lunedì 11 marzo 2013
CoCoCo 2013-3: Solo mozioni "comasche"?
Devo esprimere un ringraziamento sincero ai proponenti la mozione, soprattutto perché ci danno modo di ripensare al significato del nostro lavoro d'aula. Si tratta di una riflessione certamente necessaria, in quanto abbiamo assistito, in questi primi mesi, non tanto alla presentazione di problematiche che con la città avessero poco a che fare, quanto piuttosto al prolungamento spesso poco costruttivo dei tempi delle nostre sedute, tramite una pletora di emendamenti solo in parte giustificati, e soprattutto con la proliferazione di questioni procedurali sollevate speciosamente, nonché di "fatti personali" a prescindere, derivanti dall'aver colto la pronuncia del proprio nome sulle labbra di un altro, incauto consigliere.
La mozione in sé, lo dico subito, mi appare irricevibile tanto per la casistica che pretenderebbe di istituire, restringendo l'attività consiliare ad argomenti e temi strettamente legati alla città, quanto per la penalizzazione che intenderebbe imporre ai presunti trasgressori, privando l'intero consiglio del gettone di presenza.
Potrebbe persino far sorridere, questo modo di porre la questione. Infatti lascia spazio a due fondamentali interpretazioni, l'una più risibile dell'altra.
1) O siamo di fronte ad un'esaltazione del provincialismo più sfrenato, e perciò grottesco, dovendo oltretutto immaginare una sorta di tribunale che ogni volta stabilisca il grado di "comaschità" degli argomenti, e ogni volta istituire un'apposita istruttoria, con complesse operazioni di cronometraggio dei tempi effettivamente dedicati agli argomenti "alieni" per determinare la corresponsione economica ai consiglieri che vi si sono impegnati.
2) O si immagina di rendere più efficienti ed utili alla città i lavori, finendo per espungere tutte quelle tematiche che abbiano qualche attinenza con il mondo esterno. È però chiaro a tutti che, nel XXI secolo, nessuna città, tantomeno se è caploluogo di provincia, può sensatamente "chiamarsi fuori" dai problemi della realtà circostante, per la semplicissima ragione che i suoi abitanti sono già investiti, quali cittadini della Repubblica Italiana, di una serie di carichi e di oneri che non è illegittimo cercare di alleviare anche con l'appoggio politico del proprio consiglio comunale.
Essere un organo amministrativo non esime infatti dall'assumere funzioni di indirizzo politico (che come tali, sono anche richiamate espressamente dal nostro Statuto), e quindi i dibattiti su temi che riguardino la collocazione della nostra città nel contesto politico ed istituzionale del nostro paese sono tutt'altro che incongrui. E come potrebbero, del resto, approdare all'aula simili argomenti, se non fossero stati ammessi dall'ufficio di presidenza, e quindi già preliminarmente valutati come pertinenti?
Le conseguenze paradossali di un cieco atteggiamento di chiusura, poi, emergerebbero chiaramente che, senza una precisa volontà politica, non sarebbe mai stato possibile istituire né rapporti di gemellaggio, né interventi di solidarietà come quelli anche di recente deliberati, perché riferiti a realtà distanti centinaia o migliaia di chilometri dal nostro beneamato capoluogo. Ecco perché una mozione come questa non si può considerare fondata e va respinta, a meno di voler instaurare una tradizione di chiusura assai poco lodevole e che comunque non appartiene allo spirito del centrosinistra.
Se, viceversa, l'opposizione ritiene che in questo consiglio si presentino troppe mozioni, potrebbe dare una pratica soluzione cercando di coordinarsi meglio e di concordare al proprio interno una riduzione di questi interventi.
Se i tempi del dibattito su ogni singola questione apparissero eccessivamente lunghi, basterebbe evitare che ogni singolo membro di ogni singolo gruppo si sentisse in dovere di intervenire, spesso dichiarando "di non averne avuto intenzione, ma..." di essersi ricreduto, e magari solo per ribadire gli identici argomenti dei suoi predecessori.
Le critiche costruttive giovano sempre, e la maggioranza ha il dovere di tenerle in debito conto, anche se non si può chiederle di concordare automaticamente; e forse con un minimo di intelligenza le si possono anche rendere più facilmente accoglibili, come del resto mi sembra si sia già dimostrato talvolta di saper fare.
Mi auguro che sapremo rendere più costante questo atteggiamento di collaborazione; in ogni caso, cominciamo con l'evitare a tutto il consiglio, respingendo questa mozione, il paradosso che la gran parte dei consiglieri si costringa ad ascoltare con pazienza e con il dovuto rispetto argomentazioni a volte interessanti, a volte un po' meno, su temi ammessi come legittimi dall'ufficio di presidenza, e poi venga trattata come se non avesse fatto il suo lavoro.
La mozione in sé, lo dico subito, mi appare irricevibile tanto per la casistica che pretenderebbe di istituire, restringendo l'attività consiliare ad argomenti e temi strettamente legati alla città, quanto per la penalizzazione che intenderebbe imporre ai presunti trasgressori, privando l'intero consiglio del gettone di presenza.
Potrebbe persino far sorridere, questo modo di porre la questione. Infatti lascia spazio a due fondamentali interpretazioni, l'una più risibile dell'altra.
1) O siamo di fronte ad un'esaltazione del provincialismo più sfrenato, e perciò grottesco, dovendo oltretutto immaginare una sorta di tribunale che ogni volta stabilisca il grado di "comaschità" degli argomenti, e ogni volta istituire un'apposita istruttoria, con complesse operazioni di cronometraggio dei tempi effettivamente dedicati agli argomenti "alieni" per determinare la corresponsione economica ai consiglieri che vi si sono impegnati.
2) O si immagina di rendere più efficienti ed utili alla città i lavori, finendo per espungere tutte quelle tematiche che abbiano qualche attinenza con il mondo esterno. È però chiaro a tutti che, nel XXI secolo, nessuna città, tantomeno se è caploluogo di provincia, può sensatamente "chiamarsi fuori" dai problemi della realtà circostante, per la semplicissima ragione che i suoi abitanti sono già investiti, quali cittadini della Repubblica Italiana, di una serie di carichi e di oneri che non è illegittimo cercare di alleviare anche con l'appoggio politico del proprio consiglio comunale.
Essere un organo amministrativo non esime infatti dall'assumere funzioni di indirizzo politico (che come tali, sono anche richiamate espressamente dal nostro Statuto), e quindi i dibattiti su temi che riguardino la collocazione della nostra città nel contesto politico ed istituzionale del nostro paese sono tutt'altro che incongrui. E come potrebbero, del resto, approdare all'aula simili argomenti, se non fossero stati ammessi dall'ufficio di presidenza, e quindi già preliminarmente valutati come pertinenti?
Le conseguenze paradossali di un cieco atteggiamento di chiusura, poi, emergerebbero chiaramente che, senza una precisa volontà politica, non sarebbe mai stato possibile istituire né rapporti di gemellaggio, né interventi di solidarietà come quelli anche di recente deliberati, perché riferiti a realtà distanti centinaia o migliaia di chilometri dal nostro beneamato capoluogo. Ecco perché una mozione come questa non si può considerare fondata e va respinta, a meno di voler instaurare una tradizione di chiusura assai poco lodevole e che comunque non appartiene allo spirito del centrosinistra.
Se, viceversa, l'opposizione ritiene che in questo consiglio si presentino troppe mozioni, potrebbe dare una pratica soluzione cercando di coordinarsi meglio e di concordare al proprio interno una riduzione di questi interventi.
Se i tempi del dibattito su ogni singola questione apparissero eccessivamente lunghi, basterebbe evitare che ogni singolo membro di ogni singolo gruppo si sentisse in dovere di intervenire, spesso dichiarando "di non averne avuto intenzione, ma..." di essersi ricreduto, e magari solo per ribadire gli identici argomenti dei suoi predecessori.
Le critiche costruttive giovano sempre, e la maggioranza ha il dovere di tenerle in debito conto, anche se non si può chiederle di concordare automaticamente; e forse con un minimo di intelligenza le si possono anche rendere più facilmente accoglibili, come del resto mi sembra si sia già dimostrato talvolta di saper fare.
Mi auguro che sapremo rendere più costante questo atteggiamento di collaborazione; in ogni caso, cominciamo con l'evitare a tutto il consiglio, respingendo questa mozione, il paradosso che la gran parte dei consiglieri si costringa ad ascoltare con pazienza e con il dovuto rispetto argomentazioni a volte interessanti, a volte un po' meno, su temi ammessi come legittimi dall'ufficio di presidenza, e poi venga trattata come se non avesse fatto il suo lavoro.