Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

mercoledì 25 febbraio 2009

Dal Parlamento: prepotenti graziati, cioè premiati

Ancora una volta constato con tristezza come il Parlamento possa mutarsi in un luogo dove della legge si fa scempio. Tutti i luoghi comuni sull'arroganza della “casta” vengono puntualmente confermati grazie ad un emendamento al decreto legge “milleproroghe” con cui i partiti politici si sono graziati quattro anni di multe per i manifesti abusivi di propaganda politica. È uno dei più imponenti condoni che si sono concessi: in cambio di soli 1.000 euro all'anno per ogni provincia, vengono cancellate le innumerevoli multe che essi hanno collezionato dal 2005 ad oggi, e che in massima parte si sono ben guardati dal pagare. Decine, se non centinaia di migliaia di euro che non arriveranno mai più nelle casse già provate di ogni singolo Comune, costretto per giunta a dimostrare di essere “virtuoso” (non tutti si chiamano Roma o Catania, e possono beneficiare di amicizie particolari...). Non lo dico io, lo afferma il servizio bilancio della Camera: quel condono mette a rischio il patto di stabilità dei comuni dal prossimo anno.
Ma noi contribuenti, intanto, avevamo sostenuto di volta in volta le spese per la rimozione dei faccioni e dei simboli abusivi! Voglio perciò esprimere pubblicamente la mia gratitudine al senatore ex An, ora Pdl, Domenico Benedetti Valentini, il quale ha preparato il condono quadriennale sostenuto dai suoi tre compagni di partito (due ex An, Mugnai e Nespoli, uno ex Forza Italia, Andrea Pastore), nonché al senatore Pd, Mauro Maria Marino, già funzionario della Regione Piemonte, che proprio non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione di evidenziare che la pratica della disonestà istituzionalizzata trova ampio consenso fra gli opposti schieramenti. Per lui un “bravo” particolare, vorrei proporlo come candidato al Nobel dell'opposizione costruttiva. Grazie infine a costoro per l'esempio educativo, che non mancherò di sottoporre ai miei allievi, illustrando ai futuri cittadini il concetto che “il reato non paga”. Grazie a nome dei contribuenti tutti, i quali penseranno con soddisfazione che le tasse non calano, è vero, ma almeno è per una buona causa: quella delle casse dei partiti.

venerdì 20 febbraio 2009

Astrazioni

"Un'idea, un concetto, un'idea / finché resta un'idea è soltanto un'astrazione / se potessi mangiare un'idea / avrei fatto la mia rivoluzione". Così Giorgio Gaber. Così la triste (non solo per me) vicenda del PD.
Non basta credere nella bontà di un progetto, l'ho imparato a mie spese. I progetti camminano sulle gambe delle persone, e molti, troppi hanno rivelato una tragica insufficienza. Non certo per mancanza di intelligenza o di esperienza, ma per assenza di umiltà, di solidarietà, di condivisione: non parlo dei termini evocati nei discorsi, ma delle prassi costantemente e colpevolmente replicate. D'altra parte, si raccoglie quello che si è seminato.
Vari - certo - gli errori di Veltroni, ma nessuno al suo posto avrebbe potuto realizzare qualcosa di vitale, per non dire efficace, con questa compagnia di strateghi e maghi della politica, tutti orgogliosamente compresi nel loro ruolo e indifferenti alle operazioni di cura e di accoglienza del nuovo nato. L'importante era assicurare la propria sopravvivenza politica.
Grandiosi poi i regolamenti astratti, altisonanti ed iperuranici, le rigidità ridicole e razziste della parità di genere imposta con il bilancino del farmacista e l'arroganza di una lobby sempliciona (quanti fantasmi di sesso femminile in questi mesi, almeno in ambito locale!), le assemblee oceaniche che si convocano per acclamare - non certo per dibattere e costruire insieme - e che fanno da contraltare alla quasi completa assenza di luoghi e di occasioni di confronto ad ogni livello, ma soprattutto nella "base"?
E, infine, il "popolo": non sono più sicuro che le primarie (ottime perché democratiche, ma comunque strumento delicato) siano un'opportunità che "noi" sappiamo davvero usare per crescere. Io le ho viste impiegate più per fomentare divisioni, per rivendicare superiorità politiche o morali, per schierarsi e dividersi senza più sapersi ricomporre, per sentenziare in maniera oppositiva o comunque sospettosa anche a mesi di distanza. Forse ciascuno è troppo abituato ad aver ragione, per poter comprendere le ragioni degli altri suoi compagni di avventura e lasciarsene fecondare, per abituarsi a pensare in maniera più aperta e autenticamente "laica".
Non sostengo che "l'avevo detto". Ho continuato a sperare anche dopo le esperienze più sgradevoli e sfiducianti. Ma quanto più temevo, i peggiori presagi, li ho visti realizzarsi giorno dopo giorno sotto i miei occhi fino ad oggi.
Parole di speranza? In un'altra occasione, forse...

mercoledì 28 gennaio 2009

Alle armi!

Come mai, in un Paese dove la criminalità è in costante calo dalla metà del 2007, con la firma dei patti per la sicurezza ad opera di un governo superficialmente denigrato come inefficace, e dopo che per i cinque anni del "buon governo" precedente il dato era stato invece in costante ascesa, si continua a paventare un allarme sociale sul tema della sicurezza, amplificando delitti esecrabili, certo, ma che sono sempre stati compiuti?
Come mai, per fronteggiare le difficoltà strutturali delle forze dell'ordine, non si aumentano le risorse che ne consentirebbero un adeguato funzionamento, ma si parla invece di inviare in pattuglia la cifra esorbitante di 30mila militari?Perché mai, quando percorriamo le strade di paesi europei a ragione o a torto considerati più ordinati e sicuri del nostro, non incontriamo divise mimetiche e condizioni da stato d'assedio? Si sceglie questa strada in quanto si valuta così efficace la sperimentazione già messa in atto con tanto clamore o, come sembra testimoniare la cronaca, essa non ha sortito alcun apprezzabile effetto, a parte gli scontati annunci e dichiarazioni dei ministri di turno?
A cosa servono, infine, i soldati di pattuglia, se non come "placebo" per colpire e rassicurare l'immaginario pubblico e spendere comunque molto più denaro di quanto comporterebbe un oculato rafforzamento di Polizia e Carabinieri, i quali peraltro garantiscono una professionalità assai più mirata al mantenimento dell'ordine e della sicurezza? Perché poi i soldati dovrebbero svolgere un mestiere diverso da quello per cui sono stati addestrati, rimane per me un mistero: spero non sia soltanto un trucco da illusionisti per "far numero" in luoghi pubblici privilegiati, mentre altrove tutto continua come prima, o forse peggio di prima, visti i tagli della Finanziaria.

giovedì 8 gennaio 2009

Toh, nevica...

Chissà perché l'efficienza amministrativa a Como, a confronto con quella delle province vicine, sembra spesso di un livello diverso, e non certo per il meglio. Anche il caso di quest'ultima nevicata lo conferma. Parlo per esperienza personale: il 7 gennaio, al ritorno dall'Epifania, le scuole superiori sono state lasciate aprire, con notevoli disagi ed enormi assenze, per poi chiuderle dopo un paio d'ore, vista la situazione prevedibilmente caotica. Per fortuna che, almeno nelle primissime ore, i mezzi pubblici hanno fatto il loro dovere, altrimenti sarebbe stata una nuova paralisi generale, vista anche la consueta scarsa pulizia delle strade.
Perché in questo caso i conti non tornano? Perché la sera prima, senza incertezze, si era affermato perentoriamente di ritenere la situazione "sotto controllo", per essere smentiti a poche ore di distanza. Come mai Varese aveva già disposto la chiusura degli istituti nel pomeriggio del 6? Guardavano nella sfera di cristallo o, semplicemente, agivano in base ad un principio di sensatezza e prudenza, ammaestrati anche dalle recenti esperienze?
Il tardivo rimedio comasco, in compenso, ha evidenziato la sua ulteriore inefficienza disponendo anche la chiusura delle scuole giovedì 8, quando invece si sarebbero potute svolgere le lezioni senza problemi.
Si sono accusate spesso le amministrazioni comasche di non avere vision, di non saper immaginare in maniera sistemica e coerente un futuro per la città e il territorio, per il rilancio delle attività e il miglioramento della qualità della vita. Non torniamo a parlare della Ticosa, con relativi buchi in bilancio, e di altre cose che sono sotto gli occhi di tutti. A volte, con rassegnazione, mi trovo a pensare che mi accontenterei che si sapesse guardare con lungimiranza almeno… al giorno successivo.

giovedì 11 dicembre 2008

Gli esperti dell’efficienza

Come riporta la stampa locale, la Corte dei conti esprime un giudizio assai severo sulle capacità tecniche dell'Amministrazione Provinciale di Como, coinvolta – come varie altre amministrazioni locali – in manovre finanziarie da veri intenditori. Si tratta, com’è noto, di quei prodotti derivati che tanto sapientemente alcuni spregiudicati operatori hanno saputo affibbiare negli scorsi anni agli enti pubblici, presentandoli come la moltiplicazione dei pani e dei pesci (e soprattutto, la possibilità di differire i debiti scaricandoli sulle amministrazioni future), non senza elargirsi lauti compensi e creando “paracadute” a tutto vantaggio degli istituti emittenti, quasi sempre in forma poco trasparente e difficilmente calcolabile dai profani. Nel caso in oggetto, ad esempio, rescindere i contratti costerebbe alla Provincia 5 milioni di euro. Ci permettiamo una sola, sommessa domanda: ma queste amministrazioni che in campagna elettorale chiedevano ed hanno ottenuto la riconferma basandosi sulla loro asserita “efficienza”, sulla capacità di capire il mondo “concreto” degli affari e degli interessi – ben diversamente da quegli sprovveduti idealisti del centrosinistra – proprio non potevano dare miglior prova di sé? Perché a prendere fregature simili (per giunta, con i soldi dei contribuenti) sono capaci proprio tutti… O forse no; come ricordava recentemente il Vescovo, altri potrebbero intendere diversamente il fare politica, in modo da guardare all’interesse generale, al bene comune, esercitando quindi maggiore prudenza, senza cedere alla cura delle convenienze particolari e al fascino delle “scorciatoie”.
Chissà però se questi altri esistono; e vi è soprattutto da chiedersi se, in un paese come il nostro, l’elettore medio darebbe loro retta, o se non preferisca anch’egli le sirene del “tutto facile” (ghe pensi mi!).

mercoledì 3 dicembre 2008

Pulci

«D'âge en âge on ne fait que changer de folie» (Pierre Claude Nivelle de La Chaussée). Niente di strano, perciò, che ogni tanto si cambi idea, stile, modo di vestire e, specie in Italia, partito politico. Ma è abbastanza impressionante la proliferazione di micropartiti, incentrati attorno a figure di secondo piano del centrodestra, che si è avviata – guarda caso – in concomitanza con la fase preliminare della costituzione del Partito delle Libertà.
Santanché, Pionati e, da ultimo il buon Magdi “Cristiano” Allam sentono improvvisa l’urgenza di fondare un proprio movimento politico, affiancandosi ai già numerosi cespugli esistenti, tanto è ricca la loro esperienza, profondo il carisma, diversificata la proposta politica: basterebbe in proposito considerare i simboletti con lo sfondo azzurro e le bandierine che richiamano un altro, e più allettante, contenitore.
Non si rassegnano, infatti, ad entrare nel corpaccione del nuovo soggetto politico per la porta stretta della partecipazione ai partiti (relativamente) tradizionali della destra recente, come militanti, sostenitori, figure più o meno significative, ancorché doverosamente ossequienti al Capo.
No, no. Loro saranno a loro volta “capi partito”, chiederanno di sedere “con pari dignità” al tavolo delle trattative, forti dei risultati – sicuramente travolgenti – delle prossime tornate elettorali. Anziché mendicare uno strapuntino, ambiranno a chiedere a testa alta posti in direzione e garanzie su un adeguato numero di futuri candidati “sicuri”, con fermezza reclameranno quote prefissate in questa o quell’assemblea. Almeno ci proveranno, utilizzando fino all’ultima le loro cartucce mediatiche e cercando perciò in questi mesi la massima visibilità possibile.
Bravi, così si fa, anche se di certo non rimarrete soli; vista la quantità di VIP che il nostro disgraziato paese produce, c’è da temere che la concorrenza sarà agguerrita.
Chi sarà il prossimo?

giovedì 27 novembre 2008

Res nullius (animali)

Notizie contraddittorie, quelle che giungono dal fronte dei diritti degli animali, ma che lasciano intravvedere una certa evoluzione, in questo paese che stagionalmente attende con ansia il passo dei migratori protetti in tutta Europa per poterli comodamente impallinare, spesso contro la legge ma anche con il consenso di deroghe ed estensioni volute dalla potente lobby delle armi (sono posti di lavoro, pota!).
Da un lato la cassazione ritiene fondato multare un veterinario che viola i limiti di velocità in quanto tenta di portare un cane ferito con urgenza in sala operatoria; nulla di trascendentale, purtuttavia è curioso che il principio valga per i cristiani (e sia anzi una sorta di imperativo morale: fare tutto il possibile per salvare una vita in quelle condizioni), ma non venga riconosciuto se ad essere oggetto di simili cure professionali è un animale. Evidentemente la sofferenza si può pesare su bilance sensibilissime, che consentono di fare queste distinzioni: quasi che riconoscere la liceità di un comportamento estremo, giustificato dall’emergenza per salvare un animale, sminuisca i diritti delle persone. Misteri della giurisprudenza.
D’altro canto, viene avanzata un proposta di legge bipartisan per impedire l’esibizione di animali nei circhi (alzi la mano chi ha mai creduto alle rassicurazioni dei domatori che l’addestramento avviene solo con la dolcezza e senza alcuna violenza…) e si assiste alla condanna di chi per trascuratezza lasciò morire di fame e di sete il proprio gatto. Se il parlamento ritenesse di non insabbiare la prima - com'è facile temere - potremmo constatare almeno un piccolo, ulteriore passo di civiltà in un mondo che lentamente sta prendendo coscienza del legame vitale che intercorre tra gli esseri umani, l’ambiente e gli altri esseri viventi.
… Forse però troppo lentamente, per sperare di salvarsi.

venerdì 7 novembre 2008

Ahi, serva Italia (che figure all'estero)

Mi scuso per la decontestualizzazione; volutamente ignoro il corollario di insulti e le gaffes che li hanno originati; dubito, infine, che io e lui ci si riferisca alle stesse persone.
Ma quando ora Berlusconi afferma: "Dio ci salvi dagli imbecilli", trovo che abbia perfettamente ragione.

domenica 2 novembre 2008

L'ultima parola

Lettere al giornale: eccezionalmente il Corriere di Como consente una replica ad una lettrice sui toni usati per deplorare, più che descrivere, le manifestazioni studentesche in città. Ma, essendo persone civili, forniscono poi il diritto di replica al giornalista autore dei commenti più tempestivi, il quale naturalmente prende il doppio dello spazio della lettera.
Deve infatti far capire alla lettrice che lo pregava di prestare più attenzione ai contesti ed ai linguaggi (non confondendo ad esempio il '68 con il '77), che ella è vittima di una "commovente" e insieme preoccupante ingenuità sia che abbia vissuto il '68, sia che gliel'abbiano solo raccontato. Inoltre si discolpa da una presunta accusa di "disonestà intellettuale" con una frase pienamente sottoscrivibile, anche se nel contesto di una excusatio non petita: "credo che l'irrazionalità di un pensiero consegnato a un'ideologia non debba prebalere sulla razionalità basata sull'osservabile e verificabile".
Sante parole. Si sa, però, che il diavolo si nasconde nei dettagli. Come mai, nel commento che ha dato l'avvio al dibattito, si evocavano scritte inneggianti ad "okkupazioni" con la kappa, con gli evidenti richiami storici di taglio pesantemente negativo, ma l'unica scuola in quel momento occupata inalberava uno striscione con la grafia corrente in italiano, oltretutto pubblicata dal quotidiano locale, e ripresa con involontaria ironia anche nella odierna pagina delle lettere? Non è che la campagna di stampa a senso unico che abbiamo avuto modo di apprezzare (studenti giudicati pilotati in quanto incapaci di una riflessione autonoma, proteste interpretate come forme di violenza e prevaricazione sugli altri, lamentazioni sul tempo perso e sull'incomprensibile incapacità di apprezzare una riforma imperniata sui tagli al futuro) è stata concepita "a prescindere"? Quali fatti osservabili e verificabili porterebbero a dire che le manifestazioni comasche sono uscite dai limiti dell'espressione democratica? Che tipo di riflessione critica, infine, si è sentito esprimere sul fatto che le nozze non si possono fare coi fichi secchi, ossia che non appare molto credibile un potenziamento dell'offerta formativa basato su riduzioni di spesa, di personale, di orari? Almeno un dubbio, una domandina che disturbasse il conducente o chiarisse come si può operare il miracolo?
Eh no, si correrebbe il rischio di passare per sessantottini...

mercoledì 29 ottobre 2008

Il complotto del mentitori

All’origine dei facinorosi, i mentitori: Berlusconi ci spiega così il fatto altrimenti incomprensibile che una “riforma” scolastica a base di tagli alla spesa come quella che lui si è fatto oggi approvare non sembri incontrare il favore della popolazione scolastica. Quale maleficio impedisce al popolo di apprezzare la verità, ossia che tutto quanto egli propone è vero, giusto, sacrosanto, e andrebbe approvato senza neppure discutere? Solo la menzogna sparsa a piene mani da “cattivi maestri”, i suoi oppositori politici in primis, sostenuti dal complotto perennemente ordito ai suoi danni dai mezzi di informazione. Il quale è in sé un altro dogma rivelato dalla sua bocca incapace di pronunciare la benché minima bugia, e quindi lo accogliamo con un reverente atto di… Fede.
Chi ha memoria rivede immutato il copione del Berlusconi 2002, quando appunto egli si decideva a svelare agli Italiani che l’opposizione, ieri come oggi: 1) non sa assolutamente fare il proprio mestiere; 2) manca completamente di quel fair play che invece vediamo con assiduità e profitto applicare ogni giorno in ambiente calcistico; 3) soprattutto, non sapendo far valere ragioni che non ha (è un noto postulato euclideo), essa deve ricorrere sistematicamente alla menzogna. Criticando lui e la sua azione di governo, naturalmente.
Già allora mi veniva in mente una celebre storiella, quella del filosofo cretese Epimenide che andava in giro affermando: «Tutti i Cretesi mentono». Enunciazione singolare, come subito si vede, perché il mentitore che dice di raccontare bugie risulterebbe, allo stesso tempo, mentire e dire la verità, in maniera del tutto contraddittoria. Le complesse implicazioni del paradosso hanno a lungo occupato la mente dei logici dei secoli passati, da Aristotele a Russell e Tarski.
Anche se sembra fare il “piangina”, l’attuale premier lamentandosi non brandisce una spuntata arma polemica, ma espone un (per lui) acutissimo ragionamento. Il suo assunto, in termini logici, suona più o meno così: «Io - che per definizione dico sempre la verità - affermo che chi mi critica o mi si oppone, per questo stesso fatto, mente». È ovvio che questa frase non sarebbe degna della minima considerazione se a pronunciarla fossero un mentitore incallito o un bimbo capriccioso. Ma un gran numero di italiani la prende per vera, e dunque dovrà pure valere la premessa: chi la pronuncia è un uomo che dice sempre la verità. Basta guardarlo (adoranti) in volto per capire che è così. In prima fila, molti politici del centro-destra e una moltitidine di giornalisti che il padrone, quando si lagna dell’informazione, sembra bizzarramente trascurare, negandone l’opera costante e certosina, quasi che Libero, Il Giornale, La Padania – per limitarci ai più acuti, sereni ed obiettivi – neppure esistessero. L’ansia di illuminare le folle, ammettiamolo, rende talvolta il capo un po’ ingrato.
Se questo non bastasse, sappiamo che da qualche anno in Italia si è felicemente affermato il sacrosanto principio dell’autocertificazione: in proposito è conclusiva la dichiarazione del soggetto, e tanto basta. Già da tempo, esponendosi in prima persona, il Cavaliere ebbe ad attestare l’inviolabilità di questo metodo. Chi infatti ha potuto rimanere insensibile davanti alla pietra miliare dell’onestà politica, il famoso giuramento compiuto “sulla testa dei suoi figli”? I suddetti risultano ancora felicemente in possesso della parte anatomica tirata in ballo, ergo

sabato 25 ottobre 2008

Facinorosi

Assistiamo dunque ad un'autentica invasione di facinorosi: parola di presidente del consiglio, prontamente seguito da emulatori in sedicesimo, grati della consolante chiave di lettura. Come quel genitore del liceo scientifico di Como, che tuona contro gli “insegnanti che hanno permesso che la scuola cadesse nelle mani di pochi facinorosi per motivazioni biecamente strumentali”, negando carattere di spontaneità alla - per il momento unica - occupazione realizzata nella nostra città.
D'altra parte, è noto che nella scuola le ragioni di preoccupazione e di protesta sono biecamente strumentali: non è chi non veda che il potenziamento dell'offerta formativa e il miglioramento della qualità passano attraverso generose... sforbiciate. Sono genitore anch'io: e probabilmente l'anno prossimo mio figlio si troverà con un orario ridotto di ben cinque (!) ore settimanali. Dovrà cullarsi nell'illusione di saperne comunque di più, unicamente confidando nella parola del duo Berlusconi-Gelmini? Come genitore e cittadino che paga le tasse, mi sembra piuttosto che così facendo si rompa un contratto educativo che lo Stato aveva stipulato nei confronti miei e di mio figlio.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare, dato che questi neoliberisti d'accatto sono davvero convinti in cuor loro che “affamare l'animale” lo sproni ad essere più efficiente ed aggressivo: peccato non si rendano conto che il bestione-scuola è già da tempo agli stremi, privo da decenni di qualsiasi investimento serio, e reso costoso unicamente dalla mole inevitabile degli stipendi. Vogliono eliminare gli sprechi? Si accomodino, ma solo se sono in grado di farlo in maniera selettiva e mirata, non facendo di tutte l'erbe un fascio, con consapevolezza e perspicacia degne di uno scimpanzé giunto per caso nella stanza dei bottoni.
Il dialogo con l'utenza? È praticato in modo unidirezionale (dopo che ho deciso ti ascolto, e poi continuo sulla mia strada come prima), come una noiosa formalità; chi si ostina a voler discutere l'operato del capo è pertanto un “bieco facinoroso”.
Corollario di questa visione è anche che tutti coloro i quali descrivono le proteste sono bollati come suoi complici, com'è il caso della Rai, definita mistificatrice della realtà e addirittura additata agli industriali come ente da boicottare, in quanto “inserisce gli spot dentro programmi dove si diffonde solo panico e sfiducia”. Presumo che l'alternativa, quanto agli spot, sia quella di ingrassare Mediaset come avvenne nella precedente esperienza governativa. Per stampa e televisione, invece, i lacché sono già corsi ai ripari da giorni: l'informazione prona e genuflessa, infatti, non manca di dare conto sì delle agitazioni “facinorose” in tono di disgusto, ma le contornano immancabilmente di nutrite dichiarazioni di dissidenti, che incarnerebbero la cosiddetta “maggioranza silenziosa”. Provate a leggere qualcuno di questi fogli servili, e vi renderete conto che la proporzione “magica”, la regola aurea, varca di gran lunga la soglia del 50%: la maggioranza silenziosa, del resto, meriterà almeno i due terzi, come testimoniano i sondaggi fatti in casa.
Se c'è un segno di speranza in questo squallore, viene da dichiarazioni come quelle di una studentessa romana in televisione, fatta mentre respingeva l'attribuzione di casacche politiche di ogni colore: “quel signore credeva di averci rincretinito per anni con le sue televisioni e i programmi spazzatura. Invece stiamo mostrando di avere la testa per ragionare da soli”.
Il problema è che nel vocabolario dei nuovi signorotti i termini “pensatori liberi”, “spiriti critici” non esistono più; non sanno tradurli altrimenti che con “facinorosi”.

mercoledì 8 ottobre 2008

Il regime? Naturalmente non esiste

Ecco il mantra che conservatori, moderati, riformatori (e però anche diversi figuri poco raccomandabili) legittimamente recitano in ogni occasione in cui l'attendibilità di un'informazione schierata viene messa in discussione dai suoi stessi silenzi, parzialità, ammiccamenti, inginocchiamenti...
Ma è vero, in effetti la libertà di informazione non è conculcata nel nostro paese. Perché non ce n'è è bisogno. I responsabili degli spazi più importanti sul piano della diffusione, a cominciare dai telegiornali, non sentono infatti il bisogno di tutelare l'obiettività e l'equilibrio: perché dovrebbero, se il pubblico trangugia di tutto? È assai più conveniente inchinarsi al padrone di turno: o meglio, al Padrone, soprattutto quando è il suo turno. L'ossequio non si mostra solo nella sovrabbondanza dell'ostensione del capo e dei suoi esaltatori, ma soprattutto nell'attenuazione delle presenze degli oppositori: gente che sgradevolmente incrina l'immagine di consenso e di fiducia, e per mestiere parla male del Principe. Insomma, se non l'etica professionale, tutelano almeno l'estetica soft della nuova era dell'assenso, professando una sottomissione servile probabilmente neppure richiesta.
Tutto come sempre: Franza o Spagna, purché se magna - ma con una certa, sospetta preferenza per una delle due parti, come la storia dell'ultimo decennio insegna. Evviva dunque la deontologia professionale.
Se qualcuno dubitasse della fondatezza delle osservazioni sopra riportate, lo invito a leggere quanto Aldo Grasso nella sua rubrica “A fil di rete” (Corriere, 6 ottobre) riporta presentando i semplici dati. I freddi numeri, non le interpretazioni maliziose.
L’opposizione è data per dispersa nei principali tg nazionali. Un tempo si ragionava sulla faziosità, sui «panini», sull’equilibrio dell’informazione. Ora siamo oltre: perché a leggere la classifica delle presenze nei notiziari si scopre che l’opposizione sembra essersi dileguata. "In classifica stacca tutti Silvio Berlusconi, che a settembre totalizza oltre 110 minuti di «parola» nei sette tg nazionali. Il presidente del Consiglio guida normalmente questa classifica, era così anche con Prodi (sebbene Berlusconi ha maggiore capacità di «far notizia»). È quel che segue che è anomalo: il leader dell’opposizione di solito è a un’incollatura. E invece Veltroni si ferma a 44 minuti «di parola», meno della metà (di cui 33 solo nei tg Rai, con una scarsa attenzione nei tg Mediaset). Dopo di lui il vuoto. C’è il presidente Napolitano, il presidente Fini (le cariche istituzionali), Roberto Maroni, Maurizio Sacconi, Maurizio Gasparri, Giulio Tremonti. Poi Pier Ferdinando Casini e Antonio Di Pietro, ma del Pd nulla fino al quindicesimo posto di Pierluigi Bersani."
Grasso, che non è tenero col PD, sostiene che i numeri riflettono oggettivamente un vuoto percepito in questa fase del rapporto politica/tv. Ma senza ingenuità, gli stessi dati confermano che un partito debole in questo momento, ma non silente, un partito che forse non ha ancora trovato le ricette giuste, ma che non ha abbandonato l'iniziativa politica, che parla, commenta, interviene (almeno a leggere gli atti parlamentari e i documenti pubblicati sui siti) può essere opportunamente "silenziato" con la tattica del "minimo indispensabile". Non può trattarsi solo della mediocrità dei dirigenti: avete visto che facce, che eloquio, che profondità di ragionamento nella maggior parte dei soloni del centrodestra che si contrappongono loro. Piuttosto, è che i silenzi pilotati aiutano molto, definiscono un'immagine che non ci si stacca più di dosso.
Non è difficile comprendere questa strategia per un comasco, che è abituato da sempre ai comportamenti della stampa locale. Ma se fossi nei panni degli Italiani, assisterei con preoccupazione al dilagare in tutto il paese di un (auto)controllo opportunistico dell'informazione per le masse, di un conformismo deteriore, della più totale assenza di spirito critico. Mi devo correggere, quest'ultima non è afatto totale, perché è considerato meritorio esercitarla nei confronti di chi è più debole, e magari se lo merita anche. Ma l'esercizio condotto a senso unico rivela la statura professionale di chi lo compie.