
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
mercoledì 18 luglio 2012
CoCoCo 2012-4: Emolumenti degli amministratori e responsabilità individuale
Rinuncio ai privilegi: ai mezzi di trasporto gratuiti, all'adeguamento automatico delle indennità in misura percentuale, come i nostri deputati (ma non si dimentichi l'assemblea regionale siciliana, che costa ai cittadini 4 volte tanto quelle delle altre regioni), al vitalizio dopo alcuni mesi di mandato, e interrompo qui una lista che potrebbe essere ben più lunga.
Ovviamente nessuno di noi percepisce tutto ciò: ma di noi si sta parlando, e ci si vuol far credere che le indennità municipali, nella misura stabilita attualmente, rappresentino un privilegio, pur avendo già subito un taglio a fronte della crisi (quindi il segnale, il “buon esempio”, se di quello si trattava, è già stato dato qualche mese fa), e questo diviene evidente nel subemendamento che azzera di fatto ogni emolumento persino a quei lavoratori a tempo pieno, di fatto, che sono Sindaco e assessori.
Francamente, il senso delle proporzioni mi sembra difettare; o meglio si sostiene una posizione in sé legittima, ma per nulla liberale e assai problematica proprio sul terreno della democrazia. In modo assai corretto il Sindaco ha richiamato il principio che l'accesso alle cariche pubbliche non può essere limitato solo a chi possiede ampi mezzi personali, che possono rendergli del tutto indifferente il percepire o meno delle indennità.
Ma dato che il punto è stato sufficientemente chiarito, vorrei ricordare qualcosa che sappiamo tutti assai bene: esiste cioè un metodo semplicissimo per diminuire l'incidenza economica della nostra attività sul bilancio comunale, ossia limitare le sedute del Consiglio al numero effettivamente indispensabile. Mi rammento che più volte, durante lo scorso mandato, sono stati pubblicati degli utili raffronti, che mostravano come cittadine a noi prossime, Varese o Lecco ad esempio, tenessero un numero di sedute significativamente inferiore a quelle di Como, senza per questo mancare ai doveri amministrativi.
Perché dunque non attuare nei fatti una riduzione dei costi che è certo meno eclatante di fronte all'opinione pubblica, ma non meno effettiva, come quella che deriva da un autocontingentamento degli interventi e dei tempi? Nessuno di noi, certo, interviene a vuoto: e consentitemi di confermarvi, cari colleghi, che effettivamente il suono della voce di ognuno di voi è di per sé bello da ascoltare, e produce gradite vibrazioni nell'aria. Si comprende perciò che si voglia poterla udire lungamente, e forse le facoltà che il regolamento concede sono state predisposte a tale scopo.
Ma questo flusso armonioso di parole, ahimé, lo si è visto, ha un costo: perciò sono certo che, grazie anche alla riflessione suscitata dal presente emendamento, per il futuro potremo impegnarci, ciascuno per la propria parte, a contenerlo un poco, rendendo più spedite le nostre discussioni e di conseguenza meno frequenti le nostre sedute. La vera riduzione dei costi, al di là dei facili effetti populistici, passa tanto da un’accorta pianificazione, quanto dal senso di responsabilità individuale. E qui, per coerenza, mi taccio.
Ovviamente nessuno di noi percepisce tutto ciò: ma di noi si sta parlando, e ci si vuol far credere che le indennità municipali, nella misura stabilita attualmente, rappresentino un privilegio, pur avendo già subito un taglio a fronte della crisi (quindi il segnale, il “buon esempio”, se di quello si trattava, è già stato dato qualche mese fa), e questo diviene evidente nel subemendamento che azzera di fatto ogni emolumento persino a quei lavoratori a tempo pieno, di fatto, che sono Sindaco e assessori.
Francamente, il senso delle proporzioni mi sembra difettare; o meglio si sostiene una posizione in sé legittima, ma per nulla liberale e assai problematica proprio sul terreno della democrazia. In modo assai corretto il Sindaco ha richiamato il principio che l'accesso alle cariche pubbliche non può essere limitato solo a chi possiede ampi mezzi personali, che possono rendergli del tutto indifferente il percepire o meno delle indennità.
Ma dato che il punto è stato sufficientemente chiarito, vorrei ricordare qualcosa che sappiamo tutti assai bene: esiste cioè un metodo semplicissimo per diminuire l'incidenza economica della nostra attività sul bilancio comunale, ossia limitare le sedute del Consiglio al numero effettivamente indispensabile. Mi rammento che più volte, durante lo scorso mandato, sono stati pubblicati degli utili raffronti, che mostravano come cittadine a noi prossime, Varese o Lecco ad esempio, tenessero un numero di sedute significativamente inferiore a quelle di Como, senza per questo mancare ai doveri amministrativi.
Perché dunque non attuare nei fatti una riduzione dei costi che è certo meno eclatante di fronte all'opinione pubblica, ma non meno effettiva, come quella che deriva da un autocontingentamento degli interventi e dei tempi? Nessuno di noi, certo, interviene a vuoto: e consentitemi di confermarvi, cari colleghi, che effettivamente il suono della voce di ognuno di voi è di per sé bello da ascoltare, e produce gradite vibrazioni nell'aria. Si comprende perciò che si voglia poterla udire lungamente, e forse le facoltà che il regolamento concede sono state predisposte a tale scopo.
Ma questo flusso armonioso di parole, ahimé, lo si è visto, ha un costo: perciò sono certo che, grazie anche alla riflessione suscitata dal presente emendamento, per il futuro potremo impegnarci, ciascuno per la propria parte, a contenerlo un poco, rendendo più spedite le nostre discussioni e di conseguenza meno frequenti le nostre sedute. La vera riduzione dei costi, al di là dei facili effetti populistici, passa tanto da un’accorta pianificazione, quanto dal senso di responsabilità individuale. E qui, per coerenza, mi taccio.
lunedì 16 luglio 2012
CoCoCo 2012-3: Su Patrimonio e Bilancio di previsione
Anzitutto, trovo un motivo di soddisfazione nel vedere un bilancio declinato secondo le linee guida del nostro programma, una cura da apprezzare perché si riferisce ad un documento elaborato in tempi necessariamente ristretti e in una condizione di emergenza che non tutti sembrano cogliere. È tra l'altro paradossale che ci venga rimproverata una presunta fretta – quando si tratta invece della serietà di chi ritiene di dovere adempiere ai compiti affidatigli, di contro alla prassi italica del rinvio, così comoda e deresponsabilizzante. E in più, finché non approviamo il bilancio, di fatto non ci sono i soldi anche per gli interventi urgenti che si chiedono a gran voce.
La lettura delle voci di bilancio dedicate al patrimonio sottolinea la rilevanza del ruolo che questa componente esercita tanto sul piano di una gestione che deve ritrovare efficienza, quanto di una razionalizzazione necessaria ad affrontare questi tempi particolarmente difficili per le finanze comunali. In particolare appare ragionevole attuare una dismissione che possa portare sostegno alla riqualificazione del rimanente patrimonio, secondo le seguenti linee guida.
individuare i beni non strategici ai fini di una loro alienazione
rendere efficiente la riscossione dei canoni
rivedere le procedure di evidenza pubblica scadute adeguandole ai principi di trasparenza, e mantenere tali procedure per tutti i casi futuri.
Per il nostro comune è di estrema importanza che il patrimonio cessi di essere un peso e un onere, ma venga valorizzato come una risorsa da mettere a frutto.
Si deve perciò avviare un processo di conoscenza approfondita che porti a diradare le folte nebbie del recente passato. È incredibile che una simile azione sia mancata in tutti questi anni: sarà pur vero che la responsabilità non può essere scaricata sull'ultimo assessore arrivato nella passata giunta, negli ultimi mesi della quale si è preso consapevolezza del fenomeno, ma come non chiedersi come e perché in vent'anni non si è proceduto di un passo? Come si sarebbe proceduto se non fossero intervenute indagini e denunce giornalistiche? Tutti coloro che non hanno chiarito questo ginepraio in questo lunghissimo periodo, davvero credono di poter scaricare ogni responsabilità tanto facilmente?
È dunque ora che arriva davvero in Comune uno spirito nuovo, e da parte nostra, come maggioranza, va dato un pieno e convinto sostegno a questo processo tutt'altro che semplice, che non promette per forza di cose di essere immediato, ma che è assolutamente indispensabile e costituisce pertanto una priorità dell'amministrazione.
Inoltre, come in molti hanno già ricordato, nella prospettiva di una decrescita delle risorse generali, come pure delle disponibilità dei singoli e delle famiglie, un potenziamento dell'housing sociale e dell'edilizia convenzionata è non solo auspicabile, ma sommamente necessario. In tale quadro, la vendita illustrata alla pag. 45 della relazione previsionale, pur nella comprensibile necessità di una verifica della corrispondenza con i risultati effettivi – dato che in questo contesto particolare per il mercato immobiliare non tutte le operazioni potrebbero andare a buon fine come ci auguriamo – nonché nell'ovvio rispetto dei diritti di prelazione sussistenti, si rivela una svolta decisiva per poter finalmente porre mano ad una effettiva opera di ristrutturazione del patrimonio esistente, a tutto vantaggio della funzione pubblica dello stesso. Ribadisco: funzione pubblica, destinazione sociale, e null'altro. Non ci interessa creare clientele, né instaurare legami di dipendenza delle persone dal potere politico, bensì soddisfare un bisogno drammatico sempre più urgente, garantendo la dignità delle persone anche attraverso il decoro abitativo.
1. Il comune non può che avere il dovere di garantire condizioni abitative decorose, laddove in taluni casi questa preoccupazione non è stata soddisfatta, o addirittura una parte delle unità non è stata neppure più data in locazione perché inagibile di fatto.
2. La solidarietà deve collegarsi all'efficienza, anche nell'ottica di una riscossione del giusto, evitando il perdurare di atteggiamenti di comodo o di evasione dei canoni, eliminando i favoritismi, se ve ne sono, e favorendo il rispetto delle regole grazie ad una puntualità delle scadenze, che responsabilizzi l'utenza e consenta appunto il reperimento di risorse per l'ulteriore manutenzione.
I due principi guida che informano la definizione di questo settore del bilancio mi appaiono poi assolutamente centrali in tutta la nostra azione amministrativa, e vanno ribaditi:
1. la legalità: le situazioni debitorie vanno inquadrate nell'effettivo contesto, ma senza lassismi e disinteresse, garantendo il diritto solo a fronte di una responsabilizzazione degli usufruttuari; per quanto riguarda le situazioni consolidate in negativo, è chiaro che non rimarrà altro che la procedura legale
2. la trasparenza: innanzitutto approntando una ricognizione completa e senza zone d'ombra; dando ad essa una piena pubblicità attraverso lo strumento informatico comunale; rivedendo i criteri delle assegnazioni, laddove lascino spazio ad ambiguità o non arrivino a coprire adeguatamente tutte le fattispecie, in modo da garantire a tutti il pieno rispetto dei propri diritti.
Sono obiettivi e sono principi, lo ribadisco, importanti e strutturali. Proprio perché noi siamo contrari ai tagli indiscriminati, si impone una estrema attenzione e la scrupolosa correttezza della gestione. Il che porta inevitabilmente ad una valutazione politica sulle tante posizioni ideologiche che abbiamo udito. Che sono state espresse con differenti gradi di intenzionalità, ma che evidenziano comunque una mentalità rigidamente conservatrice, in modo persino ingenuo, quasi che si potesse rimanere sordi di fronte alle esigenze drammatiche che il paese sperimenta in questo momento, al punto da scivolare frequentemente nel compatimento dei “poveri ricchi”. La soluzione, ci si dice, è semplice: tagliare. Davvero semplice, addirittura semplicistico, dato che i tagli il presente bilancio è costretto comunque a farli, e pesantemente, anche a causa dei vincoli francamente assurdi imposti dal patto di stabilità. Su quest'ultimo, mi posso associare con convinzione alle critiche verso un meccanismo che finisce per essere penalizzante anche per le amministrazioni virtuose, il che è contro ogni logica.
Ma i tagli spensierati e disinvolti, quelli che sono facili a dirsi ma poco responsabili a farsi, ignorano di fatto le conseguenze di lungo termine e non di rado arrivano a peggiorare le cose, penalizzando in primo luogo l'efficienza. Lo dico proprio perché ne abbiamo fatto tutti l'esperienza: veniamo da un decennio di sconsiderati tagli lineari, gestiti nella maniera più supponente e insieme visibilmente incapace di calcolare gli effetti. Salvo naturalmente quello dell'annuncio, ben gradito ai demagoghi. E difatti abbiamo potuto tutti misurare le capacità di risanamento dei conti pubblici dei dilettanti che ci hanno governato per la maggior parte del tempo recente, prima di lasciare al prof. Monti la patata bollente, ma dopo aver abbondantemente scaricato i costi del loro populismo elettorale sulle spalle degli enti locali (soprattutto di quelli con i conti in ordine) ed infine riuscendo persino nel capolavoro di attribuire la crisi internazionale ad una semplice percezione errata da parte di quegli sciocchi - noi - che non continuavano a tenere gli occhi chiusi. E proprio costoro sono tra i principali responsabili dei nostri guai attuali, almeno quanto gli sciagurati dissipatori delle finanze pubbliche degli anni Ottanta, quelli della Milano da bere e della corruzione generalizzata culminata in Tangentopoli (una piaga, detto per inciso, dalla quale purtroppo non ci siamo ancora liberati).
Ecco perché possiamo serenamente definire ridicole le accuse, che qualcuno ha ritenuto di dover formulare, rivolte a questa giunta che non avrebbe avuto “coraggio”. Il coraggio di tagliare senza aumentare le tasse. Ma chi legge il bilancio constata che tagli sostanziosi, nell'ottica di una sensata revisione della spesa, sono stati invece compiuti, e costringeranno tutti gli assessorati ad ingegnarsi per garantire qualità ai servizi. Ma forse l'opposizione qui ci chiedeva un altro genere di coraggio. Quale? Quello di scaricare la crisi su tutti i cittadini in misura indifferenziata (e perciò con un peso ben diverso per il ricco e per il povero)? Quello di comprimere e diminuire servizi già in tanti casi ridotti all'osso, premessa per l'espansione di fornitori alternativi, a disposizione però solo di chi se lo può permettere?
In tante occasioni, in queste sedute, abbiamo sentito due mantra ricorrenti, se non proprio ossessivi, nei nostri confronti: “guardiamo avanti” e “non capisco perché fate così”. Direi che entrambi confliggono pesantemente con un criterio di ragionevolezza, quello di guardare alla realtà storica, ai semplici dati di fatto. Che è molto pericoloso ignorare, proprio perché così facendo si dimenticano le cause che ci hanno condotto a questo punto. Anche le responsabilità, naturalmente (ma adesso mi interessano di meno). Vogliamo davvero dimenticare che chi afferma spavaldamente di aver tenuto fermo il livello dell'imposizione fiscale, contemporaneamente ha avviato “grandi opere” che si sono oggi trasformati in “buchi neri” per il bilancio comunale? Che proprio ora, ad esempio, la Ticosa sta richiedendo centinaia di migliaia di euro per interventi urgentissimi? Che per decenni si sono elargite vagonate di migliaia, anzi milioni di euro per le più svariate consulenze ed incarichi esterni? Perché nell'ansia di chiedere dati agli uffici, alcuni consiglieri non vanno a vedere come le passate amministrazioni avevano l'usanza di impiegare i soldi pubblici, e con quali risultati? Purtroppo solo dal 2006 la pletora di consulenze ha cominciato ad essere evidenziata per legge, e anche allora le cifre non erano particolarmente contenute, quasi che gli uffici comunali fossero cronicamente carenti di competenze. Ma quanti sono stati in precedenza i soldi pubblici distribuiti con leggerezza (uso un garbato eufemismo) di cui la massima espressione furono le famose consulenze per il tunnel del Borgovico mai realizzato, redatte su tovagliolini di carta ma egualmente pagate? Fermiamoci qui.
A volte ho una strana impressione, osservando questi seguaci di un liberismo più vicino al Tea party che a Stuart Mill e a Beveridge. Mi sembrano quei membri di un condominio pericolante, pronti certo a lamentarsi dello stato miserevole della manutenzione, ma ferocemente avversi a mettere mano al portafoglio per fronteggiare i crolli. Siamo nel pieno della crisi, delle misure straordinarie imposte dall'alto, della spending review, e ci sentiamo rinfacciare che “è da scuola elementare” chiedere i soldi per fare fronte alle spese, perché basterebbe adottare nuovi tagli miracolosi, che secondo il principio di realtà, e la definizione di S. Agostino, appartengono piuttosto a una “scuola delle ciance”. Infatti è la storia recente di Como a parlare: il principio delle aliquote immutabili si può di certo tenere fermo in maniera ideologicamente granitica, e ne abbiamo ottenuto piena ed incontrovertibile testimonianza ad ogni inciampo nelle buche delle strade che incontriamo nei nostri percorsi quotidiani in città. L'economia classica, peraltro, ci insegna a non considerare tasse le spese di riparazione dei veicoli o gli incidenti. Ci dovremmo perciò dichiarare soddisfatti, e “guardare avanti” o “lontano”, senza badare a dove mettiamo i piedi? Per non dire, cessando l'ironia, delle condizioni vergognose cui sottoponiamo in tal modo le persone anziane e tutti coloro che hanno difficoltà di deambulazione.
Lo dico senza animosità, ovviamente: l'opposizione fa qui solo la sua parte, proponendo richiami alle difficoltà di molti individui e famiglie, che in molti casi ci sono davvero, anche se non capisco quanto coerentemente evidenziate. Come non ravvisare una contraddizione patente, quando si riprendono i toni da Robin Hood alla rovescia, lamentando in sostanza il tartassamento dei più abbienti (per importi che si è evidenziato essere complessivamente contenuti, in rapporto alle possibilità effettive)?
Chiunque, nel suo piccolo, starebbe meglio se non dovesse contribuire alla spesa complessiva. Ma possiamo permettercelo? I pareri possono legittimamente divergere, ma l'equilibrio proposto in questo bilancio va rispettato: altro non è che un adempimento obbligato di fronte all'eredità avvelenata lasciataci dalla precedente amministrazione inadempiente, che forse ci lasciato l'incombenza per grande delicatezza d'animo. Ma è un'amministrazione che aveva redatto per tempo una relazione programmatica anche per gli anni 2012 e 2013, quindi all'anno in corso aveva pur rivolto qualche pensiero, e che soprattutto ha provveduto a nominare suoi rappresentanti di parte in tutti gli enti possibili fino all'ultimo secondo utile. Se ancora non si è capito, sotto la sollecitazione pressante delle imposizioni statali, nella situazione precaria in cui si trova il paese nel suo complesso, i sacrifici non sono evitabili: vanno peraltro ripartiti equamente, e l'unico criterio attendibile lo troviamo scolpito nella Costituzione. Quello di una proporzionalità diretta rispetto ai redditi, e ai beni posseduti, che nella sua approssimazione, e con le inevitabili difficoltà che si possono creare, è comunque il riferimento più solido e più equo.
È proprio il dovere generale di tutta la collettività a partecipare alle spese pubbliche che rappresenta la garanzia del singolo a tutela della propria capacità contributiva. Basterebbe, anche nella valutazione complessiva del presente bilancio, un bilancio di assoluta emergenza, che ciascuno entri in un ordine di idee solo un poco più orientato alla solidarietà generale.
La lettura delle voci di bilancio dedicate al patrimonio sottolinea la rilevanza del ruolo che questa componente esercita tanto sul piano di una gestione che deve ritrovare efficienza, quanto di una razionalizzazione necessaria ad affrontare questi tempi particolarmente difficili per le finanze comunali. In particolare appare ragionevole attuare una dismissione che possa portare sostegno alla riqualificazione del rimanente patrimonio, secondo le seguenti linee guida.
individuare i beni non strategici ai fini di una loro alienazione
rendere efficiente la riscossione dei canoni
rivedere le procedure di evidenza pubblica scadute adeguandole ai principi di trasparenza, e mantenere tali procedure per tutti i casi futuri.
Per il nostro comune è di estrema importanza che il patrimonio cessi di essere un peso e un onere, ma venga valorizzato come una risorsa da mettere a frutto.
Si deve perciò avviare un processo di conoscenza approfondita che porti a diradare le folte nebbie del recente passato. È incredibile che una simile azione sia mancata in tutti questi anni: sarà pur vero che la responsabilità non può essere scaricata sull'ultimo assessore arrivato nella passata giunta, negli ultimi mesi della quale si è preso consapevolezza del fenomeno, ma come non chiedersi come e perché in vent'anni non si è proceduto di un passo? Come si sarebbe proceduto se non fossero intervenute indagini e denunce giornalistiche? Tutti coloro che non hanno chiarito questo ginepraio in questo lunghissimo periodo, davvero credono di poter scaricare ogni responsabilità tanto facilmente?
È dunque ora che arriva davvero in Comune uno spirito nuovo, e da parte nostra, come maggioranza, va dato un pieno e convinto sostegno a questo processo tutt'altro che semplice, che non promette per forza di cose di essere immediato, ma che è assolutamente indispensabile e costituisce pertanto una priorità dell'amministrazione.
Inoltre, come in molti hanno già ricordato, nella prospettiva di una decrescita delle risorse generali, come pure delle disponibilità dei singoli e delle famiglie, un potenziamento dell'housing sociale e dell'edilizia convenzionata è non solo auspicabile, ma sommamente necessario. In tale quadro, la vendita illustrata alla pag. 45 della relazione previsionale, pur nella comprensibile necessità di una verifica della corrispondenza con i risultati effettivi – dato che in questo contesto particolare per il mercato immobiliare non tutte le operazioni potrebbero andare a buon fine come ci auguriamo – nonché nell'ovvio rispetto dei diritti di prelazione sussistenti, si rivela una svolta decisiva per poter finalmente porre mano ad una effettiva opera di ristrutturazione del patrimonio esistente, a tutto vantaggio della funzione pubblica dello stesso. Ribadisco: funzione pubblica, destinazione sociale, e null'altro. Non ci interessa creare clientele, né instaurare legami di dipendenza delle persone dal potere politico, bensì soddisfare un bisogno drammatico sempre più urgente, garantendo la dignità delle persone anche attraverso il decoro abitativo.
1. Il comune non può che avere il dovere di garantire condizioni abitative decorose, laddove in taluni casi questa preoccupazione non è stata soddisfatta, o addirittura una parte delle unità non è stata neppure più data in locazione perché inagibile di fatto.
2. La solidarietà deve collegarsi all'efficienza, anche nell'ottica di una riscossione del giusto, evitando il perdurare di atteggiamenti di comodo o di evasione dei canoni, eliminando i favoritismi, se ve ne sono, e favorendo il rispetto delle regole grazie ad una puntualità delle scadenze, che responsabilizzi l'utenza e consenta appunto il reperimento di risorse per l'ulteriore manutenzione.
I due principi guida che informano la definizione di questo settore del bilancio mi appaiono poi assolutamente centrali in tutta la nostra azione amministrativa, e vanno ribaditi:
1. la legalità: le situazioni debitorie vanno inquadrate nell'effettivo contesto, ma senza lassismi e disinteresse, garantendo il diritto solo a fronte di una responsabilizzazione degli usufruttuari; per quanto riguarda le situazioni consolidate in negativo, è chiaro che non rimarrà altro che la procedura legale
2. la trasparenza: innanzitutto approntando una ricognizione completa e senza zone d'ombra; dando ad essa una piena pubblicità attraverso lo strumento informatico comunale; rivedendo i criteri delle assegnazioni, laddove lascino spazio ad ambiguità o non arrivino a coprire adeguatamente tutte le fattispecie, in modo da garantire a tutti il pieno rispetto dei propri diritti.
Sono obiettivi e sono principi, lo ribadisco, importanti e strutturali. Proprio perché noi siamo contrari ai tagli indiscriminati, si impone una estrema attenzione e la scrupolosa correttezza della gestione. Il che porta inevitabilmente ad una valutazione politica sulle tante posizioni ideologiche che abbiamo udito. Che sono state espresse con differenti gradi di intenzionalità, ma che evidenziano comunque una mentalità rigidamente conservatrice, in modo persino ingenuo, quasi che si potesse rimanere sordi di fronte alle esigenze drammatiche che il paese sperimenta in questo momento, al punto da scivolare frequentemente nel compatimento dei “poveri ricchi”. La soluzione, ci si dice, è semplice: tagliare. Davvero semplice, addirittura semplicistico, dato che i tagli il presente bilancio è costretto comunque a farli, e pesantemente, anche a causa dei vincoli francamente assurdi imposti dal patto di stabilità. Su quest'ultimo, mi posso associare con convinzione alle critiche verso un meccanismo che finisce per essere penalizzante anche per le amministrazioni virtuose, il che è contro ogni logica.
Ma i tagli spensierati e disinvolti, quelli che sono facili a dirsi ma poco responsabili a farsi, ignorano di fatto le conseguenze di lungo termine e non di rado arrivano a peggiorare le cose, penalizzando in primo luogo l'efficienza. Lo dico proprio perché ne abbiamo fatto tutti l'esperienza: veniamo da un decennio di sconsiderati tagli lineari, gestiti nella maniera più supponente e insieme visibilmente incapace di calcolare gli effetti. Salvo naturalmente quello dell'annuncio, ben gradito ai demagoghi. E difatti abbiamo potuto tutti misurare le capacità di risanamento dei conti pubblici dei dilettanti che ci hanno governato per la maggior parte del tempo recente, prima di lasciare al prof. Monti la patata bollente, ma dopo aver abbondantemente scaricato i costi del loro populismo elettorale sulle spalle degli enti locali (soprattutto di quelli con i conti in ordine) ed infine riuscendo persino nel capolavoro di attribuire la crisi internazionale ad una semplice percezione errata da parte di quegli sciocchi - noi - che non continuavano a tenere gli occhi chiusi. E proprio costoro sono tra i principali responsabili dei nostri guai attuali, almeno quanto gli sciagurati dissipatori delle finanze pubbliche degli anni Ottanta, quelli della Milano da bere e della corruzione generalizzata culminata in Tangentopoli (una piaga, detto per inciso, dalla quale purtroppo non ci siamo ancora liberati).
Ecco perché possiamo serenamente definire ridicole le accuse, che qualcuno ha ritenuto di dover formulare, rivolte a questa giunta che non avrebbe avuto “coraggio”. Il coraggio di tagliare senza aumentare le tasse. Ma chi legge il bilancio constata che tagli sostanziosi, nell'ottica di una sensata revisione della spesa, sono stati invece compiuti, e costringeranno tutti gli assessorati ad ingegnarsi per garantire qualità ai servizi. Ma forse l'opposizione qui ci chiedeva un altro genere di coraggio. Quale? Quello di scaricare la crisi su tutti i cittadini in misura indifferenziata (e perciò con un peso ben diverso per il ricco e per il povero)? Quello di comprimere e diminuire servizi già in tanti casi ridotti all'osso, premessa per l'espansione di fornitori alternativi, a disposizione però solo di chi se lo può permettere?
In tante occasioni, in queste sedute, abbiamo sentito due mantra ricorrenti, se non proprio ossessivi, nei nostri confronti: “guardiamo avanti” e “non capisco perché fate così”. Direi che entrambi confliggono pesantemente con un criterio di ragionevolezza, quello di guardare alla realtà storica, ai semplici dati di fatto. Che è molto pericoloso ignorare, proprio perché così facendo si dimenticano le cause che ci hanno condotto a questo punto. Anche le responsabilità, naturalmente (ma adesso mi interessano di meno). Vogliamo davvero dimenticare che chi afferma spavaldamente di aver tenuto fermo il livello dell'imposizione fiscale, contemporaneamente ha avviato “grandi opere” che si sono oggi trasformati in “buchi neri” per il bilancio comunale? Che proprio ora, ad esempio, la Ticosa sta richiedendo centinaia di migliaia di euro per interventi urgentissimi? Che per decenni si sono elargite vagonate di migliaia, anzi milioni di euro per le più svariate consulenze ed incarichi esterni? Perché nell'ansia di chiedere dati agli uffici, alcuni consiglieri non vanno a vedere come le passate amministrazioni avevano l'usanza di impiegare i soldi pubblici, e con quali risultati? Purtroppo solo dal 2006 la pletora di consulenze ha cominciato ad essere evidenziata per legge, e anche allora le cifre non erano particolarmente contenute, quasi che gli uffici comunali fossero cronicamente carenti di competenze. Ma quanti sono stati in precedenza i soldi pubblici distribuiti con leggerezza (uso un garbato eufemismo) di cui la massima espressione furono le famose consulenze per il tunnel del Borgovico mai realizzato, redatte su tovagliolini di carta ma egualmente pagate? Fermiamoci qui.
A volte ho una strana impressione, osservando questi seguaci di un liberismo più vicino al Tea party che a Stuart Mill e a Beveridge. Mi sembrano quei membri di un condominio pericolante, pronti certo a lamentarsi dello stato miserevole della manutenzione, ma ferocemente avversi a mettere mano al portafoglio per fronteggiare i crolli. Siamo nel pieno della crisi, delle misure straordinarie imposte dall'alto, della spending review, e ci sentiamo rinfacciare che “è da scuola elementare” chiedere i soldi per fare fronte alle spese, perché basterebbe adottare nuovi tagli miracolosi, che secondo il principio di realtà, e la definizione di S. Agostino, appartengono piuttosto a una “scuola delle ciance”. Infatti è la storia recente di Como a parlare: il principio delle aliquote immutabili si può di certo tenere fermo in maniera ideologicamente granitica, e ne abbiamo ottenuto piena ed incontrovertibile testimonianza ad ogni inciampo nelle buche delle strade che incontriamo nei nostri percorsi quotidiani in città. L'economia classica, peraltro, ci insegna a non considerare tasse le spese di riparazione dei veicoli o gli incidenti. Ci dovremmo perciò dichiarare soddisfatti, e “guardare avanti” o “lontano”, senza badare a dove mettiamo i piedi? Per non dire, cessando l'ironia, delle condizioni vergognose cui sottoponiamo in tal modo le persone anziane e tutti coloro che hanno difficoltà di deambulazione.
Lo dico senza animosità, ovviamente: l'opposizione fa qui solo la sua parte, proponendo richiami alle difficoltà di molti individui e famiglie, che in molti casi ci sono davvero, anche se non capisco quanto coerentemente evidenziate. Come non ravvisare una contraddizione patente, quando si riprendono i toni da Robin Hood alla rovescia, lamentando in sostanza il tartassamento dei più abbienti (per importi che si è evidenziato essere complessivamente contenuti, in rapporto alle possibilità effettive)?
Chiunque, nel suo piccolo, starebbe meglio se non dovesse contribuire alla spesa complessiva. Ma possiamo permettercelo? I pareri possono legittimamente divergere, ma l'equilibrio proposto in questo bilancio va rispettato: altro non è che un adempimento obbligato di fronte all'eredità avvelenata lasciataci dalla precedente amministrazione inadempiente, che forse ci lasciato l'incombenza per grande delicatezza d'animo. Ma è un'amministrazione che aveva redatto per tempo una relazione programmatica anche per gli anni 2012 e 2013, quindi all'anno in corso aveva pur rivolto qualche pensiero, e che soprattutto ha provveduto a nominare suoi rappresentanti di parte in tutti gli enti possibili fino all'ultimo secondo utile. Se ancora non si è capito, sotto la sollecitazione pressante delle imposizioni statali, nella situazione precaria in cui si trova il paese nel suo complesso, i sacrifici non sono evitabili: vanno peraltro ripartiti equamente, e l'unico criterio attendibile lo troviamo scolpito nella Costituzione. Quello di una proporzionalità diretta rispetto ai redditi, e ai beni posseduti, che nella sua approssimazione, e con le inevitabili difficoltà che si possono creare, è comunque il riferimento più solido e più equo.
È proprio il dovere generale di tutta la collettività a partecipare alle spese pubbliche che rappresenta la garanzia del singolo a tutela della propria capacità contributiva. Basterebbe, anche nella valutazione complessiva del presente bilancio, un bilancio di assoluta emergenza, che ciascuno entri in un ordine di idee solo un poco più orientato alla solidarietà generale.
martedì 10 luglio 2012
Il diavolo nei dettagli
Ho visitato con piacere, a Villa Olmo, la mostra sulla dinastia Brueghel, nella quale l'efficacia dell'allestimento si coniuga con la qualità delle opere esposte. A parte qualche irrilevante dettaglio nell'illuminazione, credo la si possa considerare pienamente riuscita sotto tutti i punti di vista. I curatori meritano i complimenti della città. È proprio vero, tuttavia, che il diavolo si nasconde nei dettagli. Mentre ammiravo due “Danze nuziali” dalla grande immediatezza espressiva, l'occhio mi è caduto sul pannello posto fra di esse. L'encomiabile tentativo di contestualizzare il genere pittorico si poggia sulla menzione di due libri: la “Nave dei folli” di Sebastian Brant e l'“Utopia” di... Erasmo da Rotterdam! Una svista madornale: come tutti sanno, la paternità di quest'ultimo testo è del suo insigne amico, l'umanista e politico Tommaso Moro. Sulle prime non credevo ai miei occhi, quasi che stessi leggendo l'attribuzione della “Gioconda” a Raffaello o Mantegna.
È peraltro verosimile che si volesse citare, in modo più pertinente, l'altrettanto celebre capolavoro erasmiano, “Elogio della follia”. Desta comunque un po' di perplessità che un simile errore sia rimasto in bella vista tutti questi mesi, senza che si sia provveduto ad una tempestiva correzione e, ritengo, suscitando qualche divertito pensiero in più di un visitatore. In fondo, una conferma della tesi che un certo grado di pazzia guidi, in una maniera o nell'altra, tutte le azioni umane. O che l'alto tenore “alcolico” evocato nelle due scene dipinte possa aver giocato un brutto scherzo all'estensore della nota?
È peraltro verosimile che si volesse citare, in modo più pertinente, l'altrettanto celebre capolavoro erasmiano, “Elogio della follia”. Desta comunque un po' di perplessità che un simile errore sia rimasto in bella vista tutti questi mesi, senza che si sia provveduto ad una tempestiva correzione e, ritengo, suscitando qualche divertito pensiero in più di un visitatore. In fondo, una conferma della tesi che un certo grado di pazzia guidi, in una maniera o nell'altra, tutte le azioni umane. O che l'alto tenore “alcolico” evocato nelle due scene dipinte possa aver giocato un brutto scherzo all'estensore della nota?
lunedì 25 giugno 2012
CoCoCo 2012-2: Costi della politica e trasparenza
Parliamo brevemente di cifre e di soldi. Leggo sui giornali che per il nostro dibattito sugli indirizzi di nomina nelle partecipate avremmo speso finora 10.000 euro, corrispondenti a due sedute, anche se a dire il vero il 18 giugno non si è parlato solo di questo argomento. Un titolista che la sa lunga si è portato avanti, arrivando già a quota 15.000.
Ma un giornalista che preferisce non essere menzionato mi ha fatto presente un fatto, che è ben difficile sia passato inosservato: il numero dei consiglieri comunali è diminuito, rispetto allo scorso mandato, del 20%. Perciò, ammesso che i costi della passata edizione del consiglio fossero corretti, occorrerà ricordare a qualcuno di aggiornarli, a beneficio della precisione dell'informazione.
Ringrazio comunque del richiamo, evidentemente rivolto a noi tutti, a non dilungarci eccessivamente e a non essere ripetitivi nei nostri interventi. Lo condivido, anche se il vero tema dei prossimi mesi sarà quello dell'efficacia dell'azione consiliare, e il parametrarla ai costi può essere un indicatore, ma non certo quello esclusivo. Il futuro ci giudicherà per come avremo saputo operare in favore della città.
Intanto, in tema di risparmio, preannuncio che già dal momento del suo insediamento del Presidente del consiglio, come consiglieri di maggioranza abbiamo dato un'indicazione affinché ai nostri posti l'acqua sia presente in brocca e non più in bottiglia. Ovviamente le considerazioni ambientali prevalgono sul modesto risparmio, ma crediamo che anche i piccoli segnali abbiano la loro importanza. Attendiamo perciò che, appena superate le difficoltà tecniche, si dia corso alla nostra richiesta e ne ringraziamo il Presidente.
E infine, a proposito di trasparenza: sono da qualche giorno pubblicati all'albo pretorio comunale i resoconti delle spese elettorali recenti. Una lettura che non caldeggio per la sua inesistente bellezza, ma che è comunque istruttiva. Non faccio perdere tempo al consiglio con le varie considerazioni che mi sono venute alla mente, e non ho intenzione di sindacare le scelte di nessuno né di polemizzare. Devo tuttavia rivolgere una richiesta di chiarimento alla consigliera Bordoli o al suo gruppo. Nell'unico resoconto pubblicato, a nome del candidato sindaco (a quanto pare, non vi è quello del partito che la sosteneva), accanto a stampe di giornali, media, ecc. non viene dichiarato neppure un euro per la stampa di manifesti e le affissioni, che peraltro ricordo particolarmente abbondanti. Ringrazio perciò chi saprà darmi un chiarimento su questa rendicontazione un poco inconsueta.
Ma un giornalista che preferisce non essere menzionato mi ha fatto presente un fatto, che è ben difficile sia passato inosservato: il numero dei consiglieri comunali è diminuito, rispetto allo scorso mandato, del 20%. Perciò, ammesso che i costi della passata edizione del consiglio fossero corretti, occorrerà ricordare a qualcuno di aggiornarli, a beneficio della precisione dell'informazione.
Ringrazio comunque del richiamo, evidentemente rivolto a noi tutti, a non dilungarci eccessivamente e a non essere ripetitivi nei nostri interventi. Lo condivido, anche se il vero tema dei prossimi mesi sarà quello dell'efficacia dell'azione consiliare, e il parametrarla ai costi può essere un indicatore, ma non certo quello esclusivo. Il futuro ci giudicherà per come avremo saputo operare in favore della città.
Intanto, in tema di risparmio, preannuncio che già dal momento del suo insediamento del Presidente del consiglio, come consiglieri di maggioranza abbiamo dato un'indicazione affinché ai nostri posti l'acqua sia presente in brocca e non più in bottiglia. Ovviamente le considerazioni ambientali prevalgono sul modesto risparmio, ma crediamo che anche i piccoli segnali abbiano la loro importanza. Attendiamo perciò che, appena superate le difficoltà tecniche, si dia corso alla nostra richiesta e ne ringraziamo il Presidente.
E infine, a proposito di trasparenza: sono da qualche giorno pubblicati all'albo pretorio comunale i resoconti delle spese elettorali recenti. Una lettura che non caldeggio per la sua inesistente bellezza, ma che è comunque istruttiva. Non faccio perdere tempo al consiglio con le varie considerazioni che mi sono venute alla mente, e non ho intenzione di sindacare le scelte di nessuno né di polemizzare. Devo tuttavia rivolgere una richiesta di chiarimento alla consigliera Bordoli o al suo gruppo. Nell'unico resoconto pubblicato, a nome del candidato sindaco (a quanto pare, non vi è quello del partito che la sosteneva), accanto a stampe di giornali, media, ecc. non viene dichiarato neppure un euro per la stampa di manifesti e le affissioni, che peraltro ricordo particolarmente abbondanti. Ringrazio perciò chi saprà darmi un chiarimento su questa rendicontazione un poco inconsueta.
giovedì 21 giugno 2012
CoCoCo 2012-1: Replica alle polemiche sulla delibera di indirizzo in ordine alle nomine in enti e partecipate del Comune
Prima di arrivare ad una valutazione politica, vorrei soffermarmi su di un primo dato importante del nostro dibattito. Alcune delle osservazioni formulate, oltre che pertinenti nel merito, mettono in risalto la necessità di porre, specie per il futuro, particolare attenzione alla chiarezza e alla piena intelligibilità degli atti che formuliamo. A volte l'impiego di espressioni invalse nel linguaggio burocratico, o la volontà di condensare una quantità di concetti in un'unica frase, moltiplicando gli incisi, rischiano di generare ambiguità facilmente evitabili, con lo sforzo di utilizzare una lingua più piana e frasi più semplici. Abbiamo insomma, nel nostro piccolo, anche il compito di contrastare una pratica tanto diffusa nel nostro paese, al punto che uno dei principali responsabili ne è il parlamento nazionale, più volte redarguito per la scarsa qualità linguistica della formulazione normativa, con le conseguenti problematiche interpretative. Non sarà peraltro il caso del testo che stiamo discutendo, una volta che alcuni emendamenti migliorativi siano posti in atto, incluso quello elaborato dalla maggioranza sotto forma di “maxiemendamento”. Sia chiaro che ogni rilievo nulla deve togliere all'apprezzamento per l'iniziativa tenace e convinta, oltreché rapida, dell'assessore proponente, dalla quale traspare il forte impegno di natura etica proprio per sgomberare il campo dalle ambiguità legate al rapporto fiduciario dei nominati con il sindaco in carica.
Come ignorare, peraltro, che questo dibattito è stato preceduto da dichiarazioni prontamente raccolte dalla stampa, che ho sentito ancora riecheggiare in aula e che, devo confessare, mi hanno procurato non poca inquietudine? Ad ascoltarle mi è sembrato per un istante che la nostra città rischiasse una perniciosa calata di barbari, chissà, fors'anche di Cosacchi d'altri tempi, pronti a ghermire ogni poltrona di aziende partecipate e consimili, sfilandole maleducatamente di sotto agli attuali occupanti.
Nessuno degli insorti, naturalmente, si oppone completamente alla possibilità di un ricambio. Ma si scandalizza per la celerità dell'operazione, foriera di chissà quali ingiustizie, con la sua precipitazione.
Che fretta c'è? Ci si domanda. E la conclusione è semplice: sono le pratiche della vecchia politica. Mi spiace dover dissentire: lo spoils system (che tra l'altro è una pratica tutt'altro che scandalosa nei sistemi democratici evoluti, se sanno elaborare i necessari correttivi) non è proprio l'oggetto primario di questa nostra discussione, nella quale anzi sono affermati i principi di una politica lontana dalla spartizione partitica degli incarichi legati al settore pubblico. Chi ha letto il testo non se ne è davvero accorto?
Si denuncia a gran voce, anche se con qualche decennio di ritardo, l'”interferenza politica nella gestione delle aziende”: sarebbe una cosa davvero grave, anzi è cosa grave, dato che gli attuali consigli altro non fanno che esprimere, viste le logiche che hanno condotto alla loro nomina, proprio la più convinta e vorace interferenza politica. Chiaro che chi l'ha praticata finora non apprezzi (questa propriamente parlando si definisce ipocrisia, sia pure di natura politica, qualora non sia accompagnata da una severa autocritica), chiaro anche che possono essere state espresse nelle passate scelte anche delle competenze reali, ma il criterio era diverso e palese: quello dell'appartenenza, della fedeltà o della ricompensa.
Non è questo il classico utilizzo di due pesi e due misure: noi facciamo quel che ci pare, gli altri devono invece fare i bravi, se no li additiamo al pubblico disprezzo?
E d'altra parte, nel provvedimento in discussione non c'è nessun attacco ai partiti in quanto tali e alla loro funzione di rappresentanza; c'è piuttosto una chiara presa di distanza dalle pratiche deteriori di un recente passato, quello dell'occupazione e delle varie lottizzazioni.
Questa parola, tra l'altro, non la evoco io, ma una delle tante dichiarazioni rilasciate alla stampa: ci si accusa precisamente di questo, di stare procedendo ad una nuova lottizzazione! Al contrario, questa è, almeno in parte, una liberazione dalla lottizzazione sin qui pervicacemente praticata. La nostra proposta può lasciare basito solo chi ha condiviso in passato quest'ottica dell'occupazione manu militari di tutti i posti disponibili, e che ha poi provveduto furbescamente al rinnovo degli incarichi pochi giorni prima delle elezioni, a mandato ormai scaduto. Questo è equilibrio, equidistanza, considerazione dei meriti, rispetto di eventuali nuovi indirizzi amministrativi?
Da notare che la stessa argomentazione utilizzata dagli oppositori è stata formulata in termini che si ritorcono loro contro: “non si può fare di tutt'erba un fascio, penalizzando le professionalità che pure ci sono” viene detto. E chi lo nega? Ma il fatto che di queste professionalità il sindaco voglia e debba condurre una verifica accurata, perché dovrebbe apparire preoccupante, se non perché si teme che, alla prova dei fatti, molte non reggano all'esame, o appaiano troppo esplicitamente connotate dalla logica spartitoria che le ha prodotte? Quale senso politico avrebbe mai che il nuovo sindaco accettasse il “braccio destro” o la “costola” del precedente, ossia un elemento strettamente organico ad un progetto amministrativo di segno opposto?
Vogliamo magari consolarci che a Como non si sia raggiunto lo scandalo dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il cui nuovo direttore vanta le competenze di un laureato in Scienze motorie a Brescia, e che lascia il sudato posto dirigente ministeriale al Miur (ivi chiamato dalla sua conterranea Maria Stella Gelmini), e la cui capo ufficio stampa ha un curriculum intessuto di attività che giudico irriferibili, la quale non nega di aver ottenuto il posto grazie alla “raccomandazione di un politico” e si descrive come persona “capace, sia nello scrivere che nello spogliarmi”? Vi lascio immaginare l'area politica di riferimento di questi personaggi ultrareferenziati. Ma per citare sempre l'intervista alla nostra esperta comunicatrice, “tanto questa è l'Italia”.
E poi consentitemi, quanto mi piacciono questi “tecnici” che si affidano a corpo morto alla politica per salire i gradini di una carriera appiattita sul potere in essere (a volte addirittura assecondando la logica del promoveatur ut amoveatur, degli scambi di poltrona e delle compensazioni), ma che poi, quando il vento cambia, sono pronti ad ipotizzare azioni legali per difendere il proprio posto sulla base di una supposta “terzietà” di cui mai hanno dato prova! Davvero comodo, scoprirsi indipendenti quando più conviene. Immagino sia questo, il “sapersi muovere” nel sottobosco della politica.
Infine: perché questa fretta? È stato chiarito a sufficienza che l'urgenza dell'iscrizione all'ordine del giorno è strettamente regolamentare: non si deve perciò a una nostra inesistente bramosia sfrenata di mettere le mani sulle poltrone. Ma in fondo un'urgenza c'è, ed è quella di ordine morale. Con la nostra decisione di stasera possiamo provare a lanciare un segnale di rinnovamento autentico alla città, e in special modo ai giovani, in particolare a quelli che sono ormai rassegnati ai meccanismi deteriori della vita pubblica, o malauguratamente sono entrati nell'ordine di idee che ci si avvicina alla politica per conquistarsi un posticino in un sottobosco, che le carriere si determinano attaccandosi ad un carrozzone, per via di conoscenze e raccomandazioni, e non di una professionalità riconosciuta e della valorizzazione del merito e delle competenze. Ecco, forse possiamo partire proprio da qui per vivere una politica da intendere un po' più come servizio, e un po' meno come autopromozione.
Come ignorare, peraltro, che questo dibattito è stato preceduto da dichiarazioni prontamente raccolte dalla stampa, che ho sentito ancora riecheggiare in aula e che, devo confessare, mi hanno procurato non poca inquietudine? Ad ascoltarle mi è sembrato per un istante che la nostra città rischiasse una perniciosa calata di barbari, chissà, fors'anche di Cosacchi d'altri tempi, pronti a ghermire ogni poltrona di aziende partecipate e consimili, sfilandole maleducatamente di sotto agli attuali occupanti.
Nessuno degli insorti, naturalmente, si oppone completamente alla possibilità di un ricambio. Ma si scandalizza per la celerità dell'operazione, foriera di chissà quali ingiustizie, con la sua precipitazione.
Che fretta c'è? Ci si domanda. E la conclusione è semplice: sono le pratiche della vecchia politica. Mi spiace dover dissentire: lo spoils system (che tra l'altro è una pratica tutt'altro che scandalosa nei sistemi democratici evoluti, se sanno elaborare i necessari correttivi) non è proprio l'oggetto primario di questa nostra discussione, nella quale anzi sono affermati i principi di una politica lontana dalla spartizione partitica degli incarichi legati al settore pubblico. Chi ha letto il testo non se ne è davvero accorto?
Si denuncia a gran voce, anche se con qualche decennio di ritardo, l'”interferenza politica nella gestione delle aziende”: sarebbe una cosa davvero grave, anzi è cosa grave, dato che gli attuali consigli altro non fanno che esprimere, viste le logiche che hanno condotto alla loro nomina, proprio la più convinta e vorace interferenza politica. Chiaro che chi l'ha praticata finora non apprezzi (questa propriamente parlando si definisce ipocrisia, sia pure di natura politica, qualora non sia accompagnata da una severa autocritica), chiaro anche che possono essere state espresse nelle passate scelte anche delle competenze reali, ma il criterio era diverso e palese: quello dell'appartenenza, della fedeltà o della ricompensa.
Non è questo il classico utilizzo di due pesi e due misure: noi facciamo quel che ci pare, gli altri devono invece fare i bravi, se no li additiamo al pubblico disprezzo?
E d'altra parte, nel provvedimento in discussione non c'è nessun attacco ai partiti in quanto tali e alla loro funzione di rappresentanza; c'è piuttosto una chiara presa di distanza dalle pratiche deteriori di un recente passato, quello dell'occupazione e delle varie lottizzazioni.
Questa parola, tra l'altro, non la evoco io, ma una delle tante dichiarazioni rilasciate alla stampa: ci si accusa precisamente di questo, di stare procedendo ad una nuova lottizzazione! Al contrario, questa è, almeno in parte, una liberazione dalla lottizzazione sin qui pervicacemente praticata. La nostra proposta può lasciare basito solo chi ha condiviso in passato quest'ottica dell'occupazione manu militari di tutti i posti disponibili, e che ha poi provveduto furbescamente al rinnovo degli incarichi pochi giorni prima delle elezioni, a mandato ormai scaduto. Questo è equilibrio, equidistanza, considerazione dei meriti, rispetto di eventuali nuovi indirizzi amministrativi?
Da notare che la stessa argomentazione utilizzata dagli oppositori è stata formulata in termini che si ritorcono loro contro: “non si può fare di tutt'erba un fascio, penalizzando le professionalità che pure ci sono” viene detto. E chi lo nega? Ma il fatto che di queste professionalità il sindaco voglia e debba condurre una verifica accurata, perché dovrebbe apparire preoccupante, se non perché si teme che, alla prova dei fatti, molte non reggano all'esame, o appaiano troppo esplicitamente connotate dalla logica spartitoria che le ha prodotte? Quale senso politico avrebbe mai che il nuovo sindaco accettasse il “braccio destro” o la “costola” del precedente, ossia un elemento strettamente organico ad un progetto amministrativo di segno opposto?
Vogliamo magari consolarci che a Como non si sia raggiunto lo scandalo dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, il cui nuovo direttore vanta le competenze di un laureato in Scienze motorie a Brescia, e che lascia il sudato posto dirigente ministeriale al Miur (ivi chiamato dalla sua conterranea Maria Stella Gelmini), e la cui capo ufficio stampa ha un curriculum intessuto di attività che giudico irriferibili, la quale non nega di aver ottenuto il posto grazie alla “raccomandazione di un politico” e si descrive come persona “capace, sia nello scrivere che nello spogliarmi”? Vi lascio immaginare l'area politica di riferimento di questi personaggi ultrareferenziati. Ma per citare sempre l'intervista alla nostra esperta comunicatrice, “tanto questa è l'Italia”.
E poi consentitemi, quanto mi piacciono questi “tecnici” che si affidano a corpo morto alla politica per salire i gradini di una carriera appiattita sul potere in essere (a volte addirittura assecondando la logica del promoveatur ut amoveatur, degli scambi di poltrona e delle compensazioni), ma che poi, quando il vento cambia, sono pronti ad ipotizzare azioni legali per difendere il proprio posto sulla base di una supposta “terzietà” di cui mai hanno dato prova! Davvero comodo, scoprirsi indipendenti quando più conviene. Immagino sia questo, il “sapersi muovere” nel sottobosco della politica.
Infine: perché questa fretta? È stato chiarito a sufficienza che l'urgenza dell'iscrizione all'ordine del giorno è strettamente regolamentare: non si deve perciò a una nostra inesistente bramosia sfrenata di mettere le mani sulle poltrone. Ma in fondo un'urgenza c'è, ed è quella di ordine morale. Con la nostra decisione di stasera possiamo provare a lanciare un segnale di rinnovamento autentico alla città, e in special modo ai giovani, in particolare a quelli che sono ormai rassegnati ai meccanismi deteriori della vita pubblica, o malauguratamente sono entrati nell'ordine di idee che ci si avvicina alla politica per conquistarsi un posticino in un sottobosco, che le carriere si determinano attaccandosi ad un carrozzone, per via di conoscenze e raccomandazioni, e non di una professionalità riconosciuta e della valorizzazione del merito e delle competenze. Ecco, forse possiamo partire proprio da qui per vivere una politica da intendere un po' più come servizio, e un po' meno come autopromozione.
mercoledì 16 maggio 2012
Corruzione: chi ha paura di leggi più severe?
Nel nostro paese la corruzione, dopo Tangentopoli, ha tranquillamente ripreso la sua corsa. Le classifiche mondiali ci vedono lontani (69° posto) dalle prime 25 posizioni in cui sono compresi tutti i Paesi dell'Europa più avanzata. E in tempo di crisi, questo dato pesa come un ulteriore macigno sulle già deboli possibilità di ripresa della nostra economia.
Ufficialmente, i partiti tuonano contro i malfattori e dichiarano di voler proteggere i cittadini. Cosa può spingere, allora, vari parlamentari di Pdl, Udc e Fli a mobilitarsi contro i decreti anticorruzione e falso in bilancio in Commissione Affari Costituzionali e Giustizia della Camera? Cosa pensare di coloro che praticano un ostruzionismo neppure troppo strisciante, e si giustificano paventando una terribile minaccia alla libertà: il "partito dei neo-giustizialisti" che avrebbe "mostrato il suo vero, disarmante e spaventoso, volto"? (parole del deputato Francesco Paolo Sisto). A leggere i resoconti di stampa, ad ascoltare le motivazioni del governo, e la preoccupazione del presidente Bongiorno, non sembrerebbe proprio di trovarsi di fronte alla sovversione, ma semplicemente ad un doveroso inasprimento di pene per i reati dei corrotti e dei falsificatori, che in parte rimedia alla sostanziale depenalizzazione voluta da una triste figura politica del recente passato, e dai suoi avvocati, preoccupati di semplificarsi il (doppio) lavoro e di garantirsi processi dall'esito più favorevole.
Forse l'unica spiegazione logica è che una parte non esigua del Parlamento interpreta la propria funzione di rappresentanza davvero coscienziosamente, considerando che non tutti i cittadini italiani sono onesti. Dunque è opportuno che qualcuno si incarichi anche di tutelare al meglio gli interessi di imbroglioni, malversatori e farabutti vari, alla faccia dei soliti fessi che vorrebbero, una volta tanto, vedere puniti i corrotti come meritano.
Ufficialmente, i partiti tuonano contro i malfattori e dichiarano di voler proteggere i cittadini. Cosa può spingere, allora, vari parlamentari di Pdl, Udc e Fli a mobilitarsi contro i decreti anticorruzione e falso in bilancio in Commissione Affari Costituzionali e Giustizia della Camera? Cosa pensare di coloro che praticano un ostruzionismo neppure troppo strisciante, e si giustificano paventando una terribile minaccia alla libertà: il "partito dei neo-giustizialisti" che avrebbe "mostrato il suo vero, disarmante e spaventoso, volto"? (parole del deputato Francesco Paolo Sisto). A leggere i resoconti di stampa, ad ascoltare le motivazioni del governo, e la preoccupazione del presidente Bongiorno, non sembrerebbe proprio di trovarsi di fronte alla sovversione, ma semplicemente ad un doveroso inasprimento di pene per i reati dei corrotti e dei falsificatori, che in parte rimedia alla sostanziale depenalizzazione voluta da una triste figura politica del recente passato, e dai suoi avvocati, preoccupati di semplificarsi il (doppio) lavoro e di garantirsi processi dall'esito più favorevole.
Forse l'unica spiegazione logica è che una parte non esigua del Parlamento interpreta la propria funzione di rappresentanza davvero coscienziosamente, considerando che non tutti i cittadini italiani sono onesti. Dunque è opportuno che qualcuno si incarichi anche di tutelare al meglio gli interessi di imbroglioni, malversatori e farabutti vari, alla faccia dei soliti fessi che vorrebbero, una volta tanto, vedere puniti i corrotti come meritano.
lunedì 23 aprile 2012
Votare Lucini al primo turno ha un senso. Ecco perché.
Nella sua ultima intervista, l'ex sindaco di Como Stefano Bruni scaglia la propria profezia di sventura su Como. "Entro due anni la città sarà commissariata" a causa delle divisioni trai i partecipanti alle elezioni. Dopo di me, il diluvio, dice in sostanza il primo responsabile dei disastri dell'amministrazione. Naturalmente tutto è avvenuto per caso, o per colpa di chissà chi, come sembrano dire gli slogan del centrodestra, preoccupato adesso di "voltare pagina", come se una guida politica non dovesse mai pagare per gli errori commessi. Dopotutto siamo Italiani, abbiamo scherzato, ricominciamo come se nulla fosse...
Quello che in realtà affermano simili messaggi, è il compiacimento di chi ha guastato la macchina, rendendola quasi inservibile per chi verrà dopo di lui, e se ne vanta. Terribile, ma questa sciagurata maledizione potrebbe anche avverarsi, se i cittadini non sapranno valersi dell'arma della riflessione.
In particolare, la frammentazione del voto può essere battuta con un semplice rimedio preventivo, soprattutto da chi si considera non estremista, in una direzione o nell'altra. Votare Lucini al primo turno, infatti, non è solo sensato, ma è anche conveniente. I vantaggi sono evidenti:
- dare una lezione (utile) al centrodestra rissoso ed incapace, in modo da stabilire una buona volta che i disastri e la rapacità si devono pagare;
- consentire la formazione di una maggioranza ampia e il più possibile unita, evitando il ricorso ad alleanze troppo eterogenee;
- rafforzare la squadra di amministratori scelta dal sindaco Lucini con crtiteri di affidabilità e di competenza;
- rendere più autorevole la figura del sindaco nei confronti degli interlocutori interni ed esterni al Comune;
- evitare la perdita di settimane di governo e i costi del doppio turno di elezioni, in questo momento di reale emergenza.
Votare Lucini al primo turno conviene a tutti, soprattutto conviene alla città per uscire dall'emergenza.
Votare il Partito Democratico e i suoi candidati, inoltre, contribuisce a rafforzare ulteriormente il "nocciolo duro" dell'alleanza che sostiene Lucini e lo metterà in grado di governare più efficacemente.
Quello che in realtà affermano simili messaggi, è il compiacimento di chi ha guastato la macchina, rendendola quasi inservibile per chi verrà dopo di lui, e se ne vanta. Terribile, ma questa sciagurata maledizione potrebbe anche avverarsi, se i cittadini non sapranno valersi dell'arma della riflessione.
In particolare, la frammentazione del voto può essere battuta con un semplice rimedio preventivo, soprattutto da chi si considera non estremista, in una direzione o nell'altra. Votare Lucini al primo turno, infatti, non è solo sensato, ma è anche conveniente. I vantaggi sono evidenti:
- dare una lezione (utile) al centrodestra rissoso ed incapace, in modo da stabilire una buona volta che i disastri e la rapacità si devono pagare;
- consentire la formazione di una maggioranza ampia e il più possibile unita, evitando il ricorso ad alleanze troppo eterogenee;
- rafforzare la squadra di amministratori scelta dal sindaco Lucini con crtiteri di affidabilità e di competenza;
- rendere più autorevole la figura del sindaco nei confronti degli interlocutori interni ed esterni al Comune;
- evitare la perdita di settimane di governo e i costi del doppio turno di elezioni, in questo momento di reale emergenza.
Votare Lucini al primo turno conviene a tutti, soprattutto conviene alla città per uscire dall'emergenza.
Votare il Partito Democratico e i suoi candidati, inoltre, contribuisce a rafforzare ulteriormente il "nocciolo duro" dell'alleanza che sostiene Lucini e lo metterà in grado di governare più efficacemente.
giovedì 12 aprile 2012
Leggere i programmi altrui? Troppo faticoso, lasciateci sognare...
A volte le dichiarazioni in campagna elettorale lasciano perplessi. Ma di solito si tratta della classica divergenza di opinioni, per cui ognuno rimane legittimamente del suo parere. Altra cosa è il travisamento della realtà, come nel caso della dichiarazione sul programma che la candidata PdL Bordoli pubblica sulla propria pagina elettorale Facebook il 29 marzo. Dice la signora di essere “la sola a voler garantire” trasparenza e legalità, e afferma spavaldamente che “la sinistra e il suo candidato fanno finta di nulla invece”. Ovviamente sono rimasto di stucco. Prima però di decidere a quale dei più profondi gironi infernali condannare Lucini per tanta nequizia, ho voluto controllare, prendendo in mano questi benedetti programmi.
Quanto parla effettivamente il PdL di questi temi? 24 righe in totale, quasi tutte nella corposa voce “sicurezza”, che a ben vedere è un altro tema (pp. 1, 13, 14). Nel programma di Lucini vi sono dedicate 127 righe (pp. 3-4, 6, 7, 8, 10) includendo la trasparenza dell'attività comunale, delle nomine, quella economica, la lotta alla corruzione e la sicurezza. Solo 5 volte tanto, e non si tratta di ripetizioni affogate in un discorso ridondante, ma di punti specifici compresi in elenchi.
Mi scuso con i lettori per l'atteggiamento da contabile, che peraltro la professionalità della signora Bordoli saprà apprezzare, e anche per il mio ingenuo convincimento che la prima forma di onestà e trasparenza sia quella di rispettare i dati di fatto. Forse sono fuori dal mondo.
O forse la politica comasca ha bisogno di persone che sappiano leggere la realtà per quella che è, e non per come preferiscono immaginarsela.
Quanto parla effettivamente il PdL di questi temi? 24 righe in totale, quasi tutte nella corposa voce “sicurezza”, che a ben vedere è un altro tema (pp. 1, 13, 14). Nel programma di Lucini vi sono dedicate 127 righe (pp. 3-4, 6, 7, 8, 10) includendo la trasparenza dell'attività comunale, delle nomine, quella economica, la lotta alla corruzione e la sicurezza. Solo 5 volte tanto, e non si tratta di ripetizioni affogate in un discorso ridondante, ma di punti specifici compresi in elenchi.
Mi scuso con i lettori per l'atteggiamento da contabile, che peraltro la professionalità della signora Bordoli saprà apprezzare, e anche per il mio ingenuo convincimento che la prima forma di onestà e trasparenza sia quella di rispettare i dati di fatto. Forse sono fuori dal mondo.
O forse la politica comasca ha bisogno di persone che sappiano leggere la realtà per quella che è, e non per come preferiscono immaginarsela.
giovedì 5 aprile 2012
Elezioni a Como e buon senso latitante
"Il buon senso è la cosa meglio ripartita nel mondo: ciascuno, infatti, pensa di esserne ben provvisto". L'aforisma di Cartesio torna alla mente nel momento in cui si contempla il panorama davvero inusuale delle liste che si presentano a Como alle prossime elezioni. Hanno raggiunto la cifra di 24, con 16 candidati sindaci, solo un paio dei quali ha un'alleanza di liste a suo sostegno. Sembra il trionfo dell'individualismo politico.
È un segnale incoraggiante o preoccupante? È assai probabile che il fallimento totale dell'amministrazione uscente abbia stimolato la volontà di tante persone ad impegnarsi direttamente, e questo, in astratto, sarebbe un bene per la democrazia e la partecipazione, pur prescindendo dalle competenze effettive di ciascuno.
Ma quali possibilità concrete hanno tali liste di arrivare al governo della città? Perché non hanno saputo convergere, almeno a gruppi, su di un progetto comune, rafforzando così le probabilità di essere rappresentate in consiglio?
Temo che la risposta stia soprattutto nel male, sempre più diffuso in questi anni, dei personalismi senza freno. La stagione appena conclusa ne è stata ricca, culminando infine nella clamorosa spaccatura che ha riguardato l'ex partito di maggioranza. Si è dunque imparato qualcosa dal passato? Pare proprio di no.
Semplifichiamone gli esiti: se 10 liste raccogliessero ciascuna il 2,5% dei consensi, queste resterebbero tutte escluse dall'assemblea, col risultato che un quarto dell'elettorato non sarebbe minimamente rappresentato. Ciascuno naturalmente pensa e spera: "capiterà agli altri, ma non a me". Ma è saggio tutto ciò? E se anche molte di queste liste ce la facessero ad entrare, per il rotto della cuffia, quale sarebbe il quadro risultante? L'opposizione divisa in innumerevoli gruppi di un solo membro, ciascuno dei quali, per ottenere visibilità, prenderebbe la parola su tutto, moltiplicherebbe le istanze e gli ordini del giorno, rendendo lo svolgimento dei lavori più difficoltoso che mai?
Forse, se il buon senso dei candidati non ha avuto il sopravvento nella fase di costruzione dei progetti, toccherà affidarsi a quello degli elettori, sperando che almeno loro vogliano confermare l'assunto cartesiano.
È un segnale incoraggiante o preoccupante? È assai probabile che il fallimento totale dell'amministrazione uscente abbia stimolato la volontà di tante persone ad impegnarsi direttamente, e questo, in astratto, sarebbe un bene per la democrazia e la partecipazione, pur prescindendo dalle competenze effettive di ciascuno.
Ma quali possibilità concrete hanno tali liste di arrivare al governo della città? Perché non hanno saputo convergere, almeno a gruppi, su di un progetto comune, rafforzando così le probabilità di essere rappresentate in consiglio?
Temo che la risposta stia soprattutto nel male, sempre più diffuso in questi anni, dei personalismi senza freno. La stagione appena conclusa ne è stata ricca, culminando infine nella clamorosa spaccatura che ha riguardato l'ex partito di maggioranza. Si è dunque imparato qualcosa dal passato? Pare proprio di no.
Semplifichiamone gli esiti: se 10 liste raccogliessero ciascuna il 2,5% dei consensi, queste resterebbero tutte escluse dall'assemblea, col risultato che un quarto dell'elettorato non sarebbe minimamente rappresentato. Ciascuno naturalmente pensa e spera: "capiterà agli altri, ma non a me". Ma è saggio tutto ciò? E se anche molte di queste liste ce la facessero ad entrare, per il rotto della cuffia, quale sarebbe il quadro risultante? L'opposizione divisa in innumerevoli gruppi di un solo membro, ciascuno dei quali, per ottenere visibilità, prenderebbe la parola su tutto, moltiplicherebbe le istanze e gli ordini del giorno, rendendo lo svolgimento dei lavori più difficoltoso che mai?
Forse, se il buon senso dei candidati non ha avuto il sopravvento nella fase di costruzione dei progetti, toccherà affidarsi a quello degli elettori, sperando che almeno loro vogliano confermare l'assunto cartesiano.
mercoledì 28 marzo 2012
Personalismi di qua e di là
Pietro Vierchowod protesta, dopo la recente presentazione della lista civica a sostegno di Mario Lucini: «perchè chi ha perso le primarie si sente in dovere di fare una personale lista in appoggio al candidato ufficiale? Non sarebbe meglio che questi signori facessero la campagna elettorale per il proprio candidato, senza cercare consensi personali? La risposta si trova nel fatto che questi candidati cercano solo di far valere il proprio potere in sede di nomine in Consiglio Comunale. [...] i cittadini si renderanno conto del gioco che stanno facendo questi signori, vecchi nomi della vecchia politica che hanno rovinato Como».
Sarà anche così. Però: perché altre forze vive della città, ma con un seguito prevedibilmente modesto, sentono il bisogno di fare la propria lista personale, senza aver avviato per tempo un percorso di confronto e di condivisione sulle cose da fare, dando per scontato che "questi signori" sono tutti "vecchi" senza neppure essersi fermati a parlare? Neppure io sono particolarmente entusiasta del proliferare di liste, specie dopo un processo che aveva una sua chiara logica, come le primarie, e difatti mi candido nella lista PD, per quanto personalmente mi costi. Tuttavia la democrazia è anche e soprattutto questo: cittadini liberi che fanno le loro scelte in base alla loro coscienza (almeno per alcuni è così) e si sottopongono al giudizio di un elettorato libero. Per evitare di confondere quest'ultimo, sarebbe forse stato bene che tutti i soggetti (ripeto, tutti) avessero saputo avviare un percorso di semplificazione e di integrazione mettendo da parte il vero male di questi anni: i personalismi, l'incapacità di ascoltarsi. Se così non è stato, necessariamente la parola passa alle urne. Buona fortuna a tutti quelli che hanno davvero a cuore il bene della città.
Sarà anche così. Però: perché altre forze vive della città, ma con un seguito prevedibilmente modesto, sentono il bisogno di fare la propria lista personale, senza aver avviato per tempo un percorso di confronto e di condivisione sulle cose da fare, dando per scontato che "questi signori" sono tutti "vecchi" senza neppure essersi fermati a parlare? Neppure io sono particolarmente entusiasta del proliferare di liste, specie dopo un processo che aveva una sua chiara logica, come le primarie, e difatti mi candido nella lista PD, per quanto personalmente mi costi. Tuttavia la democrazia è anche e soprattutto questo: cittadini liberi che fanno le loro scelte in base alla loro coscienza (almeno per alcuni è così) e si sottopongono al giudizio di un elettorato libero. Per evitare di confondere quest'ultimo, sarebbe forse stato bene che tutti i soggetti (ripeto, tutti) avessero saputo avviare un percorso di semplificazione e di integrazione mettendo da parte il vero male di questi anni: i personalismi, l'incapacità di ascoltarsi. Se così non è stato, necessariamente la parola passa alle urne. Buona fortuna a tutti quelli che hanno davvero a cuore il bene della città.
martedì 20 marzo 2012
CoCoCo51 - Mancato invio rendicontazione
In data 19 dicembre inoltravo agli uffici, via posta elettronica, una richiesta di dati che apparentemente non presentava problematiche di sorta, e che sembra invece essere diventata una vera odissea cernezziana. Vi diletterò dunque per un minuto raccontandovela, affinché ciascuno possa trarne le debite conclusioni.
Chiedevo allora di poter conoscere l'importo degli introiti che il Comune incamera annualmente dall'attività dei mercati cittadini (coperto, mercerie, quartieri) e delle somme eventualmente spese per lavori di manutenzione.
Sono rimasto senza risposte per un paio di mesi, pur avendo inoltrato al dott. Fumagalli un paio di solleciti, sempre via email. Stavo per deporre ogni speranza, quando ecco, il medesimo si è rivolto a me di persona durante l'ultima seduta della IV commissione, assicurandomi cortesemente che i dati richiesti erano praticamente pronti e mi sarebbero stati recapitati entro fine settimana.
Indovinate il seguito? Di settimane ne sono passate alcune, senza traccia della documentazione. All'ennesimo sollecito mi veniva risposto che era questione di un paio di giorni. Nessun esito. Un incontro nel corridoio, ieri sera, posticipava la consegna di “una mezz'ora”.
Al momento in cui parlo non ho ancora ricevuto nulla. Nulla. Nulla nella posta elettronica, nulla nella casella; ammetto di non aver controllato l'arrivo di eventuali piccioni viaggiatori.
Neanche avessi chiesto uno studio sinottico sui livelli di vendita di ciascun articolo, tipologia per tipologia, con serie storiche dalla fondazione dei mercati ad oggi.
È chiaro che, alla conclusione di questo mandato, non posso fare a meno di interrogarmi sulle ragioni di questo atteggiamento. Forse sarebbe anche il caso di rivendicare maggiore rispetto non per la mia modesta persona, bensì per il ruolo che ricopro. In ogni caso, vorrei sottolineare che, se io ricevessi una richiesta di informazioni, soprattutto se fossi istituzionalmente tenuto a fornirle, mi guarderei bene dal dare formali e reiterate assicurazioni, qualora non fossi in grado di adempiere alle promesse. Ma mi rendo conto di vivere in un altro mondo rispetto a quello dell'amministrazione cittadina.
So che sono stato davvero ingeneroso. Infatti avrei potuto aspettare fino a domani sera, prima di elevare questa protesta. Dopo tante settimane, un giorno in più o in meno, magari l'ultimo...
O forse è meglio prenderla come un auspicio. La previsione, forte di un assoluta certezza da parte del diretto interessato, che la prossima amministrazione sarà quella che io auspico, e addirittura che mi si potrà vedere in consiglio tra qualche mese e consegnarmi i dati allora. Se così fosse, pur indispettito da come si è svolta la vicenda, ringrazio dell'augurio. Vorrei avere la sua stessa incrollabile fiducia...
Chiedevo allora di poter conoscere l'importo degli introiti che il Comune incamera annualmente dall'attività dei mercati cittadini (coperto, mercerie, quartieri) e delle somme eventualmente spese per lavori di manutenzione.
Sono rimasto senza risposte per un paio di mesi, pur avendo inoltrato al dott. Fumagalli un paio di solleciti, sempre via email. Stavo per deporre ogni speranza, quando ecco, il medesimo si è rivolto a me di persona durante l'ultima seduta della IV commissione, assicurandomi cortesemente che i dati richiesti erano praticamente pronti e mi sarebbero stati recapitati entro fine settimana.
Indovinate il seguito? Di settimane ne sono passate alcune, senza traccia della documentazione. All'ennesimo sollecito mi veniva risposto che era questione di un paio di giorni. Nessun esito. Un incontro nel corridoio, ieri sera, posticipava la consegna di “una mezz'ora”.
Al momento in cui parlo non ho ancora ricevuto nulla. Nulla. Nulla nella posta elettronica, nulla nella casella; ammetto di non aver controllato l'arrivo di eventuali piccioni viaggiatori.
Neanche avessi chiesto uno studio sinottico sui livelli di vendita di ciascun articolo, tipologia per tipologia, con serie storiche dalla fondazione dei mercati ad oggi.
È chiaro che, alla conclusione di questo mandato, non posso fare a meno di interrogarmi sulle ragioni di questo atteggiamento. Forse sarebbe anche il caso di rivendicare maggiore rispetto non per la mia modesta persona, bensì per il ruolo che ricopro. In ogni caso, vorrei sottolineare che, se io ricevessi una richiesta di informazioni, soprattutto se fossi istituzionalmente tenuto a fornirle, mi guarderei bene dal dare formali e reiterate assicurazioni, qualora non fossi in grado di adempiere alle promesse. Ma mi rendo conto di vivere in un altro mondo rispetto a quello dell'amministrazione cittadina.
So che sono stato davvero ingeneroso. Infatti avrei potuto aspettare fino a domani sera, prima di elevare questa protesta. Dopo tante settimane, un giorno in più o in meno, magari l'ultimo...
O forse è meglio prenderla come un auspicio. La previsione, forte di un assoluta certezza da parte del diretto interessato, che la prossima amministrazione sarà quella che io auspico, e addirittura che mi si potrà vedere in consiglio tra qualche mese e consegnarmi i dati allora. Se così fosse, pur indispettito da come si è svolta la vicenda, ringrazio dell'augurio. Vorrei avere la sua stessa incrollabile fiducia...
lunedì 19 marzo 2012
Como non crederà alle panzane [?]
«Mосква слезам не верит» («Mosca non crede alle lacrime»). Il famoso detto russo viene alla mente leggendo il resoconto fatto da un quotidiano locale della serata di presentazione dei lavori per il programma del centosinistra. La prevedibilissima delusione è sintetizzata nel titolo: “La Como luciniana che bandisce sogni e colpi di scena”.
Eh, già. Niente fuochi d'artificio. Forse, di fronte ad una realtà durissima, che l'opposizione denunciava e preannunciava da anni (ma allora era tacciata di disfattismo), comincerà una buona volta una nuova era per la città? «Como non crede alle balle», potrebbe ormai essere il nuovo slogan.
Eh, già. Niente fuochi d'artificio. Forse, di fronte ad una realtà durissima, che l'opposizione denunciava e preannunciava da anni (ma allora era tacciata di disfattismo), comincerà una buona volta una nuova era per la città? «Como non crede alle balle», potrebbe ormai essere il nuovo slogan.
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