Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

lunedì 11 aprile 2011

CoCoCo18 - Inseguire paure ed egoismi

I. Ieri il Canton Ticino è andato alle urne per rinnovare il parlamento e l'esecutivo locali. Un fatto che non ci riguarderebbe direttamente, se non fosse che in questa occasione la Lega dei Ticinesi si è rivolta agli elettori con slogan del tipo: "Via gli italiani dalla Svizzera" e peggio. È un attacco diretto ai nostri lavoratori frontalieri, tra cui migliaia di comaschi, che sono accusati di rubare il lavoro ai locali e di costare decine di milioni l'anno in rimborsi di tasse diretti a Roma, i cosiddetti "ristorni" che i tre cantoni di confine restituiscono all'Italia perché questa giri la somma a Comuni, Province e Comunità montane di frontiera. Ora, contro la quota dei ristorni fissata nell'accordo del 1974 (38,8%), si sono scagliati sia il leghista ticinese Gobbi, premiato con l'elezione, sia i sedicenti moderati del Partito popolare democratico, che a imitare cotanto modello sembra invece ci abbiano rimesso.
Ad alimentare l'astio contro i nostri concittadini si sono mossi anche gli estremisti dell'Unione di Centro, nome in apparenza pacifico che copre invece un integralismo razzista, manifestato nella celebre campagna pubblicitaria che ha raffigurato gli Italiani come ratti. Uno dei loro leader, che non merita neppure di essere nominato, ha commentato uno studio dell'Istituto ricerche economiche (Ire) dell'Università svizzera, che dimostra come gli italiani, necessari allo sviluppo economico, non rubino affatto il lavoro ai ticinesi, con queste parole geniali: "Mi piacerebbe sapere quanti frontalieri lavorano all'Ire. Magari sono gli stessi che hanno fatto la statistica".
Come si vede, lo sguaiato messaggio "föra di ball" risuona indifferentemente di qua e di là dei confini, solo che stavolta il bersaglio si trova ad essere qualche lavoratore residente a Como, o magari a Gemonio. Giustamente qualcuno, parlando di Europa, ha recentemente deplorato il rischio di condannarsi così “a inseguire le proprie paure e i propri egoismi”. Non si poteva dire meglio. Intendo perciò stigmatizzare questa squallida situazione ed esortare tutti quanti hanno incarichi politici a non incoraggiare mai simili atteggiamenti aberranti nella nostra comunità , anzi a combatterli con senso di responsabilità, anche se si temesse, rinunciando a qualche “sparata”, di non incamerare i voti frutto delle paure suscitate ad arte. Ripeto: se si possiede senso di responsabilità.

II. Segnalo che la scorsa settimana l’artista e architetto cinese Ai Weiwei, noto fra l'altro per aver partecipato all’ideazione del Nido d’ Uccello (lo Stadio Nazionale di Pechino), è stato arrestato all’aeroporto internazionale di Pechino mentre stava per imbarcarsi su un volo verso Hong Kong. L’agenzia di stato cinese ha dapprima rifiutato di fornire informazioni sulle ragioni del fermo, diffondendo quindi voci su sue presunte violazioni delle leggi economiche.
La realtà è stata che nell'ultimo mese parecchi critici del regime – almeno una trentina – sono stati arrestati, messi agli arresti domiciliari o allontanati dal loro ambiente di lavoro e di impegno. Secondo le organizzazioni di difesa dei diritti dell’uomo Pechino teme il contagio della cosiddetta “protesta dei Gelsomini” che ha infiammato il nord Africa e il medio Oriente.
In relazione a questa grave situazione, inaccettabile alla coscienza di ogni cittadino democratico, mi permetto quindi di chiedere alla Presidenza e alla Conferenza dei Capigruppo di voler calendarizzare alla prima occasione possibile la mozione, da me depositata insieme ad altri consiglieri il 26 novembre 2010, per il conferimento della cittadinanza onoraria al premio Nobel per la pace, lo scrittore dissidente Liu Xiaobo. Di fronte all'inasprimento di queste violazioni dei fondamentali diritti umani, sono certo che tutto il Consiglio comprenderà l'importanza di un'azione tempestiva in proposito, per quanto limitata alla nostra dimensione locale.