
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
lunedì 9 giugno 2014
CoCoCo 2014-9: Raccolta differenziata nelle scuole
Intendo formulare una breve richiesta in ordine alla raccolta differenziata dei rifiuti nelle scuole del territorio comunale. È ovvio che, corrispondendo la settimana di inizio della nuova raccolta a quella di chiusura dell'anno scolastico, non sia stato predisposto nulla di specifico nei giorni scorsi. Si sono certamente evitate confusioni e favorite altre priorità.
Suggerisco però ad Aprica, per il tramite dell'assessorato, se già non avesse provveduto, di contattare sollecitamente i dirigenti scolastici, al fine di appurare il fabbisogno effettivo che si può ipotizzare per gli strumenti destinati alla raccolta delle diverse tipologie. L'ideale sarebbe infatti arrivare a dotare non solo l'istituto, ma anche le singole classi dei contenitori preposti, ovviamente con dimensioni proporzionate, soprattutto per quanto riguarda la raccolta della carta e delle lattine che rapresentano la gran parte dei materiali prodotti.
Inoltre, come l'azienda già fa da tempo in altre province nelle quali esercita la propria artività, sarebbe auspicabile che, a partire dall'inizio del prossimo anno scolastico, essa possa avviare degli itinerari didattici rivolti alle scuole dei vari gradi per sensibilizzare i giovani e le loro famiglie ad una raccolta sempre più consapevole ed efficace.
Suggerisco però ad Aprica, per il tramite dell'assessorato, se già non avesse provveduto, di contattare sollecitamente i dirigenti scolastici, al fine di appurare il fabbisogno effettivo che si può ipotizzare per gli strumenti destinati alla raccolta delle diverse tipologie. L'ideale sarebbe infatti arrivare a dotare non solo l'istituto, ma anche le singole classi dei contenitori preposti, ovviamente con dimensioni proporzionate, soprattutto per quanto riguarda la raccolta della carta e delle lattine che rapresentano la gran parte dei materiali prodotti.
Inoltre, come l'azienda già fa da tempo in altre province nelle quali esercita la propria artività, sarebbe auspicabile che, a partire dall'inizio del prossimo anno scolastico, essa possa avviare degli itinerari didattici rivolti alle scuole dei vari gradi per sensibilizzare i giovani e le loro famiglie ad una raccolta sempre più consapevole ed efficace.
giovedì 22 maggio 2014
CoCoCo 2014-8: Un dibattito che poteva rimanere nell'ambito delle mere possibilità
L'esperienza in Consiglio Comunale riserva sempre nuove sorprese: in questa occasione, un dibattito tra i più inconsistenti cui nella storia dell'aula sia stato dato assistere. Né personalmente posso dissociarmi: se, replicando, decido di prendervi parte, significa che questo diventa anche il mio dibattito, ne assumo la responsabilità. Tutto sta a capire se pronunciarlo, questo intervento, facendo perdere anch'io un po' di tempo all'aula, o se lasciarlo a livello di riflessione abbastanza sconsolata.
Devo riconoscere che questo tempo passato in discussioni che ritengo inconcludenti (come dirò tra poco) a me personalmente è servito molto. Perciò, senza ironia, o perlomeno con una ironia molto più contenuta di quanto mi è abituale, ringrazierei tutti coloro che sono intervenuti, perché mi hanno aiutato a capire meglio come mai, pur avendo iniziato (“da zero”, per così dire, senza altre attività di partito precedenti) la mia esperienza politica ormai quasi dodici anni fa, e avendo ricoperto vari incarichi, interiormente io non sia mai riuscito a considerarmi “un politico”, ma al massimo un cittadino che si mette temporaneamente a disposizione per l'attività politica. È una contraddizione che avverto tanto più viva, proprio perché non credo nella retorica del “noi” (i buoni cittadini) e “loro” (i cattivi politici) che oggi sembra andare per la maggiore: ci sono, è vero, tanti cattivi politicanti, gente che pensa al proprio tornaconto sopra ogni altra cosa, o considera la politica come la continuazione della guerra con altri strumenti, atta perlopiù a nutrire un orgoglio personale senza misura né ritegno. Le conclusioni personali a cui sono arrivato non interessano a nessuno, per cui le sorvolo. Ma questo spiega almeno in parte l'ottica in cui mi pongo quando dico di ritenere che nella presente circostanza i soldi dei cittadini potevano veramente essere spesi meglio. La stampa ha già avuto occasione di rimarcare questo fatto, e ha pienamente ragione, tanto più che, da una ricognizione che per ora ho condotto in modo abbastanza episodico, ma che mi riprometto di approfondire analiticamente appena otterrò alcuni altri dati, la produttività del nostro consiglio comunale – parlo in termini semplicemente quantitativi – è drammaticamente inferiore, anche nell'ordine di due/tre volte in meno, rispetto ai consigli dei capoluoghi confinanti. Questo non può che derivare dal modo con cui sono intesi i lavori d'aula, ossia dal peculiare utilizzo che ciascun consigliere fa – pur nella piena legittimità delle sue funzioni – del tempo che gli è messo a disposizione dal Regolamento.
Non a caso, anche in quella che appariva una attività diversa dal consueto (presentare candidature alla presidenza del Consiglio e procedere all'elezione), si è sollevata una questione regolamentare, sulla quale sia ben chiaro che non posso sollevare obiezioni di sorta: una volta che si è precisato che l'assenza di una specifica previsione in proposito rende di fatto equiparabile l'atto che ci siamo accinti a votare alle altre delibere, la questione dei tempi di ogni intervento si decide da sé, e quindi va riconosciuta l'abilità di chi ha saputo orientare in tal senso la questione.
Non si può però non rilevare che i precedenti non sono mai andati in tal senso, ossia non c'è mai stato un dibattito preliminare a simili elezioni. E c'era una valida ragione: si tratta infatti di un atto di nomina, non di una delibera in senso proprio. Cos'ha avuto da dire l'aula, al di là dell'attestazione di stima per le qualità di uno dei candidati proposti da parte dell'opposizione (stima alla quale mi associo)? Cosa ha occupato tante ore? Semplice: al ripetuto grido di “nulla di personale”, nelle forme più varie e più o meno pertinenti, si è invece scatenato il consueto arrembaggio ai tanti torti della maggioranza, ai suoi vizi, all'assenza di dialogo, e soprattutto alle presunte “ragioni” per cui il candidato proposto dal Partito Democratico non sarebbe qualificato a svolgere una funzione super partes, con apprezzamenti tutt'altro che neutri. Cui prodest? Certo non giova alla qualità del dibattito politico, né alla comprensione del cittadino comune, il quale vedrà senz'altro rafforzata la sensazione che la politica attuale sia fatta di nulla, o quasi.
È legittimo che una parte dell'aula si senta meno garantita da una personalità rispetto a un'altra, ma che si sprechino ore per farlo presente è certamente un'anomalia, un segno di malfunzionamento grave di questo Consiglio. Per fare mente locale, risulta forse a qualcuno che nelle ben più importanti occasioni dell'elezione dei presidenti di Camera o Senato, o dello stesso Presidente della Repubblica, le aule si attardino in digressioni interminabili sull'opportunità dell'una o dell'altra scelta, dipingendo in modo positivo o negativo le presunte qualità dei candidati?
D'altronde, perché in tali occasioni il voto è sempre segreto? Non forse proprio in quanto è una valutazione insieme politica e di coscienza? Frutto magari di riflessioni, discussioni ampie e di valutazioni che i gruppi politici hanno tutto il diritto di fare, consultandosi al loro interno e con gli altri, ma predisponendo le riunioni in altri tempi, senza metterle a carico del bilancio comunale, ossia dei contribuenti? Se qualcuno poi vuole riferire ai quattro venti il perché e il percome del suo voto lo potrà sempre fare a mezzo di conferenze stampa o chiacchierate al bar. Certo sarebbe stato molto più opportuno non consumare invano tanto tempo che potrebbe essere più utilmente dedicato ai problemi dell'amministrazione reale.
Devo riconoscere che questo tempo passato in discussioni che ritengo inconcludenti (come dirò tra poco) a me personalmente è servito molto. Perciò, senza ironia, o perlomeno con una ironia molto più contenuta di quanto mi è abituale, ringrazierei tutti coloro che sono intervenuti, perché mi hanno aiutato a capire meglio come mai, pur avendo iniziato (“da zero”, per così dire, senza altre attività di partito precedenti) la mia esperienza politica ormai quasi dodici anni fa, e avendo ricoperto vari incarichi, interiormente io non sia mai riuscito a considerarmi “un politico”, ma al massimo un cittadino che si mette temporaneamente a disposizione per l'attività politica. È una contraddizione che avverto tanto più viva, proprio perché non credo nella retorica del “noi” (i buoni cittadini) e “loro” (i cattivi politici) che oggi sembra andare per la maggiore: ci sono, è vero, tanti cattivi politicanti, gente che pensa al proprio tornaconto sopra ogni altra cosa, o considera la politica come la continuazione della guerra con altri strumenti, atta perlopiù a nutrire un orgoglio personale senza misura né ritegno. Le conclusioni personali a cui sono arrivato non interessano a nessuno, per cui le sorvolo. Ma questo spiega almeno in parte l'ottica in cui mi pongo quando dico di ritenere che nella presente circostanza i soldi dei cittadini potevano veramente essere spesi meglio. La stampa ha già avuto occasione di rimarcare questo fatto, e ha pienamente ragione, tanto più che, da una ricognizione che per ora ho condotto in modo abbastanza episodico, ma che mi riprometto di approfondire analiticamente appena otterrò alcuni altri dati, la produttività del nostro consiglio comunale – parlo in termini semplicemente quantitativi – è drammaticamente inferiore, anche nell'ordine di due/tre volte in meno, rispetto ai consigli dei capoluoghi confinanti. Questo non può che derivare dal modo con cui sono intesi i lavori d'aula, ossia dal peculiare utilizzo che ciascun consigliere fa – pur nella piena legittimità delle sue funzioni – del tempo che gli è messo a disposizione dal Regolamento.
Non a caso, anche in quella che appariva una attività diversa dal consueto (presentare candidature alla presidenza del Consiglio e procedere all'elezione), si è sollevata una questione regolamentare, sulla quale sia ben chiaro che non posso sollevare obiezioni di sorta: una volta che si è precisato che l'assenza di una specifica previsione in proposito rende di fatto equiparabile l'atto che ci siamo accinti a votare alle altre delibere, la questione dei tempi di ogni intervento si decide da sé, e quindi va riconosciuta l'abilità di chi ha saputo orientare in tal senso la questione.
Non si può però non rilevare che i precedenti non sono mai andati in tal senso, ossia non c'è mai stato un dibattito preliminare a simili elezioni. E c'era una valida ragione: si tratta infatti di un atto di nomina, non di una delibera in senso proprio. Cos'ha avuto da dire l'aula, al di là dell'attestazione di stima per le qualità di uno dei candidati proposti da parte dell'opposizione (stima alla quale mi associo)? Cosa ha occupato tante ore? Semplice: al ripetuto grido di “nulla di personale”, nelle forme più varie e più o meno pertinenti, si è invece scatenato il consueto arrembaggio ai tanti torti della maggioranza, ai suoi vizi, all'assenza di dialogo, e soprattutto alle presunte “ragioni” per cui il candidato proposto dal Partito Democratico non sarebbe qualificato a svolgere una funzione super partes, con apprezzamenti tutt'altro che neutri. Cui prodest? Certo non giova alla qualità del dibattito politico, né alla comprensione del cittadino comune, il quale vedrà senz'altro rafforzata la sensazione che la politica attuale sia fatta di nulla, o quasi.
È legittimo che una parte dell'aula si senta meno garantita da una personalità rispetto a un'altra, ma che si sprechino ore per farlo presente è certamente un'anomalia, un segno di malfunzionamento grave di questo Consiglio. Per fare mente locale, risulta forse a qualcuno che nelle ben più importanti occasioni dell'elezione dei presidenti di Camera o Senato, o dello stesso Presidente della Repubblica, le aule si attardino in digressioni interminabili sull'opportunità dell'una o dell'altra scelta, dipingendo in modo positivo o negativo le presunte qualità dei candidati?
D'altronde, perché in tali occasioni il voto è sempre segreto? Non forse proprio in quanto è una valutazione insieme politica e di coscienza? Frutto magari di riflessioni, discussioni ampie e di valutazioni che i gruppi politici hanno tutto il diritto di fare, consultandosi al loro interno e con gli altri, ma predisponendo le riunioni in altri tempi, senza metterle a carico del bilancio comunale, ossia dei contribuenti? Se qualcuno poi vuole riferire ai quattro venti il perché e il percome del suo voto lo potrà sempre fare a mezzo di conferenze stampa o chiacchierate al bar. Certo sarebbe stato molto più opportuno non consumare invano tanto tempo che potrebbe essere più utilmente dedicato ai problemi dell'amministrazione reale.
giovedì 8 maggio 2014
CoCoCo 2014-7: Sul Piano delle alienazioni e valorizzazioni Immobiliari per l'anno 2014 e il triennio 2014/2016.
Nel nostro Comune è stato varato qualche settimana fa il programma triennale dei lavori pubblici, noto anche come piano delle opere. “Per il 2014, sono previsti investimenti per un totale di 6milioni e 800mila euro e sul triennale di quasi 18milioni di euro (17milioni e 958mila euro) Nell’elenco per il 2014 figurano interventi per la sistemazione straordinaria dei marciapiedi (150mila euro l’importo per il 2014; 470mila euro il totale 2014-2016), per gli asfalti 700mila euro (un milione e 600mila euro il totale 2014-2016), per la manutenzione straordinaria degli impianti di illuminazione (150mila euro l’importo per il 2014; 410mila euro il totale 2014-2016), per la manutenzione straordinaria della pavimentazione del centro città (150mila euro l’importo per il 2014; 610mila euro il totale 2014-2016), per la riqualificazione di piazza Grimoldi e via Pretorio (450mila euro l’importo totale per il 2014), per interventi di mobilità sostenibile (200mila euro l’importo per il 2014; 600mila euro il totale 2014-2016), per la manutenzione straordinaria del verde pubblico (200mila euro l’importo totale per il 2014), per la velostazione per il ricovero delle biciclette a Como Borghi (160mila euro di cui 130mila euro finanziati dalla Fondazione Cariplo), per lavori di manutenzione straordinaria delle case comunali (440mila euro l’importo per il 2014; 840mila euro il totale 2014-2016), per le scuole (un milione e 230mila euro per il 2014, due milioni e 300mila euro il totale 2014-2016), per i muri a lago del lido di Villa Geno (200mila euro per il 2014, 400 mila euro il totale 2014-2016). In elenco figura anche la riqualificazione e la valorizzazione del portico del Broletto per l’allestimento di un punto di informazione turistica (250mila euro l’importo per il 2014; 450mila euro il totale 2014-2016), (lavori definiti insieme agli albergatori e che saranno finanziati attraverso l’imposta di soggiorno)”. (Cfr. http://ecoinformazioni.wordpress.com/2014/02/25/como-programma-triennale-delle-opere)
La priorità individuate saranno scuole, case e strade nonché i lavori di completamento della rete fognaria, che se non fossero ultimati potrebbero portar l’ente ad essere sanzionato. Qualcuno non esita a chiamare questa una mancanza di visione, di prospettiva, di capacità di intervento. Lo possiamo senz'altro ascoltare, in nome della libertà di espressione e del ruolo di opposizione che è il sale della democrazia, ma è ben difficile che con la parzialità possa riuscire a convincerci.
Qualcun altro (Mario Lucini) in proposito ha ricordato più opportunamente che “i Comuni operano in situazioni estreme ed è necessario e urgente che il Governo intervenga per modificare i parametri del patto di stabilità e quelli del fondo di solidarietà. Como ha i conti in ordine, ma il patto di stabilità ci strozza. Per il 2014 la forbice che dovremo garantire è stata addirittura aumentata e portata a 10milioni di euro; quanto alla quota dovuta per alimentare il fondo di solidarietà il Comune di Como nel 2013 ha versato 8 milioni e 800mila euro”; anche per il 2014 non c'è da aspettarsi nulla di buono.
È solo in questo contesto che può essere letto il piano delle alienazioni che ci apprestiamo a votare. In questa fase congiunturale, il reperimento di risorse attraverso la dismissione di immobili non connaturati alle esigenze specifiche della gestione cittadina rappresenta un'importante, anzi cruciale fonte di finanziamento degli investimenti che l’Amministrazione intende realizzare a vantaggio della collettività.
Si deve tener conto che sarebbe in ogni caso opportuna e necessaria una chiara identificazione della corrispondenza o meno dei beni rispetto alle funzioni istituzionali dell'ente comunale, anche in considerazione degli oneri di gestione certamente non irrisori che la loro amministrazione comporta. Inoltre questo passaggio è allo stato il solo che possa consentire di disporre di capitali da destinare agli scopi che abbiamo ricordato in partenza, senza la necessità di ricorrere al reperimento di capitali onerosi attraverso l’indebitamento. Suppongo inoltre che nessuno dei presenti si sognerebbe di invocare come alternativa percorribile l'aumento di una pressione fiscale che è giunta già a livelli estremi. E allora?
Prescindere da questa condizione di fatto, sminuirla o tacerla, significa solo mostrare una parte della verità e quindi proporre una lettura sostanzialmente irrealistica dello stato delle cose. Si può certo sperare, o meglio sognare che le risorse arrivino da altre fonti, più o meno attendibili rispetto a quelle che il piano mette in essere – infatti anche queste risorse, non ce lo nascondiamo, rischiano di essere almeno in parte virtuali: ma è certo che senza disporne concretamente il programma di alienazione non ci sarebbe alcuna possibilità di vederle neppur parzialmente realizzate.
Si lamenta, comprensibilmente, che si cedono beni destinati a non fare più ritorno nella disponibilità pubblica. Ora, da un lato questo può dispiacere, ma è difficile non vedere come il provvedimento altro non faccia che assecondare quanto disposto da una puntuale normativa in proposito, che trova attuazione in questi anni su tutto il territorio nazionale. Non ce lo inventiamo noi, spinti da chissà quale ispirazione nefanda. Stiamo dando attuazione all'art. 58 della legge 133/2008, che dispone in pratica un concreto incremento delle alienazioni da parte degli Enti locali, le quali non si sono diffuse a caso: esse vengono infatti fortemente incoraggiate dai mancati introiti dei trasferimenti agli enti e dalla carenza sempre maggiore di liquidità. Che questa sia una colpa imputabile alla presente amministrazione non sembra sostenibile; invece, che in anni passati governi insensibili ad un autentico risanamento dei conti pubblici e orientati piuttosto all'ottenimento del consenso con metodi rozzazmente populistici (inclusa la negazione della crisi economica in corso), e pronti perciò a nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che intervenire con serietà e rigore, sembra essere un dato storicamente consolidato. A noi tocca purtroppo fronteggiare il risultato di tale insipienza, e anche del fatto che tanti cittadini sembrano preferire il facile richiamo del pifferaio magico di turno, che li convince senza fatica dell'inutilità di compiere sacrifici nel nome dell'interesse comune. Fino al momento in cui la realtà non può più essere occultata. Spero ci siamo resi conto tutti che questo momento è già arrivato da tempo anche a Como. Se così non fosse, propongo qualche altra recente dichiarazione in merito alla sofferta decisione delle dismissioni di beni acquisiti dalle generazioni del passato. Questa scelta è infatti stata vista come “la prova che le amministrazioni precedenti siano state lungimiranti e dunque noi oggi possiamo utilizzare questo capitale”; “se si ragiona con il cuore si dovrebbero mantenere, ma a livello di portafoglio è necessario dismetterle” (il capogruppo leghista di Varese Giulio Moroni). “La vendita è legata al Patto di stabilità, particolarmente severo” (l’esponente Pdl, Stefano Crespi, presidente della Commissione relativa). Tra Como e Varese ci sono poco più di 20 km in linea d'aria. Difficile pensare che si tratti di due mondi tanto diversi. Vero è invece che è spesso in atto il gioco delle parti, per cui le maggioranze e le opposizioni si stanno confrontando in modo analogo, sia pure a ruoli invertiti: il giudizio in proposito non spetta a noi, e lo lasciamo volentieri agli elettori che esprimeranno la loro valutazione tra qualche anno. Anche perché allora sarà possibile misurare concretamente i risultati di un processo ormai avviato, anziché limitarsi ad ascoltare le funeste previsioni dei profeti di sventura.
Una parola infine sulle ventilate “valorizzazioni preventive” del patrimonio, che almeno in apparenza consentirebbero un incremento del valore dei beni e quindi successive realizzazioni più cospicue. La giunta sarebbe colpevole di non averle prese in considerazione, per l'incapacità che le viene aprioristicamente tributata con la consueta generosità. Tuttavia sono le valutazioni degli esperti a generare più di una perplessità in materia. Infatti, nonostante il vasto potenziale di gran parte degli immobili siti in Italia, nonché lo sforzo del legislatore in relazione ai processi di valorizzazione degli immobili pubblici, è un fatto evidente che non si è assistito ad una ondata di interventi in tale ambito. Tra le principali cause si annoverano gli aspetti procedurali, in generale, e le peculiari caratteristiche del contesto economico attuale. In particolare:
- nonostante lo sforzo normativo perseguito dal legislatore in tale ambito negli ultimi tempi, il percorso amministrativo – procedurale risulta complesso e caratterizzato da tempistiche incerte poco in linea con il mercato;
- la forte carenza di liquidità sui mercati finanziari [...] rallenta significativamente i processi di finanziamento delle operazioni immobiliari;
- e soprattutto l’arresto del mercato immobiliare registrato negli ultimi anni, con particolare riferimento alla domanda di immobili, determina un innalzamento del livello di rischio delle operazioni. (Cfr. http://www.edilbox.it/mercato-edilizia/95/gestione-immobiliare-sostenibile-un-percorso-di-valorizzazione-attualmente-praticabile.aspx)
Se ci riferiamo appunto allo specifico della nostra situazione, è chiaro come la prospettiva di effettuare forti investimenti in tal senso, con garanzie di rientro quantomeno incerte, risulti abbastanza fantasiosa. A meno di non indicare con chiarezza dove si andrebbero a reperire queste risorse aggiuntive, e di mettere in conto i tempi certamente non brevi di simili interventi. Dopo di che, si rimarrebbe ugualmente esposti alle forti incertezze del mercato attuale. Non sembra proprio una strada agevole da percorrere, e neppure in grado di offrire una prospettiva rassicurante.
In conclusione, noi ci dichiariamo favorevoli a questo piano di interventi, che valutiamo un atto ponderato, articolato e soprattutto corrispondente ai provvedimenti legislativi seguiti in questi anni da una pluralità di Amministrazioni che si sono viste in grado di valutare le opportunità offerte da questo processo in rapporto ai fabbisogni pregressi e alle strategie di futuro sviluppo a cui aspirano le singole comunità urbane. Non lo consideriamo evidentemente il rimedio a tutti i problemi che affliggono la nostra città, ma riteniamo insensato demonizzarlo e chiuderci pregiudizialmente a questa prospettiva, che ha in sé la potenzialità concreta di contribuire ad affrontare una fase difficile e insieme a rendere possibile il rilancio di un'azione amministrativa più efficace.
Di tutto cuore, ci auguriamo risultati almeno parzialmente adeguati ad affontare le grandi sfide della gestione cittadina e a supportare la realizzazione del nostro programma. Che potrà apparire, è vero, rallentata e in certi ambiti ancora da avviare proprio a causa delle pesanti ipoteche del recente passato, sommate alle avversità congiunturali, ma che non è certo stata trascurata né dimenticata ed è sicuramente destinata a risultare più percepibile nel tempo a venire, anche per il rinnovato impegno che la giunta Lucini e la maggioranza sono chiamate ad esprimere in questo passaggio politicamente complesso.
La priorità individuate saranno scuole, case e strade nonché i lavori di completamento della rete fognaria, che se non fossero ultimati potrebbero portar l’ente ad essere sanzionato. Qualcuno non esita a chiamare questa una mancanza di visione, di prospettiva, di capacità di intervento. Lo possiamo senz'altro ascoltare, in nome della libertà di espressione e del ruolo di opposizione che è il sale della democrazia, ma è ben difficile che con la parzialità possa riuscire a convincerci.
Qualcun altro (Mario Lucini) in proposito ha ricordato più opportunamente che “i Comuni operano in situazioni estreme ed è necessario e urgente che il Governo intervenga per modificare i parametri del patto di stabilità e quelli del fondo di solidarietà. Como ha i conti in ordine, ma il patto di stabilità ci strozza. Per il 2014 la forbice che dovremo garantire è stata addirittura aumentata e portata a 10milioni di euro; quanto alla quota dovuta per alimentare il fondo di solidarietà il Comune di Como nel 2013 ha versato 8 milioni e 800mila euro”; anche per il 2014 non c'è da aspettarsi nulla di buono.
È solo in questo contesto che può essere letto il piano delle alienazioni che ci apprestiamo a votare. In questa fase congiunturale, il reperimento di risorse attraverso la dismissione di immobili non connaturati alle esigenze specifiche della gestione cittadina rappresenta un'importante, anzi cruciale fonte di finanziamento degli investimenti che l’Amministrazione intende realizzare a vantaggio della collettività.
Si deve tener conto che sarebbe in ogni caso opportuna e necessaria una chiara identificazione della corrispondenza o meno dei beni rispetto alle funzioni istituzionali dell'ente comunale, anche in considerazione degli oneri di gestione certamente non irrisori che la loro amministrazione comporta. Inoltre questo passaggio è allo stato il solo che possa consentire di disporre di capitali da destinare agli scopi che abbiamo ricordato in partenza, senza la necessità di ricorrere al reperimento di capitali onerosi attraverso l’indebitamento. Suppongo inoltre che nessuno dei presenti si sognerebbe di invocare come alternativa percorribile l'aumento di una pressione fiscale che è giunta già a livelli estremi. E allora?
Prescindere da questa condizione di fatto, sminuirla o tacerla, significa solo mostrare una parte della verità e quindi proporre una lettura sostanzialmente irrealistica dello stato delle cose. Si può certo sperare, o meglio sognare che le risorse arrivino da altre fonti, più o meno attendibili rispetto a quelle che il piano mette in essere – infatti anche queste risorse, non ce lo nascondiamo, rischiano di essere almeno in parte virtuali: ma è certo che senza disporne concretamente il programma di alienazione non ci sarebbe alcuna possibilità di vederle neppur parzialmente realizzate.
Si lamenta, comprensibilmente, che si cedono beni destinati a non fare più ritorno nella disponibilità pubblica. Ora, da un lato questo può dispiacere, ma è difficile non vedere come il provvedimento altro non faccia che assecondare quanto disposto da una puntuale normativa in proposito, che trova attuazione in questi anni su tutto il territorio nazionale. Non ce lo inventiamo noi, spinti da chissà quale ispirazione nefanda. Stiamo dando attuazione all'art. 58 della legge 133/2008, che dispone in pratica un concreto incremento delle alienazioni da parte degli Enti locali, le quali non si sono diffuse a caso: esse vengono infatti fortemente incoraggiate dai mancati introiti dei trasferimenti agli enti e dalla carenza sempre maggiore di liquidità. Che questa sia una colpa imputabile alla presente amministrazione non sembra sostenibile; invece, che in anni passati governi insensibili ad un autentico risanamento dei conti pubblici e orientati piuttosto all'ottenimento del consenso con metodi rozzazmente populistici (inclusa la negazione della crisi economica in corso), e pronti perciò a nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che intervenire con serietà e rigore, sembra essere un dato storicamente consolidato. A noi tocca purtroppo fronteggiare il risultato di tale insipienza, e anche del fatto che tanti cittadini sembrano preferire il facile richiamo del pifferaio magico di turno, che li convince senza fatica dell'inutilità di compiere sacrifici nel nome dell'interesse comune. Fino al momento in cui la realtà non può più essere occultata. Spero ci siamo resi conto tutti che questo momento è già arrivato da tempo anche a Como. Se così non fosse, propongo qualche altra recente dichiarazione in merito alla sofferta decisione delle dismissioni di beni acquisiti dalle generazioni del passato. Questa scelta è infatti stata vista come “la prova che le amministrazioni precedenti siano state lungimiranti e dunque noi oggi possiamo utilizzare questo capitale”; “se si ragiona con il cuore si dovrebbero mantenere, ma a livello di portafoglio è necessario dismetterle” (il capogruppo leghista di Varese Giulio Moroni). “La vendita è legata al Patto di stabilità, particolarmente severo” (l’esponente Pdl, Stefano Crespi, presidente della Commissione relativa). Tra Como e Varese ci sono poco più di 20 km in linea d'aria. Difficile pensare che si tratti di due mondi tanto diversi. Vero è invece che è spesso in atto il gioco delle parti, per cui le maggioranze e le opposizioni si stanno confrontando in modo analogo, sia pure a ruoli invertiti: il giudizio in proposito non spetta a noi, e lo lasciamo volentieri agli elettori che esprimeranno la loro valutazione tra qualche anno. Anche perché allora sarà possibile misurare concretamente i risultati di un processo ormai avviato, anziché limitarsi ad ascoltare le funeste previsioni dei profeti di sventura.
Una parola infine sulle ventilate “valorizzazioni preventive” del patrimonio, che almeno in apparenza consentirebbero un incremento del valore dei beni e quindi successive realizzazioni più cospicue. La giunta sarebbe colpevole di non averle prese in considerazione, per l'incapacità che le viene aprioristicamente tributata con la consueta generosità. Tuttavia sono le valutazioni degli esperti a generare più di una perplessità in materia. Infatti, nonostante il vasto potenziale di gran parte degli immobili siti in Italia, nonché lo sforzo del legislatore in relazione ai processi di valorizzazione degli immobili pubblici, è un fatto evidente che non si è assistito ad una ondata di interventi in tale ambito. Tra le principali cause si annoverano gli aspetti procedurali, in generale, e le peculiari caratteristiche del contesto economico attuale. In particolare:
- nonostante lo sforzo normativo perseguito dal legislatore in tale ambito negli ultimi tempi, il percorso amministrativo – procedurale risulta complesso e caratterizzato da tempistiche incerte poco in linea con il mercato;
- la forte carenza di liquidità sui mercati finanziari [...] rallenta significativamente i processi di finanziamento delle operazioni immobiliari;
- e soprattutto l’arresto del mercato immobiliare registrato negli ultimi anni, con particolare riferimento alla domanda di immobili, determina un innalzamento del livello di rischio delle operazioni. (Cfr. http://www.edilbox.it/mercato-edilizia/95/gestione-immobiliare-sostenibile-un-percorso-di-valorizzazione-attualmente-praticabile.aspx)
Se ci riferiamo appunto allo specifico della nostra situazione, è chiaro come la prospettiva di effettuare forti investimenti in tal senso, con garanzie di rientro quantomeno incerte, risulti abbastanza fantasiosa. A meno di non indicare con chiarezza dove si andrebbero a reperire queste risorse aggiuntive, e di mettere in conto i tempi certamente non brevi di simili interventi. Dopo di che, si rimarrebbe ugualmente esposti alle forti incertezze del mercato attuale. Non sembra proprio una strada agevole da percorrere, e neppure in grado di offrire una prospettiva rassicurante.
In conclusione, noi ci dichiariamo favorevoli a questo piano di interventi, che valutiamo un atto ponderato, articolato e soprattutto corrispondente ai provvedimenti legislativi seguiti in questi anni da una pluralità di Amministrazioni che si sono viste in grado di valutare le opportunità offerte da questo processo in rapporto ai fabbisogni pregressi e alle strategie di futuro sviluppo a cui aspirano le singole comunità urbane. Non lo consideriamo evidentemente il rimedio a tutti i problemi che affliggono la nostra città, ma riteniamo insensato demonizzarlo e chiuderci pregiudizialmente a questa prospettiva, che ha in sé la potenzialità concreta di contribuire ad affrontare una fase difficile e insieme a rendere possibile il rilancio di un'azione amministrativa più efficace.
Di tutto cuore, ci auguriamo risultati almeno parzialmente adeguati ad affontare le grandi sfide della gestione cittadina e a supportare la realizzazione del nostro programma. Che potrà apparire, è vero, rallentata e in certi ambiti ancora da avviare proprio a causa delle pesanti ipoteche del recente passato, sommate alle avversità congiunturali, ma che non è certo stata trascurata né dimenticata ed è sicuramente destinata a risultare più percepibile nel tempo a venire, anche per il rinnovato impegno che la giunta Lucini e la maggioranza sono chiamate ad esprimere in questo passaggio politicamente complesso.
martedì 15 aprile 2014
CoCoCo 2014-6: Regolamento sulla gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Como
A mio modesto avviso, il regolamento in discussione appare un documento sostanzialmente adeguato, frutto di un lavoro proficuo degli uffici e dell'assessorato. Certo, alcune osservazioni e preoccupazioni sollevate nel dibattito avevano ragione di essere avanzate, presentando in prima istanza un certo fondamento e rappresentando un contributo ad approfondire la questione, ma mi pare che le chiarificazioni successivamente offerte in termini operativi e giuridici sanciscano la bontà sostanziale dello strumento di cui andiamo a dotarci – va sottolineato – per la prima volta, dopo decenni di latitanza in proposito, fornendo così un altro tassello di trasparenza e certezza normativa per l'azione amministrativa.
Nulla vieta ovviamente di formulare emendamenti che possano essere valutati per quello che il loro testo dice, consentendo quindi di soppesare in concreto la specificità delle proposte e non solo i dubbi generali, o le preoccupazioni di ipernormatività che possono forse entusiasmare alcuni, ma risultare eccessivamente macchinose per altri. Decida l'aula, non c'è alcuna preclusione a valutare.
Del resto, non c'è al mondo alcuna cosa che non possa adeguatamente essere complicata, certo sulla base delle migliori ragioni del mondo... Ma, ripeto, valutiamo concrete proposte di emendamento, piuttosto che generici richiami ad altri migliori regolamenti.
Stonano però fortemente altre critiche che si sono udite in quest’aula; a dire il vero, neppure critiche nel senso proprio, bensì insinuazioni, tra l’altro slegate da reali corrispondenze in un testo letto forse frettolosamente e con i paraocchi polemici cui siamo ormai abituati, anzi rassegnati.
Infatti, insinuare che il dispositivo in discussione sia congegnato allo scopo di generare favoritismi è davvero un'assurdità colossale, malevola e inopportuna. Si scontra con l’evidenza della lettera e con lo spirito che anima la giunta nel suo operare.
Per la prima volta nella storia dell’amministrazione comasca vengono stabiliti criteri articolati e con una precisa ratio per gestire questo patrimonio, e qualcuno formula accuse di aver congegnato possibili futuri arbitri e di aver stabilito una completa discrezionalità. Proprio non si riesce a vedere che, ove siano previsti limitati margini di manovra, questi arriverebbero solo dopo l’effettuazione di una gara che non avesse dato esiti soddisfacenti per gli scopi prefissi dall’amministrazione pubblica, quindi in un caso estremo ed improbabile con lo scopo evidente di tutelare e valorizzare per quanto possibile l'interesse collettivo (in pratica, cioè, evitare di svendere senza validi motivi).
E se lo stesso atteggiamento, quello di rivolgere insinuazioni, noi lo rivolgessimo non verso un ipotetico e incerto futuro, ma verso un passato ben documentato e certo, quello che ha visto la gestione più o meno recente di tali beni? Non vedremmo forse oscurità più o meno diffuse, grovigli difficilmente districabili, situazioni di fatto la cui ragione è ormai incomprensibile, morosità tutt'altro che episodiche (questo sì un danno certo ed evidente per il bene pubblico), ma lungamente ignorate, trascurate o comunque - a voler essere generosi - affrontate senza alcuna efficacia?
Noi non vogliamo procedere su questo binario, ma almeno si eviti di prestare a questa amministrazione presunti intenti ignobili che assolutamente non ha e che potranno semmai essere stati partoriti in altri luoghi, altri contesti, altre menti. Evitiamo, per favore, di determinare nei nostri dibattiti situazioni degne di figurare nelle migliori favole di Esopo o Fedro, ove spesso si predica bene ma si razzola davvero male.
Nulla vieta ovviamente di formulare emendamenti che possano essere valutati per quello che il loro testo dice, consentendo quindi di soppesare in concreto la specificità delle proposte e non solo i dubbi generali, o le preoccupazioni di ipernormatività che possono forse entusiasmare alcuni, ma risultare eccessivamente macchinose per altri. Decida l'aula, non c'è alcuna preclusione a valutare.
Del resto, non c'è al mondo alcuna cosa che non possa adeguatamente essere complicata, certo sulla base delle migliori ragioni del mondo... Ma, ripeto, valutiamo concrete proposte di emendamento, piuttosto che generici richiami ad altri migliori regolamenti.
Stonano però fortemente altre critiche che si sono udite in quest’aula; a dire il vero, neppure critiche nel senso proprio, bensì insinuazioni, tra l’altro slegate da reali corrispondenze in un testo letto forse frettolosamente e con i paraocchi polemici cui siamo ormai abituati, anzi rassegnati.
Infatti, insinuare che il dispositivo in discussione sia congegnato allo scopo di generare favoritismi è davvero un'assurdità colossale, malevola e inopportuna. Si scontra con l’evidenza della lettera e con lo spirito che anima la giunta nel suo operare.
Per la prima volta nella storia dell’amministrazione comasca vengono stabiliti criteri articolati e con una precisa ratio per gestire questo patrimonio, e qualcuno formula accuse di aver congegnato possibili futuri arbitri e di aver stabilito una completa discrezionalità. Proprio non si riesce a vedere che, ove siano previsti limitati margini di manovra, questi arriverebbero solo dopo l’effettuazione di una gara che non avesse dato esiti soddisfacenti per gli scopi prefissi dall’amministrazione pubblica, quindi in un caso estremo ed improbabile con lo scopo evidente di tutelare e valorizzare per quanto possibile l'interesse collettivo (in pratica, cioè, evitare di svendere senza validi motivi).
E se lo stesso atteggiamento, quello di rivolgere insinuazioni, noi lo rivolgessimo non verso un ipotetico e incerto futuro, ma verso un passato ben documentato e certo, quello che ha visto la gestione più o meno recente di tali beni? Non vedremmo forse oscurità più o meno diffuse, grovigli difficilmente districabili, situazioni di fatto la cui ragione è ormai incomprensibile, morosità tutt'altro che episodiche (questo sì un danno certo ed evidente per il bene pubblico), ma lungamente ignorate, trascurate o comunque - a voler essere generosi - affrontate senza alcuna efficacia?
Noi non vogliamo procedere su questo binario, ma almeno si eviti di prestare a questa amministrazione presunti intenti ignobili che assolutamente non ha e che potranno semmai essere stati partoriti in altri luoghi, altri contesti, altre menti. Evitiamo, per favore, di determinare nei nostri dibattiti situazioni degne di figurare nelle migliori favole di Esopo o Fedro, ove spesso si predica bene ma si razzola davvero male.
lunedì 17 marzo 2014
CoCoCo 2014-5: Atti di vandalismo al monumento alla Resistenza europea
Un plauso ai volontari che anche ieri, con ammirevole e continuato impegno, hanno prestato la loro opera per ripulire dalle scritte varie zone della città, tra le quali l'ex teatro Cressoni, il sottopassaggio vicino a Porta Torre e il Monumento alla Resistenza Europea di Como, ai giardini a lago, recentemente imbrattato da ignoti (probabilmente affetti da non lieve insufficienza mentale) che hanno utilizzato bombolette spray e pennarelli.
Mi sembra anche importante riprendere l'appello dell’Associazione Nazionale Partigiani di Como, che in questa circostanza ha ribadito la necessità che la città debba riappropriarsi di questo importante monumento alla memoria.
Per quanto non sia ravvisabile una matrice politica, che sarebbe ancor più aberrante, preoccupa comunque che sia diffusa tanta sconsideratezza o miseria intellettuale da dedicare attacchi a monumenti di simile rilevanza civile e storica.
È comunque vero che simili fatti devono sollecitare l'amministrazione comunale ad adoperarsi per attrezzare sempre meglio gli spazi circostanti, incentivando le visite culturali e quindi la frequentazione, e in tal modo anche il presidio dei luoghi, e così (riprendo il comunicato ANPI) «valorizzando il Monumento alla Resistenza, anche ponendo la massima attenzione al suo valore storico, culturale e artistico». Aggiungo solo che anche Provincia e Regione dovrebbero fare la loro parte in questo percorso di valorizzazione culturale di un patrimonio di tutto il territorio, non certamente limitato alla città, e suggerirei pertanto che il Comune possa anche farsi parte attiva sollecitandoli in tal senso, secondo modalità già sperimentate in varie province d'Italia (percorsi tematiche, cartine, inserimento in itinerari di visita, ecc.). Meritoriamente era stata realizzata qualche anno fa una Mappa della memoria dedicata agli anni 1943-1945, edita dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como, con il contributo del Circolo Culturale Ricreativo di via Masaccio a Como, e con il progetto grafico di Nodo Libri (attualmente scaricabile all'indirizzo href="http://www.isc-como.org/pagine/pdf/MappaMemoriaComo09.pdf">).
Mi sembra anche importante riprendere l'appello dell’Associazione Nazionale Partigiani di Como, che in questa circostanza ha ribadito la necessità che la città debba riappropriarsi di questo importante monumento alla memoria.
Per quanto non sia ravvisabile una matrice politica, che sarebbe ancor più aberrante, preoccupa comunque che sia diffusa tanta sconsideratezza o miseria intellettuale da dedicare attacchi a monumenti di simile rilevanza civile e storica.
È comunque vero che simili fatti devono sollecitare l'amministrazione comunale ad adoperarsi per attrezzare sempre meglio gli spazi circostanti, incentivando le visite culturali e quindi la frequentazione, e in tal modo anche il presidio dei luoghi, e così (riprendo il comunicato ANPI) «valorizzando il Monumento alla Resistenza, anche ponendo la massima attenzione al suo valore storico, culturale e artistico». Aggiungo solo che anche Provincia e Regione dovrebbero fare la loro parte in questo percorso di valorizzazione culturale di un patrimonio di tutto il territorio, non certamente limitato alla città, e suggerirei pertanto che il Comune possa anche farsi parte attiva sollecitandoli in tal senso, secondo modalità già sperimentate in varie province d'Italia (percorsi tematiche, cartine, inserimento in itinerari di visita, ecc.). Meritoriamente era stata realizzata qualche anno fa una Mappa della memoria dedicata agli anni 1943-1945, edita dall’Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta” di Como, con il contributo del Circolo Culturale Ricreativo di via Masaccio a Como, e con il progetto grafico di Nodo Libri (attualmente scaricabile all'indirizzo href="http://www.isc-como.org/pagine/pdf/MappaMemoriaComo09.pdf">).
lunedì 3 marzo 2014
CoCoCo 2014-4: Raccolta differenziata e spazi condominiali
A seguito anche delle richieste dell’Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari (Anaci), relative al nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, che prevede un netto incremento della differenziazione della spazzatura, mi permetto qualche breve puntualizzazione, oltre a quelle che indubbiamente saranno presentate nel corso dei prossimi incontri dedicati al tema.
Personalmente segnalo la necessità di garantire il prelievo nella effettiva prossimità dei condomìni, e non semplicemente nelle vicinanze stradali, almeno in tutti quei casi che rendono questa modalità più efficace. Mi spiego.
Un conto è il caso delle strutture chiuse, il cui accesso è limitato da cancelli, portinerie e simili, ove gli ingressi sono fortemente limitati e controllati: queste evidentemente predisporranno, se gli spazi lo consentono, punti di deposito e raccolta al confine delle recinzioni. Un altro caso invece è costituito dai numerosi edifici che hanno un transito liberamente accessibile dalla sede stradale. Qui i mezzi devono essere tenuti ad entrare, per raggiungere i punti di raccolta opportunamente posizionati. L'eventuale pretesa di un trasporto sulla sede stradale non può essere giustificata, stante la numerosità dei bidoni che i condomini dovranno comunque provvedere a sistemare nei loro piazzali, ricercando soluzioni compatibili con gli altri ingombri esistenti, e che perciò impone che gli operatori arrivino in prossimità di tali punti.
La richiesta è tanto più giustificata se si considera che i mezzi di raccolta, spesso e volentieri, entrano già nei suddetti piazzali per svolgere le loro manovre, soprattutto in caso di inversione di marcia.
Chiedo all'assessorato un puntuale impegno perché Aprica si presti a favorire in tutti i casi questa soluzione per la raccolta porta a porta, senza gravare così gli utenti di ulteriori costi, quale sarebbe ad esempio un preservizio con una tempistica pressoché quotidiana, e perciò dai costi insostenibili.
Mi associo quindi all'auspicio dell'Anaci che «si faccia il possibile per ridurre i disagi ed evitare costi aggiuntivi ingiustificati agli inquilini».
Personalmente segnalo la necessità di garantire il prelievo nella effettiva prossimità dei condomìni, e non semplicemente nelle vicinanze stradali, almeno in tutti quei casi che rendono questa modalità più efficace. Mi spiego.
Un conto è il caso delle strutture chiuse, il cui accesso è limitato da cancelli, portinerie e simili, ove gli ingressi sono fortemente limitati e controllati: queste evidentemente predisporranno, se gli spazi lo consentono, punti di deposito e raccolta al confine delle recinzioni. Un altro caso invece è costituito dai numerosi edifici che hanno un transito liberamente accessibile dalla sede stradale. Qui i mezzi devono essere tenuti ad entrare, per raggiungere i punti di raccolta opportunamente posizionati. L'eventuale pretesa di un trasporto sulla sede stradale non può essere giustificata, stante la numerosità dei bidoni che i condomini dovranno comunque provvedere a sistemare nei loro piazzali, ricercando soluzioni compatibili con gli altri ingombri esistenti, e che perciò impone che gli operatori arrivino in prossimità di tali punti.
La richiesta è tanto più giustificata se si considera che i mezzi di raccolta, spesso e volentieri, entrano già nei suddetti piazzali per svolgere le loro manovre, soprattutto in caso di inversione di marcia.
Chiedo all'assessorato un puntuale impegno perché Aprica si presti a favorire in tutti i casi questa soluzione per la raccolta porta a porta, senza gravare così gli utenti di ulteriori costi, quale sarebbe ad esempio un preservizio con una tempistica pressoché quotidiana, e perciò dai costi insostenibili.
Mi associo quindi all'auspicio dell'Anaci che «si faccia il possibile per ridurre i disagi ed evitare costi aggiuntivi ingiustificati agli inquilini».
lunedì 24 febbraio 2014
CoCoCo 2014-3: Rassegna stampa comunale
È a tutti evidente l'importanza della rassegna stampa messa a disposizione sul portale del Comune di Como, che contribuisce attivamente alla diffusione dell'informazione sulla vita politico-amministrativa della città e quindi anche alla trasparenza nei confronti dei cittadini.
In certa misura è un “biglietto da visita” che – a prescindere dalla qualità effettiva e dall’accuratezza dei contenuti prodotti all'esterno dell'amministrazione e qui riportati – consente a tutti gli interessati, e specialmente ai non politici di mantenersi puntualmente informati e di meglio interpretare la realtà del nostro Comune.
Appare importante che questa comunicazione non sia viziata da difetti tecnici, soprattutto se facilmente risolvibili. Segnalo perciò con una certa preoccupazione che la nostra rassegna stampa appare completamente inattiva ormai dal 6 febbraio. Pause sporadiche di un paio di giorni sono anche comprensibili, specie se legate ad imprevisti, ma interruzioni più lunghe sono invece un evidente disservizio, a cui va data urgente soluzione.
Anche perché (qui parlo a titolo personale) è così gratificante poter leggere di seguito, messe in bell'ordine, tutte le dichiarazioni equanimi ed imparziali sull'amministrazione che starebbe affossando la città, la renderebbe tristissima, getterebbe dalla finestra i soldi dei contribuenti. E che, sorda alle grida di dolore di un popolo oppresso nonché incurante della democrazia, assomiglia sempre più all'orco delle favole. Grazie a questa incursione nel fantasy, indubbiamente si può creare anche un bell'effetto-nostalgia che ci farà sempre più sognare il ritorno agli amministratori delle ultime giunte o il prossimo avvento di cavalieri senza macchia né paura, dotati per giunta di probabili poteri magici.
Lasciando da parte gli scherzi, chiedo ovviamente alla giunta di attivarsi per porre rimedio alla situazione che ho descritto con la massima tempestività.
In certa misura è un “biglietto da visita” che – a prescindere dalla qualità effettiva e dall’accuratezza dei contenuti prodotti all'esterno dell'amministrazione e qui riportati – consente a tutti gli interessati, e specialmente ai non politici di mantenersi puntualmente informati e di meglio interpretare la realtà del nostro Comune.
Appare importante che questa comunicazione non sia viziata da difetti tecnici, soprattutto se facilmente risolvibili. Segnalo perciò con una certa preoccupazione che la nostra rassegna stampa appare completamente inattiva ormai dal 6 febbraio. Pause sporadiche di un paio di giorni sono anche comprensibili, specie se legate ad imprevisti, ma interruzioni più lunghe sono invece un evidente disservizio, a cui va data urgente soluzione.
Anche perché (qui parlo a titolo personale) è così gratificante poter leggere di seguito, messe in bell'ordine, tutte le dichiarazioni equanimi ed imparziali sull'amministrazione che starebbe affossando la città, la renderebbe tristissima, getterebbe dalla finestra i soldi dei contribuenti. E che, sorda alle grida di dolore di un popolo oppresso nonché incurante della democrazia, assomiglia sempre più all'orco delle favole. Grazie a questa incursione nel fantasy, indubbiamente si può creare anche un bell'effetto-nostalgia che ci farà sempre più sognare il ritorno agli amministratori delle ultime giunte o il prossimo avvento di cavalieri senza macchia né paura, dotati per giunta di probabili poteri magici.
Lasciando da parte gli scherzi, chiedo ovviamente alla giunta di attivarsi per porre rimedio alla situazione che ho descritto con la massima tempestività.
lunedì 17 febbraio 2014
CoCoCo 2014-2: A quando la revisione del regolamento consiliare?
Una breve considerazione su un episodio verificatosi in aula lunedì scorso, e prontamente ripreso in un articolo di giornale con tanto di foto a corredo. Accade infatti che, a volte, anche i consiglieri più attivi si lascino vincere da un colpo di sonno, o almeno così sembra. Occasionalmente capita pure al sottoscritto di fare fatica a tenere gli occhi aperti, perciò tutta la mia solidarietà a chi si trovasse eventualmente nelle stesse condizioni. Tuttavia io proporrei un'altra interpretazione: più che delle conseguenze della stanchezza, si potrebbe trattare di un istante di concentrazione particolarmente intensa, in cui gli occhi si chiudono per meglio cogliere e valutare, senza ulteriori distrazioni, le considerazioni proposte nel dibattito dell'aula, che sappiamo bene non essere né poche né stringate, e aleggiano come una sinfonia di ispirate riflessioni, tutte certamente degne di essere, per così dire, assaporate.
In realtà l'interpretazione della stampa tenderebbe a ricondurre simili episodi all'esagerazione degli interventi (troppi e troppo lunghi), caratteristica in particolare dell'infaticabile opposizione. In effetti, dato che sento più volte ripetere gli stessi argomenti nel corso della stessa seduta, mi verrebbe di dare ragione a questa tesi. Più perplessità mi desta il rilievo che la colpa maggiore sarebbe invece della maggioranza che non porta in aula delibere su temi davvero importanti e lascia perciò spazio a mozioni poco più che simboliche. Sarà pur vero, però mi chiedo cosa dovrebbe fare la giunta quando deve approvare provvedimenti come quello di cui riprenderemo la discussione stasera. Non credo proprio che giuridicamente possa infischiarsene del Consiglio comunale e licenziare questi provvedimenti per conto proprio, perciò sta a noi tutti consiglieri evitare di dilatare le discussioni oltre misura, per quanto affascinante possa risultare il suono della nostra voce. Comunque mi dichiaro disposto ad ammettere che la colpa di ogni disfunzione in questo consiglio sia della maggioranza, ora e sempre, in quanto mentre ci riflettevo sono intervenute a fugare ogni mio dubbio le immortali parole del Poeta:
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Al di là dell'ironia, ritengo che l'episodio valga a richiamarci la necessità e l'urgenza di provvedere in tempi celeri alla conclusione del lavoro di revisione del regolamento consiliare, che si era iniziato nello scorso mandato ed era giunto a un passo dalla conclusione. Mi appello dunque a Lei, signor Presidente, perché disponga quanto prima la convocazione di una commissione in proposito e le fissi anche tempi contingentati per arrivare ad una proposta conclusiva che ci consenta di essere assai più efficienti di quanto non sia stato sinora. Seguendo l'esempio dei consigli delle città capoluogo a noi vicine, che, senza alcuna magia particolare, di norma riescono a trattare all'incirca dal doppio al triplo degli argomenti che passano in quest'aula.
In realtà l'interpretazione della stampa tenderebbe a ricondurre simili episodi all'esagerazione degli interventi (troppi e troppo lunghi), caratteristica in particolare dell'infaticabile opposizione. In effetti, dato che sento più volte ripetere gli stessi argomenti nel corso della stessa seduta, mi verrebbe di dare ragione a questa tesi. Più perplessità mi desta il rilievo che la colpa maggiore sarebbe invece della maggioranza che non porta in aula delibere su temi davvero importanti e lascia perciò spazio a mozioni poco più che simboliche. Sarà pur vero, però mi chiedo cosa dovrebbe fare la giunta quando deve approvare provvedimenti come quello di cui riprenderemo la discussione stasera. Non credo proprio che giuridicamente possa infischiarsene del Consiglio comunale e licenziare questi provvedimenti per conto proprio, perciò sta a noi tutti consiglieri evitare di dilatare le discussioni oltre misura, per quanto affascinante possa risultare il suono della nostra voce. Comunque mi dichiaro disposto ad ammettere che la colpa di ogni disfunzione in questo consiglio sia della maggioranza, ora e sempre, in quanto mentre ci riflettevo sono intervenute a fugare ogni mio dubbio le immortali parole del Poeta:
Se lavori, ti tirano le pietre.
Non fai niente e ti tirano le pietre.
Qualunque cosa fai capire tu non puoi
se è bene o male quello che tu fai.
Al di là dell'ironia, ritengo che l'episodio valga a richiamarci la necessità e l'urgenza di provvedere in tempi celeri alla conclusione del lavoro di revisione del regolamento consiliare, che si era iniziato nello scorso mandato ed era giunto a un passo dalla conclusione. Mi appello dunque a Lei, signor Presidente, perché disponga quanto prima la convocazione di una commissione in proposito e le fissi anche tempi contingentati per arrivare ad una proposta conclusiva che ci consenta di essere assai più efficienti di quanto non sia stato sinora. Seguendo l'esempio dei consigli delle città capoluogo a noi vicine, che, senza alcuna magia particolare, di norma riescono a trattare all'incirca dal doppio al triplo degli argomenti che passano in quest'aula.
lunedì 10 febbraio 2014
CoCoCo 2014-1: Segnalazione di situazioni da risolvere
Anzitutto devo segnalare come davvero urgente la necessità di ripristinare l'illuminazione stradale in Via Borgovico, proprio in corrispondenza della scuola media statale “Ugo Foscolo”, da parecchi giorni non più funzionante. In effetti il pericolo che di viene a determinare per chi attraversa sulle strisce è concreto, poiché al mattino presto e all'imbrunire la zona d'ombra che si viene a creare rende veramente difficoltoso per gli automobilisiti notare se vi sia qualche pedone che di accinge ad attraversare dal lato della recinzione di Villa Saporiti, in parte oscurato anche dalle fronde delle piante. Chiedo pertanto di intervenire con un intervento immediato per il ripristino.
Vi è da fare anche un'annotazione tardiva sulla pulizia delle strade, in particolare riferita a vie d'accesso alla città come Via per Cernobbio e via per San Fermo, e anche tratti di via Nino Bixio. Molte le foglie cadute in autunno, ossia tre mesi fa, che ovviamente non sono più sulla sede stradale, e tuttavia giacciono ancora in buona quantità ai bordi della carreggiata, in parte macerate per effetto delle precipitazioni. Alla fine si disperderanno, magari contribuendo all'intasamento dei chiusini. Non credo tuttavia che nel mandato alle imprese incaricate sia prevista questa modalità di trattamento del fogliame, e chiedo all'assessore una verifica delle procedure con cui i lavori vengono condotti. Devo anche riferire, a onor del vero, le considerazioni positive recentissime di alcuni abitanti di Via Conciliazione, che hanno visto finalmente un lavoro abbastanza accurato di pulizia stradale.
Ho verificato inoltre solo due giorni fa che in Via dei Mulini, nel tratto finale prima della rampa in salita che dà sulla Napoleona, degli incivili hanno depositato quantità rilevanti di rifiuti, tra cui sanitari, perciò occorrerà predisporne la rimozione.
Infine, mi è stato riferito che qualche operatore di un'azienda fornitrice di energia elettrica nei giorni scorsi ha telefonato a privati utenti presentando l'ennesima offerta di trasferimento clientela, millantando tra l'altro che per una non ben precisata iniziativa del Comune di Como in collaborazione con l'Unione Europea la loro offerta diventerebbe ancor più vantaggiosa.
Naturalmente non risulta niente di tutto ciò agli atti. L'unica iniziativa in cui il Comune risulta coinvolto riguarda un bando per la fornitura di energia elettrica in bassa e media tensione tipologia altri usi e in bassa tensione per illuminazione pubblica – periodo 1.4.2014 – 31.3.2015 C.I.G 54648286B9 (Direttiva 2004/18/CE): un appalto che ha per oggetto la fornitura di energia per tutti i punti di prelievo in bassa e media tensione (tipologia altri usi) e in bassa tensione per illuminazione pubblica.
Poiché riferisco di conversazioni che alcune persone hanno avuto telefonicamente, senza dati ulteriori più precisi, mi limito ad esortare a una particolare attenzione se si verificassero episodi analoghi, perché queste forme di propaganda telefonica, che giocano volutamente su ambiguità e imprecisioni, nel momento in cui tirano in ballo il comune di Como, ne ledono comunque l'immagine agli occhi degli utenti.
Vi è da fare anche un'annotazione tardiva sulla pulizia delle strade, in particolare riferita a vie d'accesso alla città come Via per Cernobbio e via per San Fermo, e anche tratti di via Nino Bixio. Molte le foglie cadute in autunno, ossia tre mesi fa, che ovviamente non sono più sulla sede stradale, e tuttavia giacciono ancora in buona quantità ai bordi della carreggiata, in parte macerate per effetto delle precipitazioni. Alla fine si disperderanno, magari contribuendo all'intasamento dei chiusini. Non credo tuttavia che nel mandato alle imprese incaricate sia prevista questa modalità di trattamento del fogliame, e chiedo all'assessore una verifica delle procedure con cui i lavori vengono condotti. Devo anche riferire, a onor del vero, le considerazioni positive recentissime di alcuni abitanti di Via Conciliazione, che hanno visto finalmente un lavoro abbastanza accurato di pulizia stradale.
Ho verificato inoltre solo due giorni fa che in Via dei Mulini, nel tratto finale prima della rampa in salita che dà sulla Napoleona, degli incivili hanno depositato quantità rilevanti di rifiuti, tra cui sanitari, perciò occorrerà predisporne la rimozione.
Infine, mi è stato riferito che qualche operatore di un'azienda fornitrice di energia elettrica nei giorni scorsi ha telefonato a privati utenti presentando l'ennesima offerta di trasferimento clientela, millantando tra l'altro che per una non ben precisata iniziativa del Comune di Como in collaborazione con l'Unione Europea la loro offerta diventerebbe ancor più vantaggiosa.
Naturalmente non risulta niente di tutto ciò agli atti. L'unica iniziativa in cui il Comune risulta coinvolto riguarda un bando per la fornitura di energia elettrica in bassa e media tensione tipologia altri usi e in bassa tensione per illuminazione pubblica – periodo 1.4.2014 – 31.3.2015 C.I.G 54648286B9 (Direttiva 2004/18/CE): un appalto che ha per oggetto la fornitura di energia per tutti i punti di prelievo in bassa e media tensione (tipologia altri usi) e in bassa tensione per illuminazione pubblica.
Poiché riferisco di conversazioni che alcune persone hanno avuto telefonicamente, senza dati ulteriori più precisi, mi limito ad esortare a una particolare attenzione se si verificassero episodi analoghi, perché queste forme di propaganda telefonica, che giocano volutamente su ambiguità e imprecisioni, nel momento in cui tirano in ballo il comune di Como, ne ledono comunque l'immagine agli occhi degli utenti.
martedì 31 dicembre 2013
Capire il mondo per essere liberi dai ciarlatani e dalle paure
Leggo i risultati dell’analisi condotta dall’Ocse sulle competenze alfabetiche, matematiche ed informatiche dei cittadini adulti di 24 paesi, compresi nella fascia d’età tra i 16 e i 65 anni, da cui il nostro paese esce con un quadro sconfortante, venendo collocata all’ultimo posto in assoluto per competenze di lettura, al penultimo per la capacità di far di conto e di utilizzare in modo efficace le tecnologie informatiche. Si veda anche il post http://larcipelago.wordpress.com/2013/10/11/gli-italiani-e-labc-della-democrazia/.
Poi, se qualcuno riflette sulla drammatica verità di questo dato di fatto, lo accusano di parlare di "differenza antropologica" e di darsi arie di superiorità. Cosa che non è vera, ma viene usata come facile arma dagli imbecilli senza argomentazioni. Quante volte lo rilevo anche personalmente nei dibattiti politici, ahimè.
L'ignoranza e la carenza di discernimento però non sono mali (solo) individuali, ma sociali. Il punto di rilevanza collettiva è che:
1) sulla base di queste profonde carenze si costruiscono durature operazioni politiche, la cui impronta demagogica (e truffaldina) è perciò invisibile ai diretti destinatari ("seguitemi e vi farò ricchi", "la colpa è degli stranieri, dell'Europa, del complotto plutocratico" ecc.).
2) Qualunque panzana, bufala, accusa volgare senza prove, dietrologia d'accatto, pseudocura miracolosa trova comunque un fervido gruppo di sostenitori e diffusori che non ascoltano altre “ragioni” che le loro. Scienza e opinione urlata sono sullo stesso piano, perchè non si possiedono gli strumenti critici minimi utili a distinguere. Vale forse la pena di ricordare che etimologicamente "critica" indica appunto questa capacità di analisi e valutazione oggettiva dei fatti e dei contesti, non quella di sputare sentenze "in opposizione" e per partito preso. Le nostre bacheche Facebook ne sono la manifestazione lampante, così come quei siti di "informazione" palesemente grottesca e satirica (?), le cui castronerie vengono regolarmente prese sul serio e rilanciate, purché si possa dare addosso a qualcuno. Mala tempora currunt... e forse sarebbe il caso di investire massicciamente nell'istruzione (per davvero, non a parole), prima di venire travolti dal declino, anche economico, che la diffusione della stupidità porta inevitabilmente con sé.
Poi, se qualcuno riflette sulla drammatica verità di questo dato di fatto, lo accusano di parlare di "differenza antropologica" e di darsi arie di superiorità. Cosa che non è vera, ma viene usata come facile arma dagli imbecilli senza argomentazioni. Quante volte lo rilevo anche personalmente nei dibattiti politici, ahimè.
L'ignoranza e la carenza di discernimento però non sono mali (solo) individuali, ma sociali. Il punto di rilevanza collettiva è che:
1) sulla base di queste profonde carenze si costruiscono durature operazioni politiche, la cui impronta demagogica (e truffaldina) è perciò invisibile ai diretti destinatari ("seguitemi e vi farò ricchi", "la colpa è degli stranieri, dell'Europa, del complotto plutocratico" ecc.).
2) Qualunque panzana, bufala, accusa volgare senza prove, dietrologia d'accatto, pseudocura miracolosa trova comunque un fervido gruppo di sostenitori e diffusori che non ascoltano altre “ragioni” che le loro. Scienza e opinione urlata sono sullo stesso piano, perchè non si possiedono gli strumenti critici minimi utili a distinguere. Vale forse la pena di ricordare che etimologicamente "critica" indica appunto questa capacità di analisi e valutazione oggettiva dei fatti e dei contesti, non quella di sputare sentenze "in opposizione" e per partito preso. Le nostre bacheche Facebook ne sono la manifestazione lampante, così come quei siti di "informazione" palesemente grottesca e satirica (?), le cui castronerie vengono regolarmente prese sul serio e rilanciate, purché si possa dare addosso a qualcuno. Mala tempora currunt... e forse sarebbe il caso di investire massicciamente nell'istruzione (per davvero, non a parole), prima di venire travolti dal declino, anche economico, che la diffusione della stupidità porta inevitabilmente con sé.
giovedì 12 dicembre 2013
CoCoCo 2013-15: Mobilità sostenibile e soluzioni a Como
A volte viene da pensare che uno dei difetti maggiori della politica nel nostro paese sia la cronica incapacità di progettare il futuro, guardando invece alle sole contingenze immediate e non preoccupandosi delle conseguenze a lungo termine delle decisioni (o più spesso delle non-decisioni, dell'assenza di riforme che pure sono urgenti). Questo mi sembra particolarmente vero nella progettazione degli interventi sul traffico, concepiti nel tempo più come palliativi che come azioni strutturali, risolvendosi ad intervenire quando i problemi si sono aggravati forse in modo irrimediabile, anziché cercare di prevenirli.
È perciò emblematico che la lotta all’inquinamento sia ben lungi dall’essere vinta. L’aumento vertiginoso degli sforamenti dei limiti di legge delle polveri sottili (PM10) ne è la conferma più classica e pericolosa: basta un inverno più secco del solito per mostrare la sostanziale inefficacia delle misure antismog predisposte da Regioni e Comuni. E tutti sappiamo che il PM10 provoca infiammazione delle vie aeree e che i pm 2,5 e 1, ossia le polveri ancora più sottili, passano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei vari organi causando reazioni infiammatorie più importanti. Il risultato è un aumento di asma, allergie, aritmie cardiache, infarti, trombosi.
L’organizzazione attuale dei trasporti, caratterizzata dall'assoluta predominanza del traffico su strada, con l’uso principalmente di automezzi privati, ha forti conseguenze negative generali, sul piano economico, sociale ed ambientale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni, rischi di incidenti, a cui sono connessi costi economici e sociali, insieme all'elevato inquinamento acustico ed atmosferico, al consumo di fonti energetiche non rinnovabili, alla sottrazione di suolo. Di fronte a queste evidenze, misuriamo però ogni giorno quanto siano efficaci gli inviti ai cittadini a lasciare l’auto a casa ed utilizzare i servizi pubblici. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che aspiriamo da un lato a una migliore qualità della vita, ma evitiamo dall'altro di assumere in modo serio i necessari impegni individuali e collettivi. Per quanto potremo continuare ad ignorare che la nostra mobilità è un sistema estremamente complesso, che influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti ed ha una forte incidenza sulla qualità ambientale? Cosa fare concretamente, nel congestionato ambito urbano comasco?
Un'amministrazione cittadina non può risolvere magicamente questi problemi, ma è tenuta ad introdurre modelli di mobilità sostenibile, ispirati al principio dell’uso efficiente del territorio e delle risorse naturali e finalizzati a garantire il rispetto e l’integrità dell’ambiente. A Como, che è realtà particolarmente difficile anche per le particolarità topografiche e per una storica inerzia, questo deve comportare trasformazioni incisive, magari in forme graduali e soggette a revisione. Per essere realisti: i cambiamenti possono persino apparire lacunosi e parziali, perché soggetti a gravi vincoli di bilancio che non consentono grandi investimenti. Ma non possiamo sempre stare a guardare. Una politica che puntasse a perpetuare la situazione esistente sarebbe scellerata, ed è appunto ciò che la giunta mi sembra aver voluto scongiurare con le proposte sin qui avanzate.
Le ricette sono note: i sistemi più innovativi di mobilità contemplano il potenziamento del trasporto pubblico di merci e persone, utilizzando i sistemi meno inquinanti (es. trasporto su rotaia, autoveicoli a metano), sistemi di mobilità intermodale, aumentando la disponibilità di parcheggi-scambio nei quali è possibile lasciare la macchina per proseguire il tragitto mediante mezzi pubblici; servizi di car sharing (uso collettivo di un parco di autoveicoli, noleggiati a tempo); car pooling o uso collettivo dei mezzi privati, da parte di soggetti che devono compiere lo stesso tragitto; interventi di riqualificazione urbana; limitazione dei movimenti e della velocità dei veicoli; promozione della mobilità alternativa (ciclabile e pedonale) e di iniziative di educazione stradale e sensibilizzazione per indirizzare i cittadini ad un uso sempre più limitato del mezzo privato.
La mobilità sostenibile rappresenta un fattore di qualificazione sociale anche perché induce l’instaurarsi di processi virtuosi che portano alla riduzione del traffico e all’aumento della sicurezza stradale. Mobilità pedonale e mobilità ciclabile non sono per nulla disprezzabili, anche se presentano difficoltà. Non dovremmo perciò pensare a una valorizzazione del loro notevole potenziale per il miglioramento del sistema complessivo del traffico viaggiatori? Non è razionale il contributo a preservare l’ambiente e a promuovere un modello di vita più sano? Inoltre una mobilità “dolce” sostiene il turismo e contribuisce al risparmio nell’ambito della spesa, sia pubblica che privata, per i trasporti.
Davvero, mentre attendiamo innervositi in un incolonnamento, quando girovaghiamo a lungo per trovare un parcheggio (per nulla dire dei costi), non ci appare evidente il vantaggio comparativo di una camminata sulle distanze brevi? Non riusciamo a valutare, sia pure a grandi linee, l'elevato grado di efficacia economica dell'utilizzo del trasporto pubblico? Abbiamo proprio bisogno delle pubblicazioni mediche per comprendere i benefici che avrebbe un aumento percentuale della popolazione che svolge attività fisica nella vita quotidiana e nel tempo libero, con una diminuzione dei costi per le amministrazioni nel settore sanitario? Occorrono studi specialistici (che pure esistono) per dimostrare gli incentivi economici che una mobilità è in grado di fornire nel settore del tempo libero e del turismo? Penso a esempio ai concreti vantaggi in termini di immagine e di promozione che ha avuto Torino, legati al risalto che ha avuto sulla stampa nazionale per essere risultata la città più "eco-mobile".
Il lungo periodo ha dimostrato che, dove si libera la città dal traffico motorizzato privato si valorizzano gli spazi vitali cittadini. Spostarsi liberamente a piedi ed in bicicletta diventa possibile e piacevole. La prova è l'attuale centro storico di Como, pedonalizzato tra mille polemiche decenni or sono e dove ora, esattamente come in tutti gli altri analoghi casi in Europa, a nessuno verrebbe in mente di reintrodurre le automobili. I vantaggi sono infatti percepiti da tutti: strade e piazze possono essere recuperate ed adibite a zone di svago e di riposo, ma anche di attività commerciale.
È poi un caso che tutte le grandi città europee, e moltissimi centri di dimensioni paragonabili alle nostre, abbiano varato da ormai molti anni una politica della sosta e dei parcheggi, tutti a pagamento e con un tempo massimo di permanenza? L'esigenza di rendere più vivibili i centri urbani passa anche attraverso la leva del contingentamento dei parcheggi. Abbiamo cominciato a chiederci se destinare tutto questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Non basta infatti rendere più fluido il traffico sistemando ogni macchina nella sua casella: la rivoluzione delle principali città europee prevede anche una riduzione progressiva del numero assoluto dei parcheggi in città.
Alcune amministrazioni hanno scelto di abolire il tasso minimo di parcheggio per unità immobiliare sostituendolo con uno massimo, che a Zurigo e Stoccolma non supera 1 posto auto per appartamento. Parigi, che nei decenni passati aveva abbondato in garage, ora fa marcia indietro e vieta la realizzazione di nuovi parcheggi se le nuove edificazioni si trovano a meno di 500 metri da una fermata di mezzo pubblico. Con questa politica, negli ultimi dieci anni lungo le strade sono stati tolti 15.000 posti auto a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni. Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13% dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi. Ancora più incisiva Monaco, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. Inevitabilmente l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.
Anche i parcheggi sotterranei, considerati fino agli anni settanta la soluzione della congestione urbana, sono ormai considerati problematici, poiché aumentano il traffico fungendo da nuovi attrattori. E in effetti sono sempre più rare le città che costruiscono autorimesse sotterranee in centro. A Breda, addirittura, hanno smantellato un parcheggio sotterraneo ricavato in un canale per rimettere l'acqua e restituirlo a barche e pescatori. Nella già citata Zurigo, per ogni posto creato sottoterra se ne toglie almeno uno in superficie.
Tornando a Como, infine, si dirà giustamente che una parte del traffico è ineliminabile, soprattutto per ragioni di lavoro dei pendolari che si recano in città: ma cosa deve fare un'amministrazione che segua con coerenza questi princìpi ispiratori, più che mettere a disposizione tariffe dedicate estremamente convenienti come quelle recentemente varate per l'interscambio? 300€ annui per parcheggio +Bus è un importo eccezionalmente conveniente (e diventano 150 per gli iscritti all'ente bilaterale del commercio e del turismo: potenzialmente migliaia di lavoratori in città), oltre alle convenzioni specifiche per dipendenti delle forze dell'ordine, che hanno esenzione per mezzi pubblici.
Non è ora di cambiare decisamente mentalità, pensando alla salute e alla qualità della vita nostra, e ancor più dei nostri figli? O siamo disposti a sacrificarle in nome di una dubbia comodità, quella che alla fine ci costringe a perpetui incolonnamenti?
È perciò emblematico che la lotta all’inquinamento sia ben lungi dall’essere vinta. L’aumento vertiginoso degli sforamenti dei limiti di legge delle polveri sottili (PM10) ne è la conferma più classica e pericolosa: basta un inverno più secco del solito per mostrare la sostanziale inefficacia delle misure antismog predisposte da Regioni e Comuni. E tutti sappiamo che il PM10 provoca infiammazione delle vie aeree e che i pm 2,5 e 1, ossia le polveri ancora più sottili, passano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei vari organi causando reazioni infiammatorie più importanti. Il risultato è un aumento di asma, allergie, aritmie cardiache, infarti, trombosi.
L’organizzazione attuale dei trasporti, caratterizzata dall'assoluta predominanza del traffico su strada, con l’uso principalmente di automezzi privati, ha forti conseguenze negative generali, sul piano economico, sociale ed ambientale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni, rischi di incidenti, a cui sono connessi costi economici e sociali, insieme all'elevato inquinamento acustico ed atmosferico, al consumo di fonti energetiche non rinnovabili, alla sottrazione di suolo. Di fronte a queste evidenze, misuriamo però ogni giorno quanto siano efficaci gli inviti ai cittadini a lasciare l’auto a casa ed utilizzare i servizi pubblici. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che aspiriamo da un lato a una migliore qualità della vita, ma evitiamo dall'altro di assumere in modo serio i necessari impegni individuali e collettivi. Per quanto potremo continuare ad ignorare che la nostra mobilità è un sistema estremamente complesso, che influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti ed ha una forte incidenza sulla qualità ambientale? Cosa fare concretamente, nel congestionato ambito urbano comasco?
Un'amministrazione cittadina non può risolvere magicamente questi problemi, ma è tenuta ad introdurre modelli di mobilità sostenibile, ispirati al principio dell’uso efficiente del territorio e delle risorse naturali e finalizzati a garantire il rispetto e l’integrità dell’ambiente. A Como, che è realtà particolarmente difficile anche per le particolarità topografiche e per una storica inerzia, questo deve comportare trasformazioni incisive, magari in forme graduali e soggette a revisione. Per essere realisti: i cambiamenti possono persino apparire lacunosi e parziali, perché soggetti a gravi vincoli di bilancio che non consentono grandi investimenti. Ma non possiamo sempre stare a guardare. Una politica che puntasse a perpetuare la situazione esistente sarebbe scellerata, ed è appunto ciò che la giunta mi sembra aver voluto scongiurare con le proposte sin qui avanzate.
Le ricette sono note: i sistemi più innovativi di mobilità contemplano il potenziamento del trasporto pubblico di merci e persone, utilizzando i sistemi meno inquinanti (es. trasporto su rotaia, autoveicoli a metano), sistemi di mobilità intermodale, aumentando la disponibilità di parcheggi-scambio nei quali è possibile lasciare la macchina per proseguire il tragitto mediante mezzi pubblici; servizi di car sharing (uso collettivo di un parco di autoveicoli, noleggiati a tempo); car pooling o uso collettivo dei mezzi privati, da parte di soggetti che devono compiere lo stesso tragitto; interventi di riqualificazione urbana; limitazione dei movimenti e della velocità dei veicoli; promozione della mobilità alternativa (ciclabile e pedonale) e di iniziative di educazione stradale e sensibilizzazione per indirizzare i cittadini ad un uso sempre più limitato del mezzo privato.
La mobilità sostenibile rappresenta un fattore di qualificazione sociale anche perché induce l’instaurarsi di processi virtuosi che portano alla riduzione del traffico e all’aumento della sicurezza stradale. Mobilità pedonale e mobilità ciclabile non sono per nulla disprezzabili, anche se presentano difficoltà. Non dovremmo perciò pensare a una valorizzazione del loro notevole potenziale per il miglioramento del sistema complessivo del traffico viaggiatori? Non è razionale il contributo a preservare l’ambiente e a promuovere un modello di vita più sano? Inoltre una mobilità “dolce” sostiene il turismo e contribuisce al risparmio nell’ambito della spesa, sia pubblica che privata, per i trasporti.
Davvero, mentre attendiamo innervositi in un incolonnamento, quando girovaghiamo a lungo per trovare un parcheggio (per nulla dire dei costi), non ci appare evidente il vantaggio comparativo di una camminata sulle distanze brevi? Non riusciamo a valutare, sia pure a grandi linee, l'elevato grado di efficacia economica dell'utilizzo del trasporto pubblico? Abbiamo proprio bisogno delle pubblicazioni mediche per comprendere i benefici che avrebbe un aumento percentuale della popolazione che svolge attività fisica nella vita quotidiana e nel tempo libero, con una diminuzione dei costi per le amministrazioni nel settore sanitario? Occorrono studi specialistici (che pure esistono) per dimostrare gli incentivi economici che una mobilità è in grado di fornire nel settore del tempo libero e del turismo? Penso a esempio ai concreti vantaggi in termini di immagine e di promozione che ha avuto Torino, legati al risalto che ha avuto sulla stampa nazionale per essere risultata la città più "eco-mobile".
Il lungo periodo ha dimostrato che, dove si libera la città dal traffico motorizzato privato si valorizzano gli spazi vitali cittadini. Spostarsi liberamente a piedi ed in bicicletta diventa possibile e piacevole. La prova è l'attuale centro storico di Como, pedonalizzato tra mille polemiche decenni or sono e dove ora, esattamente come in tutti gli altri analoghi casi in Europa, a nessuno verrebbe in mente di reintrodurre le automobili. I vantaggi sono infatti percepiti da tutti: strade e piazze possono essere recuperate ed adibite a zone di svago e di riposo, ma anche di attività commerciale.
È poi un caso che tutte le grandi città europee, e moltissimi centri di dimensioni paragonabili alle nostre, abbiano varato da ormai molti anni una politica della sosta e dei parcheggi, tutti a pagamento e con un tempo massimo di permanenza? L'esigenza di rendere più vivibili i centri urbani passa anche attraverso la leva del contingentamento dei parcheggi. Abbiamo cominciato a chiederci se destinare tutto questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Non basta infatti rendere più fluido il traffico sistemando ogni macchina nella sua casella: la rivoluzione delle principali città europee prevede anche una riduzione progressiva del numero assoluto dei parcheggi in città.
Alcune amministrazioni hanno scelto di abolire il tasso minimo di parcheggio per unità immobiliare sostituendolo con uno massimo, che a Zurigo e Stoccolma non supera 1 posto auto per appartamento. Parigi, che nei decenni passati aveva abbondato in garage, ora fa marcia indietro e vieta la realizzazione di nuovi parcheggi se le nuove edificazioni si trovano a meno di 500 metri da una fermata di mezzo pubblico. Con questa politica, negli ultimi dieci anni lungo le strade sono stati tolti 15.000 posti auto a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni. Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13% dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi. Ancora più incisiva Monaco, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. Inevitabilmente l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.
Anche i parcheggi sotterranei, considerati fino agli anni settanta la soluzione della congestione urbana, sono ormai considerati problematici, poiché aumentano il traffico fungendo da nuovi attrattori. E in effetti sono sempre più rare le città che costruiscono autorimesse sotterranee in centro. A Breda, addirittura, hanno smantellato un parcheggio sotterraneo ricavato in un canale per rimettere l'acqua e restituirlo a barche e pescatori. Nella già citata Zurigo, per ogni posto creato sottoterra se ne toglie almeno uno in superficie.
Tornando a Como, infine, si dirà giustamente che una parte del traffico è ineliminabile, soprattutto per ragioni di lavoro dei pendolari che si recano in città: ma cosa deve fare un'amministrazione che segua con coerenza questi princìpi ispiratori, più che mettere a disposizione tariffe dedicate estremamente convenienti come quelle recentemente varate per l'interscambio? 300€ annui per parcheggio +Bus è un importo eccezionalmente conveniente (e diventano 150 per gli iscritti all'ente bilaterale del commercio e del turismo: potenzialmente migliaia di lavoratori in città), oltre alle convenzioni specifiche per dipendenti delle forze dell'ordine, che hanno esenzione per mezzi pubblici.
Non è ora di cambiare decisamente mentalità, pensando alla salute e alla qualità della vita nostra, e ancor più dei nostri figli? O siamo disposti a sacrificarle in nome di una dubbia comodità, quella che alla fine ci costringe a perpetui incolonnamenti?
lunedì 2 dicembre 2013
CoCoCo 2013-14: Slot machines e distanze di legge a Como
Ho rilevato che da qualche giorno, in Via Bellinzona, è sorto un nuovo locale “slot” dedito al gioco d'azzardo tramite le macchinette che sono già state oggetto di una mozione da me presentata il 15 ottobre del 2012, e approvata dal Consiglio, e più recentemente del provvedimento che esattamente un anno più tardi, poco più di un mese or sono, è stato varato dal Consiglio Regionale della Lombardia.
Tra le altre cose, la nuova legge considera la possibilità di concedere agevolazioni fiscali ai fini Irap, con una riduzione dello 0,92% a chi rimuove le macchinette, vieta la pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico, e soprattutto regolamenta gli accessi agli spazi destinati alle slot, stabilendo il divieto di installazione a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali di ambito socio-sanitario, centri giovanili e oratori.
Il provvedimento mi sembra valido nell'impianto, considerando che anch'io, nella redazione originaria della nostra mozione, ritenevo necessario un limite minimo di distanza dai luoghi ad alta frequentazione giovanile, anche se ho poi dovuto eliminarlo per le perplessità giuridiche sollevate da qualche collega. Ora la Regione fa finalmente chiarezza in proposito, e non posso che esserne felice.
La ragione del mio intervento sta comunque nel fatto che l'esercizio di cui parlavo prima si trova sicuramente a meno di 500 metri dalla scuola media “Ugo Foscolo”. Ho misurato all'incirca 100 metri di differenza rispetto ai limiti regionali lungo l'asse via Bellinzona – via Borgovico, e la distanza si ridurrebbe ulteriormente se considerata in linea d'aria. Per nulla dire della prossimità della chiesa di S. Salvatore, che sorge a poco più di 200 metri.
Chiedo dunque all'assessorato competente di procedere cortesemente a una verifica relativa alle autorizzazioni concesse in questo caso specifico, se siano cioè compatibili con la nuova legge in termini di date e di permessi, pur ammettendo la possibilità che qui la Regione sia arrivata tardi.
Voglio ricordare i calcoli presentati di recente dal presidente del Codacons, Marco Donzelli, secondo il quale i costi sociali e sanitari legati al gioco d’azzardo e alle dipendenze da gioco sfiorano in Italia quota 7 miliardi di euro, ben superiori agli incassi dello Stato. Secondo l'associazione di consumatori, almeno per i luoghi sensibili come le scuole, la distanza è poi troppo bassa e andrebbe portata come minimo ad 1 chilometro. Il buonsenso inoltre vorrebbe che le regole, a cominciare da quella della distanza minima, debbano valere anche per le sale esistenti, stabilendo un indennizzo per il proprietario della sala gioco costretto a chiudere. Altrimenti, vista l'esplosione delle sale da gioco già avvenuta, ciò significherebbe limitarsi a fotografare una situazione di fatto, che è inaccettabile ed intollerabile.
In secondo luogo, ricordo che la Regione ha previsto, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, che la giunta lombarda predisponga un apposito marchio “No slot”, che sia rilasciato poi dai Comuni. Mancano pochi giorni a tale termine, per cui mi auguro che a Milano abbiano già adempiuto a questo atto, che credo abbia frenato l'analogo iter previsto dalla nostra mozione a Como, e in caso contrario invito l'Assessore ad adoperarsi con forza per sollecitarne l'attuazione.
Tra le altre cose, la nuova legge considera la possibilità di concedere agevolazioni fiscali ai fini Irap, con una riduzione dello 0,92% a chi rimuove le macchinette, vieta la pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico, e soprattutto regolamenta gli accessi agli spazi destinati alle slot, stabilendo il divieto di installazione a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali di ambito socio-sanitario, centri giovanili e oratori.
Il provvedimento mi sembra valido nell'impianto, considerando che anch'io, nella redazione originaria della nostra mozione, ritenevo necessario un limite minimo di distanza dai luoghi ad alta frequentazione giovanile, anche se ho poi dovuto eliminarlo per le perplessità giuridiche sollevate da qualche collega. Ora la Regione fa finalmente chiarezza in proposito, e non posso che esserne felice.
La ragione del mio intervento sta comunque nel fatto che l'esercizio di cui parlavo prima si trova sicuramente a meno di 500 metri dalla scuola media “Ugo Foscolo”. Ho misurato all'incirca 100 metri di differenza rispetto ai limiti regionali lungo l'asse via Bellinzona – via Borgovico, e la distanza si ridurrebbe ulteriormente se considerata in linea d'aria. Per nulla dire della prossimità della chiesa di S. Salvatore, che sorge a poco più di 200 metri.
Chiedo dunque all'assessorato competente di procedere cortesemente a una verifica relativa alle autorizzazioni concesse in questo caso specifico, se siano cioè compatibili con la nuova legge in termini di date e di permessi, pur ammettendo la possibilità che qui la Regione sia arrivata tardi.
Voglio ricordare i calcoli presentati di recente dal presidente del Codacons, Marco Donzelli, secondo il quale i costi sociali e sanitari legati al gioco d’azzardo e alle dipendenze da gioco sfiorano in Italia quota 7 miliardi di euro, ben superiori agli incassi dello Stato. Secondo l'associazione di consumatori, almeno per i luoghi sensibili come le scuole, la distanza è poi troppo bassa e andrebbe portata come minimo ad 1 chilometro. Il buonsenso inoltre vorrebbe che le regole, a cominciare da quella della distanza minima, debbano valere anche per le sale esistenti, stabilendo un indennizzo per il proprietario della sala gioco costretto a chiudere. Altrimenti, vista l'esplosione delle sale da gioco già avvenuta, ciò significherebbe limitarsi a fotografare una situazione di fatto, che è inaccettabile ed intollerabile.
In secondo luogo, ricordo che la Regione ha previsto, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, che la giunta lombarda predisponga un apposito marchio “No slot”, che sia rilasciato poi dai Comuni. Mancano pochi giorni a tale termine, per cui mi auguro che a Milano abbiano già adempiuto a questo atto, che credo abbia frenato l'analogo iter previsto dalla nostra mozione a Como, e in caso contrario invito l'Assessore ad adoperarsi con forza per sollecitarne l'attuazione.
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