Albrecht Dürer, Navis Stultorum (in S. Brant, Narrenschiff - 1497)

domenica 10 maggio 2009

Il peso delle parole

Posti separati per i milanesi sui mezzi pubblici locali, ha chiesto il leghista Salvini. Che poi corregge il tiro, convalidando l'interpretazione berlusconiana: si trattava “solo” di una battuta. Anche a Como, peraltro, si sono presentati volenterosi interpreti di questa linea, tra cui un assessore che ha chiosato: è una provocazione opportuna, per far capire alla gente il grave problema rappresentato dalla presenza degli immigrati tra noi. Sono dunque esagerati i timori di chi ha interpretato queste parole come l'indicazione di un crescente razzismo diffuso nella società italiana? Occorre accettarle come elementi normali della dialettica fra le parti?
Tutto dipende dal valore che diamo alle parole, in particolare dall'abitudine a considerarle funzionali al consueto, benché logoro, teatrino della politica. Il quale però è in grado di influenzare la mentalità collettiva, creando una sorta di assuefazione a sparate di volta in volta più grossolane e proterve. Tra l'altro, negli anni ci è toccato sentire di proiettili pronti per i magistrati, di decine di migliaia di bergamaschi armati pronti ad entrare in azione, di un uso improprio ed offensivo del tricolore, senza considerare una infinita serie di istigazioni, se non alla violenza diretta, quantomeno alla “cattiveria”.
Sempre più spesso si lancia il sasso, si valutano le reazioni, si ammicca in modo compiacente alle sensibilità più rozze, poi ci si giustifica dicendo che si voleva suscitare un dibattito o che erano semplici battute.
Com'è possibile considerare queste frasi come garbate provocazioni, destinate magari a stimolare nel Paese una riflessione costruttiva, facendo crescere la nostra coscienza civile e la cultura del diritto? Se le parole sono “leggere”, pronte ad assumere ogni significato e a piegarsi a qualsiasi uso, se i politici sono autorizzati a dire qualunque assurdità in nome della conquista del consenso, se è ottima cosa stimolare paure ed istinti atavici al posto del ragionamento, allora nulla da dire, continuino pure su questo registro, che ha dimostrato di saper produrre splendidi risultati in passato. Quale storico infatti negherebbe che Hitler sia asceso al potere anche per la popolarità di certe sue parole d'ordine? E come non considerare il sano attaccamento alla “tradizione degli avi” da parte del Ku Klux Klan negli USA e dei segregazionisti in generale? Gente, per inciso, che sapeva bene come si mettono in atto le “provocazioni”. Con i risultati che tutti conosciamo.