Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

sabato 15 gennaio 2011

Al diavolo la Corte Costituzionale (e la democrazia)

All’indomani della sentenza della Corte Costituzionale sul cosiddetto “legittimo impedimento”, è ovvio assistere ai commenti più diversi. Si resta francamente perplessi, tuttavia, nel leggere le dichiarazioni di certi politici, che parlano di un “rovesciamento dei cardini non solo della nostra Costituzione ma di ogni ordine democratico”, mentre altri auspicano che il Parlamento “ripristini l’equilibrio tra i poteri sovrani”.
Ma di cosa vanno cianciando? Che idea ha della democrazia colui che ritiene che la massima autorità in tema di valutazione costituzionale debba accettare supinamente gli obbrobri giuridici generati da una politica profondamente corrotta dal servilismo e dagli interessi di parte? Solo chi ha per norma l’obbedienza cieca a un capo, e la convinzione che i potenti sono “più uguali” degli altri cittadini, può dimenticare che il fondamento della democrazia consiste nella separazione rigorosa tra i poteri e nella reciproca autonomia.
Se anche, in un remoto passato, questi signori avessero letto Montesquieu, si può star certi che preferiscono calpestarlo, in nome di un’attività legislativa instancabilmente piegata alle convenienze di partito o addirittura di singoli individui, che si pretendono intoccabili dalla giustizia e amano appellarsi agli atti di fede dei loro sostenitori piuttosto che alla certezza del diritto. Tra l’altro, converrebbe anche ai ladri di polli o ai bancarottieri consorziarsi in nuovi partiti politici ed invocare la scusa della “persecuzione giudiziaria” per scongiurare le condanne…
Comunque è ormai pressoché certo che i famigerati processi, se anche si dovessero celebrare, vedranno vanificato il lavoro di indagine e il dibattimento dalla tagliola della prescrizione, a suo tempo opportunamente accorciata dagli stessi soggetti. Il mondo è dei furbi. Chissà, forse sarebbe coerente che questo principio sostituisse l’ormai anacronistico “la legge è uguale per tutti” nelle aule di giustizia della nostra disgraziata Repubblica.