera protagonista delle colate di cemento illegale è soprattutto l'ecomafia, il cui potere viene così rafforzato in tutto il Paese. Si calcola che nell'ultimo trentennio almeno un quinto di tutte le nuove costruzioni italiane sia stata fatta in barba alle norme, una percentuale che si raddoppia nelle regioni meridionali. Fa tristemente riflettere il dato che in Campania ben due terzi dei comuni sciolti dal 1991 a oggi per infiltrazioni criminali siano stati indagati per vicende di abusivismo edilizio.
A fronte di qualche ipotetico centinaio di milioni di euro per il fisco, tutta la nazione subisce perdite economiche e civili incommensurabilmente maggiori. Merito di queste classi dirigenti (e solo un cieco non noterebbe il particolare impegno della destra nel condonare tutto il possibile) impegnate a favorire la devastazione del paesaggio e dell'ambiente in cui viviamo, contro il bene comune e contro le future generazioni, demolendo insieme l'identità nazionale ed il maggiore vantaggio economico che l'Italia ancora possiede, ossia la bellezza del territorio. È una cecità che pagheremo pesantemente, noi e ancor più i nostri figli.