
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
Visualizzazione post con etichetta Gelmini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Gelmini. Mostra tutti i post
mercoledì 28 settembre 2011
Tunnel da ridere... o da piangere
Fa ridere mezzo mondo la dichiarazione del Ministro Gelmini che si congratula solennemente coi ricercatori italiani del Cern e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per la straordinaria dimostrazione che la materia possa viaggiare più veloce della luce. Afferma infatti che l’Italia ha contribuito con uno stanziamento “stimabile intorno ai 45 milioni di euro” alla costruzione di un fantomatico “tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso”, il quale, se esistesse, misurerebbe 750 chilometri. Di fronte alla valanga di sarcastici commenti, il ministero replica qualificandoli una “polemica ridicola e strumentale”, essendo ovvio che non si tratti di un tunnel materiale. Esistono cioè gallerie senza consistenza fisica? Non lo sapevamo.
Eppure è così: per certi politici è tutto ovvio, nella favolosa “realtà virtuale” che hanno costruito sulla base di una competenza non proprio di prim’ordine. Peccato che proprio adesso il “miracolo italiano” si stia completamente sgretolando, rivelandone la natura fasulla e l’inaffidabilità di chi lo ha proclamato per anni. C’è da chiedersi poi se non sia “strumentale” piuttosto l’affanno con cui questa classe dirigente (si fa per dire) cerca di intestarsi i meriti altrui. Gli scienziati italiani sono sostenuti dai finanziamenti del governo in misura minimamente adeguata, o non sono forse in gran numero costretti all’emigrazione, privandoci della risorsa più preziosa per costruire il futuro? Le forze dell’ordine, ancora capaci di contrastare il crimine ed arrestare i mafiosi, devono forse ringraziare i tagli al bilancio che li privano persino del carburante per le vetture di servizio, molte delle quali ormai logore? Quanto al “ridicolo”, non c’è bisogno di commento, pensando ai titoli che consentono di diventare ministro nell’Italia del ventunesimo secolo.
Eppure è così: per certi politici è tutto ovvio, nella favolosa “realtà virtuale” che hanno costruito sulla base di una competenza non proprio di prim’ordine. Peccato che proprio adesso il “miracolo italiano” si stia completamente sgretolando, rivelandone la natura fasulla e l’inaffidabilità di chi lo ha proclamato per anni. C’è da chiedersi poi se non sia “strumentale” piuttosto l’affanno con cui questa classe dirigente (si fa per dire) cerca di intestarsi i meriti altrui. Gli scienziati italiani sono sostenuti dai finanziamenti del governo in misura minimamente adeguata, o non sono forse in gran numero costretti all’emigrazione, privandoci della risorsa più preziosa per costruire il futuro? Le forze dell’ordine, ancora capaci di contrastare il crimine ed arrestare i mafiosi, devono forse ringraziare i tagli al bilancio che li privano persino del carburante per le vetture di servizio, molte delle quali ormai logore? Quanto al “ridicolo”, non c’è bisogno di commento, pensando ai titoli che consentono di diventare ministro nell’Italia del ventunesimo secolo.
Etichette:
dissesti,
Gelmini,
illusionisti,
istruzione,
ricerca
mercoledì 8 settembre 2010
Basta sprechi, basta scuola (pubblica...)!
Nessuno stupore, per chi vive nella scuola, deriva purtroppo dalla lettura dell'ultimo rapporto OCSE sull'educazione, nel quale l'Italia figura agli ultimi posti della classifica della percentuale di PIL destinata all'istruzione: il 4,5%, contro una media dei paesi OCSE del 5,7 e punte di eccellenza come l'Islanda, che guida la graduatoria con il 7,8. Peggio ancora, siamo ultimi in classifica per la percentuale di spesa pubblica destinata alla scuola, il 9% (media del 13,3). È scontata la segnalazione che gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati e che i nostri alunni passano troppo tempo sui banchi senza trarre grande vantaggio competitivo.
Certo, come commenta la Commissione Europea, per il futuro è necessario non solo investire, ma investire bene. È quanto pretende di aver fatto il ministro Gelmini, definendo “epocale” la sua riforma e garantendo che si punta sulla qualità, diminuendo la quantità (di ore di insegnamento e di occupati). Peccato che i fatti parlino chiaro, rivelando la propaganda di un governo che si arrampica sugli specchi: non cerca di spendere meglio i pochi soldi disponibili, dato che li ha invece tagliati drasticamente di anno in anno, come ben sperimentano le famiglie invitate a dotare gli alunni di carta igienica. Il ministro finge di scandalizzarsi che il 97% del bilancio serva a pagare gli stipendi, pur tanto inferiori alla media europea. Questo dato fantasioso sarebbe contestabile, ma un minimo di logica non vorrebbe che, anche senza aumentare tali costi, nuove risorse aggiuntive venissero destinate a innovazione, merito e qualità? Invece se ne è fatto un mero pretesto per i tagli orizzontali di Tremonti, che colpiscono senza guardare a casi di eccellenza oppure ad emergenze sociali, impoverendo tutte le scuole in maniera indiscriminata, dopo che già lo stato si è mostrato inadempiente. Bisogna ricordare che, solo in provincia di Como, numerosi istituti attendono centinaia di migliaia di euro relativi ai bilanci degli scorsi anni, garantiti da Roma e mai erogati?
Se la spesa per la scuola è un costo e non un investimento, i burocrati della casta fanno benissimo a lesinare le risorse per il futuro dei nostri giovani, a ignorare le inevitabili ricadute sulla qualità dell'insegnamento e sulla possibilità di essere competitivi in un mercato globalizzato. Con il loro esempio, tanti politici ci hanno ripetutamente lanciato il messaggio che, per fare carriera, si deve ricorrere ad altri mezzi che non la competenza e il merito. Ma fino a quando un paese che non investe nella formazione potrà ancora reggere?
Certo, come commenta la Commissione Europea, per il futuro è necessario non solo investire, ma investire bene. È quanto pretende di aver fatto il ministro Gelmini, definendo “epocale” la sua riforma e garantendo che si punta sulla qualità, diminuendo la quantità (di ore di insegnamento e di occupati). Peccato che i fatti parlino chiaro, rivelando la propaganda di un governo che si arrampica sugli specchi: non cerca di spendere meglio i pochi soldi disponibili, dato che li ha invece tagliati drasticamente di anno in anno, come ben sperimentano le famiglie invitate a dotare gli alunni di carta igienica. Il ministro finge di scandalizzarsi che il 97% del bilancio serva a pagare gli stipendi, pur tanto inferiori alla media europea. Questo dato fantasioso sarebbe contestabile, ma un minimo di logica non vorrebbe che, anche senza aumentare tali costi, nuove risorse aggiuntive venissero destinate a innovazione, merito e qualità? Invece se ne è fatto un mero pretesto per i tagli orizzontali di Tremonti, che colpiscono senza guardare a casi di eccellenza oppure ad emergenze sociali, impoverendo tutte le scuole in maniera indiscriminata, dopo che già lo stato si è mostrato inadempiente. Bisogna ricordare che, solo in provincia di Como, numerosi istituti attendono centinaia di migliaia di euro relativi ai bilanci degli scorsi anni, garantiti da Roma e mai erogati?
Se la spesa per la scuola è un costo e non un investimento, i burocrati della casta fanno benissimo a lesinare le risorse per il futuro dei nostri giovani, a ignorare le inevitabili ricadute sulla qualità dell'insegnamento e sulla possibilità di essere competitivi in un mercato globalizzato. Con il loro esempio, tanti politici ci hanno ripetutamente lanciato il messaggio che, per fare carriera, si deve ricorrere ad altri mezzi che non la competenza e il merito. Ma fino a quando un paese che non investe nella formazione potrà ancora reggere?
giovedì 25 marzo 2010
Le scuole (non) si arrangino
Confesso che sono rimasto allibito leggendo le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Gelmini contro la prassi delle scuole di chiedere un contributo volontario alle famiglie per riuscire a coprire una parte delle spese correnti più urgenti. Con una certa durezza, ella asserisce sugli organi di stampa che “va evitata questa prassi un po’ lamentosa e in pochi casi giustificata”, la colpa della quale sarebbe dei dirigenti che non sanno stare nei budget.
In quanto genitore, ma anche contribuente, sono il primo a dolermi del fatto che mi sia richiesto un apporto ulteriore per garantire l’educazione dei miei figli, e comprendo benissimo che anche poche decine di euro rischiano di gravare in maniera pesante su molti bilanci familiari. E tuttavia, non sono queste dichiarazioni ministeriali uno scaricabarile, pietoso sì, ma da primato mondiale?
Chi, anno dopo anno, ha letteralmente prosciugato le risorse da destinare all’istruzione nel nostro Paese? Chi ha lasciato al suo predecessore Fioroni l’onere di ripianare le bollette della raccolta dei rifiuti, che da anni le scuole non erano più in grado di pagare? Ignora forse, il ministro, di essere attualmente in debito con esse per quasi un miliardo e mezzo di euro, soldi che dovevano già da tempo essere nelle casse degli istituti? Come deve suonare ai cittadini l’assicurazione che per il 2010-2011 verranno erogati ad hoc ben… 10 milioni, pari a circa 80 euro al mese per istituto?
Non è poi particolarmente odioso questo tentativo di mettere famiglie e scuole le une contro le altre, con un populismo tanto più ripugnante, quanto più proviene da chi ha le massime responsabilità gestionali? Capisco che le priorità di questo governo siano state ben altre: risanare le voragini provocate da amministratori “amici” del Meridione (Catania e Palermo), accollare a tutti noi cittadini i debiti di Alitalia per regalarla di fatto ad imprenditori che realizzeranno i loro congrui profitti non appena saranno liberi di venderla ad Air France; poi ci sono da pagare gli stipendi e le prebende della Casta, gli affitti esorbitanti delle due Camere saliti in questi giorni agli onori della cronaca, le maxi pensioni degli ex parlamentari, e via discorrendo. Per tacere delle decine di opere inutili che hanno disperso miliardi, a onor del vero non solo da oggi.
Insomma, famiglie, studenti e presidi tacciano e subiscano: conti alla mano, nei bilanci predisposti da Tremonti nell’ultimo decennio, la scuola pubblica è stata solo e soltanto una voce sulla quale operare tagli pesanti, annunciando magari “rivoluzioni” didattiche che ne lasciano immutata la struttura farraginosa e burocratica e non ne promuovono la riqualificazione (che, se seria, costa).
Tanto, si sa che ci sono sempre altre soluzioni per chi può permettersele. E noialtri, invece? Dovremmo sempre lasciar fare, per non essere “lamentosi”?
In quanto genitore, ma anche contribuente, sono il primo a dolermi del fatto che mi sia richiesto un apporto ulteriore per garantire l’educazione dei miei figli, e comprendo benissimo che anche poche decine di euro rischiano di gravare in maniera pesante su molti bilanci familiari. E tuttavia, non sono queste dichiarazioni ministeriali uno scaricabarile, pietoso sì, ma da primato mondiale?
Chi, anno dopo anno, ha letteralmente prosciugato le risorse da destinare all’istruzione nel nostro Paese? Chi ha lasciato al suo predecessore Fioroni l’onere di ripianare le bollette della raccolta dei rifiuti, che da anni le scuole non erano più in grado di pagare? Ignora forse, il ministro, di essere attualmente in debito con esse per quasi un miliardo e mezzo di euro, soldi che dovevano già da tempo essere nelle casse degli istituti? Come deve suonare ai cittadini l’assicurazione che per il 2010-2011 verranno erogati ad hoc ben… 10 milioni, pari a circa 80 euro al mese per istituto?
Non è poi particolarmente odioso questo tentativo di mettere famiglie e scuole le une contro le altre, con un populismo tanto più ripugnante, quanto più proviene da chi ha le massime responsabilità gestionali? Capisco che le priorità di questo governo siano state ben altre: risanare le voragini provocate da amministratori “amici” del Meridione (Catania e Palermo), accollare a tutti noi cittadini i debiti di Alitalia per regalarla di fatto ad imprenditori che realizzeranno i loro congrui profitti non appena saranno liberi di venderla ad Air France; poi ci sono da pagare gli stipendi e le prebende della Casta, gli affitti esorbitanti delle due Camere saliti in questi giorni agli onori della cronaca, le maxi pensioni degli ex parlamentari, e via discorrendo. Per tacere delle decine di opere inutili che hanno disperso miliardi, a onor del vero non solo da oggi.
Insomma, famiglie, studenti e presidi tacciano e subiscano: conti alla mano, nei bilanci predisposti da Tremonti nell’ultimo decennio, la scuola pubblica è stata solo e soltanto una voce sulla quale operare tagli pesanti, annunciando magari “rivoluzioni” didattiche che ne lasciano immutata la struttura farraginosa e burocratica e non ne promuovono la riqualificazione (che, se seria, costa).
Tanto, si sa che ci sono sempre altre soluzioni per chi può permettersele. E noialtri, invece? Dovremmo sempre lasciar fare, per non essere “lamentosi”?
giovedì 4 settembre 2008
Viva i furbi
.

Il mondo, dicono in molti, appartiene ai furbi. O forse solo l’Italia, ma per noi fa lo stesso. Perché mai dovrebbe fare eccezione una rampante donna in carriera, passata con rapidità vertiginosa da un’avvocatura mai esercitata (perché sostituita dalla passione politica) alla poltrona ministeriale?
La ministra Gelmini, attuale titolare dell’Istruzione, a suo tempo si era infatti premurata di ottenere la prescritta abilitazione da avvocato tramite l’esame di Stato. Da prima della classe, non averebbe certo dovuto temere l’impegno della prova. Eppure... come resistere nel 2001 alla tentazione di emigrare temporaneamente da Brescia a Reggio Calabria per approfittare di una risaputa condiscendenza? Perché lasciare i ragazzi meriodionali soli ad approfittare di tanta bonarietà? E come avrebbe potuto prevedere, allora, la spregiudicata beniamina di Berlusconi che a distanza di non troppi anni avrebbe assunto i panni della moralizzatrice nei confronti dell’istruzione al Sud, giudicata non senza fondamento scadente nei risultati (ma incolpando prevalentemente, salvo rimangiarsi le parole, l’operato dei soli docenti) ed evidentemente lassista?
Aveva bisogno di lavorare, dice ora Gelmini a mo’ di giustificazione, perché la famiglia “non poteva permettersi di mantenerla troppo a lungo agli studi”. Motivazione quantomeno disinvolta, visto che gli studi erano da tempo terminati e semmai si stava svolgendo il praticantato. E non del tutto coerente, se si pensa che il tipico “post-studente bisognoso” non sottrae tempo al lavoro, o alla sua ricerca, per darsi all’attività politica a tempo pieno, come la nostra ha fatto da subito, comprendendo che le sarebbe di gran lunga convenuto. Insomma, scuse poco logiche, che però il grande pubblico non analizza come tali, preferendo, ne siamo certi, simpatizzare con la (presunta e sedicente) “ragazza povera”.
Visto questo sfortunato precedente, in futuro ci sarebbe da augurarsi che la suddetta ci diletti cimentandosi anche in invettive contro le raccomandazioni, oppure in denunce del servilismo, o ancora in filippiche contro le tendenze truffaldine. Tutti mali che affliggono la società e la politica italiane (e magari anche una piccola parte della burocrazia scolastica) e che meritano di essere denunciati da un’alta cattedra. Sempre che poi qualche indagatore scrupoloso, come in questo caso, non sveli gli altarini: e forse proprio in questo starebbe l’amaro divertimento.
Comunque non vi sono da temere ripercussioni di sorta per un tal genere di infortuni: anzi, in un paese il cui Parlamento rigurgita di inquisiti e condannati, questa “innocente furberia” rappresenta certamente un titolo di merito che vivacizza il curriculum ed iscrive a pieno titolo al vertice della casta: quello, appunto, occupato dai furbi. Né vi è da temere qualche futura penalizzazione elettorale dei medesimi, come sanno bene gli elettori comaschi (a titolo d’esempio) che hanno visto sempre in sella, e riconfermato come assessore, addirittura un condannato per esercizio abusivo della professione medica...

Il mondo, dicono in molti, appartiene ai furbi. O forse solo l’Italia, ma per noi fa lo stesso. Perché mai dovrebbe fare eccezione una rampante donna in carriera, passata con rapidità vertiginosa da un’avvocatura mai esercitata (perché sostituita dalla passione politica) alla poltrona ministeriale?
La ministra Gelmini, attuale titolare dell’Istruzione, a suo tempo si era infatti premurata di ottenere la prescritta abilitazione da avvocato tramite l’esame di Stato. Da prima della classe, non averebbe certo dovuto temere l’impegno della prova. Eppure... come resistere nel 2001 alla tentazione di emigrare temporaneamente da Brescia a Reggio Calabria per approfittare di una risaputa condiscendenza? Perché lasciare i ragazzi meriodionali soli ad approfittare di tanta bonarietà? E come avrebbe potuto prevedere, allora, la spregiudicata beniamina di Berlusconi che a distanza di non troppi anni avrebbe assunto i panni della moralizzatrice nei confronti dell’istruzione al Sud, giudicata non senza fondamento scadente nei risultati (ma incolpando prevalentemente, salvo rimangiarsi le parole, l’operato dei soli docenti) ed evidentemente lassista?
Aveva bisogno di lavorare, dice ora Gelmini a mo’ di giustificazione, perché la famiglia “non poteva permettersi di mantenerla troppo a lungo agli studi”. Motivazione quantomeno disinvolta, visto che gli studi erano da tempo terminati e semmai si stava svolgendo il praticantato. E non del tutto coerente, se si pensa che il tipico “post-studente bisognoso” non sottrae tempo al lavoro, o alla sua ricerca, per darsi all’attività politica a tempo pieno, come la nostra ha fatto da subito, comprendendo che le sarebbe di gran lunga convenuto. Insomma, scuse poco logiche, che però il grande pubblico non analizza come tali, preferendo, ne siamo certi, simpatizzare con la (presunta e sedicente) “ragazza povera”.
Visto questo sfortunato precedente, in futuro ci sarebbe da augurarsi che la suddetta ci diletti cimentandosi anche in invettive contro le raccomandazioni, oppure in denunce del servilismo, o ancora in filippiche contro le tendenze truffaldine. Tutti mali che affliggono la società e la politica italiane (e magari anche una piccola parte della burocrazia scolastica) e che meritano di essere denunciati da un’alta cattedra. Sempre che poi qualche indagatore scrupoloso, come in questo caso, non sveli gli altarini: e forse proprio in questo starebbe l’amaro divertimento.
Comunque non vi sono da temere ripercussioni di sorta per un tal genere di infortuni: anzi, in un paese il cui Parlamento rigurgita di inquisiti e condannati, questa “innocente furberia” rappresenta certamente un titolo di merito che vivacizza il curriculum ed iscrive a pieno titolo al vertice della casta: quello, appunto, occupato dai furbi. Né vi è da temere qualche futura penalizzazione elettorale dei medesimi, come sanno bene gli elettori comaschi (a titolo d’esempio) che hanno visto sempre in sella, e riconfermato come assessore, addirittura un condannato per esercizio abusivo della professione medica...
Iscriviti a:
Post (Atom)