
Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)
giovedì 3 giugno 2010
Condonare sempre, condonare tutto
Mai più condoni, spergiurano sempre i nostri governanti. Infatti, puntualmente, vediamo giungere il terzo condono edilizio dell'era berlusconiana, camuffato con il nome suggestivo di “emersione delle case fantasma”. Qualcuno si fregherà le mani, qualcun altro penserà che per fare cassa anche mezzi così immorali siano tollerabili. Il problema non è però la regolarizzazione di qualche vecchio casolare ignoto al catasto, quanto la sanatoria di fatto di centinaia di migliaia di abusi edilizi di ogni dimensione.
Chi sono i fessi in questa vicenda? Manco a dirlo, siamo noi: tutti quei cittadini onesti che hanno costruito nel rispetto delle regole e che pagano puntualmente i tributi. Ma anche l'intero popolo italiano, se si considera che l'abusivismo edilizio fa crescere a dismisura l'insicurezza abitativa del Paese: oggi abbiamo di fatto milioni di persone che vivono in zone a rischio sismico, vulcanico, idrogeologico o in costruzioni dalla sicurezza statica inadeguata.
Chi sono i furbi gratificati per l'ennesima volta dal governo? Evasori piccoli e grandi, va da sé: sono quei vigliacchi che preferiscono far pagare solo agli altri il costo della convivenza civile. Ma è pure la grande criminalità: la vera protagonista delle colate di cemento illegale è soprattutto l'ecomafia, il cui potere viene così rafforzato in tutto il Paese. Si calcola che nell'ultimo trentennio almeno un quinto di tutte le nuove costruzioni italiane sia stata fatta in barba alle norme, una percentuale che si raddoppia nelle regioni meridionali. Fa tristemente riflettere il dato che in Campania ben due terzi dei comuni sciolti dal 1991 a oggi per infiltrazioni criminali siano stati indagati per vicende di abusivismo edilizio.
A fronte di qualche ipotetico centinaio di milioni di euro per il fisco, tutta la nazione subisce perdite economiche e civili incommensurabilmente maggiori. Merito di queste classi dirigenti (e solo un cieco non noterebbe il particolare impegno della destra nel condonare tutto il possibile) impegnate a favorire la devastazione del paesaggio e dell'ambiente in cui viviamo, contro il bene comune e contro le future generazioni, demolendo insieme l'identità nazionale ed il maggiore vantaggio economico che l'Italia ancora possiede, ossia la bellezza del territorio. È una cecità che pagheremo pesantemente, noi e ancor più i nostri figli.
Chi sono i fessi in questa vicenda? Manco a dirlo, siamo noi: tutti quei cittadini onesti che hanno costruito nel rispetto delle regole e che pagano puntualmente i tributi. Ma anche l'intero popolo italiano, se si considera che l'abusivismo edilizio fa crescere a dismisura l'insicurezza abitativa del Paese: oggi abbiamo di fatto milioni di persone che vivono in zone a rischio sismico, vulcanico, idrogeologico o in costruzioni dalla sicurezza statica inadeguata.
Chi sono i furbi gratificati per l'ennesima volta dal governo? Evasori piccoli e grandi, va da sé: sono quei vigliacchi che preferiscono far pagare solo agli altri il costo della convivenza civile. Ma è pure la grande criminalità: la vera protagonista delle colate di cemento illegale è soprattutto l'ecomafia, il cui potere viene così rafforzato in tutto il Paese. Si calcola che nell'ultimo trentennio almeno un quinto di tutte le nuove costruzioni italiane sia stata fatta in barba alle norme, una percentuale che si raddoppia nelle regioni meridionali. Fa tristemente riflettere il dato che in Campania ben due terzi dei comuni sciolti dal 1991 a oggi per infiltrazioni criminali siano stati indagati per vicende di abusivismo edilizio.
A fronte di qualche ipotetico centinaio di milioni di euro per il fisco, tutta la nazione subisce perdite economiche e civili incommensurabilmente maggiori. Merito di queste classi dirigenti (e solo un cieco non noterebbe il particolare impegno della destra nel condonare tutto il possibile) impegnate a favorire la devastazione del paesaggio e dell'ambiente in cui viviamo, contro il bene comune e contro le future generazioni, demolendo insieme l'identità nazionale ed il maggiore vantaggio economico che l'Italia ancora possiede, ossia la bellezza del territorio. È una cecità che pagheremo pesantemente, noi e ancor più i nostri figli.
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venerdì 7 maggio 2010
Andare a fondo, con il fondo
La crisi greca sta mostrando in maniera agghiacciante tutta la sua gravità. Non meno inquietante, perciò, risulta la notizia che la Regione Lombardia ha sottoscritto dal 2002 un particolare strumento finanziario gestito da UBS, un fondo di ammortamento (tecnicamente sinking fund) con ben 115 milioni di euro impegnati in titoli ellenici e quasi altrettanti in titoli del Lazio e della Sicilia, regioni non precisamente da portare a modello di stabilità contabile.
A riferirlo non è una maligna propaganda delle opposizioni, bensì l’analisi autorevole quanto impietosa del Sole 24 Ore, al quale peraltro la Regione si è rifiutata di indicare con precisione la tipologia dei titoli coinvolti ed i codici identificativi. Alla faccia della trasparenza, dato che si gioca con i soldi dei cittadini! Ancora peggiore, in modo quasi incredibile, è il meccanismo dell’operazione, congegnato in modo tale che, se si generano profitti, questi vengono direttamente incamerati dalle banche, mentre le eventuali perdite graveranno interamente sulle casse della sola Regione Lombardia.
Quale privato cittadino sano di mente, viene da chiedersi, accetterebbe di sottoscrivere un simile contratto? Com’è possibile che l’infallibile governatore lombardo, assieme a quello stuolo di politici che a chiacchiere fa del senso pratico, della concretezza, del mettere le mani in pasta il proprio credo, si sia fatto infinocchiare così? Si tratterà solo di incompetenza, di trascuratezza o di qualcosa d’altro?
Di governare, questi politici-feudatari sono senz’altro capaci, come si vede anche a Como, dove le prove di genialità si susseguono incessantemente. Governare bene, però, sembra essere qualcosa di molto diverso. Evidentemente non importa a chi per la quarta volta ha rieletto lo stesso personaggio, o forse si tratta di un elettorato che preferisce non porsi questioni troppo difficili e conferma la fiducia a scatola chiusa. Bravi, per non farsi venire il mal di testa è meglio vivere di illusioni e seguire un capace imbonitore, proprio come sembrano aver fatto i nostri vicini greci.
Resta sempre aperto l’interrogativo se quando andiamo alle urne noi, cui alla fine tocca pagare il conto di questa come di altre castronerie, ci poniamo davvero il problema delle effettive capacità degli eletti di operare per il bene comune, se siamo capaci di tracciare un bilancio realistico delle politiche degli anni trascorsi – che non è cosa semplice – oppure preferiamo scegliere il contaballe più simpatico, il più “ganassa”, il più “baüscia”?
A riferirlo non è una maligna propaganda delle opposizioni, bensì l’analisi autorevole quanto impietosa del Sole 24 Ore, al quale peraltro la Regione si è rifiutata di indicare con precisione la tipologia dei titoli coinvolti ed i codici identificativi. Alla faccia della trasparenza, dato che si gioca con i soldi dei cittadini! Ancora peggiore, in modo quasi incredibile, è il meccanismo dell’operazione, congegnato in modo tale che, se si generano profitti, questi vengono direttamente incamerati dalle banche, mentre le eventuali perdite graveranno interamente sulle casse della sola Regione Lombardia.
Quale privato cittadino sano di mente, viene da chiedersi, accetterebbe di sottoscrivere un simile contratto? Com’è possibile che l’infallibile governatore lombardo, assieme a quello stuolo di politici che a chiacchiere fa del senso pratico, della concretezza, del mettere le mani in pasta il proprio credo, si sia fatto infinocchiare così? Si tratterà solo di incompetenza, di trascuratezza o di qualcosa d’altro?
Di governare, questi politici-feudatari sono senz’altro capaci, come si vede anche a Como, dove le prove di genialità si susseguono incessantemente. Governare bene, però, sembra essere qualcosa di molto diverso. Evidentemente non importa a chi per la quarta volta ha rieletto lo stesso personaggio, o forse si tratta di un elettorato che preferisce non porsi questioni troppo difficili e conferma la fiducia a scatola chiusa. Bravi, per non farsi venire il mal di testa è meglio vivere di illusioni e seguire un capace imbonitore, proprio come sembrano aver fatto i nostri vicini greci.
Resta sempre aperto l’interrogativo se quando andiamo alle urne noi, cui alla fine tocca pagare il conto di questa come di altre castronerie, ci poniamo davvero il problema delle effettive capacità degli eletti di operare per il bene comune, se siamo capaci di tracciare un bilancio realistico delle politiche degli anni trascorsi – che non è cosa semplice – oppure preferiamo scegliere il contaballe più simpatico, il più “ganassa”, il più “baüscia”?
sabato 24 aprile 2010
Como ricompensata: nei secoli fedele
Ancora una volta possiamo valutare oggettivamente il peso effettivo della classe politica che governa Como, stavolta nei più ampio contesto della Regione, ed altresì quanto valgano le promesse degli alti papaveri per il nostro territorio. Primo fra tutti il Cavaliere, che aveva garantito telefonicamente a Giorgio Pozzi un posto da assessore nella giunta regionale lombarda. Nulla da ridire sul commento di quest’ultimo, che va interamente sottoscritto: si tratta di “una mancanza di rispetto nei confronti di un territorio che ha sempre dato a questo partito e al governatore Formigoni risultati eccellenti”.
Purtroppo le “mancanze di rispetto”, le disattenzioni, i finanziamenti miseri se paragonati a quelli ricevuti da province vicine, la cronica carenza di infrastrutture, sembrano essere una costante, e non un fatto occasionale, da parte di chi continua a fare il “pieno” elettorale da queste parti.
Ma perché stupirsene? Mettiamoci per un attimo nei panni di questi vertici. Se i voti continuano ad arrivare nonostante i maltrattamenti, se i comaschi continuano a confermare amministrazioni la cui capacità operativa è ormai ridicolmente inadeguata, se bevono tutte le panzane degli alleati “di lotta e di governo”, perché mai impegnarsi per dare altre risorse a questo territorio? Non è più conveniente cercare di creare o rafforzare consensi e clientele altrove, dove la situazione è meno favorevole?
Ai comaschi questa situazione, evidentemente, piace lo stesso. Pensano di guadagnarci? Può darsi: non lasciare mai la via vecchia per la nuova dev’essere per loro un sufficiente motivo di soddisfazione, anche se la via vecchia è letteralmente costellata di buche. Qualcuno penserebbe che, oltre che sonnacchiosi, siano un po’ masochisti, ma è un mero giudizio soggettivo di disfattisti che non hanno colto tutt’attorno a loro la brillante realizzazione del “nuovo miracolo italiano”. Certo che sentire l’ex assessore Caradonna denunciare come semplice illusione e propaganda tutta la vicenda del muro, con la sicumera di chi spera di trovare qualcuno che gli creda, rivela poi per intero a quali esiti conduce questo atteggiamento di acquiescenza: oltre al danno, le beffe…
Purtroppo le “mancanze di rispetto”, le disattenzioni, i finanziamenti miseri se paragonati a quelli ricevuti da province vicine, la cronica carenza di infrastrutture, sembrano essere una costante, e non un fatto occasionale, da parte di chi continua a fare il “pieno” elettorale da queste parti.
Ma perché stupirsene? Mettiamoci per un attimo nei panni di questi vertici. Se i voti continuano ad arrivare nonostante i maltrattamenti, se i comaschi continuano a confermare amministrazioni la cui capacità operativa è ormai ridicolmente inadeguata, se bevono tutte le panzane degli alleati “di lotta e di governo”, perché mai impegnarsi per dare altre risorse a questo territorio? Non è più conveniente cercare di creare o rafforzare consensi e clientele altrove, dove la situazione è meno favorevole?
Ai comaschi questa situazione, evidentemente, piace lo stesso. Pensano di guadagnarci? Può darsi: non lasciare mai la via vecchia per la nuova dev’essere per loro un sufficiente motivo di soddisfazione, anche se la via vecchia è letteralmente costellata di buche. Qualcuno penserebbe che, oltre che sonnacchiosi, siano un po’ masochisti, ma è un mero giudizio soggettivo di disfattisti che non hanno colto tutt’attorno a loro la brillante realizzazione del “nuovo miracolo italiano”. Certo che sentire l’ex assessore Caradonna denunciare come semplice illusione e propaganda tutta la vicenda del muro, con la sicumera di chi spera di trovare qualcuno che gli creda, rivela poi per intero a quali esiti conduce questo atteggiamento di acquiescenza: oltre al danno, le beffe…
giovedì 8 aprile 2010
Dì che ti mando io...
E così i sindaci lombardi dei comuni "virtuosi" sono scesi in piazza, in una manifestazione tutt'altro che sguaiata, ma dal chiaro piglio istituzionale e senza divisioni partitiche, per far intendere in qualche modo a un governo duro d’orecchi che così non va. Basta con le restrizioni (molte delle quali francamente irrazionali) imposte dal "patto di stabilità", nella speranza di dare ossigeno ai bilanci, di continuare a garantire servizi essenziali, di contribuire alla lotta alla crisi economica. Loro, almeno, non hanno creato voragini nei conti pubblici, facendoli pagare all'intera collettività, come varie grandi città del Sud ricompensate dai vertici del centrodestra nazionale con elargizioni cieche e sconsiderate, anziché con la bancarotta e la cacciata con ignominia dei cattivi amministratori.
In molti hanno ritenuto paradossale e deludente l’atteggiamento del sindaco di Milano, che si è dichiarata d’accordo nel merito ma non nel metodo. E infatti nella sua posizione c’è del metodo: ha dapprima aderito, poi si è tirata indietro dichiarando di stare “lavorando su altri tavoli”, infine se ne esce addirittura con la conquista di “un incontro con Tremonti”. Davvero un risultato straordinario, ci voleva una diplomatica di rango per ottenerlo. Ma muoversi insieme agli altri sindaci non le garantiva sufficiente visibilità? Temeva forse di inimicarsi qualche ministro? Che dignità rivela il vantare un rapporto privilegiato con le alte sfere, quando l’intero mondo degli amministratori locali già si è mosso mettendo alle strette il governo, e il cercare di attribuirsi il merito di una capace azione personale, con un occhio alle prossime elezioni comunali?
C’è del metodo: peccato che assomigli fin troppo al noto connubio italico di servilismo e raccomandazione (ci penso io, non disturbate il manovratore, metterà tutto a posto un giorno il fantomatico federalismo fiscale), anziché al dignitoso e fermo attegiamento, privo di condizionamenti ideologici, di coloro che denunciano l’assurdità di un vincolo che rende impossibile, pur avendo i soldi, fare investimenti e addirittura pagare alle imprese i lavori già eseguiti! Ma non eravamo governati da chi ha in odio i “lacci e lacciuoli”? E perché non si vede da subito altrettanta austerità nella limitazione delle poltrone e sottopoltrone di governo e nel numero dei parlamentari?
In molti hanno ritenuto paradossale e deludente l’atteggiamento del sindaco di Milano, che si è dichiarata d’accordo nel merito ma non nel metodo. E infatti nella sua posizione c’è del metodo: ha dapprima aderito, poi si è tirata indietro dichiarando di stare “lavorando su altri tavoli”, infine se ne esce addirittura con la conquista di “un incontro con Tremonti”. Davvero un risultato straordinario, ci voleva una diplomatica di rango per ottenerlo. Ma muoversi insieme agli altri sindaci non le garantiva sufficiente visibilità? Temeva forse di inimicarsi qualche ministro? Che dignità rivela il vantare un rapporto privilegiato con le alte sfere, quando l’intero mondo degli amministratori locali già si è mosso mettendo alle strette il governo, e il cercare di attribuirsi il merito di una capace azione personale, con un occhio alle prossime elezioni comunali?
C’è del metodo: peccato che assomigli fin troppo al noto connubio italico di servilismo e raccomandazione (ci penso io, non disturbate il manovratore, metterà tutto a posto un giorno il fantomatico federalismo fiscale), anziché al dignitoso e fermo attegiamento, privo di condizionamenti ideologici, di coloro che denunciano l’assurdità di un vincolo che rende impossibile, pur avendo i soldi, fare investimenti e addirittura pagare alle imprese i lavori già eseguiti! Ma non eravamo governati da chi ha in odio i “lacci e lacciuoli”? E perché non si vede da subito altrettanta austerità nella limitazione delle poltrone e sottopoltrone di governo e nel numero dei parlamentari?
giovedì 25 marzo 2010
Le scuole (non) si arrangino
Confesso che sono rimasto allibito leggendo le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Gelmini contro la prassi delle scuole di chiedere un contributo volontario alle famiglie per riuscire a coprire una parte delle spese correnti più urgenti. Con una certa durezza, ella asserisce sugli organi di stampa che “va evitata questa prassi un po’ lamentosa e in pochi casi giustificata”, la colpa della quale sarebbe dei dirigenti che non sanno stare nei budget.
In quanto genitore, ma anche contribuente, sono il primo a dolermi del fatto che mi sia richiesto un apporto ulteriore per garantire l’educazione dei miei figli, e comprendo benissimo che anche poche decine di euro rischiano di gravare in maniera pesante su molti bilanci familiari. E tuttavia, non sono queste dichiarazioni ministeriali uno scaricabarile, pietoso sì, ma da primato mondiale?
Chi, anno dopo anno, ha letteralmente prosciugato le risorse da destinare all’istruzione nel nostro Paese? Chi ha lasciato al suo predecessore Fioroni l’onere di ripianare le bollette della raccolta dei rifiuti, che da anni le scuole non erano più in grado di pagare? Ignora forse, il ministro, di essere attualmente in debito con esse per quasi un miliardo e mezzo di euro, soldi che dovevano già da tempo essere nelle casse degli istituti? Come deve suonare ai cittadini l’assicurazione che per il 2010-2011 verranno erogati ad hoc ben… 10 milioni, pari a circa 80 euro al mese per istituto?
Non è poi particolarmente odioso questo tentativo di mettere famiglie e scuole le une contro le altre, con un populismo tanto più ripugnante, quanto più proviene da chi ha le massime responsabilità gestionali? Capisco che le priorità di questo governo siano state ben altre: risanare le voragini provocate da amministratori “amici” del Meridione (Catania e Palermo), accollare a tutti noi cittadini i debiti di Alitalia per regalarla di fatto ad imprenditori che realizzeranno i loro congrui profitti non appena saranno liberi di venderla ad Air France; poi ci sono da pagare gli stipendi e le prebende della Casta, gli affitti esorbitanti delle due Camere saliti in questi giorni agli onori della cronaca, le maxi pensioni degli ex parlamentari, e via discorrendo. Per tacere delle decine di opere inutili che hanno disperso miliardi, a onor del vero non solo da oggi.
Insomma, famiglie, studenti e presidi tacciano e subiscano: conti alla mano, nei bilanci predisposti da Tremonti nell’ultimo decennio, la scuola pubblica è stata solo e soltanto una voce sulla quale operare tagli pesanti, annunciando magari “rivoluzioni” didattiche che ne lasciano immutata la struttura farraginosa e burocratica e non ne promuovono la riqualificazione (che, se seria, costa).
Tanto, si sa che ci sono sempre altre soluzioni per chi può permettersele. E noialtri, invece? Dovremmo sempre lasciar fare, per non essere “lamentosi”?
In quanto genitore, ma anche contribuente, sono il primo a dolermi del fatto che mi sia richiesto un apporto ulteriore per garantire l’educazione dei miei figli, e comprendo benissimo che anche poche decine di euro rischiano di gravare in maniera pesante su molti bilanci familiari. E tuttavia, non sono queste dichiarazioni ministeriali uno scaricabarile, pietoso sì, ma da primato mondiale?
Chi, anno dopo anno, ha letteralmente prosciugato le risorse da destinare all’istruzione nel nostro Paese? Chi ha lasciato al suo predecessore Fioroni l’onere di ripianare le bollette della raccolta dei rifiuti, che da anni le scuole non erano più in grado di pagare? Ignora forse, il ministro, di essere attualmente in debito con esse per quasi un miliardo e mezzo di euro, soldi che dovevano già da tempo essere nelle casse degli istituti? Come deve suonare ai cittadini l’assicurazione che per il 2010-2011 verranno erogati ad hoc ben… 10 milioni, pari a circa 80 euro al mese per istituto?
Non è poi particolarmente odioso questo tentativo di mettere famiglie e scuole le une contro le altre, con un populismo tanto più ripugnante, quanto più proviene da chi ha le massime responsabilità gestionali? Capisco che le priorità di questo governo siano state ben altre: risanare le voragini provocate da amministratori “amici” del Meridione (Catania e Palermo), accollare a tutti noi cittadini i debiti di Alitalia per regalarla di fatto ad imprenditori che realizzeranno i loro congrui profitti non appena saranno liberi di venderla ad Air France; poi ci sono da pagare gli stipendi e le prebende della Casta, gli affitti esorbitanti delle due Camere saliti in questi giorni agli onori della cronaca, le maxi pensioni degli ex parlamentari, e via discorrendo. Per tacere delle decine di opere inutili che hanno disperso miliardi, a onor del vero non solo da oggi.
Insomma, famiglie, studenti e presidi tacciano e subiscano: conti alla mano, nei bilanci predisposti da Tremonti nell’ultimo decennio, la scuola pubblica è stata solo e soltanto una voce sulla quale operare tagli pesanti, annunciando magari “rivoluzioni” didattiche che ne lasciano immutata la struttura farraginosa e burocratica e non ne promuovono la riqualificazione (che, se seria, costa).
Tanto, si sa che ci sono sempre altre soluzioni per chi può permettersele. E noialtri, invece? Dovremmo sempre lasciar fare, per non essere “lamentosi”?
venerdì 19 marzo 2010
Paperone e i Bassotti
Siamo in campagna elettorale, d'accordo: ma perché questa politica deve sempre più spesso offendere l'intelligenza dei cittadini? Non sembra essere tanto questione di idee e programmi diversi, di ricette concrete per l'amministrazione che vadano confrontate: no, sentiamo invece parlare di chiudere programmi televisivi o di inchieste giudiziarie “a orologeria”, oppure di politici professionisti ma pasticcioni, che non sanno neppure come si presenta una lista, e il tutto sarebbe colpa della Banda Bassotti che dà addosso a Paperone? Dei paladini dell'Odio che si coalizzano per sconfiggere quelli dell'Amore? Magari per accogliere poi la provvida consolazione di chi ostenta un sorriso suadente: l'Amore vince sempre...
Viene da chiedersi se questa sia ancora politica, oppure avanspettacolo dei più scadenti. Non so davvero quanto possa essere valida la filosofia di certi capipopolo, basata sulla constatazione che il livello intellettivo medio della popolazione italiana non supera la seconda media, ma è davvero necessario svilire il dibattito fino a questo punto? Chi, dei lettori di questa pagina, prenderebbe per buone semplificazioni tanto grossolane, specie se provenienti da un simile pulpito? Chi si arrischierebbe mai ad elargire il suo voto sulla base di simili considerazioni, inadatte persino a motivare il tifo per una squadra di calcio, figuriamoci per un partito o per un leader?
Ma siamo in Italia, dirà qualcuno. Qui certe sceneggiate sono normali, la faziosità detta legge, noi elettori veniamo trattati come cretini da blandire o da spaventare con le invasioni straniere, il ritorno del comunismo, il vampirismo del fisco. E intanto, si perde il tempo necessario a creare le condizioni per dare qualche spiraglio di speranza alle giovani generazioni. Riuscire a creare uguali punti di partenza, abolire i privilegi, premiare il merito, favorire il rispetto della legalità dovrebbero essere i cardini dell'azione politica a beneficio del Paese in questi anni di crisi strutturale: ma sono obiettivi presi in seria considerazione da chi si agita tanto sotto elezioni, o l'unica preoccupazione è quella di occupare sempre più posti e posticini di potere?
Viene da chiedersi se questa sia ancora politica, oppure avanspettacolo dei più scadenti. Non so davvero quanto possa essere valida la filosofia di certi capipopolo, basata sulla constatazione che il livello intellettivo medio della popolazione italiana non supera la seconda media, ma è davvero necessario svilire il dibattito fino a questo punto? Chi, dei lettori di questa pagina, prenderebbe per buone semplificazioni tanto grossolane, specie se provenienti da un simile pulpito? Chi si arrischierebbe mai ad elargire il suo voto sulla base di simili considerazioni, inadatte persino a motivare il tifo per una squadra di calcio, figuriamoci per un partito o per un leader?
Ma siamo in Italia, dirà qualcuno. Qui certe sceneggiate sono normali, la faziosità detta legge, noi elettori veniamo trattati come cretini da blandire o da spaventare con le invasioni straniere, il ritorno del comunismo, il vampirismo del fisco. E intanto, si perde il tempo necessario a creare le condizioni per dare qualche spiraglio di speranza alle giovani generazioni. Riuscire a creare uguali punti di partenza, abolire i privilegi, premiare il merito, favorire il rispetto della legalità dovrebbero essere i cardini dell'azione politica a beneficio del Paese in questi anni di crisi strutturale: ma sono obiettivi presi in seria considerazione da chi si agita tanto sotto elezioni, o l'unica preoccupazione è quella di occupare sempre più posti e posticini di potere?
domenica 14 marzo 2010
Il lupo che fa la morale agli agnelli...

Con colpevole ritardo prendo atto della pubblicazione del libro più comico degli ultimi secoli, che fin dal titolo mi mette di buonumore. Evidentemente sputare insulti a raffica contro chi non la pensa come te e ha la pretesa (assurda, nel nostro paese) di veder rispettate le regole della democrazia e del diritto è un puro atto di amore. Come mostrano anche i giornalisti-pitbull al costante servizio del padrone, pronti a sbranare a volte anche oltre le sue aspettative...
Non resta che suggerire, come fonti interpretative più adeguate alla bisogna, le Favole di Fedro e il volumetto filosofico (assai serio, peraltro) di Harry G. Frankfurt, On Bullshit.
giovedì 4 marzo 2010
Liste, pasticci e arroganza
Dopo che per più volte, nelle precedenti elezioni, le regole di presentazione delle liste non sembravano aver creato problemi, una certa politica scopre improvvisamente che queste sono ingombranti “orpelli” e che uccidono la democrazia, determinando l'esclusione di coloro che non sono stati capaci di consegnare gli elenchi nei tempi e modi previsti dalla legge. Da notare, per inciso, che tali leggi sono state volute non da altri che dalla politica stessa, e che non sembra segno di particolare intelligenza rivolgere l'accusa di complottare a chi, semplicemente, ha il compito – anzi, l'obbligo - di farle rispettare.
Assistiamo addirittura al paradosso di chi contesta la competenza di una commissione, e nel contempo le intima con accenti non proprio cortesi di procedere ad una nuova verifica delle firme delle altre liste. Compaiono infine anche altri personaggi che, con grande senso della misura e del ruolo istituzionale ricoperto, si dicono “pronti a tutto” (ci è consentito di provare qualche brivido?).
Certo, si ha il diritto di convocare le piazze, non si capisce se per manifestare più il proprio sconforto o il proprio dissenso, ma è con simili azioni che si trasforma il torto in ragione?
È sensato auspicare che si trovi una soluzione politica condivisa a un tale pasticcio, ma non si può fare a meno di notare che i toni usati dagli esponenti del ceto politico coinvolti sono improntati non all'autocritica, quanto all'arroganza e allo scaricabarile. Il fine non è forse quello di celare, ancorché goffamente, un'evidente incompetenza, tanto più grave se manifestata da professionisti della politica? Non si cerca poi con ogni mezzo di non pagare le serie conseguenze del proprio errore, diversamente da quanto capita ai comuni cittadini?
Non sono, insomma, le forme di un copione ben noto (anche troppo!) a noi comaschi, come ha dimostrato tra l'altro la recente gestione del “muro della vergogna” lungo il nostro lago?
Assistiamo addirittura al paradosso di chi contesta la competenza di una commissione, e nel contempo le intima con accenti non proprio cortesi di procedere ad una nuova verifica delle firme delle altre liste. Compaiono infine anche altri personaggi che, con grande senso della misura e del ruolo istituzionale ricoperto, si dicono “pronti a tutto” (ci è consentito di provare qualche brivido?).
Certo, si ha il diritto di convocare le piazze, non si capisce se per manifestare più il proprio sconforto o il proprio dissenso, ma è con simili azioni che si trasforma il torto in ragione?
È sensato auspicare che si trovi una soluzione politica condivisa a un tale pasticcio, ma non si può fare a meno di notare che i toni usati dagli esponenti del ceto politico coinvolti sono improntati non all'autocritica, quanto all'arroganza e allo scaricabarile. Il fine non è forse quello di celare, ancorché goffamente, un'evidente incompetenza, tanto più grave se manifestata da professionisti della politica? Non si cerca poi con ogni mezzo di non pagare le serie conseguenze del proprio errore, diversamente da quanto capita ai comuni cittadini?
Non sono, insomma, le forme di un copione ben noto (anche troppo!) a noi comaschi, come ha dimostrato tra l'altro la recente gestione del “muro della vergogna” lungo il nostro lago?
mercoledì 10 febbraio 2010
Tagliatori di... nastri
Come non essere d'accordo con la recente presa di posizione di Confartigianato a Varese, che in occasione dell'inaugurazione dei lavori della Pedemontana, ha chiesto maggiore sobrietà e risparmio del denaro pubblico, specie in tempi di crisi economica? Naturalmente l'appello è rimasto del tutto inascoltato: lo show di Cassano Magnago è costato 300 mila euro, anche se solo in parte usciti dalle tasche dei contribuenti. C'è sempre qualcuno che invoca ragioni di immagine, di marketing, di opportunità: ma è arduo credere che la vera ragione non sia la campagna elettorale alle porte.
Si è già scatenata, infatti, la consueta frenesia per il taglio di nastri che, a ben vedere, è il più chiaro indice della serietà di chi ci governa. Si inaugura il possibile e l’impossibile: poco importa se l’opera è incompleta o se ha già subito una, o più, inaugurazioni precedenti. Ad esempio, si è appena inaugurato il tunnel ferroviario di Castellanza, dove la stazione non è ancora stata costruita, oltre al nuovo palazzo della Regione e all'ospedale di Legnano (il sesto nastro “sanitario” tagliato in meno di un mese), anch'essi tuttavia non ancora operativi. Parossistica poi, per il governatore uscente, la giornata del 7 febbraio, con cinque interventi sotto i riflettori dei media in sole otto ore, incluso il trasporto a braccia, tanto commovente quanto superfluo, di una sventurata bambina di Haiti giù dall'aereo che la portava in Italia per cure.
E un simile superman ha ancora la straordinaria modestia di definirsi “uno di noi” sui manifesti giganti che già tappezzano le città? Ma chi di noi ha, come lui, il dono della quasi ubiquità? Chi di noi dispone di svariate centinaia di migliaia, anzi milioni di euro pubblici all'anno per il proprio, personale ufficio stampa? Chi pubblicizza il proprio sito elettorale “radioformigoni” su carta intestata e con affrancatura della Regione? Chi perciò oserebbe competere con questo iperpresenzialista, che oltretutto, bontà sua, non ha ancora formalmente inaugurato la campagna elettorale? La vera domanda da porsi, naturalmente, dovrebbe essere un'altra: chi di noi è sicuro che festeggiamenti, rinfreschi, gadget, spettacolini e pergamene celebrative non costino nulla ai contribuenti lombardi? E questo stile, non è forse un preludio a futuri sprechi di risorse volti a rafforzare il proprio potere, una volta ritornati in sella?
Poveri artigiani varesini, con la loro inascoltata proposta di una moratoria che imponga uno "stop" a qualsiasi inaugurazione o evento tre mesi prima di ogni elezione. Con grande buon senso, chiedono alla politica un minimo di serietà e la correttezza di non presentare infrastrutture ordinarie come se fossero un miracolo. Ma c'è da dubitare seriamente che i professionisti delle apparenze e degli annunci vogliano raccogliere l'appello. E gli elettori? Continueranno a privilegiare imbonitori e illusionisti o sapranno finalmente valutare tanta disinvoltura come merita?
Si è già scatenata, infatti, la consueta frenesia per il taglio di nastri che, a ben vedere, è il più chiaro indice della serietà di chi ci governa. Si inaugura il possibile e l’impossibile: poco importa se l’opera è incompleta o se ha già subito una, o più, inaugurazioni precedenti. Ad esempio, si è appena inaugurato il tunnel ferroviario di Castellanza, dove la stazione non è ancora stata costruita, oltre al nuovo palazzo della Regione e all'ospedale di Legnano (il sesto nastro “sanitario” tagliato in meno di un mese), anch'essi tuttavia non ancora operativi. Parossistica poi, per il governatore uscente, la giornata del 7 febbraio, con cinque interventi sotto i riflettori dei media in sole otto ore, incluso il trasporto a braccia, tanto commovente quanto superfluo, di una sventurata bambina di Haiti giù dall'aereo che la portava in Italia per cure.
E un simile superman ha ancora la straordinaria modestia di definirsi “uno di noi” sui manifesti giganti che già tappezzano le città? Ma chi di noi ha, come lui, il dono della quasi ubiquità? Chi di noi dispone di svariate centinaia di migliaia, anzi milioni di euro pubblici all'anno per il proprio, personale ufficio stampa? Chi pubblicizza il proprio sito elettorale “radioformigoni” su carta intestata e con affrancatura della Regione? Chi perciò oserebbe competere con questo iperpresenzialista, che oltretutto, bontà sua, non ha ancora formalmente inaugurato la campagna elettorale? La vera domanda da porsi, naturalmente, dovrebbe essere un'altra: chi di noi è sicuro che festeggiamenti, rinfreschi, gadget, spettacolini e pergamene celebrative non costino nulla ai contribuenti lombardi? E questo stile, non è forse un preludio a futuri sprechi di risorse volti a rafforzare il proprio potere, una volta ritornati in sella?
Poveri artigiani varesini, con la loro inascoltata proposta di una moratoria che imponga uno "stop" a qualsiasi inaugurazione o evento tre mesi prima di ogni elezione. Con grande buon senso, chiedono alla politica un minimo di serietà e la correttezza di non presentare infrastrutture ordinarie come se fossero un miracolo. Ma c'è da dubitare seriamente che i professionisti delle apparenze e degli annunci vogliano raccogliere l'appello. E gli elettori? Continueranno a privilegiare imbonitori e illusionisti o sapranno finalmente valutare tanta disinvoltura come merita?
mercoledì 27 gennaio 2010
Politici stizzosi (la colpa, si sa, è dell'opposizione...)
A Como può capitare, guardando alcune trasmissioni televisive locali, di vedere non pochi esponenti locali della maggioranza al governo posti in serio imbarazzo dall'evidenza dei fatti (palesi difficoltà nell'amministrare correttamente la città, contrasti interni per ragioni a volte neppure confessabili, figuracce per le cento promesse elettorali non mantenute, e via discorrendo), che reagiscono stizzosamente, ribaltando sulle opposizioni accuse di divisione, di non avere idee né proposte, di non formulare progetti condivisibili.
Magari sarà così. Tuttavia a un attento osservatore dei consigli comunali degli ultimi mesi sembrerebbe piuttosto che dai banchi delle opposizioni si sia giocato un ruolo assai più attivo nel dibattito che non da quelli della maggioranza, a prescindere naturalmente dalla valutazione degli esiti più o meno efficaci di queste sedute. Come giudicare, ad esempio, il fatto che le mozioni approvate dal consiglio rimangano a tutti gli effetti lettera morta, come nel caso del sostegno agli studenti comaschi delle scuole medie per l’acquisto dei libri di testo? E cosa pensare di un sindaco che, nell’ultima votazione sul famigerato muro a lago, dichiara che non darà corso a quanto approvato perché a suo dire è contra legem? Forse che è destinato a passare alla storia, oltre che dell’ingegneria, anche della giurisprudenza…
A parte il merito delle proposte, tuttavia, sconcerta il metodo del ribaltamento dei ruoli, oltretutto fastidiosamente vittimistico e non di rado maldestramente eseguito. Grande merito, quello di dire a chi non governa che deve tacere perché non sarebbe comunque capace di governare… senza l’onere della controprova! Chi ha vinto le elezioni dovrebbe invece ricordare che ha voluto la bicicletta, l’ha ottenuta, e adesso il suo compito è quello di pedalare, non tanto di additare ai comaschi la presunta inefficacia dell’opposizione: la quale avrà le sue colpe, e sarà ad ogni modo schiacciata dalla legge dei numeri in consiglio, ma non risulta in alcun trattato di politica che abbia il compito di togliere le castagne dal fuoco alla maggioranza, né di fare solo proposte che risultino ad essa gradite.
Piuttosto, essa deve saper vigilare a difesa degli interessi della cittadinanza tutta (e davvero non la soccorrono gli scarsi poteri d’intervento del consiglio nei confronti di una giunta sostanzialmente sorda a ogni proposta di correzione). Come un bravo “cane da guardia” - gli anglosassoni usano l’espressione watchdog, anche se con primario riferimento agli organi d’informazione - quando fa il suo dovere, sarà così sopportabile anche qualche latrato di troppo. Mentre chi governa dovrebbe pensare a tirare la slitta nella direzione che ha pubblicamente dichiarato agli elettori, anziché grattarsi di continuo le pulci, azzannarsi con gli altri componenti della muta, prendere vistose sbandate, e dichiarare stonate le voci – pardòn, gli ululati – fuori dal coro. In ogni caso, dovrebbe smetterla di chiamare a pietoso paravento del proprio operato il fatto che i colleghi del posto di guardia non tirino la slitta in vece sua.
Magari sarà così. Tuttavia a un attento osservatore dei consigli comunali degli ultimi mesi sembrerebbe piuttosto che dai banchi delle opposizioni si sia giocato un ruolo assai più attivo nel dibattito che non da quelli della maggioranza, a prescindere naturalmente dalla valutazione degli esiti più o meno efficaci di queste sedute. Come giudicare, ad esempio, il fatto che le mozioni approvate dal consiglio rimangano a tutti gli effetti lettera morta, come nel caso del sostegno agli studenti comaschi delle scuole medie per l’acquisto dei libri di testo? E cosa pensare di un sindaco che, nell’ultima votazione sul famigerato muro a lago, dichiara che non darà corso a quanto approvato perché a suo dire è contra legem? Forse che è destinato a passare alla storia, oltre che dell’ingegneria, anche della giurisprudenza…
A parte il merito delle proposte, tuttavia, sconcerta il metodo del ribaltamento dei ruoli, oltretutto fastidiosamente vittimistico e non di rado maldestramente eseguito. Grande merito, quello di dire a chi non governa che deve tacere perché non sarebbe comunque capace di governare… senza l’onere della controprova! Chi ha vinto le elezioni dovrebbe invece ricordare che ha voluto la bicicletta, l’ha ottenuta, e adesso il suo compito è quello di pedalare, non tanto di additare ai comaschi la presunta inefficacia dell’opposizione: la quale avrà le sue colpe, e sarà ad ogni modo schiacciata dalla legge dei numeri in consiglio, ma non risulta in alcun trattato di politica che abbia il compito di togliere le castagne dal fuoco alla maggioranza, né di fare solo proposte che risultino ad essa gradite.
Piuttosto, essa deve saper vigilare a difesa degli interessi della cittadinanza tutta (e davvero non la soccorrono gli scarsi poteri d’intervento del consiglio nei confronti di una giunta sostanzialmente sorda a ogni proposta di correzione). Come un bravo “cane da guardia” - gli anglosassoni usano l’espressione watchdog, anche se con primario riferimento agli organi d’informazione - quando fa il suo dovere, sarà così sopportabile anche qualche latrato di troppo. Mentre chi governa dovrebbe pensare a tirare la slitta nella direzione che ha pubblicamente dichiarato agli elettori, anziché grattarsi di continuo le pulci, azzannarsi con gli altri componenti della muta, prendere vistose sbandate, e dichiarare stonate le voci – pardòn, gli ululati – fuori dal coro. In ogni caso, dovrebbe smetterla di chiamare a pietoso paravento del proprio operato il fatto che i colleghi del posto di guardia non tirino la slitta in vece sua.
sabato 12 dicembre 2009
Illusionisti
Più osserviamo le cronache, più evidente si fa la convinzione che in questo Paese la strada maestra per affermarsi consista nel possesso di facoltà illusionistiche. Vero è che non tutti ci riescono bene: ad esempio Tanzi, già padrone di Parmalat, riuscì a far sparire i milioni degli investitori, ma il trucco è poi stato svelato, sia pure in ritardo. Del resto non gli è andata molto meglio neppure con i quadri di valore che negava sfacciatamente di possedere, e che la polizia ha fatto recentemente riapparire.
Però è indubbio che a deformare sistematicamente la realtà qualche risultato si può cogliere, se si trova qualche pollo che ci crede. Nel suo piccolo, ci prova anche un paparazzo condannato per ricatto, quando dichiara di vergognarsi di essere italiano, piuttosto che dei reati commessi.
A un più alto livello, esponenti di un neopaganesimo inventato per ragioni politiche di bassa lega danno lezioni ai cardinali più stimati sul modo corretto di intendere la carità cristiana. Spiegando cioè, in sostanza, che Nostro Signore ha predicato un amore “ristretto” agli indigeni e non universale, raccomandando di accogliere il bisognoso solo a condizione di poterlo sfruttare, e che di condivisione, fraternità, perdono Egli non si è mai sognato di parlare. Dai nuovi profeti apprendiamo, invece, che portò effettivamente un comandamento nuovo: quello di difendere a spada tratta la “tradizione”, qualunque cosa ciò significhi...
Infine, al vertice della categoria, si erge un grande perseguitato che, dall'esilio (temporaneo) di Bonn, racconta all'Europa intera che egli è “forte e duro” come nessun altro, e che tutti lo giudicano “super”. Nessun dubbio che il soggetto si consideri “al di sopra”, soprattutto riguardo alle istituzioni e alla legge: non solo, perciò, il “duro” ha riproposto il consueto piagnisteo contro i giudici che si accanirebbero senza motivo contro di lui, anzi cospirerebbero formando un fantomatico partito eversivo, ma ha anche attaccato violentemente le fondamentali istituzioni di garanzia previste dalla Costituzione, che evidentemente non meritano il suo rispetto né quello degli Italiani che a lui guardano.
Insomma, desolanti polveroni di parole che mettono in atto però un significativo effetto illusorio, perché nascondono realtà ben più concrete e preoccupanti: come il fatto attualissimo che i Comuni navigano in acque sempre più difficili in quanto non ricevono dal Governo i soldi necessari per erogare i servizi pagati dai contribuenti, anche se sono stati più volte promessi con mille assicurazioni. Illusioni, appunto.
Però è indubbio che a deformare sistematicamente la realtà qualche risultato si può cogliere, se si trova qualche pollo che ci crede. Nel suo piccolo, ci prova anche un paparazzo condannato per ricatto, quando dichiara di vergognarsi di essere italiano, piuttosto che dei reati commessi.
A un più alto livello, esponenti di un neopaganesimo inventato per ragioni politiche di bassa lega danno lezioni ai cardinali più stimati sul modo corretto di intendere la carità cristiana. Spiegando cioè, in sostanza, che Nostro Signore ha predicato un amore “ristretto” agli indigeni e non universale, raccomandando di accogliere il bisognoso solo a condizione di poterlo sfruttare, e che di condivisione, fraternità, perdono Egli non si è mai sognato di parlare. Dai nuovi profeti apprendiamo, invece, che portò effettivamente un comandamento nuovo: quello di difendere a spada tratta la “tradizione”, qualunque cosa ciò significhi...
Infine, al vertice della categoria, si erge un grande perseguitato che, dall'esilio (temporaneo) di Bonn, racconta all'Europa intera che egli è “forte e duro” come nessun altro, e che tutti lo giudicano “super”. Nessun dubbio che il soggetto si consideri “al di sopra”, soprattutto riguardo alle istituzioni e alla legge: non solo, perciò, il “duro” ha riproposto il consueto piagnisteo contro i giudici che si accanirebbero senza motivo contro di lui, anzi cospirerebbero formando un fantomatico partito eversivo, ma ha anche attaccato violentemente le fondamentali istituzioni di garanzia previste dalla Costituzione, che evidentemente non meritano il suo rispetto né quello degli Italiani che a lui guardano.
Insomma, desolanti polveroni di parole che mettono in atto però un significativo effetto illusorio, perché nascondono realtà ben più concrete e preoccupanti: come il fatto attualissimo che i Comuni navigano in acque sempre più difficili in quanto non ricevono dal Governo i soldi necessari per erogare i servizi pagati dai contribuenti, anche se sono stati più volte promessi con mille assicurazioni. Illusioni, appunto.
lunedì 16 novembre 2009
Probi viri... e bestie grame
Grande attenzione sulla ribalta nazionale, in queste settimane, alla città di Como, purtroppo in coincidenza con le celebrazioni per la caduta del Muro più celebre del XX secolo. È toccato così a noi comaschi dare al resto d’Italia la cattiva impressione che ci facesse piacere rinchiuderci dietro alte pareti, o che ci desse fastidio la vista del lago, o che da noi sia normale che i progetti approvati in un modo si modifichino senza che nessuno, o quasi, lo venga a sapere. Alla luce di questa disastrosa esperienza, vi è chi tenta già un primo bilancio pubblicando il giudizio delle categorie economiche e sociali, dei cittadini e delle associazioni, e arrivando a registrare una bocciatura senza appello per la giunta di Palazzo Cernezzi. Ciò che doveva rappresentare il fiore all’occhiello dell’Amministrazione (paratie, Ticosa, piano del traffico, futuro dell’ex S. Anna, per non dire dei tanti progetti fermi al palo) si ritorce invece contro i promotori per l’evidente incapacità progettuale e/o operativa dimostrata dai responsabili. Paradossale è ora il caso del cantiere che prosegue imperterrito nell’innalzamento di muraglie, che “tanto, poi, verranno sostituite”: si inaugura così un nuovo metodo ingegneristico, ben più logico di quelli ingenuamente seguiti per secoli, che immagino diventerà ben presto punto di riferimento nelle facoltà universitarie europee.
Nel panorama della “pioggia di critiche” ai saggi amministratori comaschi, tuttavia, quello che più colpisce è che non vengano espressi giudizi negativi nei confronti dei singoli assessori di giunta, tutte considerate persone per bene, bensì del solo organismo nel suo complesso. Qualcuno arriva a scomodare Cicerone il quale, con abbondante diplomazia (fors’anche perché parte in causa), affermava essere i senatori uomini degni, pur considerando il senato una bestia grama: Senatores probi viri, senatus autem mala bestia.
Davvero strano: di solito in un gruppo l’intero è maggiore e migliore della somma delle parti. Pensiamo, che so, ai Beatles o ai Pink Floyd, ad un coro ben diretto, a una squadra di calcio che gioca pensando al collettivo, per giunta divertendosi. Come mai, se gli ingredienti sono tanto buoni, il risultato è così deludente? Forse perché le competenze, più che reali e dimostrate, sono mero frutto di propaganda? Oppure i grandi talenti presenti (in una giunta peraltro “a ricambio costante”) non sono bene amalgamati e vengono mal gestiti dal direttore d’orchestra, sempre più spesso chiamato in causa per una gestione verticistica e affatto partecipata, quel sindaco che sembra oggi raccogliere i frutti di un decisionismo tutto chiuso in sé stesso? Misteri della poltica comasca, nella quale più che i risultati concreti si mettono in luce soprattutto aspiranti primedonne, battibecchi tra galletti, individui assorti nei giochi di potere e nei posizionamenti delle correnti, sullo sfondo di interessi economici sempre più visibili man mano che aumentano le cubature edificate in una città non certo particolarmente soggetta ad incrementi demografici.
Qualcuno dubita, peraltro, che alle prossime elezioni sentiremo ancora le stesse persone parlare di efficienza, buon governo, merito e capacità progettuali? Nel mondo del calcio, in cui settimanalmente si raccontano tante baggianate, sono comunque più seri: chi prenderebbe per buone le affermazioni dei giocatori di una squadra che si proclamassero campioni, “fenomeni”, “piedi d’oro”, dopo averla condotta per via direttissima alla retrocessione?
Nel panorama della “pioggia di critiche” ai saggi amministratori comaschi, tuttavia, quello che più colpisce è che non vengano espressi giudizi negativi nei confronti dei singoli assessori di giunta, tutte considerate persone per bene, bensì del solo organismo nel suo complesso. Qualcuno arriva a scomodare Cicerone il quale, con abbondante diplomazia (fors’anche perché parte in causa), affermava essere i senatori uomini degni, pur considerando il senato una bestia grama: Senatores probi viri, senatus autem mala bestia.
Davvero strano: di solito in un gruppo l’intero è maggiore e migliore della somma delle parti. Pensiamo, che so, ai Beatles o ai Pink Floyd, ad un coro ben diretto, a una squadra di calcio che gioca pensando al collettivo, per giunta divertendosi. Come mai, se gli ingredienti sono tanto buoni, il risultato è così deludente? Forse perché le competenze, più che reali e dimostrate, sono mero frutto di propaganda? Oppure i grandi talenti presenti (in una giunta peraltro “a ricambio costante”) non sono bene amalgamati e vengono mal gestiti dal direttore d’orchestra, sempre più spesso chiamato in causa per una gestione verticistica e affatto partecipata, quel sindaco che sembra oggi raccogliere i frutti di un decisionismo tutto chiuso in sé stesso? Misteri della poltica comasca, nella quale più che i risultati concreti si mettono in luce soprattutto aspiranti primedonne, battibecchi tra galletti, individui assorti nei giochi di potere e nei posizionamenti delle correnti, sullo sfondo di interessi economici sempre più visibili man mano che aumentano le cubature edificate in una città non certo particolarmente soggetta ad incrementi demografici.
Qualcuno dubita, peraltro, che alle prossime elezioni sentiremo ancora le stesse persone parlare di efficienza, buon governo, merito e capacità progettuali? Nel mondo del calcio, in cui settimanalmente si raccontano tante baggianate, sono comunque più seri: chi prenderebbe per buone le affermazioni dei giocatori di una squadra che si proclamassero campioni, “fenomeni”, “piedi d’oro”, dopo averla condotta per via direttissima alla retrocessione?
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