Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

giovedì 31 marzo 2011

CoCoCo 17 - Como non accoglie? ("Föra di ball" e i veleni ideologici)

Föra di ball. Come al solito, la politica italiana sa mostrare il suo peggio, con la consueta mescolanza di invettive, frasi ad effetto intrise di volgarità e violenza, non di rado temperate da dichiarazioni successive, che intanto però hanno raggiunto il loro scopo: quello di compiacere gli istinti peggiori delle folle, di prospettare soluzioni semplicistiche e grossolane a problemi complessi, nel nome del rifiuto dell’umanità comune, dell’esaltazione degli egoismi, della negazione delle responsabilità. Prospettando il sogno irrealistico, ma suggestivo per le menti deboli, di potersi eternamente arroccare a difesa dei propri privilegi, escludendo i più deboli e presentandoli come una massa di criminali pronti ad invaderci.
Non sono frasi estemporanee, ma sono studiate con la cura di provocare il massimo danno possibile alla coscienza civile, la cui erosione non è ormai da molto tempo sotterranea, nascosta, ma è impunemente affiorata alla superficie, senza che neppure se ne provi vergogna, ma anzi rivendicando orgogliosamente un proprio diritto a dire frasi malvagie; fesserie, sì, ma che avvelenano giorno dopo giorno la coscienza dei cittadini. Tanto il capo “può permettersi di dire quello che vuole perché è il capo. Il capo è il capo e non si discute”. (P. Stiffoni, senatore della Lega).
È un’opera di lungo termine, non è iniziata da ora, e da tempo ne vediamo i frutti perversi. Una volta scoperto che l’esaltazione del male ha un tornaconto elettorale, nessuno li trattiene più, ogni sparata è buona: non esitano a definire, con compiaciuto disprezzo, l’attaccamento ai valori più alti della civiltà occidentale “buonismo”. Sono arrivati ad esaltare la “cattiveria” come rozzo stile di gestione dei problemi e delle emergenze, e in effetti non è possibile fare altrimenti.
Come insegna S. Agostino, se non ci sforziamo di praticare la bontà, opera di per sé non semplice, impegnativa, non priva di sacrifici, non è che rimaniamo fermi dove siamo. Semplicemente scivoliamo indietro, regrediamo ad uno stato inferiore alla nostra dignità di esseri razionali. Ci adattiamo al male, lo facciamo diventare la nostra condizione abituale, diventiamo incapaci di riconoscere i nostri doveri di solidarietà umana e cristiana. Ha un bel dire la Cei che “serve una nuova stagione di inclusione sociale”, quando chi sta al potere naviga nella direzione diametralmente opposta. Peccato che, insieme, anche tutto il Paese scivoli inevitabilmente nel declino, avendo smarrito le proprie energie spirituali prima ancora che la competitività economica.
Poi, ipocritamente siamo anche capaci di sparare balle sull’opportunità di aiutare i profughi “a casa loro”. Ci rendiamo conto? Un governo che ha sistematicamente decurtato proprio le risorse per le organizzazioni non governative, riducendole al lumicino, dovrebbe avere la minima credibilità per realizzare un’operazione tanto complessa e impegnativa? La realtà è che si è unicamente preoccupati di spostare il problema fuori dalla vista, incapaci come si è di risolvere pure gli altri, quelli di casa propria, nel segno del bene comune. In questo processo, va riconosciuto, opera anche un’ipocrisia non molto dissimile da parte di quei politicanti dei paesi comunitari, che con la loro azione stanno contribuendo ad affossare anche quella grande aspirazione all’unità di azione europea, sola condizione per non finire marginalizzati dalle altre potenze mondiali, ora fortemente in crisi.
Veniamo a noi: questo veleno ha raggiunto pure Como, penetrando in profondità nel cuore di quanti si affannano a negare che esistano strutture per l’accoglienza dei profughi sul nostro territorio. Fatto grave, perché esprime, all’indomani delle celebrazioni dell’Unità, la negazione di una solidarietà rivolta in primis ai nostri concittadini italiani che sono in questo momento alle prese con l’emergenza sulla loro isola. A Como non ci sono posti? Sarebbe dovere di un’amministrazione capace di affrontare i problemi il predisporli: stiamo parlando di qualche decina di persone, non di una fiumana incontrollabile. Ma è evidente che gli egoismi, la logica del tornaconto, il conformarsi alla pancia dell’elettorato (concepito forse come peggiore di quello che è) portano in fondo proprio a questo: l’incapacità della gestione lungimirante e, alla fine, anche la perdita del controllo della gestione ordinaria. Io sto chiedendo ora all’Amministrazione di dare un segno concreto che contraddica questa logica perversa, individuando sul territorio comunale un luogo per l’accoglienza anche di un piccolo numero di persone. Se lo faceste, otterreste certamente tutto l’appoggio dei rappresentanti del PD. Ma occorre coraggio. Potete dire di averlo?
Comunico in conclusione che il nostro gruppo si riserva di valutare ulteriori passi formali alla luce delle prossime decisioni che la giunta vorrà assumere meno su questo tema, così come in considerazione delle determinazioni della Regione e della Prefettura per l'ospitalità dei rifugiati nella nostra provincia.