Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 17 giugno 2010

Sindaci in guerra

È guerra tra i sindaci di Como e di San Fermo sul canone di 650mila euro annui che l'azienda ospedaliera verserà a quest’ultimo quale contropartita degli oneri che verosimilmente graveranno sul comune ospitante il nosocomio. A parte i toni accesi ed eccessivi, su due cose riferite dai giornali il sindaco Bruni ha perfettamente ragione: in questa vicenda «il senso di responsabilità pubblica è totalmente assente» e «se l'ospedale non aprisse, sarebbe una sciagura e un errore gravissimo», che farebbe ridere tutta Italia. Ma è credibile che tutte le colpe debbano ricadere sul comune limitrofo al capoluogo? Si tratta davvero, come Bruni sostiene con le sue bordate, di «tangenti pubbliche», del «pizzo che va pagato al Comune di San Fermo per poter aver fatto l'ospedale»?
Chissà se il sindaco comasco rinfocola la polemica perché ha a cuore le sorti dei futuri bilanci ospedalieri, o se piuttosto cerca di distogliere l’attenzione dal come e dal perché si è giunti a tale stato di cose. Citiamo ancora: «probabilmente nell'accordo di programma andava puntualizzato meglio, ma allora l'emergenza era non perdere i finanziamenti e comunque non si sapeva dove esattamente sarebbe stato costruito l'ospedale». Impressionanti le analogie con il copione delle paratie (e, speriamo di no, con la Ticosa): bisognava fare in fretta, così non siamo stati molto attenti…
Ma quale professionalità offrono gli uffici tecnici dei nostri enti pubblici, se non riescono a mettere in evidenza fatti tanto banali come una linea di confine tra due comuni? Quale capacità di programmazione possiedono i nostri politici, se non prevedono per tempo le complicazioni più banali che seguono dalle loro avventate delibere? Cosa impediva di trovare un diverso accordo prima di posare la prima pietra, con il consueto codazzo di autorità festanti e la grancassa degli annunci? Mascetti ha buon gioco nel replicare che, in sostanza, Bruni ha firmato un accordo di programma senza capire fino in fondo ciò che comportava: sarà un tantino spregiudicato, ma non fa che portare acqua al suo mulino. Vale la pena di ricordare, per un attimo, come questi politici si sono presentati nelle campagne elettorali: dichiarandosi competenti, capaci, efficienti, operosi, il meglio sulla piazza. Non si dicono forse abituati – a differenza di certi poveri idealisti – a muoversi da professionisti nel complesso mondo degli affari? A trattare con autorità ed organismi di ogni livello con una pretesa perizia? A fare regolarmente a meno di un confronto con la cittadinanza, paghi del mandato elettorale che consente loro di calare dall’alto decisioni di enorme peso, com’è stata appunto la localizzazione del nuovo Sant’Anna?
Un lungo catalogo di mezzi insuccessi sembra smentire questa propaganda: se anche le opere alla fine si realizzeranno, vi sarà una quantità di costi aggiuntivi oppure di ritardi che fa pensare a tutto, fuori che a particolari capacità di curare il pubblico interesse. Anziché contro il proprio collega confinante, allora, sarebbe più produttivo che il sindaco di Como rivolgesse la sua vis polemica contro le storture dell’ultima manovra finanziaria governativa, che affama i comuni scaricando la gran parte dei sacrifici nel taglio dei servizi ai cittadini (benché mi renda conto che questo comporterebbe maggiori rischi per la sua carriera politica), o si dedicasse magari ad un sano ripensamento autocritico.