Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
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venerdì 29 luglio 2011

Attori

Sin dall'epoca della Commedia dell'Arte, l'Italia ha visto cimentarsi nella pratica della recitazione gran quantità di persone. Anche in tempi recenti, produciamo eccellenti attori di teatro, che purtroppo non raccolgono in genere gli stessi riconoscimenti di quelli, solitamente mediocri, che si dedicano al cinema, o alla banalità assoluta delle fiction televisive.
Vi è però un'ultima categoria di attori, che sembra quella meglio sistemata di tutte. Lo possiamo constatare facilmente in quella serie di episodi sempre più farseschi che la politica nazionale ci sottopone, culminata ora nell'istituzione di pseudo-sedi ministeriali nella Villa Reale di Monza. Vi è il fondato sospetto che ci costeranno care senza servire a niente, ma chi saprebbe rinunciare al quadretto di una classe politica che celebra se stessa e la propria capacità di incantare le masse? I salamelecchi della circostanza, e soprattutto la foto di Bossi che sventola una mazzetta di denaro millantando di “portare i soldi al Nord” ci rivelano meglio ancora delle tante contraddittorie dichiarazioni delle pagine politiche, che alla guida del paese si è installata da anni una simpatica compagnia di guitti in grado di recitare meravigliosamente “a soggetto”, secondo l'estro del momento, nonché abilissimi nell'aggirare sistematicamente i nodi irrisolti di un paese in crisi. E nel piazzare intanto i “figli d'arte” su remunerate poltrone nei vari Consigli politici ed amministrativi, restando sempre in sella e raccontandoci che va tutto per il meglio. Le claques che ancora li applaudono, presumono davvero che l'illusione durerà per sempre? O si ricrederanno, una volta che il sipario sarà bruscamente calato?

sabato 11 giugno 2011

Miracolo (ministeriale) a Milano

Finalmente i nostri problemi cominciano a risolversi. Era ora che l'alta politica partorisse una geniale soluzione a tutte le inefficienze italiane, semplice oltretutto: basta portare due ministeri a Milano, lontano da "Roma ladrona". Si realizzerà un evidente aumento della produttività, un'evidente gratificazione dell'orgoglio padano, e soprattutto un evidente risparmio dei costi. Dite che non è vero?
Ma l'impulso all'economia è garantito: infatti ogni sede pubblica richiede adeguata dignità, quindi posti di lavoro nell'edilizia per creare tanti nuovi palazzi governativi. A meno che, sull'esempio romano, non si preferisca prenderli in affitto a prezzi esorbitanti, beneficando imprenditori senz'altro meritevoli agli occhi di chi decide. Comunque, il denaro gira...
E si vuol negare la possibilità di distribuire nuovi posti di lavoro sui luoghi raggiunti da questa nuova manna? Dato che una parte dei dipendenti romani si accomoderebbe in qualche altro ufficio della Capitale, le strutture milanesi per funzionare dovranno operare indispensabili assunzioni. Il tutto, ne siamo sicuri, senza aggravi per i contribuenti. A chiacchiere: esattamente come è avvenuto negli scorsi decenni con la proliferazione di tante nuove province, che si vede bene quanto abbiano migliorato l'efficienza amministrativa. E infatti da decenni i governi promettono solennemente di abolirle, ovviamente guardandosi bene dal farlo per non provocare la rivolta di tanti professionisti della politica che non saprebbero altrimenti come impiegare il tempo.
A Como, possiamo verificare questa particolare modalità di gestione della cosa pubblica guardando il "Pirellino", il palazzo che la Regione Lombardia ci ha generosamente regalato (coi nostri soldi). Le attività fervono, gli uffici sono gremiti, ogni problema dei cittadini viene tempestivamente risolto presentandosi agli sportelli. Non è assolutamente un mero ufficio di rappresentanza e di distribuzione di prospetti, paragonabile a quello che la stessa regione ha aperto a Bruxelles.
Ma a noi comaschi è altrettanto indispensabile. Dite che non è vero?

giovedì 12 maggio 2011

Volgarità

Saranno anche intemperanze da campagna elettorale, ma un giorno si sente un leader (mi scuso per il vocabolo non padano) bofonchiare un insulto irriferibile nei confronti di un altro con il quale era al governo fino a poco fa, il giorno dopo un tizio da un palco che, mentre ingiuria altri organi dello Stato, accusa addirittura gli avversari politici... di non lavarsi! E sorride, come se dicesse qualcosa di sensato, che riguarda la conduzione del Paese.
Che cosa è diventata la politica? Nelle mani di chi l'abbiamo messa? E della pulizia interiore, questi signori si sono mai preoccupati?

giovedì 4 giugno 2009

Il Nobel per l'economia a Bossi e Tremonti. Risolto il problema della povertà nel Sud del mondo

Nei suoi comizi nel lodigiano Umberto Bossi ha appena rilanciato uno degli slogan più antichi della Lega: "Aiutarli a casa loro". "Loro", ovviamente, sono gli abitanti dei paesi poveri: di concerto con Tremonti, l'ineffabile statista ed economista lancia "l'idea che si possa aggiungere l'uno per cento ad alcuni articoli di grande consumo. Chi va a comprare, potrà scegliere se comprare quelli oppure le stesse cose a prezzo normale". Il ricavato della vendita a prezzo maggiorato dovrebbe confluire in un fondo "che serve appunto a realizzare quello che serve nei paesi da cui provengono gli immigrati". Apprendiamo poi dalla voce di Giorgetti che su questo progetto il duo Bossi-Tremonti aveva già cominciato a lavorare qualche anno fa.
Occorre proprio pensare tanto, per formulare una proposta di tal genere. Il risultato è notevole: dopo grandi sforzi, si è finalmente trovato un modo per aiutare i paesi in via di sviluppo. Nessuno di noi avrebbe mai saputo, altrimenti, come sostenere concretamente progetti di aiuto, magari attraverso ONG, associazioni di volontariato, padri missionari e simili. Invece, a quanto pare, c'è assoluto bisogno di un fondo burocratico a gestione statale, alimentato con i contributi volontari dei consumatori. Quanto volentieri gli stessi consumatori si disporranno a partecipare, in questo momento di crisi evidente e di bilanci familiari ridotti all'osso, è facile immaginare.
Ma la causa, si dirà, è altamente benefica. Lo è indubbiamente. Proprio per questo, la proposta dei due luminari dell'economia planetaria si evidenzia come l'ennesima baggianata cui i politici italiani fanno ricorso quando non sanno mantenere le promesse, offensiva per l'intelligenza degli elettori e ancor più per la miseria dei popoli indigenti. Gli impegni ufficiali suonavano, già dal precedente governo del centrodestra, come un impegno a destinare lo 0,33% del Pil all'aiuto allo sviluppo entro il 2006. Ebbene, con i tagli delle finanziarie di Tremonti, la percentuale destinata dall'Italia alla cooperazione era scesa dallo 0,17% allo 0,11%, poi risalita un poco (per “colpa” di Prodi), e attualmente attestata attorno allo 0,15%, dato anche che le quote continuano a essere falsate dalla contabilizzazione della cancellazione del debito dei Paesi in via di sviluppo; in termini reali, c'è stata una riduzione di 100 milioni di dollari sui valori per l’aiuto pubblico allo sviluppo nel solo periodo 2007-2008. Prendendo in considerazione gli impegni presi nel passato, si tratta di un buco stimabile in 3 miliardi di dollari sino ad ora, che si traducono in mancata assistenza a milioni di persone che hanno bisogno di cibo, acqua, istruzione e educazione.
Chi è in grado di sapere perché tale quota si sia costantemente ridotta, anziché aumentare? Noi non potremmo scommettere esattamente se i soldi mancanti siano andati a coprire i buchi milionari di Alitalia, o del comune di Catania, o per un rivolo di altri sprechi minori legati ai privilegi della casta. Sappiamo solo che ora vengono a raccontarci che dovremmo essere noi, con un modesto aggravio sulla spesa quotidiana, a fornire a uno stato sprecone i soldi per una doverosa opera di solidarietà. Personalmente rispondo che fornire alibi a chi non sa amministrare, e ha sinora costantemente ridotto gli impegni di solidarietà internazionale, non è compito mio. Pago già ampiamente le tasse dovute, e mi spaventa non poco l'idea di nuovi "calderoni" in cui una parte cospicua del denaro eventualmente raccolto se ne andrà, per usare un gentile eufemismo, in consigli di amministrazione e "spese di gestione". Per "aiutarli a casa loro" ci sono già numerose organizzazioni non governative, in genere molto più affidabili: sarà un caso che anche a loro, da qualche anno in qua, il governo abbia lesinato sempre più contributi ed agevolazioni?

sabato 26 luglio 2008

Il più grande insegnante del Nord

Alla nutrita collezione del folklore bossiano, che ci ha abituato a tante raffinatezze, puntualmente chiosate come trovate di genialità politica da commentatori sin troppo ben disposti, vediamo aggiungersi le sparate sull'inno di Mameli e sugli insegnanti meridionali. Entrambe, in un paese normale, si commenterebbero da sole e chiuderebbero carriere nel discredito generale; da noi, rafforzano l'immagine del personaggio e la convinzione diffusa che con l'eloquio da bar dell'“uomo forte” di turno... si portano a soluzione i problemi della collettività.
Certo che imputare l'ignoranza ben distribuita in tutte le fasce d'età all'azione dei professori provenienti dal Sud (rei ovviamente anche di sottrarre posti di lavoro, di non insegnare le tradizioni locali e di non divulgare le benemerite tesi federaliste) è una formidabile sfida al buon senso e alla realtà dei fatti. Tanto più che, sugli scarsi livelli di acculturazione, movimenti come quello leghista costruiscono le loro fortune, grazie anche alle traballanti mitologie di cui imbottiscono crani non particolarmente muniti.
Ma la notizia assume ben altro rilievo se la si mette in relazione con la denuncia delle crudeli persecuzioni subite proprio da uno studente padano, bocciato all'esame di stato per la colpa di aver portato una tesi su Carlo Cattaneo. Come non provare un moto di sdegno pensando che l'odio razziale di cui i lumbard sono notoriamente vittime possa toccare simili vertici? Poi, per fortuna, veniamo ricondotti ad una dimensione meno surreale dalla constatazione che il diretto interessato altri non è che il figlio del senatùr, il giovane Renzo, che nonostante il collegio privato e la commissione nella quale i docenti meridionali latitavano, ha deluso l'augusto quanto protettivo genitore non conseguendo la promozione.
Meglio dunque sfogare il malumore politicamente, ossia – data una certa concezione della politica – cercando un capro espiatorio da coprire di contumelie: gli insegnanti del sud, gente ritenuta con tutta evidenza indegna di accostare i teneri rampolli della terra padana. come probabilmente tutti coloro che non hanno legami di sangue con Carlo Cattaneo (lui sì, vittima incolpevole, ma della strumentalizzazione leghista).
Ci troviamo di fronte alla difesa, dunque, di un nobile principio, dei puri valori della conoscenza? O non, piuttosto, all'ennesima conferma che a forza di promuovere particolarismi e localismi è facile debordare, pensare in termini rozzamente individualistici, deformare la realtà a proprio uso e consumo, perseguire il proprio tornaconto (di singolo, di gruppo politico, di “etnia”)?
Se si tiene conto che la radicale Bernardini è appena stata aggredita verbalmente da parlamentari leghisti nel momento in cui ha proposto l'abolizione dei privilegi sui trasporti (treni, aereo, autostrade) di cui godono gli ex parlamentari, nonché di esigere la rendicontazione di quanto viene speso per i portaborse, il quadro sembra completo.
La sensazione, non certo da ora, ma sin dai primi tempi dell'attività parlamentare (leggi l'esemplare cammino della Pivetti) è che molti “difensori del popolo” nordico siano bravissimi nell'additare sprechi e favoritismi di “Roma ladrona”, salvo poi, una volta raggiunte posizioni di potere, essere in prima fila nel voler passare all'incasso, nel pensare a come costruirsi comode carriere all'ombra del padrone del “movimento”.
L'esempio, infatti, conta. Tutti ricordiamo come Bossi avesse tentato, a suo tempo, di piazzare al Parlamento Europeo come portaborse assolutamente sprovvisti di qualifiche il fratello e un altro figlio; per giunta, più volte egli ha pubblicamente indicato in questo o quel figliuolo un “erede” destinato a succedergli (preparando di fatto il popolo leghista a vederli in futuro occupare un qualche posticino “per meriti politici”); da ultimo, cerca ora di consolare il figlio bocciato all'esame presentandolo come un caso di persecuzione razziale sui generis.
Sempre mantenendo la serenità e, perché no, lo stile unico che lo caratterizza (stile governativo, ironizzava Scalfaro). Tanto i voti li prende comunque, qualunque cosa dica: è autentico carisma. Per immunizzarsi, ritengo sia sufficiente richiamare le parole del rettore del collegio (peraltro pressoché unico meridionale della commissione esaminatrice): “Il padre, dicendo le cose che ha detto, prima di tutto non fa il bene del ragazzo”. Forse non fa neppure il bene di tutti quelli che lo prendono sul serio.