giovedì 15 giugno 2017
Verantwortung
In
un ballottaggio elettorale, inevitabilmente, la scelta viene
polarizzata in modo da deludere una parte consistente
dell'elettorato, a partire da chi aveva puntato con convinzione su un
altro candidato rispetto ai due contendenti rimasti. È comprensibile
quindi la tentazione, per molti, di evitare il voto successivo in
nome di una maggiore coerenza, della distanza politica più o meno
marcata dai candidati, ecc. Quando addirittura non si scade
nell'appiattimento di tutte le posizioni, in parte evidenziata anche
dell'astensionismo del primo turno: "sono tutti uguali"
(se, bontà loro, non sono anche "tutti ladri" et
similia). Questa peraltro è una posizione rivelatrice; dato che
chi possiede un minimo di capacità logiche si accorge che
un'equivalenza assoluta è impossibile, l'astenersi da ogni
valutazione diventa solo una scorciatoia per evitare di trovarsi
coinvolti in qualcosa di lontano dalle proprie aspirazioni.
Ma
è davvero saggio non tener conto delle conseguenze delle
proprie scelte? Se le alternative non sono equivalenti, perché
astenersi, col rischio concreto di favorire qualcosa che, se
attentamente considerato, può risultare peggiore, a volte molto
peggiore? Naturalmente secondo una propria valutazione, del tutto
personale: ed è questo il punto. In nome di quale principio
dovrei rinunciare a valutare e quindi a scegliere di conseguenza? Non
finisco per abdicare ad una delle caratteristiche che più
profondamente mi qualificano come persona dotata di raziocinio?
Per
quanto ci possa trasmettere una sensazione di superiorità morale, la
non-scelta rischia di celare un autoinganno. Certo, votando per una
parte come "male minore" dovrei subire il peso di una
scelta sgradita; certo, dovrei farmi carico di qualcosa che condivido
solo in parte, o molto poco. Ma, posto che nulla mi vieta di essere
critico anche mentre faccio una scelta di voto lontana dai miei
ideali, riaffermo almeno l'intelligenza (in senso etimologico,
la comprensione adeguata) della negatività maggiore dell'alternativa
che escludo. Cosa c'è di più rispettoso della mia capacità di
intendere? Perché dovrei sentirmi sminuito dal saper valutare
consapevolmente le conseguenze del voto in un senso o nell'altro?
Proprio perché ho la certezza di non essere infallibile, non è
forse più prudente assumere una prospettiva di responsabilità per
il futuro della mia comunità?
La
lingua tedesca esprime col termine Verantwortung questa
situazione onerosa, di portare un peso che in senso figurato esprime
assieme consapevolezza e responsabilità. Pensare concretamente al
futuro, allora, valorizzare le istanze che anche solo parzialmente
sento più affini alle mie è perdere tempo, oppure investire in una
opzione che renderà meno insopportabile lo scenario politico dei
prossimi cinque anni? Non c'è speranza di vedere realizzato qualcosa
di buono, sia pure in modo incompleto? E soprattutto, di evitare
scelte pesantemente negative per l'idea di città che ho in mente? Le
istanze sociali contro l'individualismo, l'apertura alla mondialità
contro le chiusure particolaristiche: davvero tutto viene reso
equivalente con l'affermazione dell'uno o dell'altro dei contendenti?
In fondo sottrarsi alla responsabilità ora invocata (perché “non
c'è differenza”) non è forse un'affermazione, ancorché elaborata,
di indifferenza? Appunto, il non voler vedere le
alternative, che sempre permangono e mi interrogano, anche se
sono meno marcate, meno nette di quanto auspicherei.
Posso
anche non voler affrontare questa scelta, non portare questo peso: ma
il giudizio che esprimo, oltre che sui politici non sufficientemente
“belli e buoni”, non finisce per essere anche un giudizio sulla
mia forza e sulla mia capacità di interpretare gli eventi?