
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
martedì 31 dicembre 2013
Capire il mondo per essere liberi dai ciarlatani e dalle paure
Leggo i risultati dell’analisi condotta dall’Ocse sulle competenze alfabetiche, matematiche ed informatiche dei cittadini adulti di 24 paesi, compresi nella fascia d’età tra i 16 e i 65 anni, da cui il nostro paese esce con un quadro sconfortante, venendo collocata all’ultimo posto in assoluto per competenze di lettura, al penultimo per la capacità di far di conto e di utilizzare in modo efficace le tecnologie informatiche. Si veda anche il post http://larcipelago.wordpress.com/2013/10/11/gli-italiani-e-labc-della-democrazia/.
Poi, se qualcuno riflette sulla drammatica verità di questo dato di fatto, lo accusano di parlare di "differenza antropologica" e di darsi arie di superiorità. Cosa che non è vera, ma viene usata come facile arma dagli imbecilli senza argomentazioni. Quante volte lo rilevo anche personalmente nei dibattiti politici, ahimè.
L'ignoranza e la carenza di discernimento però non sono mali (solo) individuali, ma sociali. Il punto di rilevanza collettiva è che:
1) sulla base di queste profonde carenze si costruiscono durature operazioni politiche, la cui impronta demagogica (e truffaldina) è perciò invisibile ai diretti destinatari ("seguitemi e vi farò ricchi", "la colpa è degli stranieri, dell'Europa, del complotto plutocratico" ecc.).
2) Qualunque panzana, bufala, accusa volgare senza prove, dietrologia d'accatto, pseudocura miracolosa trova comunque un fervido gruppo di sostenitori e diffusori che non ascoltano altre “ragioni” che le loro. Scienza e opinione urlata sono sullo stesso piano, perchè non si possiedono gli strumenti critici minimi utili a distinguere. Vale forse la pena di ricordare che etimologicamente "critica" indica appunto questa capacità di analisi e valutazione oggettiva dei fatti e dei contesti, non quella di sputare sentenze "in opposizione" e per partito preso. Le nostre bacheche Facebook ne sono la manifestazione lampante, così come quei siti di "informazione" palesemente grottesca e satirica (?), le cui castronerie vengono regolarmente prese sul serio e rilanciate, purché si possa dare addosso a qualcuno. Mala tempora currunt... e forse sarebbe il caso di investire massicciamente nell'istruzione (per davvero, non a parole), prima di venire travolti dal declino, anche economico, che la diffusione della stupidità porta inevitabilmente con sé.
Poi, se qualcuno riflette sulla drammatica verità di questo dato di fatto, lo accusano di parlare di "differenza antropologica" e di darsi arie di superiorità. Cosa che non è vera, ma viene usata come facile arma dagli imbecilli senza argomentazioni. Quante volte lo rilevo anche personalmente nei dibattiti politici, ahimè.
L'ignoranza e la carenza di discernimento però non sono mali (solo) individuali, ma sociali. Il punto di rilevanza collettiva è che:
1) sulla base di queste profonde carenze si costruiscono durature operazioni politiche, la cui impronta demagogica (e truffaldina) è perciò invisibile ai diretti destinatari ("seguitemi e vi farò ricchi", "la colpa è degli stranieri, dell'Europa, del complotto plutocratico" ecc.).
2) Qualunque panzana, bufala, accusa volgare senza prove, dietrologia d'accatto, pseudocura miracolosa trova comunque un fervido gruppo di sostenitori e diffusori che non ascoltano altre “ragioni” che le loro. Scienza e opinione urlata sono sullo stesso piano, perchè non si possiedono gli strumenti critici minimi utili a distinguere. Vale forse la pena di ricordare che etimologicamente "critica" indica appunto questa capacità di analisi e valutazione oggettiva dei fatti e dei contesti, non quella di sputare sentenze "in opposizione" e per partito preso. Le nostre bacheche Facebook ne sono la manifestazione lampante, così come quei siti di "informazione" palesemente grottesca e satirica (?), le cui castronerie vengono regolarmente prese sul serio e rilanciate, purché si possa dare addosso a qualcuno. Mala tempora currunt... e forse sarebbe il caso di investire massicciamente nell'istruzione (per davvero, non a parole), prima di venire travolti dal declino, anche economico, che la diffusione della stupidità porta inevitabilmente con sé.
giovedì 12 dicembre 2013
CoCoCo 2013-15: Mobilità sostenibile e soluzioni a Como
A volte viene da pensare che uno dei difetti maggiori della politica nel nostro paese sia la cronica incapacità di progettare il futuro, guardando invece alle sole contingenze immediate e non preoccupandosi delle conseguenze a lungo termine delle decisioni (o più spesso delle non-decisioni, dell'assenza di riforme che pure sono urgenti). Questo mi sembra particolarmente vero nella progettazione degli interventi sul traffico, concepiti nel tempo più come palliativi che come azioni strutturali, risolvendosi ad intervenire quando i problemi si sono aggravati forse in modo irrimediabile, anziché cercare di prevenirli.
È perciò emblematico che la lotta all’inquinamento sia ben lungi dall’essere vinta. L’aumento vertiginoso degli sforamenti dei limiti di legge delle polveri sottili (PM10) ne è la conferma più classica e pericolosa: basta un inverno più secco del solito per mostrare la sostanziale inefficacia delle misure antismog predisposte da Regioni e Comuni. E tutti sappiamo che il PM10 provoca infiammazione delle vie aeree e che i pm 2,5 e 1, ossia le polveri ancora più sottili, passano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei vari organi causando reazioni infiammatorie più importanti. Il risultato è un aumento di asma, allergie, aritmie cardiache, infarti, trombosi.
L’organizzazione attuale dei trasporti, caratterizzata dall'assoluta predominanza del traffico su strada, con l’uso principalmente di automezzi privati, ha forti conseguenze negative generali, sul piano economico, sociale ed ambientale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni, rischi di incidenti, a cui sono connessi costi economici e sociali, insieme all'elevato inquinamento acustico ed atmosferico, al consumo di fonti energetiche non rinnovabili, alla sottrazione di suolo. Di fronte a queste evidenze, misuriamo però ogni giorno quanto siano efficaci gli inviti ai cittadini a lasciare l’auto a casa ed utilizzare i servizi pubblici. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che aspiriamo da un lato a una migliore qualità della vita, ma evitiamo dall'altro di assumere in modo serio i necessari impegni individuali e collettivi. Per quanto potremo continuare ad ignorare che la nostra mobilità è un sistema estremamente complesso, che influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti ed ha una forte incidenza sulla qualità ambientale? Cosa fare concretamente, nel congestionato ambito urbano comasco?
Un'amministrazione cittadina non può risolvere magicamente questi problemi, ma è tenuta ad introdurre modelli di mobilità sostenibile, ispirati al principio dell’uso efficiente del territorio e delle risorse naturali e finalizzati a garantire il rispetto e l’integrità dell’ambiente. A Como, che è realtà particolarmente difficile anche per le particolarità topografiche e per una storica inerzia, questo deve comportare trasformazioni incisive, magari in forme graduali e soggette a revisione. Per essere realisti: i cambiamenti possono persino apparire lacunosi e parziali, perché soggetti a gravi vincoli di bilancio che non consentono grandi investimenti. Ma non possiamo sempre stare a guardare. Una politica che puntasse a perpetuare la situazione esistente sarebbe scellerata, ed è appunto ciò che la giunta mi sembra aver voluto scongiurare con le proposte sin qui avanzate.
Le ricette sono note: i sistemi più innovativi di mobilità contemplano il potenziamento del trasporto pubblico di merci e persone, utilizzando i sistemi meno inquinanti (es. trasporto su rotaia, autoveicoli a metano), sistemi di mobilità intermodale, aumentando la disponibilità di parcheggi-scambio nei quali è possibile lasciare la macchina per proseguire il tragitto mediante mezzi pubblici; servizi di car sharing (uso collettivo di un parco di autoveicoli, noleggiati a tempo); car pooling o uso collettivo dei mezzi privati, da parte di soggetti che devono compiere lo stesso tragitto; interventi di riqualificazione urbana; limitazione dei movimenti e della velocità dei veicoli; promozione della mobilità alternativa (ciclabile e pedonale) e di iniziative di educazione stradale e sensibilizzazione per indirizzare i cittadini ad un uso sempre più limitato del mezzo privato.
La mobilità sostenibile rappresenta un fattore di qualificazione sociale anche perché induce l’instaurarsi di processi virtuosi che portano alla riduzione del traffico e all’aumento della sicurezza stradale. Mobilità pedonale e mobilità ciclabile non sono per nulla disprezzabili, anche se presentano difficoltà. Non dovremmo perciò pensare a una valorizzazione del loro notevole potenziale per il miglioramento del sistema complessivo del traffico viaggiatori? Non è razionale il contributo a preservare l’ambiente e a promuovere un modello di vita più sano? Inoltre una mobilità “dolce” sostiene il turismo e contribuisce al risparmio nell’ambito della spesa, sia pubblica che privata, per i trasporti.
Davvero, mentre attendiamo innervositi in un incolonnamento, quando girovaghiamo a lungo per trovare un parcheggio (per nulla dire dei costi), non ci appare evidente il vantaggio comparativo di una camminata sulle distanze brevi? Non riusciamo a valutare, sia pure a grandi linee, l'elevato grado di efficacia economica dell'utilizzo del trasporto pubblico? Abbiamo proprio bisogno delle pubblicazioni mediche per comprendere i benefici che avrebbe un aumento percentuale della popolazione che svolge attività fisica nella vita quotidiana e nel tempo libero, con una diminuzione dei costi per le amministrazioni nel settore sanitario? Occorrono studi specialistici (che pure esistono) per dimostrare gli incentivi economici che una mobilità è in grado di fornire nel settore del tempo libero e del turismo? Penso a esempio ai concreti vantaggi in termini di immagine e di promozione che ha avuto Torino, legati al risalto che ha avuto sulla stampa nazionale per essere risultata la città più "eco-mobile".
Il lungo periodo ha dimostrato che, dove si libera la città dal traffico motorizzato privato si valorizzano gli spazi vitali cittadini. Spostarsi liberamente a piedi ed in bicicletta diventa possibile e piacevole. La prova è l'attuale centro storico di Como, pedonalizzato tra mille polemiche decenni or sono e dove ora, esattamente come in tutti gli altri analoghi casi in Europa, a nessuno verrebbe in mente di reintrodurre le automobili. I vantaggi sono infatti percepiti da tutti: strade e piazze possono essere recuperate ed adibite a zone di svago e di riposo, ma anche di attività commerciale.
È poi un caso che tutte le grandi città europee, e moltissimi centri di dimensioni paragonabili alle nostre, abbiano varato da ormai molti anni una politica della sosta e dei parcheggi, tutti a pagamento e con un tempo massimo di permanenza? L'esigenza di rendere più vivibili i centri urbani passa anche attraverso la leva del contingentamento dei parcheggi. Abbiamo cominciato a chiederci se destinare tutto questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Non basta infatti rendere più fluido il traffico sistemando ogni macchina nella sua casella: la rivoluzione delle principali città europee prevede anche una riduzione progressiva del numero assoluto dei parcheggi in città.
Alcune amministrazioni hanno scelto di abolire il tasso minimo di parcheggio per unità immobiliare sostituendolo con uno massimo, che a Zurigo e Stoccolma non supera 1 posto auto per appartamento. Parigi, che nei decenni passati aveva abbondato in garage, ora fa marcia indietro e vieta la realizzazione di nuovi parcheggi se le nuove edificazioni si trovano a meno di 500 metri da una fermata di mezzo pubblico. Con questa politica, negli ultimi dieci anni lungo le strade sono stati tolti 15.000 posti auto a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni. Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13% dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi. Ancora più incisiva Monaco, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. Inevitabilmente l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.
Anche i parcheggi sotterranei, considerati fino agli anni settanta la soluzione della congestione urbana, sono ormai considerati problematici, poiché aumentano il traffico fungendo da nuovi attrattori. E in effetti sono sempre più rare le città che costruiscono autorimesse sotterranee in centro. A Breda, addirittura, hanno smantellato un parcheggio sotterraneo ricavato in un canale per rimettere l'acqua e restituirlo a barche e pescatori. Nella già citata Zurigo, per ogni posto creato sottoterra se ne toglie almeno uno in superficie.
Tornando a Como, infine, si dirà giustamente che una parte del traffico è ineliminabile, soprattutto per ragioni di lavoro dei pendolari che si recano in città: ma cosa deve fare un'amministrazione che segua con coerenza questi princìpi ispiratori, più che mettere a disposizione tariffe dedicate estremamente convenienti come quelle recentemente varate per l'interscambio? 300€ annui per parcheggio +Bus è un importo eccezionalmente conveniente (e diventano 150 per gli iscritti all'ente bilaterale del commercio e del turismo: potenzialmente migliaia di lavoratori in città), oltre alle convenzioni specifiche per dipendenti delle forze dell'ordine, che hanno esenzione per mezzi pubblici.
Non è ora di cambiare decisamente mentalità, pensando alla salute e alla qualità della vita nostra, e ancor più dei nostri figli? O siamo disposti a sacrificarle in nome di una dubbia comodità, quella che alla fine ci costringe a perpetui incolonnamenti?
È perciò emblematico che la lotta all’inquinamento sia ben lungi dall’essere vinta. L’aumento vertiginoso degli sforamenti dei limiti di legge delle polveri sottili (PM10) ne è la conferma più classica e pericolosa: basta un inverno più secco del solito per mostrare la sostanziale inefficacia delle misure antismog predisposte da Regioni e Comuni. E tutti sappiamo che il PM10 provoca infiammazione delle vie aeree e che i pm 2,5 e 1, ossia le polveri ancora più sottili, passano nel circolo sanguigno e si distribuiscono nei vari organi causando reazioni infiammatorie più importanti. Il risultato è un aumento di asma, allergie, aritmie cardiache, infarti, trombosi.
L’organizzazione attuale dei trasporti, caratterizzata dall'assoluta predominanza del traffico su strada, con l’uso principalmente di automezzi privati, ha forti conseguenze negative generali, sul piano economico, sociale ed ambientale: congestione delle città, disagi e difficoltà per ciclisti e pedoni, rischi di incidenti, a cui sono connessi costi economici e sociali, insieme all'elevato inquinamento acustico ed atmosferico, al consumo di fonti energetiche non rinnovabili, alla sottrazione di suolo. Di fronte a queste evidenze, misuriamo però ogni giorno quanto siano efficaci gli inviti ai cittadini a lasciare l’auto a casa ed utilizzare i servizi pubblici. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che aspiriamo da un lato a una migliore qualità della vita, ma evitiamo dall'altro di assumere in modo serio i necessari impegni individuali e collettivi. Per quanto potremo continuare ad ignorare che la nostra mobilità è un sistema estremamente complesso, che influenza il funzionamento delle aree urbane e le condizioni di vita dei suoi abitanti ed ha una forte incidenza sulla qualità ambientale? Cosa fare concretamente, nel congestionato ambito urbano comasco?
Un'amministrazione cittadina non può risolvere magicamente questi problemi, ma è tenuta ad introdurre modelli di mobilità sostenibile, ispirati al principio dell’uso efficiente del territorio e delle risorse naturali e finalizzati a garantire il rispetto e l’integrità dell’ambiente. A Como, che è realtà particolarmente difficile anche per le particolarità topografiche e per una storica inerzia, questo deve comportare trasformazioni incisive, magari in forme graduali e soggette a revisione. Per essere realisti: i cambiamenti possono persino apparire lacunosi e parziali, perché soggetti a gravi vincoli di bilancio che non consentono grandi investimenti. Ma non possiamo sempre stare a guardare. Una politica che puntasse a perpetuare la situazione esistente sarebbe scellerata, ed è appunto ciò che la giunta mi sembra aver voluto scongiurare con le proposte sin qui avanzate.
Le ricette sono note: i sistemi più innovativi di mobilità contemplano il potenziamento del trasporto pubblico di merci e persone, utilizzando i sistemi meno inquinanti (es. trasporto su rotaia, autoveicoli a metano), sistemi di mobilità intermodale, aumentando la disponibilità di parcheggi-scambio nei quali è possibile lasciare la macchina per proseguire il tragitto mediante mezzi pubblici; servizi di car sharing (uso collettivo di un parco di autoveicoli, noleggiati a tempo); car pooling o uso collettivo dei mezzi privati, da parte di soggetti che devono compiere lo stesso tragitto; interventi di riqualificazione urbana; limitazione dei movimenti e della velocità dei veicoli; promozione della mobilità alternativa (ciclabile e pedonale) e di iniziative di educazione stradale e sensibilizzazione per indirizzare i cittadini ad un uso sempre più limitato del mezzo privato.
La mobilità sostenibile rappresenta un fattore di qualificazione sociale anche perché induce l’instaurarsi di processi virtuosi che portano alla riduzione del traffico e all’aumento della sicurezza stradale. Mobilità pedonale e mobilità ciclabile non sono per nulla disprezzabili, anche se presentano difficoltà. Non dovremmo perciò pensare a una valorizzazione del loro notevole potenziale per il miglioramento del sistema complessivo del traffico viaggiatori? Non è razionale il contributo a preservare l’ambiente e a promuovere un modello di vita più sano? Inoltre una mobilità “dolce” sostiene il turismo e contribuisce al risparmio nell’ambito della spesa, sia pubblica che privata, per i trasporti.
Davvero, mentre attendiamo innervositi in un incolonnamento, quando girovaghiamo a lungo per trovare un parcheggio (per nulla dire dei costi), non ci appare evidente il vantaggio comparativo di una camminata sulle distanze brevi? Non riusciamo a valutare, sia pure a grandi linee, l'elevato grado di efficacia economica dell'utilizzo del trasporto pubblico? Abbiamo proprio bisogno delle pubblicazioni mediche per comprendere i benefici che avrebbe un aumento percentuale della popolazione che svolge attività fisica nella vita quotidiana e nel tempo libero, con una diminuzione dei costi per le amministrazioni nel settore sanitario? Occorrono studi specialistici (che pure esistono) per dimostrare gli incentivi economici che una mobilità è in grado di fornire nel settore del tempo libero e del turismo? Penso a esempio ai concreti vantaggi in termini di immagine e di promozione che ha avuto Torino, legati al risalto che ha avuto sulla stampa nazionale per essere risultata la città più "eco-mobile".
Il lungo periodo ha dimostrato che, dove si libera la città dal traffico motorizzato privato si valorizzano gli spazi vitali cittadini. Spostarsi liberamente a piedi ed in bicicletta diventa possibile e piacevole. La prova è l'attuale centro storico di Como, pedonalizzato tra mille polemiche decenni or sono e dove ora, esattamente come in tutti gli altri analoghi casi in Europa, a nessuno verrebbe in mente di reintrodurre le automobili. I vantaggi sono infatti percepiti da tutti: strade e piazze possono essere recuperate ed adibite a zone di svago e di riposo, ma anche di attività commerciale.
È poi un caso che tutte le grandi città europee, e moltissimi centri di dimensioni paragonabili alle nostre, abbiano varato da ormai molti anni una politica della sosta e dei parcheggi, tutti a pagamento e con un tempo massimo di permanenza? L'esigenza di rendere più vivibili i centri urbani passa anche attraverso la leva del contingentamento dei parcheggi. Abbiamo cominciato a chiederci se destinare tutto questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Non basta infatti rendere più fluido il traffico sistemando ogni macchina nella sua casella: la rivoluzione delle principali città europee prevede anche una riduzione progressiva del numero assoluto dei parcheggi in città.
Alcune amministrazioni hanno scelto di abolire il tasso minimo di parcheggio per unità immobiliare sostituendolo con uno massimo, che a Zurigo e Stoccolma non supera 1 posto auto per appartamento. Parigi, che nei decenni passati aveva abbondato in garage, ora fa marcia indietro e vieta la realizzazione di nuovi parcheggi se le nuove edificazioni si trovano a meno di 500 metri da una fermata di mezzo pubblico. Con questa politica, negli ultimi dieci anni lungo le strade sono stati tolti 15.000 posti auto a favore delle 1.451 stazioni Velib (per 20.000 biciclette pubbliche), di spazio per motorini, car-sharing e pedoni. Il risultato di questo giro di vite è una diminuzione del 13% dei chilometri percorsi in auto dai parigini dal 2003 ad oggi. Ancora più incisiva Monaco, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi “Park-and-Ride” in prossimità delle stazioni ferroviarie. Inevitabilmente l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni è sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta.
Anche i parcheggi sotterranei, considerati fino agli anni settanta la soluzione della congestione urbana, sono ormai considerati problematici, poiché aumentano il traffico fungendo da nuovi attrattori. E in effetti sono sempre più rare le città che costruiscono autorimesse sotterranee in centro. A Breda, addirittura, hanno smantellato un parcheggio sotterraneo ricavato in un canale per rimettere l'acqua e restituirlo a barche e pescatori. Nella già citata Zurigo, per ogni posto creato sottoterra se ne toglie almeno uno in superficie.
Tornando a Como, infine, si dirà giustamente che una parte del traffico è ineliminabile, soprattutto per ragioni di lavoro dei pendolari che si recano in città: ma cosa deve fare un'amministrazione che segua con coerenza questi princìpi ispiratori, più che mettere a disposizione tariffe dedicate estremamente convenienti come quelle recentemente varate per l'interscambio? 300€ annui per parcheggio +Bus è un importo eccezionalmente conveniente (e diventano 150 per gli iscritti all'ente bilaterale del commercio e del turismo: potenzialmente migliaia di lavoratori in città), oltre alle convenzioni specifiche per dipendenti delle forze dell'ordine, che hanno esenzione per mezzi pubblici.
Non è ora di cambiare decisamente mentalità, pensando alla salute e alla qualità della vita nostra, e ancor più dei nostri figli? O siamo disposti a sacrificarle in nome di una dubbia comodità, quella che alla fine ci costringe a perpetui incolonnamenti?
lunedì 2 dicembre 2013
CoCoCo 2013-14: Slot machines e distanze di legge a Como
Ho rilevato che da qualche giorno, in Via Bellinzona, è sorto un nuovo locale “slot” dedito al gioco d'azzardo tramite le macchinette che sono già state oggetto di una mozione da me presentata il 15 ottobre del 2012, e approvata dal Consiglio, e più recentemente del provvedimento che esattamente un anno più tardi, poco più di un mese or sono, è stato varato dal Consiglio Regionale della Lombardia.
Tra le altre cose, la nuova legge considera la possibilità di concedere agevolazioni fiscali ai fini Irap, con una riduzione dello 0,92% a chi rimuove le macchinette, vieta la pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico, e soprattutto regolamenta gli accessi agli spazi destinati alle slot, stabilendo il divieto di installazione a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali di ambito socio-sanitario, centri giovanili e oratori.
Il provvedimento mi sembra valido nell'impianto, considerando che anch'io, nella redazione originaria della nostra mozione, ritenevo necessario un limite minimo di distanza dai luoghi ad alta frequentazione giovanile, anche se ho poi dovuto eliminarlo per le perplessità giuridiche sollevate da qualche collega. Ora la Regione fa finalmente chiarezza in proposito, e non posso che esserne felice.
La ragione del mio intervento sta comunque nel fatto che l'esercizio di cui parlavo prima si trova sicuramente a meno di 500 metri dalla scuola media “Ugo Foscolo”. Ho misurato all'incirca 100 metri di differenza rispetto ai limiti regionali lungo l'asse via Bellinzona – via Borgovico, e la distanza si ridurrebbe ulteriormente se considerata in linea d'aria. Per nulla dire della prossimità della chiesa di S. Salvatore, che sorge a poco più di 200 metri.
Chiedo dunque all'assessorato competente di procedere cortesemente a una verifica relativa alle autorizzazioni concesse in questo caso specifico, se siano cioè compatibili con la nuova legge in termini di date e di permessi, pur ammettendo la possibilità che qui la Regione sia arrivata tardi.
Voglio ricordare i calcoli presentati di recente dal presidente del Codacons, Marco Donzelli, secondo il quale i costi sociali e sanitari legati al gioco d’azzardo e alle dipendenze da gioco sfiorano in Italia quota 7 miliardi di euro, ben superiori agli incassi dello Stato. Secondo l'associazione di consumatori, almeno per i luoghi sensibili come le scuole, la distanza è poi troppo bassa e andrebbe portata come minimo ad 1 chilometro. Il buonsenso inoltre vorrebbe che le regole, a cominciare da quella della distanza minima, debbano valere anche per le sale esistenti, stabilendo un indennizzo per il proprietario della sala gioco costretto a chiudere. Altrimenti, vista l'esplosione delle sale da gioco già avvenuta, ciò significherebbe limitarsi a fotografare una situazione di fatto, che è inaccettabile ed intollerabile.
In secondo luogo, ricordo che la Regione ha previsto, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, che la giunta lombarda predisponga un apposito marchio “No slot”, che sia rilasciato poi dai Comuni. Mancano pochi giorni a tale termine, per cui mi auguro che a Milano abbiano già adempiuto a questo atto, che credo abbia frenato l'analogo iter previsto dalla nostra mozione a Como, e in caso contrario invito l'Assessore ad adoperarsi con forza per sollecitarne l'attuazione.
Tra le altre cose, la nuova legge considera la possibilità di concedere agevolazioni fiscali ai fini Irap, con una riduzione dello 0,92% a chi rimuove le macchinette, vieta la pubblicità sui mezzi di trasporto pubblico, e soprattutto regolamenta gli accessi agli spazi destinati alle slot, stabilendo il divieto di installazione a meno di 500 metri da scuole, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture residenziali o semiresidenziali di ambito socio-sanitario, centri giovanili e oratori.
Il provvedimento mi sembra valido nell'impianto, considerando che anch'io, nella redazione originaria della nostra mozione, ritenevo necessario un limite minimo di distanza dai luoghi ad alta frequentazione giovanile, anche se ho poi dovuto eliminarlo per le perplessità giuridiche sollevate da qualche collega. Ora la Regione fa finalmente chiarezza in proposito, e non posso che esserne felice.
La ragione del mio intervento sta comunque nel fatto che l'esercizio di cui parlavo prima si trova sicuramente a meno di 500 metri dalla scuola media “Ugo Foscolo”. Ho misurato all'incirca 100 metri di differenza rispetto ai limiti regionali lungo l'asse via Bellinzona – via Borgovico, e la distanza si ridurrebbe ulteriormente se considerata in linea d'aria. Per nulla dire della prossimità della chiesa di S. Salvatore, che sorge a poco più di 200 metri.
Chiedo dunque all'assessorato competente di procedere cortesemente a una verifica relativa alle autorizzazioni concesse in questo caso specifico, se siano cioè compatibili con la nuova legge in termini di date e di permessi, pur ammettendo la possibilità che qui la Regione sia arrivata tardi.
Voglio ricordare i calcoli presentati di recente dal presidente del Codacons, Marco Donzelli, secondo il quale i costi sociali e sanitari legati al gioco d’azzardo e alle dipendenze da gioco sfiorano in Italia quota 7 miliardi di euro, ben superiori agli incassi dello Stato. Secondo l'associazione di consumatori, almeno per i luoghi sensibili come le scuole, la distanza è poi troppo bassa e andrebbe portata come minimo ad 1 chilometro. Il buonsenso inoltre vorrebbe che le regole, a cominciare da quella della distanza minima, debbano valere anche per le sale esistenti, stabilendo un indennizzo per il proprietario della sala gioco costretto a chiudere. Altrimenti, vista l'esplosione delle sale da gioco già avvenuta, ciò significherebbe limitarsi a fotografare una situazione di fatto, che è inaccettabile ed intollerabile.
In secondo luogo, ricordo che la Regione ha previsto, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, che la giunta lombarda predisponga un apposito marchio “No slot”, che sia rilasciato poi dai Comuni. Mancano pochi giorni a tale termine, per cui mi auguro che a Milano abbiano già adempiuto a questo atto, che credo abbia frenato l'analogo iter previsto dalla nostra mozione a Como, e in caso contrario invito l'Assessore ad adoperarsi con forza per sollecitarne l'attuazione.
martedì 1 ottobre 2013
Senza decoro, più o meno come sempre
Di fronte al cumulo impressionante di menzogne che il più noto pregiudicato e nemico della giustizia sta scaricando in questo giorno sugli Italiani, cercando di affossare le speranze che si torni ad affrontare i problemi veri del paese (di cui peraltro non gli è mai importato nulla, alla faccia di tutti i creduloni), viene solo da pensare che Al Capone ha saputo uscire di scena con molto più stile.
giovedì 26 settembre 2013
Quanta (vergognosa) pochezza!
COLPO DI STATO? A volte il servilismo dà alla testa...
Schifani e Brunetta: "La definizione di 'colpo di Stato' non è inquietante ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile". Tutto perché un politico corrotto è stato giudicato colpevole dopo tre gradi di giudizio (e innumerevoli prescrizioni in processi bloccati con leggi ad personam).
Le dichiarazioni di queste ore sono una perfetta autovalutazione del livello umano, morale e politico di parte non esigua, purtroppo, della nostra classe dirigente. Una completa mancanza di dignità che ci espone una volta di più al disprezzo dei paesi civili, ove lo stato di diritto è considerato cosa sacra, non "cosa nostra".
Questa o è la solita farsa, o è grossolana, colpevole, eversiva (questa sì) ignoranza istituzionale, che si dovrebbe aver vergogna a mostrare, e che invece si ostenta con l'arroganza di un gregge impazzito.
Schifani e Brunetta: "La definizione di 'colpo di Stato' non è inquietante ma è invece assolutamente realistica e pienamente condivisibile". Tutto perché un politico corrotto è stato giudicato colpevole dopo tre gradi di giudizio (e innumerevoli prescrizioni in processi bloccati con leggi ad personam).
Le dichiarazioni di queste ore sono una perfetta autovalutazione del livello umano, morale e politico di parte non esigua, purtroppo, della nostra classe dirigente. Una completa mancanza di dignità che ci espone una volta di più al disprezzo dei paesi civili, ove lo stato di diritto è considerato cosa sacra, non "cosa nostra".
Questa o è la solita farsa, o è grossolana, colpevole, eversiva (questa sì) ignoranza istituzionale, che si dovrebbe aver vergogna a mostrare, e che invece si ostenta con l'arroganza di un gregge impazzito.
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lunedì 23 settembre 2013
CoCoCo 2013-13: Cessione farmacie comunali, sacrifici senza ragione?
Il dibattito ha evidenziato che il tema in discussione è complesso, e suscita, com'era prevedibile, reazioni contrastanti. Però sgombriamo il campo da un equivoco. La proposta uscita dalla giunta non ha affatto il carattere di una soluzione ideale, né di una scelta presa a cuor leggero, ma si giustifica pienamente con l'oggettiva gravità della situazione che ci troviamo ad affrontare. Se disconosciamo questo aspetto, diventa facile suscitare obiezioni polemiche, quasi pensassimo di alienare le farmacie per futili motivi, magari perché ci è venuta improvvisamente a noia una parte del patrimonio comunale che ha avuto una sua storia ed un significato. E in primo luogo sarebbe onesto riconoscere che le farmacie, nella situazione odierna, non svolgono più un ruolo strategico e insostituibile per il Comune, e che la loro funzione di presidio sul territorio può essere altrettanto bene svolta dal privato, senza alcuna perdita per l’utenza.
Una conferma è data dal fatto che il tema non è nuovo: in commissione IV, della quale ho fatto parte già nel mandato precedente, l'argomento era stato esaminato almeno in un paio di sedute, suscitando magari qualche perplessità, ma evidenziando anche le criticità di una gestione non ottimale e di una remuneratività perlomeno contenuta (tra l'altro, come abbiamo visto, destinata a diminuire drasticamente con una eventuale prossima gestione).
Certo, sarebbe bello, in condizioni ideali, poter prendere altro tempo per studiare tutta una gamma di soluzioni alternative; sarebbe forse produttivo, in termini economici, approntare piani operativi di rilancio della redditività delle farmacie, che le renderebbero magari leggermente più appetibili a futuri acquirenti, ma nel lungo o lunghissimo termine. Viene anche da chiedersi perché queste azioni non siano state messe in campo dalle amministrazioni precedenti, le quali tra l'altro erano assai meno gravate dall'attuale contrazione delle entrate. Sarebbe bello, infatti, che non ci fosse una pesante crisi economica in atto, che ha tra l'altro l'effetto di deprezzare inevitabilmente questo genere di attività. Soprattutto, ancor più bello sarebbe che il bilancio comunale odierno fosse florido, e che con questa ricchezza si potesse far fronte alle tantissime incombenze e responsabilità connesse all’amministrazione cittadina realizzando nuovi progetti, potenziando i servizi e curando le strutture in modo ottimale.
Peccato che queste ipotesi siano lontanissime dalla realtà. I fatti ci dicono che le risorse a disposizione sono sempre in calo, mentre i costi dell’erogazione dei servizi aumentano, come le necessità sociali e problemi da affrontare. Chissà, forse il fatto che gran parte degli interventi in quest’aula abbiano messo tra parentesi questa situazione a dir poco drammatica, mentre proponevano legittime alternative di rinvio e di conservazione delle farmacie comunali, è solo un segno di grande ottimismo. Mi auguro che le proposte di razionalizzazione e di risparmio che sono state adombrate possano trovare qualche realistica concretizzazione tra breve, anche se temo che poi i tavoli di questo consiglio potrebbero essere inondati di lacrime per futuri tagli ai servizi o minacce ai posti di lavoro. Sarebbe poi interessante capire dove si possa andare a reperire qualche risorsa aggiuntiva per fronteggiare il crollo dei trasferimenti centrali, senza aggravare il carico fiscale. Nel qual caso, i maldicenti potranno ripetere che la sinistra non è capace di fare altro.
Veramente, qui ci è stato detto a più riprese che la sinistra non è capace neppure di fare la sinistra. Anziché tutelare i meno abbienti li opprimeremmo, creando disoccupazione e privando la popolazione dell’assistenza sanitaria, o qualcosa del genere. E tutto perché, privi di capacità gestionali, per raccattare qualche soldo saremmo lieti di svendere i “gioielli di famiglia”.
Questa espressione ricorrente, tra l'altro, impone un breve ragionamento: qual è, infatti, il senso del mantenimento di risorse aggiuntive in una famiglia? Dipende evidentemente da vari fattori, primo fra i quali la congiuntura economica. Se stessimo parlando della manutenzione di un’abitazione dalle fondamenta pericolanti, in presenza di scarse risorse, non saremmo disposti a rinunciare a qualche mobile di pregio, pur di rimettere in sicurezza lo stabile? Vogliamo dimenticare che le urgenze sono pressanti in tutti i settori, che le fondamenta della macchina comunale sono a rischio, che in particolare si rischia di non poter fronteggiare i tanti compiti di assistenza sociale, primo fra tutti il diritto ad un’abitazione decorosa? E, venendo anche alla sufficienza con cui sono stati trattati i manti stradali – perché se con questi soldi si riempissero le buche poi le strade si consumerebbero di nuovo, e quindi resteremo senza nulla – non hanno alcun valore, anche economico, l’incolumità delle persone, la sicurezza viaria, la diminuzione dei contenziosi per infortuni, l’evitare l’aumento delle polizze assicurative per il Comune? Ed è chiaro che i pezzi da mettere in vendita devono avere qualche reale valore, perché a tutti piacerebbe disfarsi senza sforzo dei “rami secchi”, ma per questi ahimè non c’è mercato. Ecco, la sensazione è che si sia sorvolato sulle fondamenta a rischio della nostra casa comune, parlando invece molto dell’arredamento. La sua cura è un'attività doverosa e ragionevole; per esso è sempre legittimo preoccuparsi, valutandone le modalità di conservazione e la fine che potrebbe fare in caso di cessione. Cosa che la giunta ha peraltro considerato con attenzione. Ma quando la casa crolla, sappiamo che fine fa anche la mobilia.
Per questo non ho dubbi a definire infondate le critiche verso l’attuale assessore al bilancio, che compie invece un lavoro certosino e da togliere il sonno per cercare di far quadrare i conti con i mezzi a disposizione. Purtroppo non ha la capacità, come altri, di evocare le forme fantasmatiche che pure sono a tratti aleggiate in quest’aula, e, continuando la magia, di trasformarle in denaro sonante. Ma questo solo perché è una persona seria, che chiede in questo momento al Consiglio, e alla maggioranza in particolare, di condividere con senso di responsabilità le enormi difficoltà del momento per reperire risorse.
Credete veramente che si sia tanto ingenui da non sapere che un provvedimento come l’attuale possa apparire impopolare? Ma la questione in gioco è proprio quella delle responsabilità concrete che ci si sa assumere nella gestione della cosa pubblica. Io vedo, per fortuna, una giunta che non ha paura di fare scelte, una volta che in coscienza si sia convinta di operare nell’interesse pubblico. Questo non vuol dire essere a prova di errore, e quindi ben vengano – se veramente attuabili – tutti i suggerimenti per far meglio. Ma non i rinvii, le mere ipotesi, le velleità che non possiamo più permetterci.
Purtroppo un riformismo che sia capace di affrontare realisticamente le questioni, specie se fa appello al senso di responsabilità e se propone sacrifici, in Italia non sembra trovare più di tanto un terreno adatto per attecchire. Anche i governi degli ultimi vent'anni lo testimoniano: chi veramente si è adoperato per ottenere miglioramenti significativi nella conduzione dei conti pubblici (al punto che l’Italia ha incredibilmente maturato le condizioni per l’ingresso nella moneta unica), per ben due volte è stato fatto fuori, non senza il concorso di parti della sua stessa maggioranza, per cedere il passo a quelli dalle soluzioni facili - che però, guarda caso, nascondono la polvere sotto il tappeto e arrivano a negare l'esistenza della crisi, fino a quando questa non esplode in tutta la sua gravità. Allora, naturalmente, “è colpa dell'Europa”. Un bel risultato davvero per il paese e per le classi disagiate!
Sacrifici: una parola orribile, che in genere i politici hanno paura di pronunciare, preferendo evocare ristoranti pieni e villaggi vacanze presi d'assalto... Ma negare l'evidenza, ora, serve davvero a poco. Occorre un diverso coraggio, l'unico veramente utile ad amministrare in queste condizioni. E una maggioranza su questo, nel nostro Consiglio, esiste ed è convinta. Non siamo qui solo per “salvare il salvabile”, stiamo condividendo un'impostazione di governo di cui conosciamo la sincerità e la positività. Non facciamoci impressionare dal fatto che, anche per evitare ripetizioni e consumo del tempo che potrebbe essere dedicato anche agli altri argomenti amministrativi, non prendiamo tutti la parola.
Voglio perciò dire al Sindaco e all'assessore al bilancio che ci avranno dalla loro parte sempre, finché continueranno a motivare in maniera compiuta e convincente le loro proposte, che nei mesi passati abbiamo potuto discutere, indirizzare e alla fine approvare, magari anche con qualche comprensibile disagio residuo. Il metodo che si è messo in atto, quello di una condivisione e dell'ascolto delle nostre osservazioni e proposte, in particolare per quanto riguarda una significativa destinazione sociale dell'introito della vendita delle farmacie, va continuato e ulteriormente rafforzato. Non tutti i risultati si vedranno a breve termine; forse non tutte le scelte avranno lo stesso impatto positivo, anche se ce lo auguriamo. Ma, anche con questo passo difficile di oggi, siamo certi di stare contribuendo alle necessità ineludibili della nostra città.
Una conferma è data dal fatto che il tema non è nuovo: in commissione IV, della quale ho fatto parte già nel mandato precedente, l'argomento era stato esaminato almeno in un paio di sedute, suscitando magari qualche perplessità, ma evidenziando anche le criticità di una gestione non ottimale e di una remuneratività perlomeno contenuta (tra l'altro, come abbiamo visto, destinata a diminuire drasticamente con una eventuale prossima gestione).
Certo, sarebbe bello, in condizioni ideali, poter prendere altro tempo per studiare tutta una gamma di soluzioni alternative; sarebbe forse produttivo, in termini economici, approntare piani operativi di rilancio della redditività delle farmacie, che le renderebbero magari leggermente più appetibili a futuri acquirenti, ma nel lungo o lunghissimo termine. Viene anche da chiedersi perché queste azioni non siano state messe in campo dalle amministrazioni precedenti, le quali tra l'altro erano assai meno gravate dall'attuale contrazione delle entrate. Sarebbe bello, infatti, che non ci fosse una pesante crisi economica in atto, che ha tra l'altro l'effetto di deprezzare inevitabilmente questo genere di attività. Soprattutto, ancor più bello sarebbe che il bilancio comunale odierno fosse florido, e che con questa ricchezza si potesse far fronte alle tantissime incombenze e responsabilità connesse all’amministrazione cittadina realizzando nuovi progetti, potenziando i servizi e curando le strutture in modo ottimale.
Peccato che queste ipotesi siano lontanissime dalla realtà. I fatti ci dicono che le risorse a disposizione sono sempre in calo, mentre i costi dell’erogazione dei servizi aumentano, come le necessità sociali e problemi da affrontare. Chissà, forse il fatto che gran parte degli interventi in quest’aula abbiano messo tra parentesi questa situazione a dir poco drammatica, mentre proponevano legittime alternative di rinvio e di conservazione delle farmacie comunali, è solo un segno di grande ottimismo. Mi auguro che le proposte di razionalizzazione e di risparmio che sono state adombrate possano trovare qualche realistica concretizzazione tra breve, anche se temo che poi i tavoli di questo consiglio potrebbero essere inondati di lacrime per futuri tagli ai servizi o minacce ai posti di lavoro. Sarebbe poi interessante capire dove si possa andare a reperire qualche risorsa aggiuntiva per fronteggiare il crollo dei trasferimenti centrali, senza aggravare il carico fiscale. Nel qual caso, i maldicenti potranno ripetere che la sinistra non è capace di fare altro.
Veramente, qui ci è stato detto a più riprese che la sinistra non è capace neppure di fare la sinistra. Anziché tutelare i meno abbienti li opprimeremmo, creando disoccupazione e privando la popolazione dell’assistenza sanitaria, o qualcosa del genere. E tutto perché, privi di capacità gestionali, per raccattare qualche soldo saremmo lieti di svendere i “gioielli di famiglia”.
Questa espressione ricorrente, tra l'altro, impone un breve ragionamento: qual è, infatti, il senso del mantenimento di risorse aggiuntive in una famiglia? Dipende evidentemente da vari fattori, primo fra i quali la congiuntura economica. Se stessimo parlando della manutenzione di un’abitazione dalle fondamenta pericolanti, in presenza di scarse risorse, non saremmo disposti a rinunciare a qualche mobile di pregio, pur di rimettere in sicurezza lo stabile? Vogliamo dimenticare che le urgenze sono pressanti in tutti i settori, che le fondamenta della macchina comunale sono a rischio, che in particolare si rischia di non poter fronteggiare i tanti compiti di assistenza sociale, primo fra tutti il diritto ad un’abitazione decorosa? E, venendo anche alla sufficienza con cui sono stati trattati i manti stradali – perché se con questi soldi si riempissero le buche poi le strade si consumerebbero di nuovo, e quindi resteremo senza nulla – non hanno alcun valore, anche economico, l’incolumità delle persone, la sicurezza viaria, la diminuzione dei contenziosi per infortuni, l’evitare l’aumento delle polizze assicurative per il Comune? Ed è chiaro che i pezzi da mettere in vendita devono avere qualche reale valore, perché a tutti piacerebbe disfarsi senza sforzo dei “rami secchi”, ma per questi ahimè non c’è mercato. Ecco, la sensazione è che si sia sorvolato sulle fondamenta a rischio della nostra casa comune, parlando invece molto dell’arredamento. La sua cura è un'attività doverosa e ragionevole; per esso è sempre legittimo preoccuparsi, valutandone le modalità di conservazione e la fine che potrebbe fare in caso di cessione. Cosa che la giunta ha peraltro considerato con attenzione. Ma quando la casa crolla, sappiamo che fine fa anche la mobilia.
Per questo non ho dubbi a definire infondate le critiche verso l’attuale assessore al bilancio, che compie invece un lavoro certosino e da togliere il sonno per cercare di far quadrare i conti con i mezzi a disposizione. Purtroppo non ha la capacità, come altri, di evocare le forme fantasmatiche che pure sono a tratti aleggiate in quest’aula, e, continuando la magia, di trasformarle in denaro sonante. Ma questo solo perché è una persona seria, che chiede in questo momento al Consiglio, e alla maggioranza in particolare, di condividere con senso di responsabilità le enormi difficoltà del momento per reperire risorse.
Credete veramente che si sia tanto ingenui da non sapere che un provvedimento come l’attuale possa apparire impopolare? Ma la questione in gioco è proprio quella delle responsabilità concrete che ci si sa assumere nella gestione della cosa pubblica. Io vedo, per fortuna, una giunta che non ha paura di fare scelte, una volta che in coscienza si sia convinta di operare nell’interesse pubblico. Questo non vuol dire essere a prova di errore, e quindi ben vengano – se veramente attuabili – tutti i suggerimenti per far meglio. Ma non i rinvii, le mere ipotesi, le velleità che non possiamo più permetterci.
Purtroppo un riformismo che sia capace di affrontare realisticamente le questioni, specie se fa appello al senso di responsabilità e se propone sacrifici, in Italia non sembra trovare più di tanto un terreno adatto per attecchire. Anche i governi degli ultimi vent'anni lo testimoniano: chi veramente si è adoperato per ottenere miglioramenti significativi nella conduzione dei conti pubblici (al punto che l’Italia ha incredibilmente maturato le condizioni per l’ingresso nella moneta unica), per ben due volte è stato fatto fuori, non senza il concorso di parti della sua stessa maggioranza, per cedere il passo a quelli dalle soluzioni facili - che però, guarda caso, nascondono la polvere sotto il tappeto e arrivano a negare l'esistenza della crisi, fino a quando questa non esplode in tutta la sua gravità. Allora, naturalmente, “è colpa dell'Europa”. Un bel risultato davvero per il paese e per le classi disagiate!
Sacrifici: una parola orribile, che in genere i politici hanno paura di pronunciare, preferendo evocare ristoranti pieni e villaggi vacanze presi d'assalto... Ma negare l'evidenza, ora, serve davvero a poco. Occorre un diverso coraggio, l'unico veramente utile ad amministrare in queste condizioni. E una maggioranza su questo, nel nostro Consiglio, esiste ed è convinta. Non siamo qui solo per “salvare il salvabile”, stiamo condividendo un'impostazione di governo di cui conosciamo la sincerità e la positività. Non facciamoci impressionare dal fatto che, anche per evitare ripetizioni e consumo del tempo che potrebbe essere dedicato anche agli altri argomenti amministrativi, non prendiamo tutti la parola.
Voglio perciò dire al Sindaco e all'assessore al bilancio che ci avranno dalla loro parte sempre, finché continueranno a motivare in maniera compiuta e convincente le loro proposte, che nei mesi passati abbiamo potuto discutere, indirizzare e alla fine approvare, magari anche con qualche comprensibile disagio residuo. Il metodo che si è messo in atto, quello di una condivisione e dell'ascolto delle nostre osservazioni e proposte, in particolare per quanto riguarda una significativa destinazione sociale dell'introito della vendita delle farmacie, va continuato e ulteriormente rafforzato. Non tutti i risultati si vedranno a breve termine; forse non tutte le scelte avranno lo stesso impatto positivo, anche se ce lo auguriamo. Ma, anche con questo passo difficile di oggi, siamo certi di stare contribuendo alle necessità ineludibili della nostra città.
giovedì 5 settembre 2013
Ricattatori "in nome del popolo" e della "democrazia"?
Ma tutti gli Italiani, e gli elettori, saranno davvero senza vergogna come coloro che passano settimane e settimane a ribadire che un condannato in terzo grado non deve decadere dal parlamento perché "votato da 10 milioni di Italiani", e a ricattare un paese in estrema difficoltà con la minaccia di far saltare il governo?
Beh, sì, lo dico chiaro: in effetti, quando ho votato B., intendevo chiedere esattamente che venisse legalizzata la corruzione, favoriti l'evasione fiscale ed il falso in bilancio, e magari raccomandati il lenocinio, la prostituzione ed il prossenetismo.
Sono il popolo sovrano, non potete toccare i miei beniamini, non è democratico.
E non raccontatemi che le leggi vanno applicate per tutti, che viviamo in uno stato di diritto, perché non capisco il concetto.
Beh, sì, lo dico chiaro: in effetti, quando ho votato B., intendevo chiedere esattamente che venisse legalizzata la corruzione, favoriti l'evasione fiscale ed il falso in bilancio, e magari raccomandati il lenocinio, la prostituzione ed il prossenetismo.
Sono il popolo sovrano, non potete toccare i miei beniamini, non è democratico.
E non raccontatemi che le leggi vanno applicate per tutti, che viviamo in uno stato di diritto, perché non capisco il concetto.
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lunedì 19 agosto 2013
Eclissi della ragione ed eclissi della lingua
La giornata odierna non passerà alla storia per la pubblicazione del documento "Italia riformista. La sinistra che governa" di Boccia, che annuncia tra l'altro con preoccupazione: "l'autobiografia di una nazione non è più rinviabile e non è data dagli eroi di turno né da questo ecumenismo sentimentale che fa della settima potenza mondiale una terra senz'anima né identità".
Sarà. Difficile che una nuova anima ed identità vengano da un documento tanto "leggero" e anche mal scritto. Qualche concetto, e qualche critica alle tensioni improduttive e autolesionistiche interne al PD, con la sua scarsa capacità di riformare veramente la politica italiana, sono pure condivisibili ("è l'eclissi della ragione il vero male della sinistra italiana nella quale il Pd non si pone mai come faro ma sempre come barca in mezzo a una tempesta"), ma la lingua è spesso, per usare un verbo caro all'estensore, assai "pastrocchiata". Fa realmente presagire il peggio per il prossimo (?) dibattito congressuale del PD.
Solo qualche esempio per le future antologie del politichese:
- i nostri figli, nati già con l'hi-tech incorporato
- pezzi di società in libera uscita
- alcuni sindacati spesso seduti sulle proprie tessere
- non ci sarà più futuro per il futuro. E il presente, così com'è, è destinato a morire
- la soluzione ai suoi problemi e non l'alluvione di parolismi ad effetto.
Al di là dei "parolismi", purtroppo, le soluzioni... qui non si vedono granché, ricondotte a un generico riformismo 2.0 (espressione abusatissima nella quale la parte veramente significativa sembra purtroppo essere sempre più lo "zero"). E il testo si presenta più come un tentativo di marcare una posizione, di dire "ci siamo anche noi, e vogliamo contare", intestandosi una certa dose di "nuovismo", che di proporre al confronto un credibile progetto operativo. È legittimo, ma non si discosta molto da quella prassi politica che si critica non senza ragione.
E di certo, assieme all'impegno concettuale, richiederebbe migliori competenze espressive.
Sarà. Difficile che una nuova anima ed identità vengano da un documento tanto "leggero" e anche mal scritto. Qualche concetto, e qualche critica alle tensioni improduttive e autolesionistiche interne al PD, con la sua scarsa capacità di riformare veramente la politica italiana, sono pure condivisibili ("è l'eclissi della ragione il vero male della sinistra italiana nella quale il Pd non si pone mai come faro ma sempre come barca in mezzo a una tempesta"), ma la lingua è spesso, per usare un verbo caro all'estensore, assai "pastrocchiata". Fa realmente presagire il peggio per il prossimo (?) dibattito congressuale del PD.
Solo qualche esempio per le future antologie del politichese:
- i nostri figli, nati già con l'hi-tech incorporato
- pezzi di società in libera uscita
- alcuni sindacati spesso seduti sulle proprie tessere
- non ci sarà più futuro per il futuro. E il presente, così com'è, è destinato a morire
- la soluzione ai suoi problemi e non l'alluvione di parolismi ad effetto.
Al di là dei "parolismi", purtroppo, le soluzioni... qui non si vedono granché, ricondotte a un generico riformismo 2.0 (espressione abusatissima nella quale la parte veramente significativa sembra purtroppo essere sempre più lo "zero"). E il testo si presenta più come un tentativo di marcare una posizione, di dire "ci siamo anche noi, e vogliamo contare", intestandosi una certa dose di "nuovismo", che di proporre al confronto un credibile progetto operativo. È legittimo, ma non si discosta molto da quella prassi politica che si critica non senza ragione.
E di certo, assieme all'impegno concettuale, richiederebbe migliori competenze espressive.
mercoledì 14 agosto 2013
Professionisti dell'oltraggio alla certezza della pena
A proposito delle inverenconde richieste che i più accreditati azzeccagarbugli stanno formulando per annullare gli effetti di una sentenza giunta al terzo grado di giudizio: perché non osano estendere i portenti della loro scienza giuridica (quella che va sempre in senso opposto alla certezza del diritto) vincendo il ritegno e andando oltre?
Grazie a loro, i notiziari potrebbero, un giorno non lontano, diffondere annunci del seguente tenore.
Pare che per gli Italiani (solo per loro, forse neppure per tutti) sia stato finalmente attuato il procedimento per sfuggire alla morte, quando verrà il momento.
Si articola in due opzioni: 1) si chiede ed ottiene "la grazia", meglio se con strepito di tifosi; 2) si presenta ricorso al TAR, di cui è garantita l'azione paralizzante.
Per il momento non è chiaro se si ottenga effettivamente l'immortalità, oppure soltanto un rinvio sufficientemente lungo da ottenere l'"agibilità" a continuare una meschina esistenza.
Grazie a loro, i notiziari potrebbero, un giorno non lontano, diffondere annunci del seguente tenore.
Pare che per gli Italiani (solo per loro, forse neppure per tutti) sia stato finalmente attuato il procedimento per sfuggire alla morte, quando verrà il momento.
Si articola in due opzioni: 1) si chiede ed ottiene "la grazia", meglio se con strepito di tifosi; 2) si presenta ricorso al TAR, di cui è garantita l'azione paralizzante.
Per il momento non è chiaro se si ottenga effettivamente l'immortalità, oppure soltanto un rinvio sufficientemente lungo da ottenere l'"agibilità" a continuare una meschina esistenza.
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giovedì 8 agosto 2013
Pensioni dorate, di certo meritate...
Ritorna con frequenza il tema delle "pensioni d'oro" di supermanager pubblici e privati: centomila persone che arrivano a percepire anche 90.000 euro al mese, con un esborso complessivo per lo Stato di oltre 13 miliardi annui (cfr. http://www.corriere.it/economia/13_agosto_08/pensioni-oro-90mila-euro-mese-baccaro_ec49b994-ffec-11e2-b484-e2fa3432c794.shtml)
Non si imporrebbe, per decenza, un contributo di solidarietà?
Ma no, ci racconteranno le consuete fandonie che "hanno versato i contributi" (sì, ma in che proporzione?), del "merito" (probabile, ma solo per alcuni: e poi, perché non vediamo premi Nobel in prima fila?), del "mercato" (l'idea di mettere regole o un tetto è ovviamente un orripilante rigurgito comunista, viva la libertà di intortare gli sciocchi).
La realtà è purtroppo che si vive rincorrendo il privilegio, cercando di ottenerlo a spese del sistema pubblico, o dei risparmiatori fregati, o grazie a connivenze legislative indegne di un paese civile. Del resto vale anche per gli stipendi, non solo per le pensioni, e assai spesso senza neppure produrre profitti proporzionati.
"Chi ama il denaro non si sazia di denaro, e chi ama le ricchezze non ne trae profitto. Anche questo è vanità" (Qoelet, 5, 10). Infatti, anche provandoci, non riusciremo a portarci tutto questo denaro nella tomba...
Non si imporrebbe, per decenza, un contributo di solidarietà?
Ma no, ci racconteranno le consuete fandonie che "hanno versato i contributi" (sì, ma in che proporzione?), del "merito" (probabile, ma solo per alcuni: e poi, perché non vediamo premi Nobel in prima fila?), del "mercato" (l'idea di mettere regole o un tetto è ovviamente un orripilante rigurgito comunista, viva la libertà di intortare gli sciocchi).
La realtà è purtroppo che si vive rincorrendo il privilegio, cercando di ottenerlo a spese del sistema pubblico, o dei risparmiatori fregati, o grazie a connivenze legislative indegne di un paese civile. Del resto vale anche per gli stipendi, non solo per le pensioni, e assai spesso senza neppure produrre profitti proporzionati.
"Chi ama il denaro non si sazia di denaro, e chi ama le ricchezze non ne trae profitto. Anche questo è vanità" (Qoelet, 5, 10). Infatti, anche provandoci, non riusciremo a portarci tutto questo denaro nella tomba...
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sabato 3 agosto 2013
Minacce contro la giustizia
«O la politica è capace di trovare delle soluzioni capaci di ripristinare un normale equilibrio fra i poteri dello Stato - ha detto oggi Sandro Bondi dopo la condanna definitiva del suo capo Berlusconi - [...] oppure l'Italia rischia davvero una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili per tutti».
Davvero molto comodo minacciare in questo modo, specie dopo che per anni si è cercato in tutti i modi di alterare il "normale equilibrio" con caterve di leggi ad personam, peraltro incidentalmente utili anche a bancarottieri e mafiosi vari.
Italia mia, benché 'l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo sí spesse veggio, "le soluzioni" sono ben chiare agli occhi degli onesti. Corrispondono al semplice rispetto della legge, con la conseguente assunzione di responsabilità da parte dei condannati.
Oltre ad una seria riflessione politica su cosa siamo diventati.
Ma come rinunciare alla menzogna sistematica, all'uso della politica come mezzo di saccheggio del paese, e anche ad abbondanti dosi di cialtroneria e servilismo?
Questo nel nostro paese si è dimostrato impossibile, quindi avanti così: grida guerresche e minacce di scontri civili da parte di chi rivela quanto sia in realtà provvisto di senso civico e di rispetto per la giustizia.
Davvero molto comodo minacciare in questo modo, specie dopo che per anni si è cercato in tutti i modi di alterare il "normale equilibrio" con caterve di leggi ad personam, peraltro incidentalmente utili anche a bancarottieri e mafiosi vari.
Italia mia, benché 'l parlar sia indarno a le piaghe mortali che nel bel corpo tuo sí spesse veggio, "le soluzioni" sono ben chiare agli occhi degli onesti. Corrispondono al semplice rispetto della legge, con la conseguente assunzione di responsabilità da parte dei condannati.
Oltre ad una seria riflessione politica su cosa siamo diventati.
Ma come rinunciare alla menzogna sistematica, all'uso della politica come mezzo di saccheggio del paese, e anche ad abbondanti dosi di cialtroneria e servilismo?
Questo nel nostro paese si è dimostrato impossibile, quindi avanti così: grida guerresche e minacce di scontri civili da parte di chi rivela quanto sia in realtà provvisto di senso civico e di rispetto per la giustizia.
giovedì 27 giugno 2013
CoCoCo 2013-12: Concessione palestra scolastica per il Ramadan
Pochi minuti fa ho avuto l'annuncio che anche quest'anno sarà possibile per la comunità islamica celebrare il Ramadan, dal 6 luglio all’11 agosto, presso le scuole di via Cuzzi. Volevo perciò esprimere pieno appoggio e soddisfazione per l'iniziativa della Giunta, che replica quella dello scorso anno, dagli esiti pienamente positivi: essa testimonia la capacità di accoglienza e l'impegno fattivo per l'integrazione della città di Como. È quasi superfluo ricordare come la preghiera rappresenti un'esigenza spirituale fondamentale della persona umana, e sia da ritenersi tra i punti d'incontro privilegiati quando si tratti di rispondere ad esigenze di parti significative della nostra comunità cittadina.
Naturalmente ciò deve avvenire, come in questo caso, con la presenza di regole certe, che includono un deposito cauzionale e il pagamento di un canone che fornisce anche un (contenuto) introito per una palestra che durante l’estate non avrebbe avuto utilizzo. È una concessione temporanea, che potrà essere replicata solo se non ci saranno interferenze con l’attività scolastica e se le predette condizioni saranno rispettate.
Inoltre, anche sulla scorta dei risultati assai favorevoli dello scorso anno, sottolineo come il quartiere di Rebbio abbia dato valida prova di un spirito collaborativo, di saper praticare l'accoglienza, non solo a parole, senza che siano sorti futili dissidi o gesti di incomprensione da parte dei cittadini. È un esempio molto importante, che qualifica e valorizza il quartiere e i suoi abitanti, rendendolo meritevole dell'ammirazione degli altri comaschi che – ne sono certo – in altre occasioni, anche in differenti zone della città sapranno essere all'altezza delle sfide costruttive di civiltà e progresso che i nuovi tempi pongono.
Naturalmente ciò deve avvenire, come in questo caso, con la presenza di regole certe, che includono un deposito cauzionale e il pagamento di un canone che fornisce anche un (contenuto) introito per una palestra che durante l’estate non avrebbe avuto utilizzo. È una concessione temporanea, che potrà essere replicata solo se non ci saranno interferenze con l’attività scolastica e se le predette condizioni saranno rispettate.
Inoltre, anche sulla scorta dei risultati assai favorevoli dello scorso anno, sottolineo come il quartiere di Rebbio abbia dato valida prova di un spirito collaborativo, di saper praticare l'accoglienza, non solo a parole, senza che siano sorti futili dissidi o gesti di incomprensione da parte dei cittadini. È un esempio molto importante, che qualifica e valorizza il quartiere e i suoi abitanti, rendendolo meritevole dell'ammirazione degli altri comaschi che – ne sono certo – in altre occasioni, anche in differenti zone della città sapranno essere all'altezza delle sfide costruttive di civiltà e progresso che i nuovi tempi pongono.
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