Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

sabato 26 luglio 2008

Il più grande insegnante del Nord

Alla nutrita collezione del folklore bossiano, che ci ha abituato a tante raffinatezze, puntualmente chiosate come trovate di genialità politica da commentatori sin troppo ben disposti, vediamo aggiungersi le sparate sull'inno di Mameli e sugli insegnanti meridionali. Entrambe, in un paese normale, si commenterebbero da sole e chiuderebbero carriere nel discredito generale; da noi, rafforzano l'immagine del personaggio e la convinzione diffusa che con l'eloquio da bar dell'“uomo forte” di turno... si portano a soluzione i problemi della collettività.
Certo che imputare l'ignoranza ben distribuita in tutte le fasce d'età all'azione dei professori provenienti dal Sud (rei ovviamente anche di sottrarre posti di lavoro, di non insegnare le tradizioni locali e di non divulgare le benemerite tesi federaliste) è una formidabile sfida al buon senso e alla realtà dei fatti. Tanto più che, sugli scarsi livelli di acculturazione, movimenti come quello leghista costruiscono le loro fortune, grazie anche alle traballanti mitologie di cui imbottiscono crani non particolarmente muniti.
Ma la notizia assume ben altro rilievo se la si mette in relazione con la denuncia delle crudeli persecuzioni subite proprio da uno studente padano, bocciato all'esame di stato per la colpa di aver portato una tesi su Carlo Cattaneo. Come non provare un moto di sdegno pensando che l'odio razziale di cui i lumbard sono notoriamente vittime possa toccare simili vertici? Poi, per fortuna, veniamo ricondotti ad una dimensione meno surreale dalla constatazione che il diretto interessato altri non è che il figlio del senatùr, il giovane Renzo, che nonostante il collegio privato e la commissione nella quale i docenti meridionali latitavano, ha deluso l'augusto quanto protettivo genitore non conseguendo la promozione.
Meglio dunque sfogare il malumore politicamente, ossia – data una certa concezione della politica – cercando un capro espiatorio da coprire di contumelie: gli insegnanti del sud, gente ritenuta con tutta evidenza indegna di accostare i teneri rampolli della terra padana. come probabilmente tutti coloro che non hanno legami di sangue con Carlo Cattaneo (lui sì, vittima incolpevole, ma della strumentalizzazione leghista).
Ci troviamo di fronte alla difesa, dunque, di un nobile principio, dei puri valori della conoscenza? O non, piuttosto, all'ennesima conferma che a forza di promuovere particolarismi e localismi è facile debordare, pensare in termini rozzamente individualistici, deformare la realtà a proprio uso e consumo, perseguire il proprio tornaconto (di singolo, di gruppo politico, di “etnia”)?
Se si tiene conto che la radicale Bernardini è appena stata aggredita verbalmente da parlamentari leghisti nel momento in cui ha proposto l'abolizione dei privilegi sui trasporti (treni, aereo, autostrade) di cui godono gli ex parlamentari, nonché di esigere la rendicontazione di quanto viene speso per i portaborse, il quadro sembra completo.
La sensazione, non certo da ora, ma sin dai primi tempi dell'attività parlamentare (leggi l'esemplare cammino della Pivetti) è che molti “difensori del popolo” nordico siano bravissimi nell'additare sprechi e favoritismi di “Roma ladrona”, salvo poi, una volta raggiunte posizioni di potere, essere in prima fila nel voler passare all'incasso, nel pensare a come costruirsi comode carriere all'ombra del padrone del “movimento”.
L'esempio, infatti, conta. Tutti ricordiamo come Bossi avesse tentato, a suo tempo, di piazzare al Parlamento Europeo come portaborse assolutamente sprovvisti di qualifiche il fratello e un altro figlio; per giunta, più volte egli ha pubblicamente indicato in questo o quel figliuolo un “erede” destinato a succedergli (preparando di fatto il popolo leghista a vederli in futuro occupare un qualche posticino “per meriti politici”); da ultimo, cerca ora di consolare il figlio bocciato all'esame presentandolo come un caso di persecuzione razziale sui generis.
Sempre mantenendo la serenità e, perché no, lo stile unico che lo caratterizza (stile governativo, ironizzava Scalfaro). Tanto i voti li prende comunque, qualunque cosa dica: è autentico carisma. Per immunizzarsi, ritengo sia sufficiente richiamare le parole del rettore del collegio (peraltro pressoché unico meridionale della commissione esaminatrice): “Il padre, dicendo le cose che ha detto, prima di tutto non fa il bene del ragazzo”. Forse non fa neppure il bene di tutti quelli che lo prendono sul serio.