giovedì 28 agosto 2008
Alitalia: l'ennesimo miracolo italiano
Quale imprenditore, trovandosi alle soglie del fallimento, non sognerebbe un colpo di bacchetta magica che facesse pagare ad altri i debiti da lui accumulati, eliminasse il personale in esubero e gli riconsegnasse un'azienda resa più snella e competitiva da alleanze con colossi internazionali?
Per qualcuno, evidentemente, il mondo dei sogni esiste. È il nostro paese, e l'azienda-bidone che verrebbe trasformata in un'avvenente leader del mercato nazionale è Alitalia. Leggendo sui giornali i primi dettagli del piano industriale, ci troviamo di fronte ad un incanto fatato, che segue le promesse elettorali dell'attuale governo. Ma si comincia a capire anche a chi toccherà pagarne i costi.
La parte “cattiva” dell'azienda (coi debiti) viene separata da quella buona, che sarà assegnata ad imprenditori coraggiosi. Grande coraggio, il loro, visto che non pagheranno le azioni allo Stato neppure un centesimo, a differenza dell'offerta di Air France, e che tra qualche tempo saranno liberi di cedere le loro quote al partner straniero, senza l'intervento del quale non si può oggi concludere l'operazione. Tra un po' potremo sapere di chi si tratta. Ma non ci avevano raccontato che bisognava salvare ad ogni costo l'”italianità” della compagnia di bandiera contro le conquiste straniere?
Si salveranno almeno i posti di lavoro, che avevano tanto inquietato i sindacati nelle precedenti ipotesi? Ovviamente no, non si può: i licenziamenti inevitabili sono da due a tre volte più di quelli precedenti, ma ci dicono che occorre rassegnarsi, e che magari il governo potrà riassumere i malcapitati nella pubblica amministrazione, notoriamente a corto di organico.
E come verranno eliminati i debiti? Una volta che azioni e obbligazioni siano divenute carta straccia, spetterà al Tesoro, cioè allo stato, ripianare oltre un miliardo di euro. Oltre ai trecento milioni già erogati come “prestito” ma che a questo punto non rientreranno mai, in barba alle norme europee sugli aiuti di stato.
Questi però sono tutti soldi dei contribuenti. Soldi nostri, gettati al vento senza ottenere in cambio alcun servizio. È vero che in passato ho volato un paio di volte con Alitalia, e forse è una colpa, ma mi sembra eccessivo farmela scontare col costringermi a pagare questo ulteriore balzello.
Magari sarebbe da accogliere il suggerimento di ordine generale che, dalle pagine di “Libero”, lancia il ministro Brunetta: “Se lo stato spreca, fategli causa”. Temo proprio che con Alitalia si stia preparando l'occasione più clamorosa di sperpero che la storia italiana di questi anni potrà ricordare. Non vedo chi potrebbe esserne felice.
Per qualcuno, evidentemente, il mondo dei sogni esiste. È il nostro paese, e l'azienda-bidone che verrebbe trasformata in un'avvenente leader del mercato nazionale è Alitalia. Leggendo sui giornali i primi dettagli del piano industriale, ci troviamo di fronte ad un incanto fatato, che segue le promesse elettorali dell'attuale governo. Ma si comincia a capire anche a chi toccherà pagarne i costi.
La parte “cattiva” dell'azienda (coi debiti) viene separata da quella buona, che sarà assegnata ad imprenditori coraggiosi. Grande coraggio, il loro, visto che non pagheranno le azioni allo Stato neppure un centesimo, a differenza dell'offerta di Air France, e che tra qualche tempo saranno liberi di cedere le loro quote al partner straniero, senza l'intervento del quale non si può oggi concludere l'operazione. Tra un po' potremo sapere di chi si tratta. Ma non ci avevano raccontato che bisognava salvare ad ogni costo l'”italianità” della compagnia di bandiera contro le conquiste straniere?
Si salveranno almeno i posti di lavoro, che avevano tanto inquietato i sindacati nelle precedenti ipotesi? Ovviamente no, non si può: i licenziamenti inevitabili sono da due a tre volte più di quelli precedenti, ma ci dicono che occorre rassegnarsi, e che magari il governo potrà riassumere i malcapitati nella pubblica amministrazione, notoriamente a corto di organico.
E come verranno eliminati i debiti? Una volta che azioni e obbligazioni siano divenute carta straccia, spetterà al Tesoro, cioè allo stato, ripianare oltre un miliardo di euro. Oltre ai trecento milioni già erogati come “prestito” ma che a questo punto non rientreranno mai, in barba alle norme europee sugli aiuti di stato.
Questi però sono tutti soldi dei contribuenti. Soldi nostri, gettati al vento senza ottenere in cambio alcun servizio. È vero che in passato ho volato un paio di volte con Alitalia, e forse è una colpa, ma mi sembra eccessivo farmela scontare col costringermi a pagare questo ulteriore balzello.
Magari sarebbe da accogliere il suggerimento di ordine generale che, dalle pagine di “Libero”, lancia il ministro Brunetta: “Se lo stato spreca, fategli causa”. Temo proprio che con Alitalia si stia preparando l'occasione più clamorosa di sperpero che la storia italiana di questi anni potrà ricordare. Non vedo chi potrebbe esserne felice.